La notificazione effettuata da una PEC ad una casella di posta ordinaria è inesistente o nulla?

Sergio Matteini Chiari
28 Agosto 2023

La questione che interessa in questa sede, proposta dalla parte ricorrente, è consistita nello stabilire se la notifica dell'atto di gravame, eseguita con modalità telematiche da casella PEC a casella di posta elettronica ordinaria, fosse da considerare tamquam non esset oppure “semplicemente” nulla.
Massima

La notificazione effettuata con modalità telematiche, ai sensi dell'art. 3-bis della l. n. 53/1994, da una casella PEC alla casella di posta elettronica ordinaria del destinatario, ove seguita da ricevuta di accettazione (che di per sé prova soltanto l'avvenuta spedizione del messaggio), deve considerarsi nulla e non già inesistente, non potendosi presumere (in mancanza di prova contraria) la radicale assenza di un inoltro telematico dei dati al destinatario, del quale rimane incerto solo l'esito, restando impossibile fornire la prova del perfezionamento della notificazione medesima, con conseguente inidoneità dell'atto a raggiungere il proprio effetto tipico.

Il caso

AAA, dirigente nell'ambito di un'Azienda Sanitaria, proponeva ricorso nei confronti del datore di lavoro per ottenere il riconoscimento di differenze retributive.

Il Tribunale adito accoglieva integralmente la domanda.

La relativa sentenza subiva riforma in sede di gravame, venendo riconosciuta

dalla Corte di merito soltanto una parte degli emolumenti pretesi.

Avverso tale pronuncia, AAA proponeva ricorso per cassazione, cui resisteva con controricorso l'Azienda Sanitaria.

La questione

La questione che interessa in questa sede, proposta dalla parte ricorrente, è consistita nello stabilire se la notifica dell'atto di gravame, eseguita con modalità telematiche da casella PEC a casella di posta elettronica ordinaria, fosse da considerare tamquam non esset oppure “semplicemente” nulla.

Le soluzioni giuridiche

i) Stando alla ricostruzione del fatto riportata nella sentenza in commento, nel corso della prima udienza fissata per la discussione della causa innanzi alla Corte di merito, l'appellante Azienda Sanitaria, essendo l'appellata rimasta contumace, chiedeva rinvio onde provvedere al deposito degli atti relativi alla notificazione del gravame e poi, ancor prima della successiva udienza, chiedeva di essere autorizzata a rinnovare la notifica, dando atto di avere erroneamente provveduto ad effettuarla da casella PEC a casella di posta ordinaria.

Nel corso di successiva udienza, la Corte di merito disponeva la rinnovazione della notifica, eseguita la quale l'appellata AAA si costituiva in giudizio, preliminarmente eccependo l'improcedibilità del gravame per esserle stato lo stesso notificato presso la e-mail di posta ordinaria e non nelle forme della posta elettronica certificata.

L'eccezione veniva respinta dalla Corte sul rilievo che la notifica era stata tentata nel modo descritto in quanto l'indirizzo mail era stato dichiarato dal difensore della controparte e che vi era stata “accettazione” da parte del sistema telematico, per quanto poi mancasse la ricevuta di avvenuta consegna; che, quindi, la notifica doveva qualificarsi nulla, ma non inesistente.

ii) In sede di ricorso per cassazione, AAA deduceva la nullità della sentenza impugnata a) per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto di superare l'eccezione di improcedibilità del gravame per inesistenza della prima notifica del ricorso in appello, tentata per posta mail ordinaria e priva dell'avviso di consegna al destinatario, non generata né generabile da un tale sistema; b) per decadenza dall'appello stante omessa riattivazione immediata della procedura notificatoria del relativo ricorso, nonché per l'inefficacia della notificazione autorizzata illegittimamente dalla Corte di merito.

iii) La S.C. ha ritenuto di affermare che la notificazione eseguita mediante PEC presso casella e-mail ordinaria fosse da considerare nulla e non inesistente, a prescindere dal fatto che fosse avvenuta sanatoria per raggiungimento dello scopo, cioè dell'avvenuta conoscenza della notificazione da parte del destinatario.

Per dare fondamento a tale assunto, la S.C. ha fatto richiamo ai principi sanciti dall'ormai “celebre” sentenza delle Sezioni Unite n. 14916/2016, secondo cui l'inesistenza della notificazione è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere conoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dalmodello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell'attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compierla; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa.

Questo posto e ritenuta fuori discussione la sussistenza del primo dei suddetti requisiti, essendo il difensore abilitato per legge (ex l. n. 53/1994) alla notificazione telematica, la S.C. si è soffermata a verificare la sussistenza del secondo requisito ed ha osservato che il principio di diritto enunciato dalle S.U., «muovendosi nella logica che va da un esito in qualche modo positivo (avvenuta consegna purchessia, seppure non rituale) ad un esito certamente negativo (restituzione al mittente)», lascia in qualche modo in ombra i casi in cui non si possa affermare con certezza il ricorrere né dell'una né dell'altra ipotesi, allorché, cioè, così come nel caso venuto all'attenzione, non si possa dire né che consegna vi sia stata, perché occorrerebbe la prova concreta di ciò, né che non vi sia stata, perché anche ciò resta ignoto e, avuto riguardo alla motivazione della citata sentenza delle S.U., è pervenuta alla conclusione che, in tema di notificazione telematica, «l'invio presso una casella di posta ordinaria è certamente tale da incidere sulla capacità comunicativa dell'atto, oltre che sulla possibilità stessa di documentare l'avvenuta ricezione, ma ciò non significa che sia mancata una fase di consegna, di cui sono incerti gli esiti comunicativi ultimi […], ma che non può essere assimilato al caso della mera restituzione al mittente».

Si deve considerare, infatti – ha osservato la S.C. -, che l'art. 3-bis della l. n. 53/1994 individua il momento di perfezionamento della notifica per il mittente in quello della generazione della ricevuta di accettazione ai sensi dell'art. 6, comma 1, d.P.R. n. 68/2005 e che, pur essendo vero che l'accettazione prova, secondo la norma appena citata, unicamente l'avvenuta spedizione di un messaggio di PEC, la ricezione del dato telematico da parte del gestore di posta elettronica del mittente comporta di regola l'avvio altresì del flusso telematico verso il destinatario (art. 5 d.P.R. cit.), la cui mancanza non può essere presunta per il solo fatto che la casella del destinatario sia una casella di posta ordinaria, considerato anche che, nel caso concreto, la notificazione era stata tentata presso una casella che non era per nulla estranea al destinatario stesso, che ne aveva fatto indicazione nei propri atti difensivi.

iv) In sintesi: a parere della S.C., nei casi quali quello venuto all'attenzione deve escludersi che si possa parlare di notificazione "inesistente", perché, a fronte dell'intervenuta accettazione dell'atto da parte del gestore di posta elettronica, non si può presumere, sic et simpliciter, salva – comunque - prova contraria, il mancato verificarsi del successivo transito telematico di dati verso il destinatario, di cui restano solo incerti gli esiti e dovendosi quindi ritenere sussistente una fase di consegna, pur non essendovi prova del perfezionamento della notificazione; il relativo vizio comportando “semplice” nullità, in presenza della quale è appieno legittima l'autorizzazione al rinnovo della notifica ex art. 291 c.p.c., che, ove eseguito nei termini dati, consegue l'effetto di sanatoria ex tunc del procedimento notificatorio.

Osservazioni

i) Mediante intervento compiuto sul tema dalle Sezioni Unite, è stato considerevolmente ristretto l'ambito di operatività della nozione di “inesistenza” della notificazione, venendo statuito che essa può essere affermata esclusivamente «in caso di totale mancanza materiale dell'atto» oppure quando «venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione».

Gli «elementi costitutivi essenziali», quindi imprescindibili, della procedura notificatoria vanno individuati – venendo precisato che il luogo della notifica non è in essi compreso - nei seguenti:

a) attività di trasmissione, che deve essere svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere l'attività stessa, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato;

b) fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento, in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita.

“Inesistenza” si avrà, pertanto, unicamente nei casi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa.

Con riguardo a tutti i restanti vizi, la notificazione deve ritenersi affetta da semplice nullità, come tale sanabile, con effetto ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione in giudizio del destinatario dell'atto (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), oppure attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell'ordine impartito dal giudice ai sensi dell'art. 291 c.p.c. (Cass. civ., sez. un., 20 luglio 2016, n. 14916 e, nello stesso senso, da ultimo ed ex plurimis, Cass. civ., sez. III, ord., 8 settembre 2022, n. 26511).

ii) La notifica a mezzo PEC è consentita all'Avvocato, che sia munito di procura alle liti ex art. 83 c.p.c., laddove il soggetto destinatario della notifica sia titolare di indirizzo PEC risultante da «pubblici elenchi» (v., per la relativa elencazione, le norme richiamate dall'art. 16-ter d.l. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, nella l. n. 221/2012 e succ. modif.) e deve essere eseguita «nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici» ed utilizzando esclusivamente un indirizzo di PEC del notificante risultante da pubblici elenchi (art. 3-bis, comma 1, l. n. 54/1993).

Nell'attualità (v. art. 16-sexies d.l. e legge di conversione appena sopra citati), il solo domicilio rilevante ai fini processuali è divenuto quello «digitale», corrispondente all'indirizzo di PEC che il difensore ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza e che quest'ultimo è obbligato ad inserire nei registri ReGIndE e INI-PEC.

Grava sul notificante l'onere, senza alcuna alternativa, di individuare il domicilio reale del procuratore della controparte consultando i suddetti registri.

Soltanto laddove tale consultazione dia esito negativo, si constati cioè che in tali registri non risultano presenti indirizzi di PEC della controparte, la notifica dovrà essere eseguita secondo le modalità ordinarie previste nel codice di rito (art. 137 ss.).

Il procedimento notificatorio potrebbe, in tal caso, richiedere tempo per la sua ultimazione, dovendosi assumere le informazioni necessarie.

Nulla appare ostativo a che anche con riguardo a tale fattispecie si applichino i principi consolidatisi con riferimento all'ipotesi in cui la procedura di notificazione, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, nell'un caso e nell'altro non potendosi farsi derivare conseguenze sfavorevoli nei confronti di quest'ultimo. Ciò, peraltro, a condizione che il procedimento notificatorio abbia immediata attivazione e gli atti necessari al suo completamento siano eseguiti in tempi ragionevoli, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (v., ex plurimis, Cass. civ., sez. un., 15 luglio 2016, n. 14594; Cass. civ., sez. lav., 21 agosto 2020, n. 17577; Cass. civ., sez. II, 9 maggio 2022, n. 14537; Cass. civ., sez. lav., 4 aprile 2023, n. 9230).

iii) Ai sensi dell'art. 3-bis, comma 3, l. cit., la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall'art. 6, comma 1, d.P.R. n. 68 del 2005 (CAD), e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dal secondo comma della medesima disposizione, fermo quanto previsto dall'art. 147, commi 2 e 3, c.p.c.

iv) Ai sensi dell'art. 11 della l. n. 53/1994, le notificazioni sono nulle, e la nullità è rilevabile d'ufficio, qualora manchino i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti in tale fonte normativa, se non sono osservate le disposizioni contenute negli articoli da 1 a 10 della stessa e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell'atto o sulla data della notifica.

v) Con riguardo al caso concreto, non è dubitabile che la notifica mediante PEC diretta ad un indirizzo non inserito nei citati pubblici elenchi sia da ritenere non conforme al modello legale di notifica telematica, tanto più in quanto l'indirizzo di destinazione prescelto risulta essere stato quello di posta elettronica ordinaria, senza, pertanto, le garanzie assicurate dallo strumento della PEC, contra i prescritti dell'art. 3-bis l. cit.

Sul se in tale ipotesi si dovesse ritenere configurabile “inesistenza” oppure “nullità” della notificazione, la Suprema Corte ha ritenuto di dover accogliere la seconda soluzione, per le ragioni esposte nel precedente paragrafo.

In termini poveri, la S.C. ha ritenuto che non potesse escludersi la sussistenza dell'essenziale elemento della “consegna”, pervenendo a tale conclusione per la via di presunzioni semplici, affermando che l'accettazione dell'atto di gravame da parte del Sistema (art. 6, comma 1, del CAD) faceva ritenere o, più propriamente, non consentiva di escludere che a ciò fosse seguito il transito dei dati verso il destinatario, l'incertezza riguardando unicamente gli esiti, dal che risultava lecito ritenere la sussistenza anche del suddetto elemento essenziale, conseguendone vizio di “semplice” nullità, per inosservanza dei prescritti della l. n. 53 del 1994 in tema di notifiche telematiche. Ferma restando la possibilità di superamento delle presunzioni con prova contraria, peraltro non emersa.

Dunque, nullità, grave, gravissima, ma “soltanto” nullità, in presenza della quale appieno legittimo doveva ritenersi l'ordine di rinnovazione, viceversa inibito in caso di inesistenza.

Soluzione suggestiva, della cui correttezza potrebbe, peraltro, dubitarsi.

Non appare consentito attribuire significativa valenza al “precedente” richiamato dalla S.C. (Cass. civ., sez. I, 17 ottobre 2019, n. 26430) giacché, pur se relativo ad identica fattispecie, nel caso ivi venuto all'attenzione risultava acclarato il raggiungimento dello scopo della notifica, essendo l'atto venuto a conoscenza del destinatario.

Non può, inoltre, non rammentarsi che fra gli adempimenti da osservare da parte del soggetto notificante vi è quello del deposito (telematico), nonché dell'atto notificato, della ricevuta di avvenuta consegna (art. 19-bis, comma 5, Provvedimento DGSIA 16 aprile 2014, e – lo si evidenzia solo “a titolo di cronaca” -, a far tempo dal 1° gennaio 2023, art. 196-sexies disp. att. c.p.c., introdotto dall'art. 4, comma 12, del d.lgs. n. 149/2022) e non pare fuor di luogo ritenere che tale adempimento, che non è di mera forma, vada a comporre l'essenziale elemento della “consegna”, conseguendone che il vizio in questione potrebbe (o, forse più esattamente, dovrebbe) essere annoverato fra quelli determinanti l' “inesistenza” della notifica.

In più di un caso, la S.C., constatata l'assenza della produzione dell'avviso di ricevimento della notificazione di atti effettuata a mezzo del servizio postale, ha ritenuto la notifica inesistente (Cass. civ., sez. VI, ord., 27 ottobre 2017, n. 25552; Cass. civ., sez. III, 17 ottobre 2019, n. 26287), ma è, tuttavia, anche vero che altre decisioni sono andate di opposto avviso (Cass., sez. VI, ord., 15 luglio 2021, n. 20214, relativa ad un caso di notifica eseguita a mezzo PEC).

È stato altresì, affermato, e non una sola volta, sia pure in casi di notifica a mezzo del servizio postale, che la mancata produzione dell'avviso di ricevimento della notifica dell'atto di appello, in assenza di attività difensiva dell'appellato, comporta l'inammissibilità dell'impugnazione, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ex art. 291 c.p.c. (Cass. civ., sez. VI, ord., 9 giugno 2022, n. 18690).

vi) Concludendo, deve osservarsi che la soluzione dei casi quali quello trattato nella sentenza in commento nonché nelle ulteriori pronunce citate non può essere affidata solamente all'interpretazione, ma – purché si tenga conto di quanto sancito con la sentenza delle S.U. più sopra qualificata “celebre” – necessiti di intervento anche sul piano normativo, al fine di evitare inammissibili oscillazioni giurisprudenziali foriere di pregiudizi per la corretta costituzione del contraddittorio e per il diritto di difesa.

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