Irragionevole durata del processo: a chi chiedere il risarcimento dei danni?
29 Agosto 2023
La vicenda trae origine dal decreto n. 367/2020 con cui la Corte d'Appello di Perugia accoglieva la domanda di ingiunzione, nei confronti del Ministero della Giustizia, per il pagamento di €1.163,47 a titolo di ristoro del danno non patrimoniale subíto dal ricorrente per la durata irragionevole del giudizio presupposto.
Stante l'inerzia della PA nel pagamento dell'indennizzo, la ricorrente dava corso alla procedura esecutiva e al giudizio di ottemperanza che si concludeva innanzi al Consiglio di Stato, il quale fissava il termine di novanta giorni per provvedere al pagamento. Il Ministero della Giustizia proponeva opposizione ex art. 5-ter l. n. 89/2001 avverso il decreto n. 367/2000 dinnanzi alla Corte d'appello di Perugia la quale, in accoglimento dell'opposizione, revocava il decreto in precedenza emesso e condannava la parte privata alle spese.
Contro tale pronuncia la parte privata proponeva ricorso in Cassazione, mentre il Ministero della Giustizia proponeva ricorso incidentale evidenziando che, ove la tempestività della richiesta indennitaria di controparte fosse riconosciuta con esclusivo riferimento al giudizio di ottemperanza, vi era il difetto della propria legittimazione passiva, dovendosi riconoscere se mai quella del Ministero delle Finanze.
Il Collegio ha accolto il ricorso dando continuità all'orientamento della Corte secondo cui «in tema di equa riparazione ai sensi della l. n. 89/2001, la parte che intende accampare pretese riparatorie del pregiudizio derivatole dalla non ragionevole durata di giudizi svoltisi in relazione alla medesima vicenda, davanti a giudici ordinari e a giudici amministrativi, deve convenire in giudizio sia il Ministero della Giustizia che la Presidenza del Consiglio (oggi il MEF), non potendo valere la regola della prevalenza, nella formazione del termine irragionevole, di un tipo di giudizio rispetto ad un altro» (Cass. n. 15603/2006). Trova, infatti, applicazione la regola posta dall'art. 4, commi 1 e 2, della l. n. 260/1958 (Modificazioni alle norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato), a mente della quale «1. L'errore di identificazione della persona alla quale l'atto introduttivo del giudizio ed ogni altro atto doveva essere notificato, deve essere eccepito dall'Avvocatura dello Stato nella prima udienza, con la contemporanea indicazione della persona alla quale l'atto doveva essere notificato. 2. Tale indicazione non è più eccepibile».
Spetta, dunque, al giudice del rinvio, ove ritenga fondata la domanda in riferimento a ciascun processo, di esecuzione e di ottemperanza, determinare separatamente l'importo gravante su ognuna delle amministrazioni convenute per il ritardo dei giudizi di rispettiva competenza, previa evocazione in giudizio anche del Ministero delle Finanze, in relazione ai ritardi separatamente ascrivibili ai plessi giurisdizionali di riferimento, posto che la legge individua in maniera disgiunta i soggetti passivamente legittimati per l'eccessiva durata di procedimenti diversi, seppur collegati, la cui durata deve formare oggetto di esame e valutazione autonomi. |