L'opposizione tardiva alla convalida di sfratto non ha mai solo una funzione “demolitiva”
29 Agosto 2023
Massima
L'opposizione tardiva alla convalida di sfratto, dopo la fase rescindente, che deve acclarare il suo presupposto di ammissibilità, ovvero la mancata conoscenza del giudizio da parte dell'intimato, dà luogo allo svolgimento di un ordinario giudizio di cognizione, con la conseguenza che, in presenza di una notificazione inesistente, l'intimato che abbia conoscenza dell'intimazione, se intende sottrarsi all'efficacia del provvedimento di convalida, deve proporre opposizione nel termine di cui all'art. 668, comma 2, c.p.c., atteso che la previsione della irregolarità della notificazione, come causa della mancata tempestiva conoscenza della stessa, comprende anche le ipotesi di inesistenza. Il caso
Avverso un'ordinanza di convalida di sfratto pronunciata nell'ambito di una locazione abitativa l'intimato aveva proposto opposizione tardiva eccependo, in via preliminare, la irregolarità della notifica dell'atto introduttivo, avvenuta ad indirizzo del tutto diverso dalla residenza del convenuto e ad esso in alcun modo riferibile e, nel merito, l'erroneo conteggio della morosità, sul presupposto che l'immobile aveva subito significative riduzioni sicché il canone di locazione andava rideterminato. Il locatore si era costituito contestando l'ammissibilità e la fondatezza dell'opposizione. La Corte di Appello, investita del gravame, confermava la sentenza di primo grado e il conduttore proponeva, quindi, ricorso in Cassazione. La questione
Secondo la prospettazione del ricorrente, in presenza di una notifica dell'intimazione di sfratto radicalmente inesistente l'opposizione tardiva proposta avrebbe mera funzione rescindente del provvedimento conclusivo del giudizio di primo grado (ordinanza di convalida) e, quindi, il mero scopo di conseguire l'affermazione della inesistenza (a sua volta) della domanda proposta dal locatore: circostanza che, peraltro, il giudice avrebbe dovuto rilevare anche d'ufficio. Le soluzioni giuridiche
La Cassazione ha ritenuto il ricorso del tutto inammissibile e ha ribadito che il procedimento ex art.668 c.p.c. non si struttura, neanche in presenza di una notifica dell'intimazione inesistente, unicamente in una fase rescissoria , dando luogo, in ogni caso, una volta eliminata l'eventuale ordinanza viziata, all'ordinario giudizio (di opposizione alla convalida, appunto) che avrebbe dovuto svolgersi. Si tratta, in sostanza, di quella che più generalmente viene definita “fase rescissoria” e che il Supremo Collegio preferisce definire come il “giudizio di merito che non si è svolto” per il vizio di notifica. Più precisamente l'opposizione (tardiva) effettuata dal conduttore svolge una efficacia sanante del vizio attinente la notifica dell'atto di citazione richiedente la convalida autorizzando il giudice dell'opposizione a decidere il merito. Le argomentazioni predette riecheggiano quelle che si leggono in Cass. civ., sez. III, ord., 15 febbraio 2019, n. 4529 in ambito di opposizione tardiva al decreto ingiuntivo (ex art. 650 c.p.c.), procedimento con il quale l'opposizione tardiva alla convalida di sfratto condivide la natura di rimedio impugnatorio speciale. La Corte non esita a dichiarare come la prospettazione del ricorrente, attributiva al giudizio di opposizione mero valore rescindente finalizzato alla sola affermazione della inesistenza della originaria domanda sia “fuori della logica normativa dell'art. 668 c.p.c.”, che prevede sempre, invece, sempre dopo quella rescindente una ulteriore fase che, più comunemente è definita rescissoria, e che la S.C. invece qualifica “l'ordinario giudizio che avrebbe dovuto avere luogo”. Come già si leggeva in Cass. civ., sez. III, sent., 4 giugno 2009, n. 12880 l'opposizione tardiva alla convalida prevista dall'art. 668 c.p.c., introduce un procedimento con carattere ibrido al quale, ricorrendo i presupposti di legge – che il convenuto intimato non abbia avuto tempestiva conoscenza del procedimento per irregolarità della notificazione, caso fortuito o forza maggiore ovvero, pur avendone avuto conoscenza, dia prova di un legittimo impedimento a comparire all'udienza - è assegnata la funzione di rimessione in termini per proporre opposizione all'intimazione con l'insorgenza di una situazione processuale analoga a quella conseguente alla proposizione dell'opposizione tempestiva nel corso del procedimento per convalida. La Suprema Corte nella sentenza in commento effettua una importante precisazione: il giudizio ex art. 668 c.p.c. non è limitato alla sola statuizione sull'allegato ostacolo alla conoscenza della procedura di intimazione di sfratto (per caso fortuito, forza maggiore o vizio di notifica), ma investe, una volta ritenuta l'ammissibilità dell'opposizione dopo la convalida, il merito della pretesa azionata con l'originaria intimazione di licenza o di sfratto dal locatore, il quale assume la veste sostanziale di attore, nel giudizio di merito, soggetto al rito di cui all'art. 447-bis c.p.c. L'esame del merito presuppone certo la preventiva delibazione di ammissibilità del rimedio tardivo. A tale proposito, l'utilizzo della locuzione “irregolarità della notificazione” che giustifica la proposizione del ricorso ex art.668 c.p.c. comprende, come la sentenza in commento precisa, qualunque vizio della notificazione, dalla inesistenza, come nel caso affrontato, sino al vizio che potrebbe non determinare la nullità della notifica, purché ad esso si ricolleghi la mancata conoscenza dell'atto. Come ribadito in giurisprudenza, infatti (Cass. civ., sez. III, 20 settembre 2002, n. 13755), l'ammissibilità dell'opposizione tardiva alla convalida di licenza o di sfratto per irregolarità della notificazione dell'intimazione è, comunque, subordinata dall'art. 668, comma 1, c.p.c. alla prova, a carico dell'opponente, del collegamento causale tra la mancata, tempestiva conoscenza dell'intimazione ed il vizio della sua notificazione, e solo quando quest'ultimo concerna la persona alla quale deve essere consegnata la copia dell'atto (si pensi al caso di mancata spedizione dell'avviso ex art. 660, ultimo comma, c.p.c.: cfr. Trib Palermo, sez. II, 28 maggio 2018; Trib. Milano 31 maggio 1999, in Foro it., 2000, I, 680). La Suprema Corte, ad esempio, (sez. III, sent., n. 122 dell'8 gennaio 2016) ha ritenuto che la convalida di sfratto, emessa in difetto della prova della ricezione dell'avviso ex art. 140 c.p.c., non comporti ex se l'ammissibilità dell'opposizione tardiva occorrendo « ;... o la prova che il procedimento notificatorio si sia svolto in modo nullo o che si sia perfezionato, con il ricevimento dell'avviso ex art. 140 c.p.c. o con il decorso dei dieci giorni dalla spedizione, in un momento tale da non consentire il rispetto del termine libero di cui al quarto comma dell'art. 668 c.p.c. ;» (per il merito sul medesimo argomento c.fr. Tribunale di Roma, sez. VI, 23 luglio 2020, n. 11432, giudice Balduini). Più recentemente il Trib. Palermo, sez. II, sent., 25 maggio 2018 ha ritenuto che « ;in caso di notificazione dell'intimazione di sfratto via PEC ad una società, deve ritenersi che l'omissione della spedizione dell'avviso di cui all'art. 660, ultimo comma, c.p.c. non possa configurare una irregolarità legittimante in ricorso all'opposizione tardiva tutte le volte in cui si dia l'evidenza anche mediante ricorso a presunzioni, che l'accesso alla casella elettronica del destinatario era prerogativa esclusiva del rappresentante legale o di persona appositamente deputata ;» aggiungendo che « ;agli effetti dell'art. 668 c.p.c. non è sufficiente dedurre e dimostrare la irregolarità della notificazione della convalida o la sussistenza di un‘ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore, occorrendo altresì la prova, a carico dell'opponente, che esista un collegamento causale fra tali presupposti, caratterizzati da oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità e la mancata conoscenza dell'intimazione ;». È da considerarsi sufficiente, in ragione dell'indicazione della tempestività dell'omessa conoscenza, che l'irregolarità della notificazione abbia prodotto la ritardata conoscenza dell'intimazione, vale a dire la conoscenza acquisita oltre il termine di comparizione di venti giorni di cui all'art. 660, comma 4, c.p.c., non essendo, pertanto, indispensabile il ricorrere di un'omissione di conoscenza tout court. In alternativa all'omessa tempestiva conoscenza dell'intimazione per irregolarità della notificazione la norma prevede che l'intimato, pur avendo avuto contezza dell'intimazione, sia stato impossibilitato a comparire all'udienza di convalida per caso fortuito o forza maggiore. Il caso fortuito e la forza maggiore di cui alla norma in esame ricorrono quando possa essere escluso il dolo o la colpa negligente dell'intimato e quindi la riconducibilità causale ad esso della mancata conoscenza dell'atto, che elide, invece, le conseguenze dannose che da tale mancata conoscenza possono essere al soggetto derivate per non aver potuto comparire all'udienza di convalida. Il caso fortuito, da intendersi alla stregua di evento esterno non prevedibile e prevenibile con l'ordinaria diligenza, e la forza maggiore, tradizionalmente intesa quale vis maior cui resisti non potest, configurano, unitariamente intesi, la causa non imputabile di mancata comparizione dell'intimato in udienza. La nozione è da intendersi in senso soggettivo e non oggettivo o causalistico, dovendosi valutare se, alla stregua della misura di diligenza richiedibile nel caso concreto al modello di agente, potesse prevedersi e prevenirsi il fattore configurante caso fortuito, o superarsi l'impedimento integrante gli estremi della forza maggiore. Il modello di agente è, nello specifico, rappresentato dal conduttore non assistito da difensore, in considerazione delle ampie facoltà esercitabili dal medesimo personalmente. La casistica giurisprudenziale in materia è particolarmente articolata, e fa applicazione dei principi generali enunciati: omessa spedizione dell'avviso di cui all'art. 660, ultimo comma, c.p.c. (Trib. Milano 31 maggio 1999); omessa rinnovazione della citazione ex art. 663 c.p.c. (Pret. Firenze 16 ottobre 1990); perfezionamento della notifica dell'intimazione in un momento non idoneo ad assicurare l'osservanza del termine minimo di comparizione, e, quindi, del termine a difesa ritenuto congruo dal legislatore (Trib. Roma, sez. VI, 13 gennaio 2020, n. 1607, giudice Nardone con richiami a Cass. civ., sez. III, 8 gennaio 2016, n. 122); iscrizione dello sfratto a ruolo in data successiva a quella indicata nella citazione Trib. Roma, 6 febbraio 2020, n. 2825, giudice D'Angelo). Alcune ipotesi di irregolarità della notificazione non sono state, invece, considerate tali da legittimare la proposizione dell'opposizione tardiva: la nullità della notificazione per inosservanza delle disposizioni sui luoghi in caso di conoscenza effettiva dell'atto (Cass. civ., sez. II, 26 novembre 2010); l'impedimento al ritiro del plico giacente presso l'ufficio postale (Pret. Catania 13 aprile 1992); il ritardo nella consegna del plico ad opera del soggetto autorizzato al ritiro dello stesso (App. Salerno 30 novembre 2011). Tra gli impedimenti a comparire legittimanti la proposizione dell'opposizione tardiva evidenziamo la redazione del ruolo di udienza in modo da trarre in errore (Trib. Roma 23 agosto 2000), il comprovato malore tale da determinare impossibilità a presenziare all'udienza (Trib. Palermo, sez. II, 13 marzo 2013, n. 1131), purché il giudice di merito (con valutazione di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivata) accerti, anche avvalendosi delle nozioni di comune esperienza, adeguate per valutare la gravità e gli effetti delle malattie comuni, che tale malore sia stato improvviso ed imprevedibile e che sussista un effettivo nesso di causalità tra lo stato di malattia e la mancata comparizione (Cass. civ., sez. VI-3, ord., 14 febbraio 2018, n. 3629). Osservazioni
In sostanza, con l'opposizione (anche tardiva appunto) il conduttore, dopo la fase rescindente, in cui il giudice deve accertare i presupposti di ammissibilità ovvero l'esistenza di uno tra gli eventi tipici ostativi della conoscenza del procedimento di convalida, ottiene una “rimessione in termini” per spiegare opposizione all'ordinanza, e quindi per dedurre, ora per allora, fatti impeditivi, modificativi ed estintivi della pretesa azionata con il procedimento sommario ex artt. 658 ss. c.p.c. mantenendo il locatore la propria posizione sostanziale di attore. Riferimenti
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