La sospensione della delibera condominiale dopo la riforma Cartabia

29 Agosto 2023

Le modifiche apportate dal legislatore prima all'art. 1137 c.c. e successivamente, a distanza di circa un decennio, con la riforma Cartabia, all'inapplicabilità dell'art. 669-octies, comma 6, c.p.c. ai provvedimenti di sospensione dell'efficacia delle delibere assembleari, pongono numerosi interrogativi sia in ordine alle carenze di coordinamento tra le anzidette norme e alle omissioni involgenti la corretta applicabilità delle regole proprie del procedimento cautelare uniforme nella materia qui considerata, tenuto altresì conto di quanto stabilito nella stessa legge di delega, sia per quanto attiene alle conseguenze derivanti dalla specifica considerazione della natura dell'ordinanza emessa dal giudice in sede di accoglimento della richiesta di sospensione dell'efficacia della delibera rispetto al giudizio impugnatorio di merito, alla luce dell'attuale testo normativo di riferimento.
Il quadro normativo

L'art. 1137 c.c. prevede che l'istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell'inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione. Per quanto non espressamente previsto, la sospensione è disciplinata dalle norme di cui al libro IV, titolo I, capo III, sezione I del codice di procedura civile.

L'art. 3, comma 47, lett. b), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. riforma Cartabia) ha previsto che la previsione contenuta nell'art. 669-octies, comma 6, c.p.c. non si applica anche ai provvedimenti di sospensione dell'efficacia delle delibere assembleari adottati ai sensi dell'art. 1137, comma 4, c.c.

In particolare, secondo la tecnica adottata dal legislatore, all'art. 669-octies al comma 6, dopo le parole ai sensi dell'art. 688 c.p.c. sono state inserite le seguenti: e ai provvedimenti di sospensione dell'efficacia delle delibere assembleari adottati ai sensi dell'art. 1137, comma 4, c.c.

Ciò premesso, da un lato, l'art. 1137, comma 4, c.c., laddove dispone che la sospensione è disciplinata dalle norme di cui al libro IV, titolo I, capo III, sezione I del codice di procedura civile si limita a prevedere una sorta di rinvio secco a quest'ultime, senza prevedere alcuna clausola di compatibilità con la restante disciplina civilistica sottesa alla norma anzidetta che, pertanto trova interamente applicazione senza alcuna eccezione di sorta almeno con riferimento alla sospensione richiesta nel corso di causa di merito, in tale modo realizzando inspiegabilmente un doppio binario processuale, e dall'altro, l'ulteriore intervento legislativo riferito all'estensione - attraverso l'inapplicabilità dell'art. 669-octies, comma 6, c.p.c. - della strumentalità attenuata nel solo caso della sospensione richiesta con ricorso ante causam, la quale, anche sotto tale aspetto, non sembra coordinarsi con il testo dell'art. 1137, comma 4, c.c. nella parte in cui prevede che l'istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell'inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione.

È infatti evidente che tale specifica previsione normativa non avrebbe alcun senso se non nell'ottica di considerare un provvedimento cautelare di natura diversa da quella cd. anticipatoria come peraltro sembrerebbe desumersi dal rinvio in toto alla disciplina sul procedimento cautelare uniforme, tutt'ora in contrasto con il successivo intervento legislativo concernente la chiara inapplicabilità dell'art. 669-octies, comma 6, c.p.c. alla sospensione richiesta ante causam.

Al riguardo, non sfugge la criticità derivante dalla controversa sovrapposizione normativa alla luce del precedente rinvio contenuto nell'art. 1137, comma 4, c.c. alle norme sul procedimento cautelare uniforme - tutte, compresa dunque anche quella dell'art. 669-octies, comma 6, c.p.c. - per la sospensione della delibera assembleare condominiale, con il successivo intervento ad excludendum posto in essere dal legislatore delegato con la riforma Cartabia.

In buona sostanza, delle due l'una: o ai procedimenti di sospensione ante causam si applica il principio della strumentalità attenuata ed allora non si spiega perché non sia stato corretto quanto enunciato nell'art. 1137, comma 4, c.c. adeguandone il testo al successivo intervento normativo, oppure, nonostante quest'ultima previsione, il condomino ricorrente deve tutt'ora considerarsi onerato della introduzione nel rispetto del termine previsto ex lege del giudizio di merito al fine di non incorrere nelle relative conseguenze.

L'istanza di sospensione richiesta prima dell'impugnazione della delibera assembleare (ante causam)

L'esecuzione di una delibera può arrestarsi in due differenti ipotesi: per effetto di una successiva delibera o per una decisione dell'Autorità giudiziaria, adottata in sede cautelare.

Il caso enunciato dall'art. 1137 c.c. riguarda chiaramente l'istanza di sospensione proposta ante causam, ovvero, con atto separato rispetto a quello eventuale e successivo, riguardante l'avvio del giudizio di merito volto ad impugnare la delibera di cui si chiede la sospensione dell'efficacia esecutiva.

Tale assunto trova la sua giustificazione laddove si considerino i presupposti occorrenti per l'accoglimento dell'istanza di sospensione - fumus e periculum - che per effetto del richiamo effettuato in toto dall'art. 1137 c.c. alla disciplina sul procedimento cautelare uniforme, non possono essere gli stessi che invece riguardano l'accoglimento dell'impugnazione nel merito delle doglianze proposte avverso la stessa delibera assembleare, concernenti i casi di nullità ed annullabilità, la cui ricorrenza effettiva non sempre può condurre all'accoglimento della richiesta istanza di sospensione proposta in via cautelare.

L'istanza attiene, infatti, al fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per fare valere il diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e non altrimenti riparabile in forma specifica.

In particolare, ai fini dell'accoglimento dell'istanza di sospensione dell'efficacia della delibera assembleare, occorre che il condomino dimostri l'esistenza della verosimiglianza del proprio diritto che intende fare valere contestualmente all'esistenza di un pregiudizio non riparabile con il semplice risarcimento in denaro.

Ciò non toglie che il giudice investito della richiesta di sospensione di una delibera assembleare, deve comunque essere posto in condizione di accertare - all'esito di una valutazione sommaria, espressa per lo più allo stato degli atti - le ragioni esplicitate nell'istanza, con riferimento ai profili di invalidità della delibera stessa che il condomino ricorrente può fare valere in sede di impugnazione, specificando nel merito le relative ragioni.

In buona sostanza, poiché non ci troviamo dinanzi ad un procedimento cautelare atipico - come il ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c. che, quale rimedio residuale prevede una tutela “aperta” - l'esame dell'istanza di sospensione della delibera condominiale pur basandosi sul fumus ed il periculum, non può prescindere dalla sia pure sommaria valutazione dell'esistenza delle ragioni che porterebbero alla nullità od annullabilità della stessa delibera condominiale.

Al riguardo, non va dimenticato che nell'azione ordinaria, la causa petendi si identifica con gli elementi costitutivi della domanda, assunti rispetto alla violazione del diritto a tutela del quale si agisce, mentre nell'azione cautelare questi elementi cambiano notevolmente la loro colorazione, trasfigurando nel fumus e periculum i quali, sebbene necessariamente devono emergere dalla domanda cautelare, contestualmente ne rappresentano anche l'oggetto di accertamento, riguardante il merito del giudizio cautelare.

In tale sede, assume dunque preminenza l'aspetto relativo al criterio di valutazione riferibile al pregiudizio che può determinarsi tanto nei confronti del condomino ricorrente, per effetto della perdurante efficacia esecutiva della delibera assembleare, quanto dalla sua eventuale sospensione per tutti i condomini derivante ad esempio dalla compromissione della gestione condominiale.

Conseguentemente, poiché è astrattamente possibile che il giudice investito dell'istanza cautelare possa non conoscere nello specifico tutte le questioni valutabili in sede di merito, con l'impugnazione della stessa delibera di cui si chiede sospendersi la relativa efficacia, sarebbe quantomeno opportuno per l'istante indicare a corredo della domanda formulata ai sensi dell'art. 1137, comma 4, c.c. anche i vizi dell'atto negoziale e la relativa documentazione offerta a corredo. Un'ultima considerazione si impone in ordine alla forma dell'istanza ex art. 1137, comma 4, c.c. la quale, per effetto del rinvio de plano alle norme sul procedimento disciplinato dagli artt. 669-bis ss. c.p.c. non possa che essere quello del ricorso.

Tale considerazione si impone a maggiore ragione, per effetto dello specifico richiamo alle norme del procedimento cautelare uniforme - rafforzato dalla riforma Cartabia - per quanto attiene all'applicabilità del principio di strumentalità attenuata rispetto a quanto sancito dall'art. 669-octies, comma 6, c.p.c. per il provvedimento cautelare conservativo.

L'esclusione dell'art. 669-octies, comma 6, c.p.c. ai provvedimenti di sospensione dell'efficacia delle delibere condominiali

L'esclusione del provvedimento di sospensione della delibera assembleare dal raggio d'azione dell'art. 669-octies, comma 6, c.p.c. conferisce al provvedimento emesso dal giudice della cautela la valenza anticipatoria e non meramente conservativa della suddetta misura disposta nei confronti del condominio.

Ciò significa che il condomino dopo avere proposto l'istanza di sospensione della delibera enunciandone le ragioni in punto di fumus e periculum in mora, se vittorioso, scaduti i termini per la proposizione del reclamo, ha la facoltà di decidere se iniziare o meno il giudizio di opposizione avverso la stessa delibera.

Quid iuris alla luce dell'attuale testo dell'art. 1137 c.c.?

È possibile una simile lettura d'insieme del dettato normativo?

Tale situazione, come già rilevato dalla dottrina formatasi a prima lettura, sembra però contrastare con l'attuale testo dell'art. 1137, comma 4, c.c. il quale, continua a prevedere che l'istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell'inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione.

Conseguentemente, dal momento che l'iniziativa giudiziale è soggetta ad un termine di decadenza, e poiché, a mente dell'art. 1137, comma 4, c.c., l'istanza ante causam non impedisce la decadenza, la proposizione della tempestiva impugnazione della delibera potrebbe diventare “a valle” il presupposto logico-giuridico per la permanenza in vita del provvedimento di sospensione.

L'istanza di sospensione richiesta contestualmente all'impugnazione della delibera assembleare (in corso di causa)

Le considerazioni che precedono rendono opportuno precisare che, sebbene l'art. 1137, comma 4, c.c. preveda unicamente il caso dell'istanza di sospensione della delibera proposta ante causam, prima dell'inizio del giudizio di merito, da ciò non può farsi derivare l'inammissibilità dell'istanza analoga proposta contestualmente all'impugnativa della stessa delibera condominiale, trattandosi di una mera svista del legislatore.

Sul pano squisitamente processuale, resta invece da chiedersi se l'esclusione dell'art. 669-octies, comma 6, c.p.c. potrà valere anche per tale istanza proposta in corso di causa, atteso che, quid juris se ottenuta la sospensione della delibera, il giudizio di merito venga per una qualche ragione, successivamente interrotto e non riassunto nei termini, ovvero abbandonato dalle parti costituite?

Al riguardo, è opportuno precisare che il legislatore delegato ha escluso l'applicazione dell'art. 669-octies, comma 6, c.p.c., omettendo però alcunché in ordine a quanto enunciato dall'art. 669-novies, comma 1, c.p.c. ai sensi del quale, se il processo di merito non è iniziato nel termine perentorio di cui all'art. 669-octies c.p.c. ovvero se successivamente al suo inizio si estingue, il provvedimento cautelare perde la sua efficacia.

Sul piano sostanziale, l'unica differenza ravvisabile nel procedimento cautelare di sospensione introdotto con il giudizio di merito è invece ravvisabile nel fatto che, laddove l'istanza di sospensione venga proposta contestualmente all'impugnazione del deliberato assembleare - in questo caso, accompagnata in parallelo anche dalla proposizione della mediazione obbligatoria dinanzi all'organismo competente territorialmente, al fine di evitare di incorrere nell'improcedibilità della domanda - non si incorrerà nel rischio di vedersi dichiarare successivamente la decadenza dal proporre l'introduzione del giudizio di merito.

L'ordinanza di accoglimento o di rigetto della domanda di sospensione della delibera assembleare

L'ordinanza con la quale viene accolta o rigettata la richiesta di sospensione della delibera assembleare è ovviamente reclamabile, trovando applicazione l'art. 669-terdecies c.p.c.

Tale ordinanza, se emessa nel ricorso proposto ante causam dovrebbe produrre i suoi effetti a prescindere dalla proposizione del merito, salva la diversa interpretazione di quanto enunciato nell'art. 1137, comma 4, c.c. laddove continua a prevedere che anche in tale ipotesi, l'istanza non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione.

Questa previsione - oltre a porsi apertamente in contrasto con l'esclusione dell'applicabilità dell'art. 669-octies, comma 6, c.p.c. - pone seriamente il problema di interpretarne oggettivamente la valenza ed i relativi effetti, posto che, laddove il giudizio di merito non venga proposto appare francamente difficile pensare che nessuna conseguenza possa derivare per quanto attiene alla perdurante efficacia del cautelare.

I dubbi interpretativi aumentano anche laddove trattasi di istanza di sospensione avanzata quando il giudizio di merito è già in corso, poiché oltre al silenzio dell'art. 1137, comma 4, c.c. in ordine a tale fattispecie, sovviene anche l'attuale testo dell'art. 669-octies c.p.c. la cui applicazione è esclusa ai provvedimenti di sospensione dell'efficacia delle delibere assembleari adottati ai sensi dell'art. 1137, comma 4, c.c. il quale a sua volta, si riferisce unicamente alla istanza di sospensione ante causam della delibera assembleare.

Ciò nonostante quanto enunciato della legge di delega, atteso che, l'art. 1, comma 17, lett. q), della l. 26 novembre 2021, n. 206, espressamente prevedeva che il provvedimento cautelare di sospensione dell'esecuzione delle deliberazioni assunte dal condominio non debba perdere efficacia in caso di estinzione del giudizio, anche quando la relativa domanda è stata proposta in corso di causa.

Ebbene, il legislatore delegato non solo non ha considerato l'assimilazione dell'istanza di sospensione proposta ante causam a quella proposta in corso di causa, ma neppure ha eliminato dall'art. 1137 c.c. ogni riferimento contrastante con la volontà espressa nella legge di delegadi riconoscere la strumentalità attenuata al provvedimento di sospensione sia ante causam che in corso di causa, così come nessuna modifica è stata apportata in tale senso all'art. 669-novies, comma 1, c.p.c.

Da ultimo, va opportunamente considerato che l'ordinanza di rigetto, una volta spirati i termini per la sua reclamabilità, in presenza dei necessari presupposti, diversi ed ulteriori rispetto a quelli già esaminati dal giudice della cautela, non può pregiudicare la nuova proposizione dell'istanza di sospensione dinanzi al giudice competente per il merito.

Chiaramente, con specifico riferimento a tale aspetto, è importante sottolineare che, proprio per effetto dell'inalterato mantenimento nel testo dell'art. 1137, comma 4, c.c. dei riferimenti contrastanti con la riconosciuta strumentalità attenuata del provvedimento cautelare di cui si discorre, al fine di non incorrere nella decadenza prevista dalla norma innanzi citata, grava sul medesimo condomino ricorrente l'onere di iniziare nel rispetto del termine previsto ex lege il giudizio di merito, nel corso del quale, potere eventualmente riproporre l'istanza di sospensione.

La proposizione del reclamo avverso l'ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione della delibera assembleare

L'ordinanza di accoglimento o di rigetto della richiesta sospensione della delibera assembleare è soggetta a reclamo entro il termine perentorio di quindici giorni decorrente dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore.

Quid juris se medio tempore, prima o durante la proposizione del reclamo la delibera assembleare viene revocata o sostituita dall'assemblea dei condomini riunitasi ad hoc con altra priva dei pretesi vizi che la rendono annullabile?

Analogamente, quid juris se nelle more del reclamo, il giudizio di impugnazione della delibera condominiale non viene proposto nel rispetto del termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c.?

In ordine al primo quesito, appare evidente come la revoca o la sostituzione dell'atto negoziale originario, comportino de plano il venire meno del periculum e del fumus ragione per cui il reclamo ove proposto, andrà incontro alla dichiarazione di cessazione della materia del contendere per l'intervenuta carenza d'interesse del condomino nel richiedere la concessione della misura cautelare.

In tale contesto, soltanto il condominio potrà insistere nella richiesta di revoca della misura cautelare già concessa ex art. 669-terdecies, comma 4, c.p.c. riguardante l'allegazione di circostanze e motivi sopravvenuti - come la revoca o sostituzione della delibera viziata -al momento della proposizione del reclamo i quali, nel rispetto del principio del contraddittorio devono essere proposti nel medesimo procedimento.

Per quanto, invece, attiene al secondo quesito, la soluzione appare più difficile da individuare con certezza, atteso che qualsiasi interpretazione non possa né ignorare né tantomeno eludere l'inequivoco tenore dell'attuale testo dell'art. 1137, comma 4, c.c. il quale, prevede espressamente che l'istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell'inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione.

Ciò significa che, salvo un successivo intervento correttivo del legislatore, attualmente, se è vero che alla sospensione della delibera non si applica l'art. 669-octies, comma 6, c.p.c., è ugualmente vero che la proposizione di tale istanza non impedisce alla stessa parte ricorrente di incorrere nella decadenza prevista dall'art. 1137, comma 2, c.c.

Si potrebbe sostenere che l'art. 1137, comma 4, c.c. si riferisce all'istanza e non al provvedimento di sospensione cui invece allude l'art. 669-octies, comma 6, c.p.c. ma a ben vedere, anche spostando l'attenzione su tale crinale interpretativo, la sostanza della quaestio juris non cambia, perché: a) il termine di decadenza decorrerebbe comunque fino a quando non intervenga il provvedimento di sospensione, producendo così i suoi effetti quanto alla possibilità per lo stesso ricorrente di azionare successivamente il giudizio di merito, con ogni intuibile conseguenza sul piano del riconoscimento del diritto sostanziale la cui tutela, essendo distinta da quella volta ad evitare un pregiudizio temporaneo, non è oggetto del procedimento cautelare; b) la parte, pur godendo dell'ultrattività del provvedimento di sospensione, resterebbe comunque esposta all'istanza del condominio di revoca della sospensione proponibile ex art. 669-terdecies c.p.c. con la quale potrebbe fare valere l'intervenuta decadenza prevista dall'art. 1137, comma 2, c.c. quale circostanza o motivo sopravvenuto al momento della proposizione del reclamo, sulla cui scorta sollecitare il collegio ad assumere nuove informazioni o l'acquisizione di ulteriori documenti per dimostrare l'intervenuta carenza d'interesse in capo al condomino ricorrente alla permanenza della misura cautelare della sospensione della delibera.

I rapporti del procedimento di sospensione della delibera condominiale con il giudizio impugnatorio di merito

In realtà, appare evidente come l'istanza di sospensione cui tende la successiva eventuale emissione del provvedimento giudiziale di accoglimento della prima, non possano essere considerati autonomamente, sul piano degli effetti del diritto processuale e sostanziale.

Ciò in quanto essi rappresentano l'inizio e la fine del medesimo giudizio, retto dalle regole proprie del procedimento cautelare uniforme, il quale, rimane distinto da quello di merito, che ha invece inizio soltanto con l'eventuale proposizione dell'impugnazione ex art. 1137, comma 2, c.c.

In tale cornice, va dunque chiarito il rapporto intercorrente tra i due differenti giudizi - cautelare e di merito - i quali, tutelano differenti beni della vita: il primo destinato a far operare in via provvisoria ed anticipata quegli effetti dell'emananda decisione di merito che tardando risulterebbero inefficaci od inattuabili, e che per tale ragione gode di una sua autonoma stabilità, tenendo presente, in tale ottica, che la tutela cautelare potrà considerarsi anticipatoria ai fini dell'art. 669-octies c.p.c. quando assicuri un risultato pratico analogo a quello della pronuncia finale nel giudizio di merito.

Orbene, tale soluzione, nel caso della sospensione della delibera condominiale, non è mai possibile stabilirla a priori in sede cautelare, vale a dire al di fuori del giudizio di merito, in quanto, a differenza di qualunque altro giudizio civile, l'impugnazione della delibera ai sensi dell'art. 1137 c.c. è possibile soltanto in due casi: quando la stessa sia affetta da vizi la cui gravità la rendano annullabile ovvero, laddove emergenti nella forma più acuta, inficiata da nullità.

La sospensione, dunque, è un provvedimento che, sebbene potenzialmente destinato a conservare un'efficacia ultrattiva per effetto dell'inapplicabilità dell'art. 669-octies, comma 6, c.p.c. e pur reggendosi su presupposti diversi - fumus ed il correlato periculum - da quelli propri del giudizio di merito, in realtà non vive di luce riflessa autonomamente rispetto a quest'ultimo, atteso che, l'esistenza del timore di un fondato pregiudizio non altrimenti riparabile durante lo svolgimento del giudizio di opposizione alla stessa delibera, anche al fine di non incorrere in situazioni di abuso del diritto da parte del singolo condomino nei confronti della restante comunità, non è certamente estraneo od immune dall'accertamento del vizio concretantesi nella sua annullabilità o nullità la cui sede deputata afferisce unicamente al merito della controversia.

In buona sostanza, complice la rilevanza degli interessi in gioco - ascrivibili da una parte al singolo istante e dall'atra, all'intera collettività condominiale - anche al fine di evitare pericolosi squilibri nella gestione del bene comune, l'inclusione della sospensione della delibera tra i provvedimenti cautelari aventi efficacia anticipatoria del provvedimento finale che si avrebbe al termine del giudizio di merito, non può per mere ragioni di economia processuale, integrare uno strumento per eludere l'esame del problema sostanziale costituito dalla necessità che, le ragioni sommariamente evidenziate nella fase cautelare esclusivamente in punto di fumus e periculum afferenti il pregiudizio adombrato dal solo ricorrente, non debbano trovare anche un adeguato sostegno nella correlata allegazione dei vizi riferiti alla stessa delibera, al fine di evincerne o meno la relativa legittimità.

In conclusione

L'intervento che ha animato il legislatore nella legge di delega n. 206/2021 è stato quello di prevedere, il regime di non applicazione dell'art. 669-octies comma 6, c.p.c. e dell'art. 669-novies comma 1, c.p.c. ai provvedimenti di sospensione dell'efficacia delle delibere assembleari, adottati ai sensi dell'art. 1137, comma 4, c.c., fermo restando anche per questi casi, la facoltà residuale per ciascuna parte di instaurare il giudizio di merito in un'ottica volta a privilegiare la finalità deflattiva del contenzioso civile.

Tuttavia, ciò nonostante, l'art. 1137, comma 4, c.c. - in contrasto con il correlato principio espresso nell'art. 1, comma 17, lett. q), della l. 26 novembre 2021, n. 206 - continua a prevedere che i provvedimenti di sospensione delle deliberazioni dell'assemblea condominiale di cui all'art. 1137 c.c. non perdono efficacia ove non sia successivamente instaurato il giudizio di merito.

A ben vedere, si tratta di un vulnus normativo quello attuato dal legislatore delegato, in grado di creare non pochi problemi interpretativi nell'applicazione del principio della strumentalità attenuata introdotto dal medesimo legislatore delegato unicamente attraverso l'esclusione - senza alcun coordinamento con quanto dispone attualmente l'art. 1137, comma 4, c.c. - per il provvedimento di sospensione in parola della previsione contenuta nell'art. 669-octies, comma 6, c.p.c., peraltro senza neppure modificare l'art. 669-novies, comma 1, c.p.c. - come invece pure era stato richiesto nella citata legge di delega n.206/2021 - essendo quest'ultima norma rilevante nell'ipotesi in cui il procedimento cautelare è introdotto quando il giudizio di merito è già in corso, e non viene ulteriormente ripreso o coltivato, ovvero abbandonato.

Riferimenti

Celeste, Le novità della c.d. riforma Cartabia operative dal 2023 in materia condominiale sul versante sostanziale e processuale, in Immob. & proprietà, 2022, 645;

Vaccari, Riforma processo civile: le modifiche al procedimento cautelare uniforme, in IUS Processocivile.it, 17 maggio 2023;

Amendolagine, La natura anticipatoria del provvedimento di sospensione della delibera condominiale: cui prodest? in Immob. & proprietà, 2023, 115.

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