I presupposti per il corretto distacco dall'impianto condominiale di riscaldamento centralizzato

05 Settembre 2023

La disciplina codicistica inerente la possibilità del distacco del singolo condomino dall'impianto condominiale di riscaldamento centralizzato, di cui all'art. 1118 c.c. subordina l'esercizio di tale facoltà alla condizione che lo stesso dimostri che dal suo distacco non derivino notevoli squilibri di funzionamento dell'impianto o aggravi di spesa a carico dei rimanenti condòmini, poiché, in caso contrario, egli si esporrà al rischio di essere chiamato al ripristino dello status quo ante.

Sul condomino che intende operare il distacco grava l'onere di provare che non vi siano tali pregiudizi e la detta prova dovrà essere fornita mediante specifica documentazione tecnica. Tale onere viene meno, tuttavia, nel caso in cui l'assemblea condominiale abbia autorizzato il distacco sulla base di una propria autonoma valutazione di assenza di pregiudizi.

Con ordinanza n. 25559, depositata il 31 agosto 2023, la Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione ha affrontato il tema inerente la disciplina codicistica prevista per regolare l'ipotesi di distacco del singolo condomino dal servizio di riscaldamento centralizzato, toccando, all'interno della stessa pronuncia, anche profili procedurali concernenti la previgente disciplina della pronuncia dell'ordinanza di inammissibilità dell'appello.

Il fatto. La pronuncia della Suprema Corte giunge all'esito di un lungo iter giudiziario, iniziato con l'opposizione, da parte di una condomina, al decreto ingiuntivo con cui le veniva ingiunto il pagamento delle spese condominiali relative all'impianto condominiale di riscaldamento centralizzato, cui ella si opponeva deducendo il proprio distacco dal detto impianto, operato già dalla precedente proprietaria.

In primo grado l'opposizione veniva rigettata dal tribunale che, sulla scorta delle risultanze della CTU, rilevava che il distacco operato non era conforme ai requisiti richiesti dall'art. 1118 c.c. e dalla legge regionale, rilevando, inoltre, che l'impianto autonomo non era a norma. I giudici di primo grado, infine, accoglievano la domanda riconvenzionale del condominio, condannando l'opponente a ripristinare il collegamento del proprio impianto di riscaldamento a quello centralizzato.

La sentenza veniva impugnata dalla condomina, ma la Corte d'Appello, con ordinanza ex art. 348 c.p.c., rigettava l'impugnazione, dichiarando inammissibile l'appello, poiché non vi erano ragionevoli probabilità di un suo accoglimento. Avverso tale decisione, l'appellante proponeva ricorso innanzi alla Corte di Cassazione.

L'ordinanza di inammissibilità dell'appello

La prima questione trattata dalla Seconda Sezione riguarda la pronuncia dell'ordinanza di inammissibilità dell'appello, prevista dall'art. 348-bis c.p.c., nella sua formulazione antecedente alla riforma. Tale norma riconosceva al giudice la possibilità di dichiarare con ordinanza l'inammissibilità dell'impugnazione, se riteneva che la stessa non avesse una ragionevole probabilità di accoglimento.

Precisa la Corte che, in tal caso, ai sensi dell'art. 348-ter c.p.c., peraltro anch'esso abrogato dalla recente riforma, l'impugnazione per Cassazione dell'ordinanza di inammissibilità era consentita solo quando la stessa era affetta da vizi propri, ovvero solo se affetta da vizi processuali o se pronunciata al di fuori dei casi consentiti dalla legge.

Al di fuori di queste ipotesi, invece, l'impugnazione innanzi alla Corte di Cassazione non poteva avere ad oggetto la detta ordinanza, ma piuttosto la sola sentenza di primo grado. A tal proposito, continua la Corte, non può ritenersi un vizio proprio dell'ordinanza il fatto che il giudice, piuttosto che adottare delle motivazioni succinte, per le quali non riteneva probabile l'accoglimento dell'appello, abbia invece minuziosamente motivato la propria convinzione, dal momento che, in quest'ultimo caso, l'eccesso motivazionale non è causa di nullità del provvedimento, né nuoce in alcun modo alla parte soccombente (Cass. n. 13835/2019).

Quando ci si può distaccare dall'impianto centralizzato. Il secondo aspetto preso in considerazione riguarda la disciplina codicistica inerente il distacco del singolo condomino dal servizio di riscaldamento centralizzato, di cui all'art. 1118 c.c.

La citata norma, infatti, subordina la possibilità del distacco del singolo condomino alla condizione che lo stesso dimostri che dal detto distacco non derivino notevoli squilibri di funzionamento dell'impianto o aggravi di spesa a carico dei rimanenti condòmini, poiché, in caso contrario, l'eventuale distacco lo esporrà al rischio di essere chiamato al ripristino dello status quo ante.

Sul soggetto che intende operare il distacco grava l'onere di provare che non vi siano tali pregiudizi e la detta prova dovrà essere fornita mediante specifica documentazione tecnica. Tale onere viene meno, tuttavia, nel caso in cui l'assemblea condominiale abbia autorizzato il distacco sulla base di una propria autonoma valutazione di assenza di pregiudizi.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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