I principi di coordinamento della finanza pubblica: l'esigenza di un bilanciamento tra armonizzazione dell'ordinamento giuridico e autonomia degli enti locali

08 Settembre 2023

La legge 241/90, rivoluzionaria nell'aver istituzionalizzato il diritto di partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo, ha influenzato anche i rapporti tra Stato, Regioni ed Enti Locali.Ad essa, infatti, va il merito di aver diffuso una cultura improntata alla rilevanza del “punto di vista” del cittadino che ha prodotto conseguenze anche nella ripartizione di compiti e funzioni tra stato ed ente locale (riconoscendo a questi ultimi, in primis, il compito di gestire gli interessi del territorio). Nella considerazione che gli obiettivi potessero essere raggiunti in modo più efficace con l'intervento degli enti locali è stata varata la riforma del Titolo V della Costituzione. Quest'ultima ha introdotto una serie di principi poi costituzionalizzati all'art. 118 ovvero quelli di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
Dalla centralizzazione al decentramento amministrativo

Si è soliti distinguere la sussidiarietà in verticale e orizzontale.

La prima sta ad indicare il carattere sussidiario dell'azione degli enti centrali rispetto alle articolazioni periferiche più vicine ai cittadini, nel senso che i primi devono intervenire solo laddove si riveli non adeguata l'azione dei secondi.

Nel caso della sussidiarietà verticale - la quale riguarda il rapporto fra pubblici poteri nel contesto delle concorrenti competenze tra diversi livelli di governo territoriale (Stato-Regioni-autonomie locali; o sul piano sovranazionale: UE - Stati membri) - l'intervento deve essere rispettoso del principio di proporzionalità ovvero l'azione dell'autorità superiore deve essere proporzionale: deve limitarsi a quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi fissati.

Si parla di sussidiarietà orizzontale, nel senso che l'intervento pubblico si giustifica solo se l'iniziativa privata non risulti in grado di soddisfare efficacemente interessi ed esigenze meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento giuridico.

Un esempio di sussidiarietà è ravvisabile nel cd. associazionismo (ad. es. associazioni di volontariato) espressione di una volontà di aggregazione per soddisfare gli interessi collettivi.

In tale ipotesi, i cittadini privati, sono titolari di un potere di amministrare il territorio per il soddisfacimento di interessi che appartengono ad una pluralità di soggetti. Il che evoca senz'altro l'impegno degli enti territoriali a non ostacolare l'attività dei cittadini che abbiano una finalità sociale, ma non anche la tesi di una totale mancanza di controlli da parte degli organi di governo dell'ente locale. Il cittadino, da mero amministrato, diviene promotore della vita politico-amministrativa.

La Costituzione, accanto al principio di sussidiarietà, pone i principi della adeguatezza e differenziazione, disciplinati all'art. 118 della Carta Costituzionale.

L'esaminanda norma, fa riferimento al principio di adeguatezza, secondo cui l'ente ricevente deve avere adeguati strumenti per esercitare le funzioni conferitegli, in mancanza, la medesima funzione deve essere attribuita all'entità amministrativa territoriale superiore e, solo nei casi di necessità, al fine di non comprimere l'autonomia degli enti locali.

Al più, il conferimento deve avvenire considerando le diverse caratteristiche territoriali, demografiche, associative e strutturali dell'ente ricevente in ossequio al principio di differenziazione nell'allocazione delle funzioni. L'ente conferente deve valutare le risorse che ha a disposizione l'ente ricevente mediante un processo di differenziazione.

L'autonomia di entrata e di spesa degli enti locali

Un'autonomia per compiti e funzioni necessita inevitabilmente di un'autonomia finanziaria. La capacità di realizzare gli obiettivi e le finalità delle comunità territoriali non può essere disgiunta dal potere di gestire i flussi finanziari, sia sul versante della spesa che su quello delle entrate, secondo un criterio di correlazione strumentale tra risorse economiche e risultati politici e sociali (A. Fedele, Federalismo fiscale e riserva di legge, in Rass. trib., 2010, 1532 ss).

Il federalismo fiscale trova giustificazione nella circostanza che le istituzioni periferiche sono in grado di produrre servizi in modo più adeguato rispetto alle esigenze di ciascuna comunità amministrata e, quindi, i servizi resi saranno più efficienti.

La prestazione centralizzata, al contrario, lascerebbe i cittadini insoddisfatti rispetto ad un'offerta differenziata territorialmente.

Da ciò discende un'altra fondamentale conseguenza: il federalismo dovrebbe riconoscere maggiore autonomia e poteri ai livelli di governo collocati più in basso, ovviamente fino a quando questi ultimi si dimostrino capaci di svolgere in maniera efficiente le funzioni loro assegnate (M. Cardillo, Il ruolo dei Comuni nell'applicazione del principio di sussidiarietà fiscale, in Diritto e pratica tributaria 2012, 2, 345-368).

Nel nuovo assetto costituzionale è previsto dall'art. 119 Cost. che le Regioni e gli enti locali dispongano del potere di “stabilire ed applicare” i tributi locali e, dunque, siano destinatari di una competenza normativa da esercitarsi sia pure nel limite dei principi di coordinamento del sistema tributario prefigurati dalla legge statale (oggi esercitata attraverso la legge n. 42/2009, sul punto si rinvia a F. Sorrentino, Coordinamento e principi costituzionali, in Rass. trib., 2010, 1568 ss.).

Assume rilevanza anche il cd. fondo perequativo, disciplinato dall'art. 119 della Costituzione che assegna, per i territori con minor capacità fiscale per abitante, la funzione di perequazione a un apposito fondo, senza vincoli di destinazione, da istituirsi con legge dello Stato, collegando la ripartizione del fondo al parametro oggettivo della minore capacità fiscale pro-capite al fine di reperire, attraverso la leva fiscale, le risorse necessarie per l'esercizio delle funzioni e dei compiti degli enti territoriali (Cons. Stato, sez. IV, 15/02/2022, n. 1097).

I principi di coordinamento della finanza pubblica

Al fine di assicurare un controllo da parte dello Stato sono previsti i principi di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, co. 3 e all'art. 119, co. 2 Cost.

L'articolo 117, comma 3, prevede espressamente le materie che rientrano nella legislazione concorrente e in chiusura si ribadisce che “nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.

Più esplicito è, invece, il riconoscimento dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa enunciato all'art. 119, comma 1, Cost. Testualmente la prefata disposizione normativa prevede che “i Comuni, le Province, le Città Metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono ed applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” (A. Giovannini, Sul federalismo fiscale che non c'è, in Diritto e pratica tributaria, 2012, 6, 1305-1333)”.

È chiaro che la previsione di tale “coordinamento” sia funzionale a definire vincoli, limiti, e condizioni da apporre all'autonomia finanziaria degli Enti locali.

I principi fondamentali di coordinamento del sistema tributario sono fissati dallo Stato e sono, in quanto tali, espressivi dell'esigenza di tutelare l'unità dell'ordinamento e favorirne l'armonizzazione.

La giurisprudenza costituzionale in materia indica chiaramente che il coordinamento finanziario può richiedere l'esercizio di poteri di ordine amministrativo, quali regolazione tecnica, rilevazione di dati e di controllo, che lo Stato può disciplinare in forza dell'art. 118 Cost, c. 1. Considerato che il carattere del coordinamento appare ‘‘finalistico'', il legislatore nazionale può certamente disciplinare i ‘‘poteri puntuali'' che ne discendono, rispettando i limiti, costituzionalmente sanciti, all'invasione di competenze proprie delle Regioni (in generale si rinvia a T. Tessaro, Il giudizio di parificazione del rendiconto della Regione tra controllo e giurisdizione, in Azienditalia, 2023, 6, 811; G. Risovecchi, I controlli sulla finanza pubblica tra diversi livelli territoriali di governo, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 2019, 3, 740; G. Gioia, Autonomia e strumentalità dell' armonizzazione dei bilanci pubblici. Note a margine della sentenza n. 246/2021 della Corte costituzionale, in Giur. Cost., 2021, 6, 2718; F. Pizzolato, C. Pagliarin, La Corte e le funzioni fondamentali dei Comuni: la ragionevolezza degli interventi statali di coordinamento della finanza pubblica nell'attesa di norme ordinamentali, in Giur. Cost., 2019, 2, 636, nota a Corte Costituzionale, 04 marzo 2019, n. 33; F. Di Cristina, Il potere d'ispezione amministrativo contabile dello Stato e l'autonomia finanziaria delle Regioni – nota a Corte Costituzionale sentenza 22 dicembre 2010, n. 370, in Giornale di diritto amministrativo n. 6/2011).

Il perimetro di operatività dei principi di coordinamento della finanza pubblica

Il rispetto degli ambiti di competenza è il fulcro sui cui muove l'intera disciplina del decentramento amministrativo.

Lo Stato, pertanto, mediante i cd. principi di coordinamento deve fissare una “disciplina di principio” per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari.

Ne deriva che la legge statale può stabilire solo un “limite complessivo” che lasci, tuttavia, agli enti la libertà di allocazione delle risorse fra i diversi obiettivi di spesa.

Secondo quanto asserito dalla giurisprudenza costituzionale il legislatore dovrà fissare i principi generali cui gli enti devono attenersi e determinare le grandi linee dell'intero sistema tributario e definire gli spazi e i limiti entro i quali potrà esplicitarsi la potestà impositiva dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali (sent. n. 37/2004).

La giurisprudenza è, tuttavia, concorde nel ritenere che la legge statale può solo indicare gli obiettivi, ma non può imporre gli strumenti concreti per raggiungere quegli obiettivi (Corte Cost., n. 95/2007). Ad esempio, non possono essere considerati principi di coordinamento i limiti all'entità della spesa che, invece, rappresenterebbero una indebita invasione nell'autonomia degli enti locali.

Ne deriva che “lo Stato può imporre limitazioni all'autonomia di spesa degli enti, purché preveda solo un limite complessivo anche se non generale della spesa corrente lasciando agli enti la libertà di allocazione delle risorse tra i diversi ambiti e obiettivi di spesa e le suddette limitazioni abbiano il carattere di transitorietà. Lo Stato non deve stabilire direttamente il mezzo attraverso cui conseguire il risultato limitandosi a fissare le soglie ed obiettivi di riduzione dei costi, nonché a prevedere indicatori in base a cui adottare interventi di riordino (Corte Cost., 26 aprile 2018, n. 87).

Il coordinamento può essere statico quando i principi si limitano a definire i confini in materia finanziaria tra lo Stato e gli altri enti locali e dinamico, qualora indichi la misura del contributo degli enti territoriali al mantenimento degli obiettivi della finanza pubblica.

Essi devono effettuare un bilanciamento tra l'esigenza di armonizzazione e l'autonomia degli enti locali.

La competenza dello Stato a fissare i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., rappresenta uno strumento necessario per assicurare l'unità economica e finanziaria della Repubblica, nonché il rispetto degli impegni assunti anche a livello sovranazionale, a tutela della sostenibilità attuale e prospettica degli equilibri di bilancio (Corte Cost., 21/12/2021, n. 247; in senso conforme anche Corte Cost., sent. n. 215/2021). Gli enti locali devono rispettare i principi di coordinamento della finanza pubblica, perché diretti ad assicurare il rispetto dei limiti di spesa mediante la previsione di sanzioni in caso di inosservanza delle prescrizioni.

Tali principi hanno carattere finalistico, perché sono funzionali a preservare l'equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e anche a garantire l'unità economica della Repubblica. Si tratta, altresì, di strumenti utili alla razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica.

In conclusione

Le norme statali possono essere considerate principi di coordinamento solo se: indicano gli obiettivi e lasciano liberi gli enti di scegliere le modalità per perseguire gli obiettivi. L'assunto da cui si muove è che i principi di coordinamento hanno il compito di assicurare l'unità economica e finanziaria della Repubblica, nonché il rispetto degli impegni assunti anche a livello sovranazionale a tutela della sostenibilità attuale e prospettica degli equilibri di bilancio.

D'altronde, il federalismo amministrativo muove proprio dall'attribuzione di compiti e funzioni amministrative, purché ciò avvenga nel pieno rispetto delle rispettive autonomie.

Qualora lo Stato non si limitasse a definire gli obiettivi, intervenendo anche sulle modalità, tale azione si tradurrebbe in una indebita invasione nella sfera di competenza degli enti locali.

Bibliografia

M. Cardillo, Il ruolo dei Comuni nell'applicazione del principio di sussidiarietà fiscale, in Diritto e pratica tributaria, 2012, 2, 345-368.

F. Di Cristina, Il potere d'ispezione amministrativo contabile dello Stato e l'autonomia finanziaria delle Regioni – nota a Corte Costituzionale sentenza 22 dicembre 2010, n. 370, in Giornale di diritto amministrativo n. 6/2011.

A. Fedele, Federalismo fiscale e riserva di legge, in Rass. trib., 2010, 1532 ss.

G. Gioia, Autonomia e strumentalità dell' armonizzazione dei bilanci pubblici. Note a margine della sentenza n. 246 del 2021 della Corte costituzionale, in Giur. Cost., 2021, 6, 2718.

A. Giovannini, Sul federalismo fiscale che non c'è, in Diritto e pratica tributaria, 2012, 6, 1305-1333.

F. Sorrentino, Coordinamento e principi costituzionali, in Rass. trib., 2010, 1568 ss.

F. Pizzolato, C. Pagliarin, La Corte e le funzioni fondamentali dei Comuni: la ragionevolezza degli interventi statali di coordinamento della finanza pubblica nell'attesa di norme ordinamentali, in Giur. Cost., 2019, 2, 636, nota a Corte Costituzionale, 04 marzo 2019, n.33.

G. Risovecchi, I controlli sulla finanza pubblica tra diversi livelli territoriali di governo, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 2019, 3, 740.

T. Tessaro, Il giudizio di parificazione del rendiconto della Regione tra controllo e giurisdizione, in Azienditalia, 2023, 6, 811.

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