L'esecuzione per rilascio

08 Settembre 2023

L'esecuzione di cui agli artt. 605-611 c.p.c. rientra fra le forme di esecuzione in forma specifica ed ha come finalità quella di realizzare l'adempimento coattivo del diritto sostanziale di cui all'art. 2930 c.c.
L'esecuzione per rilascio: principi generali. a) Titolo esecutivo e precetto per rilascio

Come anticipato, una volta ottenuto un titolo esecutivo che contenga una condanna al rilascio di un bene, il creditore potrebbe ottenere la prestazione spontaneamente dal soggetto obbligato. Diversamente, non potendo provvedere egli stesso alla realizzazione del risultato in cui si concreta l'obbligo (stante il divieto di autotutela), dovrà ricorrere alla tutela giudiziaria. Come per le altre forme di esecuzione, l'avvio della procedura sarà preceduto dalla notifica del titolo esecutivo e del precetto. Ai sensi dell'art. 474 c.p.c. l'esecuzione per rilascio può essere avviata in forza di un titolo di formazione giudiziale (sentenza di condanna, ordinanze di convalida di sfratto ai sensi dell'art. 663 c.p.c. e ss., eccetera) ed anche in forza di atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli; sotto tale profilo, dunque, non vi è dubbio che l'esecuzione per rilascio possa essere richiesta anche sulla base di un contratto di locazione o di cessione di ramo d'azienda stipulato per atto pubblico, senza dover la parte interessata alla consegna o al rilascio ottenere un provvedimento giurisdizionale di condanna, purché nel contratto stesso siano previsti puntualmente sia le modalità di rilascio che i presupposti che consentano alla parte di richiederlo (si pensi all'ipotesi della clausola risolutiva espressa azionata nei confronti del contraente inadempiente). Non vi sono più dubbi (inizialmente avanzati) in dottrina e in giurisprudenza in ordine al fatto che fra i titoli che consentono l'esecuzione in forma specifica debba rientrare anche il verbale di conciliazione (cfr., sebbene in materia di obblighi di fare, Cass. civ., sez. VI, ord. n. 28871/2022). Quanto all'atto di precetto, l'art. 605 c.p.c. prevede che lo stesso, oltre al contenuto di cui all'art. 480 c.p.c., debba contenere anche la descrizione sommaria dei beni. Come si vedrà, è sempre auspicabile che il precetto contenga, invece, una descrizione più dettagliata possibile dei beni oggetto di esecuzione, in quanto – nel caso in cui sorgano dei dubbi in sede di rilascio da parte dell'ufficiale giudiziario- questi si troverà costretto a rimettere gli atti al Giudice dell'esecuzione per la risoluzione delle questioni legate alla corretta individuazione del bene. Si osserva che, in alcune ipotesi, è sistematica, nello stesso titolo esecutivo, l'omissione di una specifica indicazione del bene (si pensi all'assegnazione della “casa coniugale” che quasi mai è descritta con l'indicazione dei dati catastali nelle sentenze di separazione); nell'esperienza di chi scrive ciò comporta un moltiplicarsi delle contestazioni in sede oppositiva, proprio fondate sull'impossibilità di una inequivoca determinazione del bene oggetto del rilascio.

Il secondo comma dell'art. 605 c.p.c. contempla l'eventualità che nel titolo esecutivo sia già indicato il termine per la consegna o il rilascio; in tal caso l'intimazione dovrà essere fatta con riguardo al detto termine, diversamente varrà la regola generale ma in ogni caso il termine non potrà comunque essere inferiore a dieci giorni.

b) Il procedimento e le questioni maggiormente rilevanti nella prassi.

L'esecuzione vera e propria inizierà con la notifica del preavviso di rilascio di cui all'art. 608 c.p.c. L'atto in questione ha lo scopo di avvertire la parte dell'esecutata del giorno e dell'ora in cui l'ufficiale giudiziario si recherà presso l'immobile per immettere nel possesso dello stesso l'avente diritto, munito di titolo esecutivo. Prima della riforma dell'art. 608 c.p.c. vi erano dubbi in dottrina e in giurisprudenza in ordine al momento in cui l'esecuzione potesse considerarsi iniziata, essendo diffusa l'opinione che l'esecuzione coincidesse con l'accesso vero e proprio dell'ufficiale giudiziario presso l'immobile da rilasciare (che, si badi, poteva avvenire anche dopo diversi tentativi). L'attuale formulazione della norma, invece, fuga ogni dubbio poiché prevede che l'esecuzione inizia con la notifica del preavviso di rilascio, con tutto ciò che ne consegue in ordine all'inammissibilità di opposizioni all'esecuzione (ex art. 615, comma 2, c.p.c.) depositate in data antecedente alla notifica del preavviso stesso. Eventuali irregolarità formali dell'atto di avviso potranno essere fatte valere con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. nel termine perentorio di giorni 20 dalla conoscenza legale o effettiva della procedura.

Non è prevista, per l'esecuzione per rilascio, la formazione di alcun fascicolo d'ufficio. Una volta compiute le operazioni di rilascio, lo stesso ufficiale giudiziario provvedere al deposito presso la cancelleria del Giudice dell'esecuzione del titolo esecutivo, del precetto e del preavviso, unitamente al verbale redatto con riferimento a tutte le operazioni compiute. Solo in tale momento verrà formato un fascicolo in seno al quale parte esecutante potrà depositare l'istanza di liquidazione delle spese anticipate per il rilascio e ciò ai sensi dell'art. 611 c.p.c. (vedi infra).

La formazione del fascicolo avverrà anche nell'ipotesi in cui siano spiegate delle opposizioni (in tal caso l'iscrizione a ruolo avviene a cura dell'opponente) o nella frequente ipotesi disciplinata dall'art. 610 c.p.c., che si esaminerà più avanti.

L'accesso da parte dell'ufficiale giudiziario potrebbe svolgersi senza alcuna difficoltà ove la parte tenuta al rilascio sia presente e non opponga alcuna resistenza. Normalmente il rilascio del bene avverrà tramite la consegna delle chiavi dell'immobile all'avente diritto (o al suo difensore). Alla consegna si accompagna l'ingiunzione rivolta dall'ufficiale giudiziario all'esecutato di riconoscere il nuovo stato di fatto. Nel caso in cui l'esecutato non sia presente al momento dell'accesso, deve essergli data notizia dell'avvenuta immissione nel possesso e dell'ingiunzione attraverso la notifica del verbale. In tal caso di mancata presenza dell'esecutato l'immissione in possesso potrebbe richiedere l'intervento di un fabbro che si occupi di sostituire la serratura e dunque di predisporre la chiusura dell'immobile. Ipotesi molto frequente è che l'ufficiale giudiziario rinvenga nell'immobile non il soggetto passivo risultante dal titolo esecutivo ma terzi che occupano l'immobile senza titolo o in virtù di un titolo la cui opponibilità o meno alla procedura dovrebbe essere oggetto di una specifica contestazione con gli strumenti codicistici. Lo stesso art. 608 c.p.c. contempla detta ipotesi laddove prevede che l'ufficiale giudiziario “immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell'immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore”.

A tal proposito, si osserva che la Suprema Corte ha definito in maniera puntuale quali sono gli strumenti che il soggetto passivo dell'esecuzione può esperire, in relazione al tipo di doglianza che lo stesso intenda avanzare. Secondo i giudici di legittimità (cfr. Cass. civ. n. 9720/2020), infatti, “a colui che assuma di essere stato pregiudicato da una sentenza pronunciata fra terze persone, oppure dall'esecuzione di essa, il nostro ordinamento accorda tutele diversificate, a seconda del tipo di nocumento che egli assuma di avere ricevuto. Queste forme di tutela sono state ampiamente esaminate - sia pure, per alcune di esse, soltanto mediante obiter dictum - da una decisione delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. civ., sez. un., n. 1238/2015; seguita già, tra le altre, da Cass. civ., sez. III, n. 29850/2018). La decisione delle Sezioni Unite di questa Corte ha affermato che colui il quale si assuma leso dalla pronuncia o dall'esecuzione di un titolo esecutivo formatosi fra altre persone ha a sua disposizione tre differenti strumenti di tutela, i quali sono tra loro alternativi e non cumulativi: a) se assume di essere titolare dello stesso diritto già oggetto della sentenza pronunciata inter alios e messa in esecuzione, egli deve proporre opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c.; b) se non contesta la legittimità del titolo, ma assume che esso sia stato erroneamente attuato e cioè che l'esecuzione abbia investito un bene diverso da quello che ne avrebbe dovuto formare l'oggetto, il terzo deve proporre l'opposizione di cui all'art. 619 c.p.c. (così il § 23, pag. 81, della sentenza 1238/15); c) se, infine, il terzo non contesta la legittimità del titolo, né l'erroneità dell'esecuzione, ma assume che dopo la formazione del titolo si sia avverato un fatto estintivo od impeditivo della pretesa creditoria, egli deve proporre l'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c. (così il § 22.4, pag. 81, della sentenza n. 1238/2015)”. Conseguentemente lo spazio per le opposizioni di terzo, per come delineato dalla Cassazione, è di fatto estremamente ristretto, essendo limitato dalle ipotesi di erronea attuazione del titolo. Nessuna contestazione potrà essere avanzata davanti al Giudice dell'esecuzione nel caso in cui il terzo deduca di vantare un diritto incompatibile con quello consacrato dal titolo (ipotesi, nella prassi, più frequente) in quanto la contestazione nel merito dovrà essere portata al vaglio del Giudice che ha emesso il titolo stesso.

Al di là delle contestazioni giuridiche, l'ufficiale giudiziario, in sede di rilascio, potrebbe riscontrare una serie di difficoltà di natura pratica che, in genere, potrebbero essere risolte con l'ausilio di soggetti terzi.

L'art. 608 c.p.c. riconosce all'ufficiale giudiziario le facoltà di cui all'art. 513 c.p.c. Come detto, nell'ipotesi in cui l'immobile venga rinvenuto chiuso o in stato d'abbandono, può essere coadiuvato da un fabbro. Più frequentemente l'ufficiale giudiziario dovrà avvalersi della forza pubblica nell'ipotesi di resistenza (passiva o attiva) da parte dell'obbligato. Sotto tale profilo, si osserva che secondo alcuni autori non è compatibile con i principi costituzionali il riconoscimento all'ufficiale giudiziario del potere di domandare l'intervento della forza pubblica senza un controllo da parte del Giudice dell'esecuzione. Tuttavia ad avviso di chi scrive la preventiva autorizzazione da parte del Giudice dell'esecuzione non è un presupposto per la richiesta dell'ausilio della forza pubblica che è affidato alla discrezionalità dell'ufficiale giudiziario. Secondo autorevoli autori (Anna Maria Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, CEDAM) né il Giudice dell'esecuzione né l'ufficiale giudiziario dispongono direttamente della forza pubblica, ragion per cui l'organo esecutivo deve farne richiesta all'autorità amministrativa. Tale richiesta comporta l'inizio di un procedimento amministrativo che si conclude con la concessione o il diniego della forza pubblica. Invero, il provvedimento di concessione della forza pubblica, pur avendo natura amministrativa, rappresenta un atto dovuto rispetto al quale l'autorità di polizia ha solo un limitato margine di discrezionalità tecnica.

L'ufficiale giudiziario spesso rimette gli atti al Giudice dell'esecuzione ex art. 610 c.p.c. (“Se nel corso dell'esecuzione sorgono difficoltà che non ammettono dilazione, ciascuna parte può chiedere al giudice dell'esecuzione, anche verbalmente, i provvedimenti temporanei occorrenti”) sebbene secondo il disposto normativo l'iniziativa della richiesta dell'intervento da parte del Giudice dell'esecuzione sia in realtà affidata esclusivamente alle parti. Generalmente la risoluzione dei problemi sollevati dalle parti o dall'ufficiale giudiziario non richiederà un'istruttoria complessa e nemmeno la fissazione di un'apposita udienza. Nella maggior parte dei casi il Giudice dell'esecuzione adotterà un decreto fornendo le necessarie indicazioni in risposta elle istanze formulate. Tuttavia possono anche verificarsi dei casi, in particolare quando si riscontrino difficoltà nell'individuazione del bene da rilasciare, che richiedano l'acquisizione di informazioni o di documentazione e la necessità di una interlocuzione con le parti, anche per meglio comprendere lo stato dei luoghi. In tali ipotesi, pertanto, la fissazione di un'apposita udienza appare indispensabile. Durante detta fase, la procedura di fatto rimane sospesa ma la ripresa della stessa non necessita alcun rinnovo della notifica del preavviso di rilascio (cfr. Cass. civ., sez. III, ord., n. 17674/2019 secondo cui “In tema di procedura esecutiva per consegna o rilascio, il preavviso prescritto dall'art. 608 c.p.c. esaurisce, con la notifica, il suo scopo di preavvertire l'esecutato del prossimo inizio dell'azione esecutiva, al fine di consentirgli l'adempimento spontaneo e di essere, comunque, presente all'immissione in possesso del creditore procedente, sicché non sussiste un obbligo di nuovo avviso in caso di sospensione dell'esecuzione già iniziata con un primo accesso e successivamente ripresa”).

Le difficoltà materiali che possono verificarsi in sede di rilascio sono le più varie. Un'ipotesi frequente è quella in cui l'ufficiale giudiziario riscontri all'interno dell'immobile la presenza di un soggetto in gravi condizioni di salute; in tal caso, previa autorizzazione del Giudice, l'ufficiale giudiziario verrà affiancato da un medico dell'ASP competente per territorio che valuterà la trasportabilità o meno del soggetto malato, eventualmente predisponendo anche l'intervento di un'ambulanza. In sede di rilascio si verifica spesso, inoltre, la necessità della presenza dei servizi sociali competenti per territorio, ove l'ufficiale giudiziario constati (e riferisca al Giudice dell'esecuzione) condizioni di disagio dell'esecutato (e della famiglia) o qualora i soggetti costretti a rilasciare l'immobile non abbiano oggettivamente un'alternativa abitativa. A ciò si aggiunga che altre situazioni delicate possono verificarsi in presenza di minori o di altri soggetti in condizione di deficit psichico ed ancora nell'ipotesi in cui nell'immobile da rilasciare si rinvenga un soggetto in danno del quale sono stati disposti gli arresti domiciliari (con obbligo di domicilio nell'immobile oggetto dell'esecuzione). In tal caso - ad avviso di chi scrive- dovranno essere effettuate le dovute comunicazioni al Tribunale di Minori, alla Procura e al Tribunale della Sorveglianza per l'adozione degli opportuni provvedimenti. Ipotesi frequente è anche quella in cui l'ufficiale giudiziario rinvenga nell'immobile (o nel terreno) da rilasciare animali domestici o altri animali, anche in stato di abbandono. In tale ipotesi, previa autorizzazione del Giudice, verrà previsto l'intervento di un medico veterinario dell'ASP o dei servizi competenti del Comune interessato. Analogamente dovrà essere previsto l'intervento delle forze dell'ordine nell'ipotesi in cui in seno all'immobile si rinvengano armi o munizioni.

L'esecuzione deve ritenersi conclusa, come detto, con l'immissione in possesso. L'art. 608-bis c.p.c. disciplina specificamente il caso di rinuncia all'esecuzione da parte del procedente. La rinuncia deve essere portata a conoscenza dell'esecutato e dell'ufficiale giudiziario ma nessuna accettazione è richiesta da parte dell'esecutato, in quanto la fattispecie estintiva si verificherà di diritto al ricorrere dei presupposti previsti dall'art. 608-bis c.p.c..

c) La liquidazione delle spese

In seno al fascicolo d'ufficio, formatosi a seguito della trasmissione degli atti da parte dell'ufficiale giudiziario, la parte istante può chiedere al Giudice dell'esecuzione la liquidazione delle spese sostenute nel corso della procedura ai sensi dell'art. 611 c.p.c. L'attuale dettato normativo supera ormai i dubbi sorti, nella vigenza della precedente formulazione, in ordine alla estensione del provvedimento in questione, ovvero se lo stesso potesse essere relativo alle sole spese vive (risultanti dagli atti della procedura) o, al contrario, potesse riguardare anche gli onorari relativi all'assistenza tecnica del difensore. In virtù dell'espresso riferimento all'art. 91 e s. cod. proc. civ., contenuto nel nuovo testo dell'art. 611 c.p.c. - come modificato dall'art. 2, comma 3, lett. e), n. 39), del d.l. n. 35/2005, convertito in l. n. 80/2005 - deve riconoscersi in capo al Giudice competente per l'esecuzione per consegna o rilascio la competenza (funzionale o per connessione necessaria) a liquidare tutte le spese dell'esecuzione, a prescindere dal valore della controversia e dalla proposizione della relativa istanza ai sensi del predetto art. 611, ovvero degli artt. 633 e ss. c.p.c. Il potere di liquidazione del Giudice, in precedenza limitato alle spese vive, deve ritenersi esteso anche agli onorari e ai diritti, ed il relativo decreto, riconducibile all'ambito dell'art. 642 c.p.c., è impugnabile nelle forme dell'opposizione a decreto ingiuntivo. Fra le spese vive rientrano i compensi dovuti all'ufficiale giudiziario nonché gli eventuali compensi dovuti a soggetti il cui intervento sia stato necessario per portare a compimento l'esecuzione (si pensi alle fatture del fabbro). Secondo le regole generali, le spese in seno all'esecuzione (che si sia utilmente conclusa) andranno liquidate in favore della parte esecutante ed addossate al debitore.

I beni mobili estranei all'esecuzione per rilascio

L'avente diritto al rilascio deve riottenere il bene libero da persone o cose. L'art. 609 c.p.c., come riformato dal d.l. n. 132/2014, convertito, con modificazioni, con l. n. 162/2014, ha modificato la disciplina dell''art. 609 c.p.c. prevedendo uno specifico e complesso procedimento finalizzato alla liberazione dell'immobile. Il primo comma della norma prevede che l'ufficiale giudiziario intimi alla parte tenuta al rilascio ovvero a colui al quale i beni risultano appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine. Nell'ipotesi in cui il soggetto tenuto ad asportare i beni non sia presente, il verbale contenente l'intimazione dovrà essere notificato allo stesso e dal perfezionamento della notifica decorrerà il termine assegnato. Ove l'intimato non asporti i beni, l'art. 609 c.p.c. prevede che l'ufficiale giudiziario ne determini il presumibile valore di realizzo dei beni ed indichi le prevedibili spese di custodia e di asporto. A questo punto l'art. 609 c.p.c. prevede due possibili alternative; qualora il valore di realizzo sia maggiore alle spese di custodia e asporto l'ufficiale giudiziario, a spese della parte istante, provvederà a nominare ex art. 599 c.p.c. un custode incaricandolo di trasportare i beni in altro luogo. Quest'ultimo, ai sensi del 5° comma, provvederà alla vendita senza incanto, nelle forme previste per la vendita dei beni pignorati e con le modalità fissate dal Giudice dell'esecuzione per rilascio. In caso di non volontà di parte istante di procedere alla vendita, i beni mobili saranno considerati come abbandonati e l'ufficiale giudiziario provvederà allo smaltimento o distruzione.

Il ricavato della vendita sarà destinato alla copertura delle spese (di asporto, custodia e vendita) nonché per il pagamento delle spese liquidate ex art. 611 c.p.c. Eventuali eccedenze saranno destinate al debitore esecutato o, comunque, al soggetto intimato cui appartengono i beni. Quest'ultimo, prima della vendita o della distruzione, può ancora formulare al Giudice dell'esecuzione un'istanza per riprendere possesso dei beni mobili. Il Giudice provvederà in tal senso, addossando le spese alla parte intimata.

L'art. 609 c.p.c. prevede specificamente l'ipotesi in cui nel bene da rilasciare vengano rinvenuti documenti inerenti un'attività professionale ovvero imprenditoriale. In questo caso, gli stessi verranno conservati per due anni (con spese a carico dell'istante nel caso di nomina di un custode) mentre in difetto di istanza e di anticipo delle spese si procederà alla distruzione.

In conclusione

La brevità del contributo non consente di soffermarsi su alcune tematiche che meriterebbero certamente un approfondimento maggiore in quanto oggetto di una disciplina speciale, in particolare in materia di locazione (si pensi all'indennità da perdita di avviamento commerciale ed ai relativi presupposti o alla normativa di tutela dell'esecutato di cui all'art. 6, comma 5, della l. n. 431/1998). Quanto alle opposizioni, si rileva che nella prassi le stesse sono spesso fondate, come accennato, sull'esistenza di diritti incompatibili con quello di cui si chiede l'attuazione ovvero su questioni di natura pratica legate al mutamento dello stato dei luoghi, alla corretta individuazione dell'immobile e all'interpretazione del titolo esecutivo. Sebbene non sufficiente ai fini della concessione del provvedimento cautelare, si richiederà al Giudice dell'esecuzione un'attenta valutazione del periculum considerata la situazione in concreto dei soggetti che occupano il bene non solo quando si tratti di immobili ad uso abitativo ma anche nell'ipotesi di immobili ad uso commerciale, comportando il rilascio del bene l'impossibilità immediata di prosecuzione nell'attività, con conseguente potenziale irreversibilità degli effetti conseguenti alla conclusione dell'esecuzione.

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