Per individuare il giudice competente per valore non si valuta la quota di partecipazione alle spese del singolo

Edoardo Valentino
08 Settembre 2023

Nel determinare il valore di una controversia avente oggetto l'impugnazione di una delibera assembleare, operazione necessaria ai fini della attribuzione di un giudice o della valutazione sulla procedibilità secondo equità di una causa (art. 113 comma 2 c.p.c.), si deve valutare l'intero valore della deliberazione adottata e non solo il valore della quota di spesa che ricadrebbe sul condomino che impugna la delibera sulla base dei millesimi di proprietà dallo stesso detenuti.

Il caso. Un condomino agiva in giudizio impugnando una delibera condominiale e contestando le varie opere e l'attribuzione dei relativi costi. Nello specifico egli contestava l'erroneo riparto per la manutenzione del verde condominiale, l'erroneo riparto con riguardo al rifacimento di una caditoia, la genericità e indeterminatezza nella nomina di un tecnico per l'adeguamento dell'impianto fognario e delle acque bianche e l'erronea attribuzione di spese riguardanti i cancelletti condominiali. Il Giudice di Pace, all'esito del processo, rigettava le motivazioni del condomino e confermava la delibera impugnata.

Il giudizio approdava quindi in Tribunale per il grado di appello a seguito del gravame del condomino. In detta sede il Giudice, tuttavia, dichiarava inammissibile l'appello ai sensi dell'articolo 339 comma 3 c.p.c. Tale norma stabilisce limiti per l'appellabilità delle decisioni del Giudice di Pace e afferma che « Le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità a norma dell'articolo 113, secondo comma, sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia ».

Nel caso in questione, quindi, stante il fatto che le spese del condomino non sarebbero state superiori ad € 1.100,00 (la causa era stata istaurata prima del 2017, e quindi il valore da considerare era € 1.100,00 e non quello aggiornato di € 2.500,00), il giudizio era stato deciso secondo equità ai sensi dell'art. 113 comma2 c.p.c.

La conseguenza giuridica di tale argomentazione era, quindi, che l'appello dovesse essere dichiarato inammissibile.

La Cassazione rigetta l'interpretazione del Tribunale sia per motivi pratici che giuridici. Il condomino, soccombente in entrambi i gradi di merito, agiva quindi in sede di Cassazione con ricorso fondato su un unico motivo. Con tale atto di impugnazione il condomino contestava la valutazione del giudice d'Appello per avere questo emesso una valutazione di inammissibilità del gravame sulla base dell'assunto che le somme oggetto della lite fossero inferiori ad € 1.100,00 e quindi sulla base del principio di inappellabilità delle decisioni del Giudice di Pace pronunciate secondo equità.

La Corte di Cassazione, Sezione II, con la decisione numero 25721 del 4 settembre 2023 accoglieva il ricorso e sconfessava detta valutazione. Il ragionamento della Suprema Corte era molto lineare: il giudice d'Appello aveva errato nel valutare l'inammissibilità del gravame, dato che si basava su un assunto errato.

Al fine di valutare il valore della lite, infatti, egli non avrebbe dovuto considerare la somma che – al netto dei millesimi di proprietà posseduti – il condomino ricorrente si sarebbe ritrovato a pagare come esito della definitività della delibera assembleare impugnata, bensì l'intero valore delle opere deliberate.

La differente valutazione avrebbe avuto esiti sostanziali dato che, valutando le spese del singolo condomino il valore della lite sarebbe stato effettivamente inferiore ad € 1.100,00, ma nel complesso le opere deliberate avevano un valore superiore alla soglia del giudizio per equità, rendendo così ammissibile l'appello. Nello spiegare il proprio ragionamento la Cassazione evidenziava l'esistenza di due orientamenti giurisprudenziali opposti.

Il primo, più risalente, interpretava la questione affermando che il valore della lite dovesse essere calcolato sulla base dell'importo della spesa per il singolo condomino (si veda Cass. 971/2001).

Un secondo, più recente orientamento, invece, interpretava la normativa affermava che «anche laddove la controversia cada solo sulla quota di partecipazione alle spese condominiali del singolo condomino, il valore della causa è da determinare sulla base dell'atto impugnato e non sulla base dell'importo del contributo alle spese dovuto dall'attore in base allo stato di ripartizione» (così in Cass. 9068/2022).

Concludeva quindi la Cassazione che la seconda interpretazione fosse preferibile in quanto dal punto di vista pratico avrebbe consentito la risoluzione di questioni di competenza in modo «snello, allo stato degli atti e con cognizione sommaria», valutando l'importo totale della spesa e non già ogni singola partecipazione millesimale del condomino alle spese.

Dal punto di vista sistematico-giuridico, inoltre, il secondo orientamento sarebbe stato più corretto dato che l'eventuale giudizio di annullamento della delibera avrebbe colpito la stessa nel suo complesso, e non solo stralciando la posizione del condomino che l'aveva impugnata.

Alla luce di tali valutazioni la Cassazione accoglieva il ricorso presentato e rinviava il giudizio al Tribunale per una nuova valutazione di merito.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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