L'obbligo documentale previsto dall'art. 581 comma 1-ter c.p.p. è escluso se l'imputato impugnante è detenuto

11 Settembre 2023

La Suprema Corte si è occupata di stabilire se l'obbligo, introdotto dalla riforma Cartabia, di dichiarare o eleggere domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, con l'atto d'impugnazione ai sensi degli artt. 581, comma 1-ter, 156 e 161 c.p.p. vale anche quando l'imputato impugnante sia in stato di detenzione per il procedimento in corso.
Massima

La nuova disposizione di cui all'art. 581, comma 1-ter, c.p.p. (introdotta dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150/2022, ed in vigore per le impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del citato d.lgs.) – che richiede, a pena d'inammissibilità, il deposito, unitamente all'atto d'impugnazione, della dichiarazione od elezione di domicilio della parte privata, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio – non opera anche nel caso in cui l'imputato impugnante sia detenuto.

Il caso

La Corte di appello di Messina ha dichiarato inammissibile l'appello proposto nell'interesse di Q.L. contro la sentenza del g.u.p. del Tribunale di Messina posto il difetto della condizione prevista all'art. 581, comma 1-ter, c.p.p., vale a dire la carenza dell'elezione di domicilio prescritta a pena d'inammissibilità.

Contro l'ordinanza l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione lamentando la superfluità dell'adempimento in quanto l'atto di appello reca la chiara indicazione che l'imputato era detenuto nell'ambito del procedimento, per cui le notificazioni prescritte andavano eseguite nel luogo di detenzione.

La questione

L'impegno, introdotto dalla riforma Cartabia, stabilito a pena di inammissibilità, di dover dichiarare o eleggere domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, con l'atto d'impugnazione ai sensi degli artt. 581, comma 1-ter, 156 e 161 c.p.p. vale anche quando l'imputato impugnante sia in stato di detenzione per il procedimento in corso?

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione nega che a seguito dell'introduzione ad opera dell'art. 33comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150/2022, dell'art. 581 comma 1-ter c.p.p. il quale dispone che: «Con l'atto d'impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d'inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio» possa farsi carico all'impugnante detenuto di provvedere alla dichiarazione o elezione menzionata. La Cassazione ha correttamente accolto la questione sollevata dal ricorrente, non solo fornendo una chiara e precisa indicazione dell'obbligo de quo, ma lasciando intendere che la nuova disposizione di cui al comma 1-ter dell'art. 581 c.p.p. non ha natura di lex specialis rispetto all'art. 156 del codice di rito. La prima previsione, in altri termini, non prevale rispetto a quella appena indicata che è norma applicabile proprio nel caso in cui l'imputato impugnante sia detenuto.

La conclusione raggiunta muove, prevalentemente, dalla disamina della disciplina attuale e anteriore alla riforma Cartabia del regime delle notificazioni per l'imputato detenuto. Segnatamente, la decisione muove dalla disamina dell'art. 156 c.p.p. che prima della riforma stabiliva nel comma 1, che «Le notificazioni all'imputato detenuto sono eseguite nel luogo di detenzione mediante consegna di copia alla persona»; - nel comma 3, che «Le notificazioni all'imputato detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari sono eseguite a norma dell'articolo 157». Le stesse Sezioni Unite (Cass. pen., sez. un., 27 febbraio 2020, n. 12778) hanno chiarito che le notificazioni all'imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio, dovendo tale disciplina trovare applicazione anche nei confronti dell'imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, anche nei confronti del detenuto "per altra causa". Il d.lgs. n. 150 ha inciso sull'art. 156 c.p.p. che attualmente stabilisce che “Le notificazioni all'imputato detenuto, anche successive alla prima, sono sempre eseguite nel luogo di detenzione mediante consegna di copia alla persona. 2. In caso di rifiuto della ricezione, se ne fa menzione nella relazione di notificazione e la copia rifiutata è consegnata al direttore dell'istituto o a chi ne fa le veci. Nello stesso modo si provvede quando non è possibile consegnare la copia direttamente all'imputato, perché legittimamente assente. In tal caso, della avvenuta notificazione il direttore dell'istituto informa immediatamente l'interessato con il mezzo più celere. Le notificazioni all'imputato detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari, anche successive alla prima, sono eseguite a norma dell'articolo 157 c.p.p., con esclusione delle modalità di cui all'articolo 148, comma 1 c.p.p. Le disposizioni che precedono si applicano anche quando dagli atti risulta che l'imputato è detenuto per causa diversa dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione o è internato in un istituto penitenziario. L'art. 10 d.lgs. n. 150/2022 ha, inoltre, inserito il nuovo art. 157-ter c.p.p. (rubricato: "Notifiche degli atti introduttivi del giudizio"), il cui comma 3 stabilisce che in caso di impugnazione proposta dall'imputato o nel suo interesse, la notificazione dell'atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è sempre eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto, ai sensi dell'articolo 581, commi 1-ter c.p.p.». La legge, invece, non ha inciso sul regime applicabile alle notificazioni all'imputato detenuto l'art. 156 c.p.p.: ciò induce a ritenere che, in caso di impugnazione proposta dall'imputato detenuto o nel suo interesse, la notificazione dell'atto di citazione a giudizio nei suoi confronti non va eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto, ai sensi dell'art. 581, commi 1-tere 1-quater c.p.p.

Osservazioni

L'interpretazione fornita dalla Seconda Sezione della Cassazione appare pienamente condivisibile. Invero, al di là delle argomentazioni riportate nella decisione a condurre nel senso anzidetto conduce la ratio e funzione della nuova previsione introdotta in sede d'impugnazione qual è quella di agevolare l'attività di notificazione, spesso causa di differimento dell'udienza (Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, Servizio penale, Rel. n. 2/2023 del 5 gennaio del 2023, p. 163).
La condizione de qua, prevista a pena di ammissibilità dell'impugnazione, si giustifica nell'evidente intento «di ridurre la probabilità di celebrare giudizi di gravame nei confronti di soggetti non effettivamente a conoscenza della data dell'udienza». Di qui, dunque, la ragione sottesa all'ambito di operatività del presupposto legale imposto per l'attivazione del successivo grado di giudizio. Invero, l'aggravio formale che la riforma apporta sul piano difensivo è sicuramente uno dei nodi più attenzionati dall'avvocatura: la previsione rappresenterebbe un palese vulnus al diritto di difesa, condizionando l'ammissibilità del successivo giudizio, mortificando, così, la funzione pubblica spettante al difensore e, soprattutto, alla possibilità di emendare eventuali errori o vizi della decisione, posto lo sbarramento puramente formale al vaglio della decisione impugnata.

Dal canto suo, la magistratura rinnova lo stretto collegamento fra la condizione de qua e la possibile conoscenza del “nuovo” rito: una tale previsione pone, infatti, al riparo da possibili, successive, deduzioni di incolpevole conoscenza del processo, così da evitare potenziali declaratorie d'invalidità del processo celebrato, con conseguenti regressioni del processo (arg. ex artt. 604 e 629-bis c.p.p.). Se così è, appare estraneo ad un siffatto regime l'ipotesi in cui l'impugnazione venga avanzata dall'imputato detenuto in quanto la sua condizione consente, come si è visto, di assicurare la notificazione, cioè la conoscenza del successivo giudizio d'impugnazione e, dunque, la sua partecipazione.

In conclusione, il regime stabilito per le notificazioni unitamente a quello a cui è finalizzato il nuovo impegno documentale regime declinato all'art. 581, comma 1-ter c.p.p. portano a concludere nel senso espresso dalla Sezione Seconda, vale a dire che quest'ultima previsione si applica unicamente nei confronti degli imputati non detenuti. Parallelamente non pare avere rilievo neppure la norma coordinata a quella delle impugnazioni, vale a dire all'art. 164 c.p.p., che nella sua “nuova” versione stabilisce che: la determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per le notificazioni dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale, salvo quanto previsto dall'articolo 156, comma 1 c.p.p.

Riferimenti

R. Bricchetti, Prime riflessioni sulla riforma Cartabia: disposizioni generali sulle impugnazioni, in IUS Penale (ius.giuffrefl.it), 2022.

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