Revocatoria ai sensi dell’art. 67, comma 2 l.fall. e prova della scientia decoctionis

12 Settembre 2023

Il Tribunale di Venezia affronta il tema della prova della scientia decoctionis da parte dell'accipiens, in caso di azione revocatoria fallimentare di pagamenti ex art. 67, comma 2 l. fall.; Il Tribunale si pronuncia altresì, nel solco di un indirizzo ormai consolidato, sulla decorrenza del termine per l'esercizio dell'azione, previsto dall'art. 69-bis, comma 1 l. fall., in caso di consecuzione di procedure concorsuali.
Massime

Ai fini della revocatoria fallimentare dei pagamenti, ex art. 67, comma 2 l. fall., la prova della conoscenza, in capo al creditore, dello stato di insolvenza in cui versa il debitore può desumersi anche dalla stipula di un piano di rientro del debito, soprattutto se di entità modesta in rapporto alle dimensioni del debitore, con fissazione di tempi contenuti per il pagamento delle singole rate e con previsione dell'integrale pagamento dell'importo per capitale, interessi e spese legali già oggetto di decreto ingiuntivo.

Il termine decadenziale, nel caso di consecuzione di procedure, non retroagisce e decorre dalla data del fallimento. Inoltre, opera la sospensione straordinaria COVID prevista dall'art. 8, comma 2, del d.l. n. 18/2020, come successivamente modificato dal d.l. n. 23/2020, poi convertito in l. n. 40/2020.



Il caso

Con il provvedimento in oggetto, il Tribunale di Venezia affronta il tema della prova della conoscenza da parte dell'accipiens dello stato di insolvenza, nel caso di revocatoria fallimentare di pagamenti proposta ai sensi dell'art. 67, comma 2 l. fall.; e si pronuncia altresì, ponendosi nel solco di un indirizzo ormai consolidato, sulla decorrenza del termine per l'esercizio dell'azione, previsto dall'art. 69-bis, comma 1 l. fall., in caso di consecuzione di procedure concorsuali.

La questione esaminata trae origine da una vicenda che aveva visto l'impresa debitrice in stato di perdurante inadempienza nei confronti di un creditore, il quale otteneva un decreto ingiuntivo per il pagamento di fatture relative a forniture di beni, risalenti al febbraio-marzo 2016. In data 21 febbraio 2017 veniva raggiunto un accordo transattivo, che prevedeva il pagamento integrale del capitale, degli interessi moratori e delle spese liquidate in sede monitoria, in tre rate mensili di cui l'ultima sarebbe stata pagata il 6 maggio 2017, con differimento successivamente convenuto al 31 maggio 2017.

La debitrice, già in stato di crisi, entro i sei mesi successivi ai pagamenti depositava in data 8 agosto 2017 domanda di concordato preventivo presso il Tribunale di Venezia (pubblicata nel registro delle imprese l'11 agosto 2017) e, successivamente, in data 13 ottobre 2017 veniva dichiarata fallita.

Intervenuto il fallimento, con atto di citazione notificato il 25 novembre 2020 la curatela chiedeva la revocatoria fallimentare dei suddetti pagamenti, accolta dal Tribunale ritenendo raggiunta piena prova anche dell'elemento soggettivo dell'azione.



La questione

La decisione in commento affronta il tema della revocabilità di pagamenti ai sensi del comma 2 dell'art. 67 l. fall., effettuati da società debitrice che, in un primo momento, era stata ammessa a concordato preventivo, e, successivamente, veniva dichiarata fallita.

In particolare, secondo la prospettazione della società convenuta, non sarebbero sussistite in primo luogo le condizioni di esercizio dell'azione, atteso che avrebbe dovuto operare nella fattispecie il termine di decadenza fissato dall'art. 69-bis, comma 1 l. fall., decorrente, rispetto alla data di notifica della citazione, dalla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese (e cioè dalla data di accesso alla prima delle procedure concorsuali); e, in ogni caso, non sarebbe stata applicabile alla fattispecie la sospensione straordinaria dei termini processuali (dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020 per effetto del combinato disposto del d.l. n. 18/2020 e 23/2020).

Nel merito, non sarebbe stata provata la sussistenza dell'elemento soggettivo dell'azione, in considerazione del fatto che l'accordo transattivo raggiunto dalle parti, lungi dal costituire indizio della scientia decoctionis, sarebbe stato unicamente giustificato dall'obiettivo di evitare l'alea di un giudizio di opposizione.



Le soluzioni giuridiche

Quanto al profilo del termine di decadenza per l'esperibilità dell'azione, la sentenza non si discosta dall'indirizzo consolidato in tema di consecuzione di procedure (App. Milano sez IV, 21 luglio 2021, n. 2323, in DeJure.it, 2021; Cass. civ., 6 settembre 2021, n. 24056; Cass. civ. 13 settembre 2021, n. 24632; Cass. civ., sez. I, 31 marzo 2021, n. 8996; Trib. Terni sez. I, 1° marzo 2022, n. 201, in Redazione Giuffrè, 2022, 4-5; Cass. civ., Sez. VI-1, 28 aprile 2022, n. 13367).

Ed invero, il Tribunale ha argomentato sulla base del dato testuale del mancato richiamo, nella previsione del comma 2 dell'art. 69-bis l. fall., del termine decadenziale di cui al primo comma del medesimo articolo, laddove invece sono espressamente richiamate le previsioni di cui agli artt. 64, 65, 67, commi 1 e 2 e 69 l. fall., relativamente al computo del solo periodo sospetto.

L'art 69-bis, comma 2 l. fall., recependo nell'ordinamento la c.d. “teoria della consecutio” – che ormai può considerarsi un principio ad “applicazione generalizzata” (si veda il paragrafo “Guida all'approfondimento”) – prevede la possibilità, nel caso in cui un fallimento sia preceduto da un concordato preventivo, di far decorrere il c.d. periodo sospetto ex artt. 64-69 l. fall., entro il quale collocare gli atti soggetti a revocatoria fallimentare, dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese. In tal senso si veda Cass. civ., sez. VI, 28 aprile 2022, n. 13367 e la massima ricavabile da Cass. civ., 13 settembre 2021, n. 24632 (dove si osserva che la consecutività tra procedure comporta che le stesse siano “originate da un medesimo unico presupposto, costituito dallo stato d'insolvenza” e “si sostanzia nella considerazione unitaria della procedura di concordato preventivo, cui è succeduta quella di fallimento, con retrodatazione del termine iniziale del periodo sospetto per la revocatoria fallimentare”, non recedendo l'unitarietà nel caso in cui sussista “uno iato temporale nella successione dei procedimenti, essendo infine manifestazione di un'unica crisi d'impresa”). In proposito si vedano anche L. GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare, Torino, 2012, 157 e T. IANNACCONE, La consecuzione del fallimento al concordato preventivo, in Questo portale, 22 febbraio 2017; nel testo si riprendono le conclusioni della giurisprudenza sopra richiamata (cui si aggiunge il riferimento a Trib. Monza 19 agosto 2016 e a Cass. civ., sez. I, 29 marzo 2016, n. 6045), confermando che “il punto di riferimento della retrodatazione non è più quello della ammissione alla procedura, bensì quello della pubblicazione, nel registro delle imprese, della domanda di concordato” (In senso contrario E. STAUNOVO POLACCO, Sulla insostenibilità della consecutio tra il concordato preventivo non ammesso ed il fallimento dichiarato senza soluzione di continuità, in Fall. 2016, 44).

Residuano ormai pochi dubbi fra gli interpreti circa la ratio della retrodatazione del dies a quo di tale periodo sospetto (E. BERTACCHINI, Consecuzione tra concordato e fallimento e rischio revocatoria, cit., 5. Per altre posizioni in tal senso si veda G. REBECCA, La nuova consecuzione delle procedure e la revocatoria fallimentare, in Questo portale, 5 giugno 2013) e, allo stesso modo, è pacifico che il presupposto in base al quale può ritenersi configurata la consecutio - ovvero lo stato di crisi – debba essere comune alle diverse procedure.

Fermi tali punti, un tema sul quale si sofferma la sentenza in esame è l'eventualità, nel caso di consecuzione di procedure, che a retroagire possa essere altresì, come sostenuto dalla società convenuta, il dies a quo del termine di decadenza per la proposizione dell'azione revocatoria. Il Tribunale non condivide tale assunto, argomentando che una siffatta opzione, pur affermata in taluni casi nella fase antecedente alla riforma del 2012, non possa trovar spazio nell'attuale contesto normativo in cui vige il comma 2° dell'art. 69-bis l. fall.

Quanto ai precedenti cui fa riferimento il Tribunale, non espressamente citati, risulta emblematica una pronuncia della Suprema Corte del 1990 (Cass. civ., sez. I, 18 luglio 1990, n. 7339) che, analizzando in termini sistematici la tematica della consecuzione delle procedure, ha condiviso l'orientamento della giurisprudenza di legittimità che aveva ritenuto applicabile la “decorrenza del termine a ritroso concernente l'ambito di applicazione dell'azione revocatoria fallimentare esercitata nel fallimento consecutivo (Cass. civ., 7 dicembre 1966 n. 2872, Cass. civ., 28 luglio 1972 n. 2579, Cass. civ., 15 novembre 1976 n. 4216), quale espressione di interpretazione estensiva dell'art. 67 della legge fallimentare, individuando nell'atto di ammissione alla procedura intermedia il momento di manifestazione di uno stato di insolvenza in atto (e su questo piano gioca la sostanziale identità oggettiva tra "momentanea difficoltà " e "stato di insolvenza")”. La medesima sentenza della Suprema Corte aveva infatti avuto cura di precisare che “non esiste nel nostro ordinamento un principio generale, deducibile da un'interpretazione organica dei principi del sistema, in base al quale in via automatica e generalizzata, nel caso di una serie di procedure concorsuali succedutesi le une alle altre senza soluzione di continuità, tutti gli effetti e le modalità operative dell'ultimo procedimento concorsuale possano estendersi, con effetto retroattivo, al momento dell'apertura del primo procedimento della serie” (Cass. civ., sez. I, 18 luglio 1990, n. 7339).

Altro tema affrontato è quello della sospensione straordinaria dei termini processuali di cui ai d.l. n. 18/2020 e n. 23/2020, per l'emergenza sanitaria COVID, rispetto al quale il Tribunale ha ritenuto che l'inequivoca formulazione della norma con riferimento a tutti i termini procedurali civili non possa lasciar residuare dubbi circa l'applicabilità del relativo differimento anche a quello di decadenza dell'azione revocatoria.

In merito alla prova della scientia decoctionis le motivazioni della decisione si arricchiscono in particolare di una specifica connotazione attribuita alle intese raggiunte fra le parti, al punto da ritenere le stesse elemento di indubbia valenza presuntiva per inferire la conoscenza, nell'accipiens, dello stato d'insolvenza del debitore.

La dottrina ha fatto riferimento, sul tema, al concetto di “oggettivazione” della scientia decoctionis (Cfr. A. MUNARI, Conoscenza e conoscibilità dello stato di insolvenza, in Giur. Comm., 1997, 733), nel senso che all'interno di uno spettro interpretativo delimitato dalla ritenuta insufficienza di una mera conoscibilità potenziale (In tal senso anche recentissima giurisprudenza (Trib. Milano sez. II, 14 febbraio 2023, in Dejure.it; si rinvia in proposito alle osservazioni riportate in La Redazione, Successione di procedure concorsuali e revocatoria fallimentare, in questo portale, 16 marzo 2023, 2-4. Nello stesso senso anche Cass. civ., sez. I, 17 maggio 2023, n. 13445, dove al punto 2.2 della motivazione si specifica che “la scientia decotionis dell'imprenditore da parte del terzo deve poi essere effettiva e non meramente potenziale”), la considerazione dell'impossibilità di dare prova dell'effettivo stato psicologico interno all'accipiens ha posto l'interprete nella necessità di attribuire valenza probatoria a elementi indiziari, che assumono un peso diverso a seconda delle connotazioni soggettive del creditore stesso.

Rispetto alla prova per presunzione sulla base di indici sintomatici, un passaggio fondamentale è rappresentato dalla sentenza della Suprema Corte n. 12736 del 21 dicembre 1998, che individua il principio cardine secondo cui “la prova della conoscenza può essere integrata dalla prova della conoscibilità”, in situazioni nelle quali può ritenersi che “il terzo, facendo uso della normale diligenza – da valutarsi alla stregua della sua specifica qualità di operatore in relazione alla natura dell'atto – non abbia potuto non rendersi conto dello stato di dissesto in cui versava la controparte” (Cass. civ., sez. I, 21 dicembre 1998, n. 12736. Come osservato in dottrina (si veda A. PAGANINI, Prova della scientia decoctionis dell'istituto di credito convenuto in revocatoria, in questo portale,18 febbraio 2014, 2) sulla stessa scia si trovano le pronunce Cass. civ., sez. I, 24 marzo 2000, n. 3524, e Cass. civ., sez. I, 27 maggio 1995, n. 5900).

Tali conclusioni sono state confermate da successive decisioni nel 2013 (Cass. civ., sez. VI, 19 novembre 2013, n. 25952), e, più di recente, nel 2023 quando la Cassazione, da un lato, ha affermato che il complesso degli elementi indiziari deve condurre “il giudice a ritenere che il terzo, facendo uso della sua normale prudenza e avvedutezza - rapportata anche alle sue qualità personali e professionali, nonché alle condizioni in cui egli si è trovato concretamente ad operare - non possa non aver percepito i sintomi rivelatori dello stato di decozione del debitore” (Cass. civ., sez. I, 17 maggio 2023, n. 13445. Tra l'altro, la stessa pronuncia richiama ulteriori precedenti della Cassazione in tal senso, quali Cass. civ., sez. I, 24 ottobre 2012, n. 18196, Cass. civ., sez. I, 15 febbraio 2016, n. 2916, e Cass. civ., sez. I, 18 maggio 2021, n. 13512) e, dall'altro, ha tracciato il percorso logico che l'organo giudicante deve seguire nel portare avanti il ragionamento indiziario. Nello specifico “il giudice è tenuto a seguire un procedimento articolato in due fasi logiche: dapprima, una valutazione analitica degli elementi indiziari, per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati, per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva (che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi)” (Cass. civ., sez. I, 17 maggio 2023, n. 13445, cit). Per una lettura alternativa sul tema si rinvia a S. CALVETTI, Oltre 100 protesti, d'accordo: ma la conoscenza dello stato d'insolvenza deve essere effettiva o non meramente potenziale, in Diritto & Giustizia2016, 55 e G. TARANTINO, La scientia decoctionis va accertata in concreto con riferimento al rapporto tra debitore e creditore”, in Diritto & Giustizia, 2019; quest'ultimo, commentando una pronuncia della Cassazione del 2019 (Cass. civ. sez. VI-1, 27 agosto 2019, n. 21749) evidenzia che l'onere di prova dello stato d'insolvenza in capo al curatore andrebbe inteso “nel senso che la certezza logica dell'esistenza di tale stato soggettivo (vertendosi in tema di prova indiziaria e non diretta) può legittimamente dirsi acquisita non quando sia provata la conoscenza effettiva, da parte di quello specifico creditore, dello stato di decozione dell'impresa (prova inesigibile perché diretta), bensì quando la probabilità della scientia decoctionis trovi il suo fondamento nei presupposti e nelle condizioni (economiche, sociali, organizzative, topografiche, culturali) nelle quali si sia concretamente trovato ad operare, nella specie, il 'debitore fallito'”.

La decisione in commento si pone in continuità con la sopracitata giurisprudenza. Seppure siano riportati in fatto anche altri indizi di conoscibilità dello stato d'insolvenza, quali il mancato deposito dei bilanci e le notizie di stampa pubblicate, viene attribuito nello specifico un rilievo decisivo all'accordo transattivo concluso fra le parti, che prevedeva l'integrale pagamento dell'importo ingiunto per capitale, interessi e spese legali, peraltro in tempi assai ristretti (tre rate mensili), in relazione a un debito di importo peraltro non particolarmente rilevante rispetto alle dimensioni della società debitrice: elementi tutti da cui il Tribunale desume come la dilazione di pagamento concessa dal creditore, lungi dal giustificarsi quale aliquid datum al fine di evitare un'eventuale opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto (nel qual caso “l'accordo, anziché prevedere il pagamento del totale, avrebbe verosimilmente presentato tutt'altro tenore più profittevole per la debitrice”), fosse unicamente indice della “consapevolezza, in capo alla convenuta, dello stato di dissesto in cui versava MCS, la quale, per importi di non rilevante entità, era costretta a chiedere dilazioni di pagamento”.

A sostegno di tale conclusione sono riportati arresti giurisprudenziali successivi al 1998, che, al pari della sentenza in esame, attribuiscono valore dirimente alle scritture private transattive intervenute fra le parti.

Sembra però opportuno osservare come, quanto meno nel precedente richiamato del Tribunale di Milano (sent. Trib. Milano, 17 settembre 2005), siano riportati in motivazione elementi aggiuntivi e ulteriori, quali il ritardo di pagamento di oltre due anni e la circostanza che questo sia avvenuto solo a seguito di un decreto ingiuntivo (Trib. Milano, 17 settembre 2005, in OneLegale.it, 5, 2007).



Guida all'approfondimento

Per una trattazione più approfondita di alcune delle perplessità, in tema di consecuzione di procedure, sulla formulazione introdotta nel 2012 si vedano A. GIORDANO E C. TEDESCHI, Commentario al Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, Ad Maiora, luglio 2021, 674-675 e NIGRO – VATTERMOLI, Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, Bologna, 2021, 227. In senso contrario si vedano Cass. civ. 6 agosto 2010, n. 18437 e T. IANNACONE, Consecuzione di procedure (nella legge fallimentare), in questo portale, 11 maggio 2020, 2. Per altre osservazioni sulla tematica si vedano CENSONI, Prescrizione, decadenza e consecuzione di nuove procedure concorsuali nella nuova azione revocatoria fallimentare, in Diritto Fallimentare, 2010, 166 ss. e PACCHI, Liquidazione giudiziale, in PACCHI – AMBROSINI, Diritto della crisi e dell'insolvenza, Bologna, 2020, 189-198. Per una rassegna delle ipotesi di consecuzione tra le procedure attualmente in vigore si rinvia sempre a T. IANNACONE, Consecuzione di procedure (nella legge fallimentare), loc. cit., 2.

Sulla “teoria della consecutio” cfr. F. LAMANNA, La limitata ultrattività della prededuzione secondo il decreto “Destinazione Italia” nella consecutio tra il preconcordato e le altre procedure concorsuali, in Questo portale, 25 marzo 2014. Nello stesso senso anche G.B. NARDECCHIA, Sub art. 69-bis, in Codice commentato del fallimento, Milano, 2013, 805. Come riportato da D. FICO, Consecuzione tra procedure concorsuali e decorrenza del “periodo sospetto” per l'esercizio dell'azione revocatoria, cit., 3, “per Cass. civ. 6 settembre 2021, n. 24056 "la dichiarazione di fallimento seguita alla procedura di concordato preventivo attua non un fenomeno di semplice successione cronologica, ma di “consecuzione di procedimenti”, i quali, pur distinti sotto il profilo formale, sul piano funzionale finiscono per essere strettamente collegati, nel fine del rispetto della regola della par condicio creditorum, avendo le due procedure come presupposto un analogo fenomeno economico”.

Cfr. D. FICO, Consecuzione tra procedure concorsuali e decorrenza del “periodo sospetto” per l'esercizio dell'azione revocatoria, in Questo portale, 14 settembre 2022. Nel testo richiamato si osserva come principio della consecuzione abbia trovato un'applicazione generalizzata, non soltanto rispetto a procedure minori cui faccia seguito il fallimento, ma anche relativamente all'amministrazione straordinaria, Cass. civ. 22 maggio 2019, n. 13838, nonché in presenza di successione tra procedure minori, v. Cass. civ. 8 aprile 2013, n. 8534, concernente il caso di successione fra amministrazione controllata e concordato preventivo, ivi compreso il susseguirsi tra accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l. fall. e concordato preventivo, Cass. civ., sez. I, 10 aprile 2019, n. 10106.

Sullo stato di crisi quale presupposto per la consecutio e sul fatto che essa debba essere comune alle diverse procedure M. GIORGETTI e M. MANFREDI, Consecuzione di procedure: la decorrenza del periodo sospetto per l'azione revocatoria, in Questo portale, 7 aprile 2014, D. FICO, Consecuzione tra procedure concorsuali e decorrenza del “periodo sospetto” per l'esercizio dell'azione revocatoria, cit., 3 e T. IANNACONE, Consecuzione di procedure (nella legge fallimentare), in Questo portale, 11 maggio 2020, 3. In quest'ultimo testo, tra l'altro, si riporta anche dell'evoluzione dell'interpretazione che si è avuta in giurisprudenza circa l'individuazione del presupposto della consecutio; nello specifico si osserva che in passato “si era ritenuto che la consecutio si fondasse sul presupposto dell'esistenza di un rapporto discontinuità tra le procedure, di natura non tanto temporale ma piuttosto causale “(si veda in proposito Cass. civ. I sez., 26 giugno 1992, n. 8013) […] “tale principio è stato ritenuto dalla giurisprudenza valido anche nell'attuale contesto normativo” (in tal senso vengono richiamate Cass. civ., sez. I, 16 aprile 2018, n. 9290, Cass. civ,. sez. VI-1., 9 ottobre 2016, n. 17911, e Trib. Forlì 3 novembre 2015, in DeJure.it); il testo richiamato continua osservando che “il punto, ovviamente, rimane quello di capire in concreto se la dichiarazione di fallimento sia causalmente direttamente ricollegabile a quella stessa crisi economica che aveva determinato l'apertura (o anche solo il deposito della domanda di) concordato preventivo”.

In A. MUNARI, Conoscenza e conoscibilità dello stato di insolvenza, in Giur. Comm., 1997, 733 si può trovare una rassegna delle principali sentenze che ammettono la legittimità dell'azione revocatoria con una prova della scientia decoctionis raggiunta per presunzioni meno decisive. Nello specifico si fa riferimento a quelle le pronunce emesse nei confronti di operatori qualificati quali istituti di credito (App. Napoli, 25 maggio 2015, n. 2360, in Onelegale.it, 2015, dove però deve osservarsi che già nella stessa sentenza si limita la rilevanza della tesi atomistica ai soli casi in cui dai bilanci emerga in maniera evidente l'insufficienza patrimoniale della società, ossia una perdita di esercizio rilevante; inoltre, in motivazione viene specificato come il solo dato della pendenza di procedure esecutive e monitorie a carico della società fallita non può assurgere a prova della conoscenza dello stato di insolvenza in capo al convenuto in revocatoria, anche se si tratti di una banca, stante la mancanza di una presunzione di conoscibilità di tali elementi da parte di terzi), banche (App. Napoli, 9 giugno 1994, Soc. Merolla c. Banca prov. Napoli, in Dir. giur., 1994, 344; App. Firenze, 20 ottobre 1990, Cassa risparmio Pistoia e Pescia c. Fall. soc. R.S.D., in Foro it., 1994, 1228; Trib. Milano, 13 aprile 1992, Co.pe.co coop a r.l. c. Ist. Banc. S. Paolo Torino, in Banca, borsa e tit. cred., 1993, 668), società di locazione finanziaria (Trib. Genova, 29 aprile 1993, Fall. Cefi s.r.l. c. Mod Capital s.p.a. ed altri, in Fallimento, 1993, 1069; Trib. Milano, 21 maggio 1992, Fall. soc. Edil impresa c. Soc. Roma Leasing, in Dir. fall., 1992, 982, e in Giur. merito, 1994, 652; Trib. Torino, 23 novembre 1990, Fall. soc. Guarnizioni c. Soc. Fincarauto, e Trib.Torino, 5 febbraio 1992, Fall. soc. Caplastit c. Soc. Leasint, in Riv. it. leasing, 1992, 493), società esercenti l'attività di finanziamento (Trib. Milano, 6 luglio 1995, Fall. Osman Rigillo c. Soc. Guarany, in Gius, 1995, 3876), sulla base del comune denominatore della considerazione dell'assolvimento dell'onere probatorio tramite una presunzione di conoscibilità tratta dalla disponibilità di specifiche conoscenze tecniche e di informazioni privilegiate dell'accipiens. Sul tema si veda anche V. CEDERLE, La prova della scientia decoctionis tra astrattezza ed effettività, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2007, n. 8, 879-883. Sulla rilevanza di un'ignoranza colpevole che avrebbe potuto consentire la percezione dello stato di dissesto, dovuta anche a comportamenti professionali superficiali, da parte del creditore si veda P. BOSTICCO, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2002, 514 e ss.

Quanto alla prova per presunzione sulla base di indici sintomatici, si osserva in dottrina (cfr. A. PAGANINI, Prova della scientia decoctionis dell'istituto di credito convenuto in revocatoria, in Questo portale.it,18 febbraio 2014, 2) è essenziale che tali indici sintomatici, ovvero gli indizi e le presunzioni, siano altresì dotati dei requisiti della gravità, precisione e concordanza come prescritto dall'art. 2729 c.c. Sembra opportuno riportare altresì la posizione della giurisprudenza secondo cui la “gravità” deve essere riferita al grado di convincimento indotto, la “precisione” concerne, invece, la circostanza che i fatti noti dai quali risalire agli ignoti siano ben determinati storicamente, mentre la “concordanza”, infine, è destinata ad operare in caso di pluralità di elementi, potendo peraltro la presunzione essere fondata anche su un singolo elemento, purché preciso e grave (cfr. Corte di Cassazione, 9 aprile 2003, n. 5550, con nota a commento di F. LANDOLFI, La presunzione semplice nella prova della scientia decoctionis, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2004, 172 e ss.; Corte di Cassazione, 22 marzo 2001, n. 4168).

In Cass. civ. sez. VI, 19 novembre 2013, n. 25952 (riportata nel testo) si precisa che gli elementi indizianti possano essere suddivisi in due categorie – diretti o indiretti -, a seconda della qualifica professionale del convenuto. Per quanto riguarda i primi, si è osservato che “essi fondano ex se la prova della scientia decoctionis giacché fanno riferimento a iniziative quali istanze di fallimento, pignoramenti, procedure esecutive e azioni in giudizio, ecc., promosse dallo stesso accipiens nei riguardi del proprio debitore”, ex A. PAGANINI, Prova della scientia decoctionis dell'istituto di credito convenuto in revocatoria, cit.,; gli elementi indizianti indiretti, invece, sono gli indizi “caratterizzati da una certa pubblicità, ma che non possono per ciò solo essere considerati come conosciuti dal convenuto in revocatoria. Si tratta delle pubblicazioni di protesti, pignoramenti immobiliari, iscrizioni ipotecarie, notizie di stampa, segnalazioni in Centrale Rischi, ecc. Sono quindi certamente elementi sintomatici, ma non decisivi; sarà il curatore a dover integrare gli indizi e dimostrare che essi sono stati effettivamente conosciuti dal convenuto” (Loc. cit.). Per l'ulteriore distinzione, di matrice dottrinaria, tra indizi “interni” ed “esterni” si rinvia a G. TARZIA, Le azioni revocatorie nelle procedure concorsuali, Ipsoa, Milano, 2003, 237 e ss.

Sul rilievo delle notizie di stampa e sulla possibilità di provare lo stato di insolvenza anche attraverso le notizie di stampa si veda A. PAGANINI, Revocatoria fallimentare: possibile provare la scientia decoctionis anche attraverso le notizie di stampa, in Diritto & Giustizia, 2021, 9 e la commentata giurisprudenza Cass. civ., sez. I, 31 agosto 2021, n. 23650.

Sulla possibilità di desumere la prova dello stato d'insolvenza dal reiterato ritardo nel pagamento delle forniture si veda I. NOCERA, La scientia decoctionis si può desumere dal reiterato ritardo nel pagamento delle forniture, in Diritto & Giustizia, 2015, 80.



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