L'opposto può proporre una domanda nuova anche in assenza di domanda riconvenzionale dell'opponente?

Giusi Ianni
12 Settembre 2023

Le Sezioni Unite valuteranno se nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il convenuto opposto possa proporre una domanda nuova, diversa da quella avanzata nella fase monitoria, anche nel caso in cui l'opponente non abbia proposto una domanda o una eccezione riconvenzionale.
Massima

Occorre rimettere gli atti al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, dei seguenti quesiti: a) in via generale, se nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il convenuto opposto possa proporre una domanda nuova, diversa da quella avanzata nella fase monitoria, anche nel caso in cui l'opponente non abbia proposto una domanda o una eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto; b) in particolare, se ed entro quali limiti possa considerarsi ammissibile la modificazione della domanda di adempimento contrattuale avanzata con il ricorso per decreto ingiuntivo, attraverso la proposizione di una domanda d'indennizzo per l'ingiustificato arricchimento o di una domanda di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale.

Il caso

Nell'ambito di due distinti giudizi di opposizione avverso il medesimo decreto ingiuntivo, emesso dal Tribunale di Roma in relazione al credito vantato dalla parte opposta nei confronti delle due opponenti, venivano dichiarate inammissibili, per quanto qui rileva, le domande di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale e d'indennizzo per ingiustificato arricchimento avanzate dalla medesima parte opposta nella comparsa di costituzione in primo grado, in quanto non conseguenti ad una domanda riconvenzionale proposta dalle opponenti, convenute in senso sostanziale. La sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte d'Appello di Roma e fatta oggetto di ricorso per Cassazione da parte dell'opposta, la quale, con uno dei motivi di impugnazione, denunciava la violazione degli artt. 167, comma 2, 183, comma 5 e 645, comma 2, c.p.c., censurando la pronuncia impugnata nella parte in cui dichiarava inammissibili le domande di risarcimento dei danni per responsabilità precontrattuale e d'indennizzo per l'ingiustificato arricchimento, senza considerare che la proposizione delle stesse, avvenuta con la comparsa di costituzione tempestivamente depositata, trovava giustificazione nelle difese svolte dalle opponenti, che avevano contestato l'esistenza e la validità del rapporto contrattuale, pur senza proporre domanda riconvenzionale.

La questione

La sentenza di merito impugnata dinanzi alla Suprema Corte, in particolare, richiamava a fondamento della propria decisione quell'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità in forza del quale, nell'ordinario giudizio di cognizione che si instaura a seguito della opposizione a decreto ingiuntivo, l'opposto, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso monitorio, salvo il caso in cui, per effetto di una domanda riconvenzionale formulata dall'opponente, tale parte si venga a trovare a sua volta in una posizione processuale di convenuto, con conseguente legittimazione alla proposizione (eventuale) di una reconventio reconventionis (cfr. Cass. civ., sez. III, ord., 10 marzo 2021, n. 6579; Cass. civ., sez. II, 25 febbraio 2019, n. 5415; Cass. civ., sez. I, ord., 22 giugno 2018, n. 16564). Trattavasi di principio destinato a valere anche per l'azione di cui all'art. 2041 c.c., considerata per lungo tempo domanda “nuova” rispetto a quella di adempimento contrattuale, in quanto differente sia per petitum - costituito nel primo caso dal pagamento del corrispettivo pattuito e nel secondo dal riconoscimento di un indennizzo pari alla diminuzione patrimoniale subìta dall'impoverito – sia per causa petendi, identificata, rispettivamente nel fatto costitutivo dell'obbligazione e nell'ingiustificata locupletazione di una delle parti a detrimento della altra (cfr. Cass. civ., sez. un., 27 dicembre 2010, n. 26128; Cass. civ., sez. II, ord., 4 luglio 2018, n. 17482).

Le soluzioni giuridiche

Nella pronuncia in commento, tuttavia, i giudici di legittimità si interrogano sulla suscettibilità di rivisitazione di tali principi, alla luce, in particolare, dell'evoluzione giurisprudenziale registratasi in ordine alla possibilità di modifica in corso di causa – e, in particolare, con la prima memoria presentata ai sensi dell'art. 183 comma 6, c.p.c., nella formulazione vigente per le cause non rientranti nel campo di applicazione del d.lgs. n. 149/2022 - della domanda originariamente proposta dall'attore. Già nel 2015, infatti, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, innovando un orientamento fino a quel momento consolidato, hanno riconosciuto la possibilità di modificare, con la prima memoria di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la domanda proposta ai sensi dell'art. 2932 c.c. in quella di accertamento dell'avvenuta produzione dell'effetto traslativo, sul presupposto che la modificazione della domanda consentita dalla norma procedurale può riguardare uno solo o anche entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), purché la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che perciò solo si determini una compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali (cfr. Cass. civ., sez. un., sent., 15 giugno 2015, n. 12310; in senso conforme, Cass. civ., Sez. 3, Ordinanza n. 4322 del 14/02/2019, n. 4322; Cass. civ., sez. VI-I, ord., 25 maggio 2018, n. 13091). Nel 2018 il medesimo principio è stato affermato anche in relazione al caso della domanda d'indennizzo per l'ingiustificato arricchimento proposta a modifica di un'originaria domanda di adempimento contrattuale, giacché le due domande si riferiscono alla medesima vicenda sostanziale; attengono al medesimo bene della vita, tendenzialmente inquadrabile in una pretesa di contenuto patrimoniale; sono legate da un rapporto di connessione per incompatibilità non solo logica, ma addirittura normativamente prevista, stante il carattere sussidiario dell'azione di arricchimento (cfr. Cass. civ., sez. un., sent., 13 settembre 2018, n. 22404, seguita da Cass. civ., sez. VI-III, 3 dicembre 2020, n. 27620). Il principio secondo cui la modificazione consentita dall'art. 183 c.p.c. può riguardare entrambi gli elementi identificativi della domanda è stato ritenuto, infine, applicabile da alcune pronunce di legittimità anche al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in riferimento al quale si è affermato che il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l'opponente non abbia proposto una domanda o un'eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta, “ciò rispondendo a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo, e dovendosi riconoscere all'opposto, quale attore in senso sostanziale, la possibilità di avvalersi delle stesse facoltà di modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario, all'attore formale e sostanziale dall'art. 183 c.p.c.” (così Cass. civ., sez. I, sent., 24 marzo 2022, n. 9633). Si è riconosciuta, inoltre, sempre nel contesto di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la possibilità di modifica della domanda di adempimento contrattuale in quella di indennizzo per ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., considerandosi l'esistenza di un rapporto di connessione per incompatibilità tra la domanda di cui all'art. 2041 c.c. proposta in via subordinata e quella principale di adempimento contrattuale; e ciò indipendentemente dall'atteggiamento difensivo assunto dal convenuto, il quale si sia limitato a resistere mediante eccezioni, astenendosi dal proporre domande riconvenzionali, richiamandosi anche per il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo le conclusioni raggiunte dalle Sezioni Unite in relazione all'ordinario giudizio di cognizione (così Cass. civ., sez. 3, ord., 9 febbraio 2021, n. 3127). Il rilievo della tematica esaminata e la dissonanza dei principi espressi dalle decisioni più recenti con i precedenti esistenti in materia portava, pertanto, la Prima Sezione a rimettere gli atti al Primo Presidente al fine di valutare l'opportunità di assegnazione della causa alle Sezioni Unite, in vista della sottoposizione dei seguenti quesiti: “a) in via generale, se nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il convenuto opposto possa proporre una domanda nuova, diversa da quella avanzata nella fase monitoria, anche nel caso in cui l'opponente non abbia proposto una domanda o una eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto; b) in particolare, se ed entro quali limiti possa considerarsi ammissibile la modificazione della domanda di adempimento contrattuale avanzata con il ricorso per decreto ingiuntivo, attraverso la proposizione di una domanda d'indennizzo per l'ingiustificato arricchimento o di una domanda di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale”.

Osservazioni

La pronuncia in commento prende atto dell'evoluzione giurisprudenziale registratasi in materia di modifica della domanda in corso di causa – ai sensi e per gli effetti dell'art. 183 c.p.c. su cui è oggi ricalcato l'art. 171-ter c.p.c., destinato a trovare applicazione per le cause introdotte successivamente al 28 febbraio 2023 – interrogandosi sulla possibilità e sui limiti di estensione al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo dei principi dettati dalle Sezioni Unite in relazione all'ordinario giudizio di cognizione, anche con riferimento al tema specifico della modifica in domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento della domanda originariamente proposta a titolo di adempimento contrattuale. Benché, infatti, sia sostanzialmente consolidato il principio per cui nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l'opposto, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso monitorio, salvo il caso della reconventio reconventionis ove l'esigenza di proporre una domanda nuova sorga dalla domanda riconvenzionale proposta dall'opponente, convenuto in senso sostanziale, tale principio rischia di essere distonico rispetto alle conclusioni raggiunte dalle Sezioni Unite in materia di ius variandi endoprocessuale, in particolare con riferimento alla possibilità di introduzione della domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento nell'ambito di un giudizio di adempimento contrattuale. Ci si riferisce, specificamente, a Cass. civ., sez. un., n. 12310/2015, con cui si è chiarito che la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e non vi sia compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero allungamento dei tempi processuali; nonché a Cass. civ., sez. un., 22404/2018, con cui il medesimo principio è stato esteso alla possibilità di proposizione da parte dell'attore con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1), c.p.c., e in via subordinata, di una domanda di indennizzo per arricchimento senza causa, in seguito all'eccezione sollevata dal convenuto della nullità del titolo contrattuale azionato in via principale. Se, infatti, l'opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione e non costituisce una "actio nullitatis" o un'azione di impugnativa nei confronti dell'emessa ingiunzione, come chiarito dalle stesse Sezioni Unite nella sentenza n. 927 del 13/01/2022, la limitazione in tale giudizio della facoltà di ius variandi dell'attore in senso sostanziale rischia, effettivamente, di risultare non giustificabile e ragionevole. Corretta appare, pertanto, la rimessione degli atti al massimo organo nomofilattico per un definitivo chiarimento in materia.

Riferimenti

Quali pronunce favorevoli alla tesi “tradizionale” tesa a riconoscere la facoltà dell'opposto di introdurre domande nuove nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo solo in presenza di domande riconvenzionali dell'opponente si vedano Cass. civ., sez. III, ord., 10 marzo 2021, n. 6579; Cass. civ., sez. II, sent., 25 febbraio 2019, n. 5415; Cass. civ., sez. I, ord., 22 giugno 2018, n. 16564. In senso difforme si veda Cass. civ., sez. I, sent., 24 marzo 2022, n. 9633.

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