Giudicato tributario dopo l’insinuazione al passivo: necessario nuovo ruolo e notifica della cartella?

Matteo Lorenzo Manfredi
14 Settembre 2023

La Suprema Corte ha ritenuto infondate le contestazioni mosse dalla curatela avverso l'insinuazione al passivo da parte dell'Amministrazione finanziaria la quale, a seguito di una sentenza della Commissione Tributaria intervenuta medio tempore, aveva ridotto l'originaria richiesta di ammissione senza una nuova iscrizione a ruolo del credito.
Massima

Al fine della presentazione della domanda di ammissione al passivo di un credito fiscale non è necessaria la previa iscrizione a ruolo del credito stesso. Tuttavia, in caso di contestazione da parte del debitore, il Giudice Delegato, non avendo giurisdizione in merito, non potrà ammettere al passivo detto credito.



Il caso

L'Agente della riscossione presentava una domanda di ammissione al passivo e, a fronte dell'intervenuta sentenza della competente Commissione Tributaria, riduceva la richiesta di ammissione sulla base dell'importo definitivamente accertato dal giudice adito. Il Tribunale fallimentare ha rigettato la richiesta di modifica dell'importo ammesso al passivo in quanto tardiva mentre la Corte di Appello, in riforma della sentenza di prime cure, ha disposto l'ammissione ritenuto che la domanda di ammissione tardiva sostanziasse una mera modifica della richiesta di ammissione al passivo (per effetto dell'intervenuta decisione della Commissione Tributaria).

La Curatela presentava ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello ritenendo che la sentenza della (allora) Commissione tributaria, sostituendosi all'originaria pretesa (iscritta a ruolo) discendente dagli avvisi di accertamento in forza dei quali era stata svolta l'originaria richiesta di ammissione al passivo, fosse divenuta il nuovo ed unico titolo legittimante l'ammissione al passivo. Da ciò sarebbe derivata, secondo la curatela, la necessità di “una nuova iscrizione a ruolo, atteso che la precedente non può fondarsi su titolo giuridicamente valido".

In altre parole, secondo la Curatela, l'Amministrazione finanziaria, in forza della sentenza della Commissione Tributaria, avrebbe dovuto inviare all'Agente della riscossione, per l'ammissione al passivo del fallimento, un provvedimento di sgravio in relazione agli importi non più spettanti, un nuovo ruolo con gli importi ricalcolati per effetto della pronuncia e l'Agente della riscossione, a sua volta, avrebbe dovuto notificare nuova cartella di pagamento con l'indicazione delle minori somme iscritte a ruolo, dando prova della correttezza degli importi richiesti.



La soluzione della Corte

La Suprema Corte, richiamando il suo costante orientamento, ha ritenuto infondata la contestazione della curatela in quanto la domanda di ammissione al passivo dell'Amministrazione finanziaria (anche qualora presentata per il tramite dell'Agente della riscossione) non necessita della preventiva iscrizione a ruolo del credito, né, tantomeno, della notifica della cartella di pagamento (la Corte richiamata tra i molti precedenti Cass. sez. un., 15 marzo 2012, n. 4126; Cass. civ., sez. I, 13 giugno 2017, n. 14693; Cass. civ., sez. VI, 6 novembre 2017, n. 26296).

La Corte ha infatti ritenuto che, essendosi formato il giudicato (tributario, rendendo definitivo l'accertamento in punto esistenza e consistenza del credito erariale) sulla pretesa precedentemente iscritta a ruolo e già ammessa al passivo, era corretto l'operato dell'Agente della riscossione che ha provveduto alla mera riduzione (quantitativa) del credito ammesso al passivo.

In altre parole, la Corte ha ritenuto non necessaria la formazione di un nuovo ruolo e la notifica di una nuova cartella di pagamento.

La Corte è arrivata a dette conclusioni in forza di quanto stabilito in precedenti arresti, secondo cui:

  • il ruolo è un atto amministrativo prodromico alla riscossione coattiva del credito erariale;
  • le controversie in tema di tributi non posso essere analizzate dal tribunale fallimentare ma solo ed esclusivamente dal giudice tributario;
  • l'impugnazione del ruolo innanzi al giudice tributario consente al debitore di far valere le proprie ragioni sostanziali avverso detta pretesa;
  • l'ammissione al passivo con riserva all'esito del contenzioso tributario consente di definire successivamente l'ammissione del credito, essendo questa subordinata alla chiusura del contenzioso.

La Corte ha ritenuto che, in mancanza della formazione del ruolo e di contestazione del debito erariale da parte del debitore, il giudice delegato della procedura non possa ammettere il credito al passivo stante l'impossibilità, per il giudice delegato, di valutare la fondatezza della pretesa erariale.

In altre parole, il ruolo “rafforza” la posizione dell'Amministrazione finanziaria che, ove ritenga di procedere alla presentazione di domanda di ammissione al passivo a prescindere dallo stesso, assume il rischio, in caso di contestazione della pretesa, della mancata ammissione al passivo.





Osservazioni

E' certo integralmente condivisibile la soluzione fornita dalla Corte di Cassazione, basata sulla distribuzione del riparto di giurisdizione tra Giudice Delegato e Giudice Tributario nonché sulla non necessaria previa iscrizione a ruolo del debito erariale in funzione della domanda di ammissione al passivo.

Del resto, la Suprema Corte a Sezioni Unite, con la sentenza Cass. sez. un., 11 novembre 2021, n. 33408 ha già stabilito che “ai fini dell'ammissibilità della domanda d'insinuazione proposta dall'agente della riscossione e della verifica in sede fallimentare del diritto al concorso del credito tributario o di quello previdenziale, non occorre che l'avviso di accertamento o quello di addebito contemplati dagli artt. 29 e 30 d. l. n. 78/2010, convertito con l. n. 122/2010, siano notificati, ma è sufficiente la produzione dell'estratto di ruolo”.

In mancanza della produzione del ruolo, come correttamente osservato dalla sentenza in commento (che richiama la sentenza a Sezioni Unite della Suprema Corte 15 marzo 2021 n. 4126) non è certamente preclusa la possibilità di presentare domanda di ammissione al passivo ma, in caso di contestazione, l'Amministrazione finanziaria dovrà subire la non ammissione stante l'impossibilità del Giudice Delegato, carente di giurisdizione, di poter sindacare la legittimità e fondatezza della domanda di ammissione al passivo.



Conclusioni

Non contestabili sembrano i principi affermati nella pronuncia qui commentata, a soluzione di un problema affrontato in più occasioni dalla Suprema Corte – a distanza di diversi anni – con sentenze a Sezioni Unite che consentono di tracciare un percorso argomentativo consolidato nel tempo sulla non necessarietà della previa iscrizione a ruolo del credito erariale per l'ammissione al passivo, la carenza di giurisdizione del Giudice Delegato della procedura e le conseguenze in caso di contestazione da parte del debitore, come sopra illustrato.



Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.