I «gravi motivi» che giustificano la sospensione dell'esecuzione nella giurisprudenza di merito

Giuseppe Lauropoli
15 Settembre 2023

Quali i presupposti per disporre la sospensione dell'esecuzione in presenza di una opposizione ? L'art. 624 c.p.c. fa riferimento alla sussistenza di “gravi motivi”. Può essere utile, allora, provare ad approfondire il tema.
Il quadro normativo

Quali i presupposti per disporre la sospensione dell'esecuzione in presenza di opposizione?

L'art. 624 c.p.c. fa riferimento, così come il primo comma dell'art. 615 c.p.c. (in tema di opposizione preventiva all'esecuzione), alla sussistenza di «gravi motivi».

Sembra utile, allora, approfondire il significato di tale riferimento ai «gravi motivi», trattandosi di questione di sicuro rilievo per qualsiasi operatore del settore che si confronti col tema dell'opposizione all'esecuzione.

Un approfondimento, quello sui soli presupposti per disporre la sospensione dell'esecuzione e, segnatamente, sui cennati «gravi motivi», indubbiamente limitato e parziale, senza la pretesa di approfondire il tema delle opposizioni esecutive nel loro complesso ed anzi focalizzato, in modo particolare, sulla esplicazione di tali presupposti allorché si verta in ipotesi di istanza di sospensione proposta nel corso di opposizione all'esecuzione presentata dopo l'inizio dell'attività esecutiva, senza però trascurare l'ipotesi di opposizione preventiva all'esecuzione.

Quali, allora, i motivi per cimentarsi nell'approfondimento di un argomento così specifico?

Una espressione così sintetica, recante il solo riferimento ai «gravi motivi», si presta indubbiamente ad interpretazioni diverse: peraltro, venendo in rilievo la materia cautelare, neppure è semplice rinvenire recenti interventi interpretativi della giurisprudenza di legittimità sul portato di tale formulazione letterale.

Ecco, allora, che in presenza di un dato normativo di non univoca portata può essere utile dare conto dell'elaborazione della giurisprudenza e della dottrina, per dare un quadro per quanto possibile chiaro e sintetico dello stato dell'arte sul punto.

L'art. 624 c.p.c., nel trattare la sospensione dell'esecuzione a seguito di opposizione, al suo primo comma, afferma: «se è proposta opposizione all'esecuzione a norma degli artt. 615 e 619, il giudice dell'esecuzione, concorrendo gravi motivi, sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza».

In modo non dissimile, come accennato in precedenza, si pronuncia anche, nel definire i presupposti per procedere alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, il primo comma dell'art. 615 c.p.c., in tema di opposizione a precetto.

Dunque, perché possa disporsi la sospensione dell'esecuzione in presenza di opposizione è necessario, innanzi tutto, che vi sia istanza di parte (dovendo quindi escludersi la possibilità di adottare il provvedimento sospensivo ai sensi dell'art. 624 c.p.c. in mancanza di una istanza di parte, fermo restando che tale domanda cautelare ben può essere inserita all'interno del ricorso introduttivo dell'opposizione proposto dinanzi al giudice dell'esecuzione) e, in secondo luogo, che ricorrano dei «gravi motivi».

Tale espressione, secondo la gran parte della dottrina espressasi sul punto, va riferita alla sussistenza delle condizioni proprie dell'azione cautelare, ossia al fumus boni iuris ed al periculum in mora.

Del resto, la natura cautelare della fase a cognizione sommaria dell'opposizione svolta dinanzi al giudice dell'esecuzione emerge, oltre che dal dato normativo evincibile dall'art. 624 c.p.c. (il quale, al suo secondo comma, reca un rinvio all'art. 669-terdecies c.p.c., disposizione rientrante nella disciplina del rito cautelare uniforme), anche dalla posizione espressa sul punto dalla Cassazione (la quale ha evidenziato, anche di recente, come la sospensione dell'esecuzione altro non sia che un «provvedimento cautelare sui generis che è reso dal giudice dell'esecuzione in una fase «di cerniera» tra il procedimento dallo stesso giudice diretto e, quello, eventuale, affidato alla cognizione del giudice dell'opposizione» – Cass. civ. n. 4748/2023).

Quanto al fumus, lo stesso andrà inteso come verosimile o probabile fondatezza dell'opposizione proposta; il periculum, poi, si tradurrà nel probabile danno o pregiudizio che il debitore subirebbe per effetto della prosecuzione dell'esecuzione (si vedano, per la particolare connotazione del fumus e del periculum in ambito esecutivo Cass. civ. n. 18856/2008 e Cass. civ. n. 13065/2007).

I presupposti per la sospensione: il fumus e il periculum

Non c'è dubbio, poi, che tali due presupposti si atteggino in modo alquanto peculiare in ambito esecutivo ed è proprio sul rapporto fra presupposti per l'adozione della tutela cautelare e specificità della materia esecutiva che vengono in rilievo le divergenze, in dottrina e in giurisprudenza, in merito alla corretta interpretazione da attribuire al riferimento ai gravi motivi contenuto nell'art. 624 c.p.c.

Una prima posizione espressa dalla dottrina e fatta propria da molti giudici dell'esecuzione si sostanzia nel ritenere sufficiente, ai fini della emissione del provvedimento sospensivo, la sussistenza del fumus boni iuris, ritenendo presente in re ipsa il periculum in mora, per il sol fatto che il debitore sia esposto al rischio della espropriazione del bene pignorato o, più in generale, al pericolo di una esecuzione ingiusta.

Ecco, allora, che seguendo tale impostazione sarebbe sufficiente avere riscontro, in sede di verifica dei presupposti per emettere il provvedimento sospensivo dell'esecuzione, della sola sussistenza del fumus, inteso, come accennato in precedenza, come plausibile fondatezza delle ragioni poste a base dell'opposizione, senza la necessità di specifiche evidenze in punto di periculum, potendo ritenersi che in presenza di una esecuzione, minacciata o in corso, il rischio di un grave pregiudizio per il debitore sia insito nella stessa attività di natura esecutiva prospettata ovvero in corso.

Ed ecco, inoltre, come tanti provvedimenti resi in sede cautelare da parte dei giudici dell'esecuzione (ma anche dai giudici competenti per l'opposizione a precetto) si limitino ad una motivazione in ordine alla sola fondatezza dei motivi di opposizione in punto di fumus, omettendo qualsiasi riferimento al periculum o limitandosi ad una motivazione che dà conto del carattere, per così dire, presunto, di tale requisito (si vedano, solo per stare ad alcune pronunce di merito rinvenibili nella banca dati deiure, la pronuncia del Tribunale di Piacenza del 28.9.2015 e quella del Tribunale di Lecco del 6.7.2006. Stando a quest'ultima: «quanto al "periculum in mora”, l'astratta possibilità di porre in essere atti esecutivi a seguito della notifica dell'atto di precetto determina "in re ipsa" il pericolo di grave pregiudizio al diritto di opporsi all'esecuzione forzata»).

Altra posizione, invece, è quella di chi ritiene che attesa la natura cautelare del procedimento in questione debba emergere dalla opposizione pieno riscontro tanto in merito al fumus boni iuris, quanto in merito al periculum in mora, inteso quest'ultimo come probabile pregiudizio al quale sarebbe esposto il debitore se l'esecuzione prospettata o in corso avesse seguito (si vedano, per soffermarsi ancora su alcune pronunce rinvenibili nella banca dati deiure, la sentenza 1108 del 28.5.2021 del Tribunale di Velletri e la pronuncia del 24.7.2018 del Tribunale di Fermo. Stando al primo provvedimento citato, reso in sede di opposizione a precetto, «i gravi motivi in virtù dei quali il giudice sospende l'esecutività del titolo consistono in un rilevante "fumus boni juris" nei motivi di opposizione e nel pregiudizio che la parte soccombente potrebbe subire dall'esecuzione iniziata», con l'ulteriore precisazione che «in ordine alla valutazione circa la sussistenza del “periculum in mora”, oltre all'analisi circa il potenziale pregiudizio per il debitore conseguente all'esecuzione, va esperita una comparazione degli interessi coinvolti nel caso concreto», fermo restando che «in ogni caso il pregiudizio non può consistere nel subire i meri effetti della condanna pronunciata o dell'esecuzione, ma deve rappresentare un pregiudizio secondario alla esecuzione e tale da incidere sulla parte esecutata con effetti ulteriori rispetto a quelli propri della esecuzione»).

Una posizione intermedia rispetto alle due appena prospettate è quella che distingue tra istanza di sospensione proposta nel corso di una opposizione a precetto ed istanza inibitoria proposta ad esecuzione già iniziata.

Si osserva, così, che mentre nel primo caso l'indagine in merito alla sussistenza di un rischio di pregiudizio grave ed irreparabile in capo al debitore deve essere più pregnante e non può tradursi nel solo possibile pregiudizio derivante dal rischio che venga posto in esecuzione il titolo oggetto di precetto, nel secondo caso, avendo già avuto luogo l'effetto conservativo conseguente al pignoramento, la necessità di un puntuale riscontro di tale requisito che vada al di là del pericolo che l'espropriazione abbia seguito con la vendita forzata del bene pignorato risulta fortemente affievolito.

Una posizione, questa, che forse mal si concilia con le ipotesi di esecuzione in forma specifica, nelle quali non ha luogo il pignoramento e non sussiste l'effetto conservativo proprio di quest'ultimo, ma che, certamente, ha il merito di porre l'accento sulla diversità sostanziale delle due forme di tutela cautelare in questione: l'una, anteriore all'inizio dell'esecuzione e finalizzata ad ottenere la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, l'altra, intrapresa ad esecuzione già iniziata ed idonea a sospendere l'esecuzione in corso.

Riferimenti
  • A.M. Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, Milano, 2017, pagg. 2036 e ss.;
  • “Commentario al Codice di Procedura Civile”, a cura di Claudio Consolo, Tomo III, Milano, 2018, pagg. 1396 e ss.;
  • Castoro, Il Processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2015, pagg. 1064 e ss.;
  • P. Farina, Sospensione dell'esecuzione, in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it), portale tematico Giuffrè-Lefebvre.

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