Rinunce e transazioni sull'indennità per la perdita dell'avviamento nelle locazioni commerciali

15 Settembre 2023

L'indennità per la perdita dell'avviamento spettante al conduttore nelle locazioni commerciali è inderogabile. Ma cosa significa “inderogabile”? La nozione non va confusa con quella di “rinunciabile” o “transigibile”. Dalla giurisprudenza emerge che, mentre è nulla una clausola di rinuncia all'indennità contenuta già nel contratto di locazione, nulla vieta, alla cessazione del rapporto, che il conduttore rinunci in tutto o in parte all'indennità, ad esempio nell'àmbito di un più ampio accordo transattivo.
Il quadro normativo

L'art. 34 della l. n. 392/1978 prevede che, in caso di cessazione del rapporto di locazione relativo a immobili commerciali che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o a una procedura concorsuale, il conduttore ha diritto a un'indennità pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto.

La ratio dell'indennità per la perdita dell'avviamento è la tutela del conduttore, che viene reputato dal legislatore parte debole del rapporto contrattuale. A questo riguardo bisogna osservare che la l. n. 392/1978 disciplinava originariamente sia le locazioni abitative sia quelle commerciali (oggi solo quelle commerciali). Il godimento di un bene immobile è di centrale importanza per il conduttore che soddisfa propri bisogni abitativi (locazioni abitative) oppure imprenditoriali (l'esercizio di un'attività commerciale nei locali locati). L'impostazione di fondo della legge è di forte tutela del conduttore: essa prevede una serie di norme stringenti a tutela del conduttore (come, ad esempio, la durata minima del rapporto contrattuale e - appunto - la previsione di un'indennità per la perdita dell'avviamento).

In un'ottica di tutela del conduttore, la legge prevede una durata minima del contratto di sei anni per le attività industriali, commerciali e artigianali e di nove anni per le attività alberghiere (art. 27 l. n. 392/1978). La durata minima ovviamente tutela anche il proprietario, nel senso di assicurargli una rendita da locazione per una certa durata del rapporto. Ai sensi dell'art. 79, comma 1, n. l. 392/1978 è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto.

Il beneficio principale per il conduttore derivante da una durata minima è la possibilità di avviare bene la sua attività commerciale e di poterne trarre profitto anche per il futuro. Laddove il contratto di locazione cessi di produrre effetto, il conduttore perde o può perdere parte dell'avviamento o tutto l'avviamento, perché dovrà cessare totalmente la propria attività oppure trasferirla in altra sede dove non necessariamente riuscirà a mantenere la clientela. In questo contesto, si inserisce l'art. 34 della l. n. 392/1978, che ex lege compensa il conduttore per la perdita dell'avviamento. Con i danari percepiti grazie all'indennità, il conduttore dispone di una somma che gli consente di iniziare l'attività in altra sede.

L'indennità è automatica, al ricorrere dei presupposti di legge, e non richiede che il conduttore fornisca la prova di avere subito un concreto pregiudizio né di quale sia il suo ammontare. È sufficiente dimostrare che l'attività è aperta al pubblico. Nell'ottica del legislatore, dal mero fatto della chiusura dell'attività deriva una perdita di avviamento per il conduttore. Il locatore non è ammesso a fornire la prova contraria, nel senso della inesistenza di un avviamento in capo al conduttore. L'unica circostanza che il locatore può provare è che si tratti di un'attività che non implica contatti con il pubblico. Alla luce di questa interpretazione, l'indennità spetta anche nei casi in cui il conduttore - cessata l'attività presso la prima sede - ne inizi una nuova molto più redditizia oppure anche nei casi in cui il conduttore - cessata l'attività presso la prima sede - la smetta del tutto.

L'art. 34 della l. n. 392/1978, nel prevedere che il locatore debba corrispondere una indennità di 18 mensilità a favore del conduttore all'atto della cessazione del rapporto, configura all'evidenza una disposizione fortemente penalizzante per il proprietario dell'immobile e per questa ragione i proprietari cercano di escludere il diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento. Nel presente articolo esaminiamo i casi e le condizioni alle quali il conduttore può validamente rinunciare all'indennità.

L'inderogabilità della l. n. 392/1978

Possono le parti del contratto di locazione commerciale, nell'ambito dell'autonomia privata loro riconosciuta in generale, prevedere che l'indennità per la perdita dell'avviamento venga esclusa - in tutto o in parte - contrattualmente? Oppure, al di là del caso delle previsioni contrattuali, può il conduttore - con dichiarazione rivolta al locatore - rinunciare all'indennità? A queste domande verrebbe da rispondere prima facie in modo negativo, attesa la previsione di chiusura della l. n. 392/1978. Come è difatti noto, l'art. 79, comma 1, di questa legge prevede che “è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge”.

Si è riprodotto in modo letterale il testo dell'art. 79, comma 1, della l. 392/1978 per evidenziare che, in detta disposizione, non si fa alcun riferimento all'indennità per la perdita dell'avviamento. Peraltro, la norma ha un oggetto molto ampio ed è difficile negare che vi rientri anche l'indennità. I limiti espressi risultanti dall'art. 79 della l. n. 392/1978 riguardano la “durata” del contratto e “l'ammontare” del canone. Tuttavia, la legge parla anche di altri non meglio definiti “vantaggi” che il locatore potrebbe attribuirsi contrattualmente in deroga alla legge. L'esclusione contrattuale dell'indennità per la perdita dell'avviamento costituisce un “altro vantaggio” per il locatore, con speculare danno per il conduttore. La pattuizione contrattuale che esclude l'indennità per la perdita dell'avviamento rappresenta dunque violazione di norma imperativa.

La ratio dell'art. 79, comma 1, della l. n. 392/1978 sono le particolari ragioni di tutela del conduttore, considerato parte debole del rapporto contrattuale. Al fine di tutelare il conduttore si prevede la imperatività e inderogabilità di tutte le disposizioni della legge. Bisogna peraltro rilevare che detta esigenza di tutela è certamente diminuita nel corso degli anni, in quanto originariamente la l. n. 392/1978 disciplinava non solo le locazioni commerciali ma anche quelle abitative. Nell'àmbito delle locazioni abitative, le esigenze di tutela sono evidentemente maggiori, in quanto si tratta di assicurare un'abitazione alle persone. Nel contesto delle locazioni commerciali, lo scopo di tutela è altresì importante (garantire a chi gestisce l'attività commerciale un reddito), ma non così fondamentale come nel caso delle abitazioni. Poiché la l. n. 392/1978 disciplina oggi solo le locazioni commerciali, l'importanza dell'inderogabilità prevista dall'art. 79 è scemata.

Tanto è vero che, da alcuni anni, è stata introdotta una deroga all'imperatività delle disposizioni della l. n. 392/1978. Difatti la legge, dal 2014 - il comma 3 dell'art. 79 della l. n. 392/1978 è stato aggiunto dal d.l. 12 settembre 2014, n. 133 - prevede che “in deroga alle disposizioni del primo comma, nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, per i quali sia pattuito un canone annuo superiore ad euro 250.000 … è facoltà delle parti di concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della presente legge”. Bisogna dunque distinguere fra “piccole-medie” locazioni commerciali (canone fino a 250.000 euro) e “grandi” locazioni commerciali. Nelle seconde non ci sono limiti alla derogabilità dell'art. 34 della l. n. 392/1978 in tema di indennità per la perdita dell'avviamento. Nel presente articolo, tuttavia, si vuole approfondire un diverso aspetto, ossia se e in che misura sia consentito nelle “piccole-medie” locazioni commerciali (sotto i 250.000 euro di canone annuale) escludere l'indennità per la perdita di avviamento. Al riguardo, può notarsi che l'importo su base annua indicato dal legislatore corrisponde ad un canone mensile fino a oltre 20.000 euro, con la conseguenza che la stragrande maggioranza degli esercizi commerciali non può liberamente derogare all'art. 34 della l. n. 392/1978. In altre parole, la questione della derogabilità contrattuale al diritto del conduttore all'indennità per la perdita dell'avviamento continua a conservare rilevanza pratica.

Deroghe contrattuali all'obbligo di pagare l'indennità?

Possono le parti, nell'àmbito della loro autonomia negoziale, escludere l'indennità di perdita dell'avviamento? Pur essendoci il divieto di legge (art. 79 l. n. 392/1978), talvolta le parti inseriscono in contratto clausole che escludono l'indennità. Altre volte si trovano pattuizioni separate dal contratto di locazione oppure lettere di rinuncia del conduttore separate dal contratto e aventi data posteriore al contratto.

Bisogna operare una distinzione fra:

1) il caso in cui l'indennità venga esclusa o ridotta direttamente e originariamente nel contratto di locazione;

2) il caso in cui l'indennità venga esclusa o ridotta successivamente alla conclusione del contratto di locazione.

Nel primo caso, l'indirizzo giurisprudenziale è nel senso di affermare la nullità della clausola per violazione di norma imperativa. Nel secondo caso, la giurisprudenza si mostra più flessibile, ritenendo che - con una pattuizione successiva - sia possibile apportare modifiche al contratto, anche agendo su un aspetto (quello relativo all'indennità per la perdita dell'avviamento) che parrebbe sottratto all'autonomia privata.

Questa soluzione, in realtà, lascia qualche perplessità, nel senso che imperatività e inderogabilità della disposizione dovrebbero valere non solo nel momento della conclusione del contratto, ma anche per tutta la sua durata. Altrimenti sarebbe relativamente facile eludere l'art. 34 della l. n. 392/1978, non prevedendo inizialmente nel contratto nulla, salvo poi intervenire - in ipotesi anche pochi mesi dopo la conclusione del contratto - per aggiungere una deroga al diritto all'indennità. Bisogna, peraltro, considerare che per la deroga occorre il consenso del conduttore, il quale potrebbe opporsi a proposte svantaggiose.

Il ragionamento può essere così riassunto:

1) al momento della conclusione del contratto il diritto all'indennità è inderogabile, per preservare la posizione del conduttore e tutelarlo adeguatamente;

2) una volta che è concluso il contratto, il conduttore può pretendere il rispetto di esso e delle norme imperative di legge, e dunque ha diritto - naturalmente al solo ricorrere dei presupposti di legge - all'indennità per la perdita dell'avviamento. Tuttavia, proprio per il fatto che ormai ha il diritto all'indennità, il conduttore potrebbe liberamente rinunciarvi.

La Cassazione ha avuto modo di occuparsi in alcune occasioni di contratti di locazione che escludevano l'indennità per la perdita dell'avviamento. In un precedente del 2020 (Cass. civ., sez. III, 26 febbraio 2020, n. 5127), si è affermato che la clausola contenente la rinuncia preventiva da parte del conduttore all'indennità di avviamento è nulla, ancorché sia stata pattuita a fronte della riduzione del canone, ai sensi dell'art. 79 della l. n. 392/1978, potendo il medesimo conduttore rinunciare alla detta indennità solo successivamente alla conclusione del contratto, quando può escludersi che si trovi in quella posizione di debolezza alla cui tutela la disciplina è preordinata. Come si può notare, i ragionamenti della Cassazione ruotano attorno ai seguenti due fulcri:

1) l'indennità per la perdita dell'avviamento non è derogabile contrattualmente;

2) il conduttore può volontariamente e unilateralmente rinunciare a detta indennità dopo la conclusione del contratto.

Particolarmente interessante è, poi, il caso trattato dalla Cassazione in una sentenza del 2019 (Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2019, n. 24221). Viene concluso tra due società per azioni un contratto di locazione per l'ingentissimo canone annuale di 850.000 euro (se il contratto fosse stato successivo all'anno 2014, opererebbe la deroga prevista dal comma 3 dell'art. 79 della l. n. 392/1978). Le parti, anche in quanto soggetti professionali particolarmente qualificati in forma di società per azioni, sanno benissimo che - alla cessazione del rapporto - il locatore dovrà corrispondere al conduttore i 18 mesi di indennità. Viene allora introdotta in contratto una clausola che tende a eludere il divieto di legge. La clausola è così formulata: “le parti si danno reciprocamente atto che il canone … è stato determinato deducendo forfettariamente un imposto spettante al … conduttore per l'indennità per la perdita dell'avviamento”. Cessato il rapporto, il conduttore - nonostante questa clausola - chiede il pagamento dell'indennità. Dal canto suo, il locatore invoca la clausola appena riportata, per sostenere che l'indennità è già stata computata nei canoni, nel senso di riconoscere uno sconto sul canone. E, in effetti, dal punto di vista economico poco cambia se - al posto di pagare l'indennità alla fine del rapporto - il conduttore paga meno canone durante il rapporto: se gli importi coincidono, non vi è alcuna perdita per il conduttore. Ciò nonostante, la Suprema Corte è molto rigorosa. La Cassazione parte dal dato normativo dell'art. 79, comma 1, della l. n. 392/1978 che vieta di derogare alle disposizioni della medesima legge. L'indennità spettante al conduttore rappresenta un “altro vantaggio” (così il comma 1 dell'art. 79 l. 392/1978). Il contratto originario non può derogare al diritto del conduttore all'indennità, e non può farlo né direttamente (ossia con una clausola che esclude in modo espresso il diritto all'indennità) né in modo indiretto (ossia con una clausola che “baratta” il diritto all'indennità con un altro vantaggio, come - nel caso di specie - la riduzione del canone). Il diritto all'indennità non può essere derogato ab origine. Ciò che è consentito fare - conclude la Suprema Corte - è rinunciare all'indennità alla fine del rapporto, nell'ambito di un accordo transattivo. Alla cessazione del rapporto non ci sono più quelle ragioni di tutela del conduttore che sussistevano all'inizio della relazione.

Rinunce e transazioni

Sulla base di quanto esposto, il contratto di locazione originario non può - né direttamente né indirettamente - escludere il diritto del conduttore all'indennità per la perdita dell'avviamento. Tuttavia, questo è l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, è consentito che il conduttore vi rinunci alla fine del rapporto. Tra i casi più recenti in cui la Cassazione ha ritenuto valida la rinuncia all'indennità per la perdita dell'avviamento può essere menzionata un'ordinanza del febbraio 2023 (Cass. civ., sez. III, 16 febbraio 2023, n. 4947). Viene concluso un contratto di locazione commerciale. Alla fine del rapporto vi sono tensioni tra le parti, e si giunge a un verbale di conciliazione. Nell'ambito di detto verbale, il conduttore rinuncia all'indennità per la perdita dell'avviamento. Successivamente sorge un contenzioso tra le parti, che arriva all'attenzione della Suprema Corte. La Cassazione stabilisce che la transazione così conclusa non è nulla per contrarietà al disposto dell'art. 79 della l. n. 392/1978, poiché tale norma - volta a evitare l'elusione dei diritti del conduttore a mezzo di rinuncia preventiva ad essi - non esclude la possibilità di disporre dei diritti stessi, una volta che i medesimi sono già sorti.

In un altro caso deciso dalla Cassazione (Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2018, n. 15373), il locatore - alla cessazione del rapporto di locazione - si rifiutò di pagare volontariamente l'indennità per la perdita dell'avviamento. Il conduttore si rivolse dunque al giudice ottenendo decreto ingiuntivo di condanna al pagamento dell'indennità. La Cassazione afferma che le norme della l. n. 392/1978 sono imperative e inderogabili. Tuttavia, statuisce la Suprema Corte che la funzione dell'art. 79 della l. n. 392/1978 è quella di assicurare l'equilibrio all'interno del rapporto contrattuale. Laddove il conduttore rinunci ad alcuni diritti previsti dalla legge, ma ne tragga - per converso - altri vantaggi, il sacrificio derivante dalla rinuncia ad alcuni diritti può essere compensato da altri vantaggi. La Cassazione ritiene valida la rinuncia all'indennità di perdita dell'avviamento, purché essa non sia contenuta nel contratto di locazione originario, ma venga pattuita fra le parti successivamente e a condizione che detta rinuncia sia “compensata” da un canone inferiore a carico del conduttore. Vero è che il conduttore non riceve l'indennità per la perdita dell'avviamento (incasso inferiore), ma paga un canone ridotto (esborso inferiore). L'esborso inferiore sotto forma di canoni si compensa con il mancato incasso dell'indennità. In altre parole, è come se l'indennità fosse già stata pagata nel corso del tempo dal locatore al conduttore, avendo il locatore preteso un canone mensile inferiore a quello di mercato.

In conclusione

Sulla base di quanto esposto, va consigliato ai locatori di non provare a inserire nel contratto di locazione commerciale deroghe al diritto del conduttore all'indennità per la perdita dell'avviamento. Detta deroga sarebbe difatti inutile, in quanto i giudici la dichiarerebbero nulla. Sono inutili anche clausole che derogano indirettamente all'indennità per la perdita dell'avviamento, come quelle che prevedono una riduzione del canone in cambio della rinuncia all'indennità. Diverso si presenta il discorso alla fine del rapporto contrattuale. In quella sede non è vietato al conduttore rinunciare, in tutto o in parte, all'indennità per la perdita dell'avviamento. Ciò si verifica, del resto, non raramente nella prassi, nell'àmbito di accordi transattivi tra le parti alla cessazione del rapporto.

Riferimenti

Calvo, Autonomia negoziale e locazione non abitativa: contributo allo studio delle clausole di adeguamento del canone e di rinuncia all'indennità di avviamento, in Rass. dir. civ., 2017, 783;

Celeste, Rinuncia preventiva del conduttore all'indennità di avviamento commerciale e automatica eterointegrazione del contratto in presenza di clausole nulle, in Immob. & proprietà, 2019, fasc. 8-9, 517.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario