Remunerazioni minime ai collaboratori dell'avvocato dimostrano l'occasionalità della collaborazione

La Redazione
18 Settembre 2023

Vittoria in Cassazione per l'avvocato che si era visto rifiutare il rimborso delle somme IRPEF versate. Il requisito dell'autonoma organizzazione non può essere dedotto dal mero elemento delle remunerazioni versate ai propri collaboratori laddove tali cifre siano una minima percentuale rispetto al reddito complessivo del professionista.

Un avvocato ha impugnato in Cassazione la sentenza della CTR Lombardia con cui era stato accolto l'appello del Fisco rifiutando il rimborso delle somme IRPEF versate dal legale.

La CTR ha infatti ritenuto che «le collaborazioni con i professionisti (avvocati), le cui remunerazioni complessive nel loro complesso per ciascun anno erano inferiori al 10% del reddito del contribuente, avevano comunque comportato dei vantaggi in termini di organizzazione, preso atto della natura non meramente esecutiva delle attività dagli stessi svolte».

Il ricorrente censura la violazione della disciplina in materia di IRAP, mancando il presupposto della autonoma organizzazione. Inoltre, deduce motivazione apodittica, data la brevità delle argomentazioni e l'errata indicazione del numero di professioni collaboratori.

Il ricorso è fondato.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di IRAP, «l'impiego non occasionale di lavoro altrui, quale elemento significativo dell'esistenza di un'autonoma organizzazione - che costituisce, a sua volta, presupposto dell'imposta - può essere desunto dai compensi corrisposti a terzi, purché correlati allo svolgimento di prestazioni non occasionali, afferenti all'esercizio dell'attività del soggetto passivo» (Cass. civ. n. 27423/2018).

È stato poi affermato che «al fine di valutare la sussistenza del presupposto impositivo dell' "autonoma organizzazione", non è sufficiente accertare che il contribuente si è avvalso in modo continuativo delle prestazioni di un collaboratore, ma è necessario verificare l'esame del concreto apporto da questi fornito all'attività svolta» (Cass. civ. n. 30085/2019).

Nel caso di specie, la CTR non ha compiutamente esaminato natura, qualità e quantità dei compensi corrisposti dall'avvocato ad altri colleghi. Infatti «il requisito della "non occasionalità" del lavoro altrui - premesso dalla stessa CTR in apertura, ma poi non valutato- non può ritenersi compreso nella astratta "condivisione del sapere e sostituibilità tra professionisti" su cui la CTR fonda la sua decisione, che sotto questo profilo contiene una motivazione del tutto insufficiente».

Viene sottolineato anche il fatto che le remunerazioni complessive per l'attività prestata dai professionisti erano inferiori al 10% rispetto al reddito dichiarato dal ricorrente. La bassa percentuale dei compensi corrisposti ai terzi professionisti, rispetto al reddito dichiarato dal professionista, «deve essere valutata in concreto sulla base della "occasionalità" delle collaborazioni, desumibile non solo dall'esiguità dei compensi pagati ai terzi professionisti per singole collaborazioni, ma soprattutto dal rapporto del totale di tali compensi con il reddito professionale del contribuente, accertato che detti importi siano serviti per compensare attività strettamente connesse a quella oggetto della professione svolta, e comunque tale da potenziarne ed accrescerne l'attività produttiva. Pertanto il valore assoluto dei costi, così come quello dei compensi, non rileva per desumere l'esistenza del presupposto impositivo ai fini dell'Imposta regionale sulle attività produttive» (Cass. civ., n. 7652/2020; Cass. civ. n. 10009/2022).

Il ricorso trova in conclusione accoglimento, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla CTR.

Fonte: Diritto e Giustizia

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