L'esclusione di alcuni condomini dalle spese di portineria richiede l'unanimità dei consensi

Maurizio Tarantino
19 Settembre 2023

Per poter derogare legittimamente al criterio di ripartizione delle spese, l'assemblea deve approvare all'unanimità la corrispondente tabella essendo evidente che essa costituisce una chiara deroga al principio che vuole la partecipazione alle spese in proporzione al valore della proprietà di ciascuno dei condomini, mentre l'esclusione di alcuni condomini comporta inevitabilmente un maggiore aggravio di spesa per la restante compagine condominiale.

La vicenda. A causa delle ripetute contestazioni delle tabelle in uso mai approvate rispetto a quelle contrattuali allegate al regolamento di condominio, l'assemblea aveva incaricato l'architetto per la redazione di nuove tabelle millesimali nel rispetto dei criteri di riparto previsti dalle tabelle contrattuali. Approvate a maggioranza le tabelle, l'attrice contestava la violazione sia dei criteri legali (art. 1123 c.c.) sia di quelli contenuti nel regolamento di condominio di natura contrattuale. Invero, secondo l'attrice, era stata creata ex novo la "tabella portineria", non prevista nel regolamento di condominio; inoltre, in tale tabella, erano state riportate solo 50 unità immobiliari rispetto alle 61 esistenti.

Dunque, con questa nuova tabella erano state escluse dalla ripartizione dei relativi costi alcune unità immobiliari (negozi e locali interrati tutti esentati dalle spese di portierato) con ciò applicando, in deroga a quanto previsto dall'art. 1123, comma 1, c.c., un criterio fondato sull'uso effettivo del servizio comune per il quale sarebbe stata necessaria l'unanimità dei consensi. Per le ragioni esposte, l'attrice aveva chiesto al giudice l'annullamento della delibera.

Maggioranza qualificata. Secondo quanto affermato dalla Cassazione a Sezioni Unite n. 18477/2010, con principio ancor valido oggi dopo la riforma del condominio e dello stesso art. 69 disp. att. c.c., la deliberazione che approva le tabelle milliesimali non si pone come fonte diretta dell'obbligo contributivo del condomino, che è nella legge prevista, ma solo come parametro di quantificazione dell'obbligo determinato in base ad una valutazione tecnica. L'atto di approvazione della tabella, invece, fa capo ad una documentazione ricognitiva di tale realtà, donde il difetto di note negoziali.

Le Sezioni Unite hanno chiarito che l'atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non avendo natura negoziale non deve essere sorretto dal consenso unanime dei condomini, essendo a tal scopo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 2, c.c.

Unanimità dei consensi. Dunque, secondo i Giudici di legittimità, per l'atto di approvazione delle tabelle millesimali e per quello di revisione delle stesse, è sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 2, c.c., ogni qual volta l'approvazione o la revisione avvengano con funzione meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge. Viceversa, la tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella "diversa convenzione", di cui all'art. 1123, comma 1, c.c., rivelando la sua natura contrattuale, necessita dell'approvazione unanime dei condomini (Cass. civ., sez. II, 6735/2020).

L'ago della bilancia tra unanimità e maggioranza qualificata. Ai fini approvativi e di revisione delle tabelle, la differenza (unanimità/maggioranza qualificata) risiede nel rispetto e, quindi, nella mancata deroga dei criteri legali per la ripartizione delle spese condominiali. Per cui in ipotesi di tabelle allegate ad un regolamento di origine contrattuale e non comportanti, ai fini della ripartizione delle spese, deroga ai principi di cui all'art. 1123 c.c., l'atto di approvazione -analogamente all'atto di revisione- delle tabelle millesimali non abbisogna del consenso unanime dei condomini essendo sufficiente la maggioranza qualificata ex art. 1136, comma 2, c.c. Nel caso, invece, di tabelle allegate ad un regolamento di origine contrattuale che chiaramente deroghino ai criteri legali di cui all'art. 1123 c.c. attraverso un'apposita "diversa convenzione", per l'eventuale modifica occorrerà l'unanimità dei consensi.

La sostanza di una tale "diversa convenzione" è espressione di autonomia privata, con cui i condomini programmano che la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio sia determinata in modo difforme da quanto previsto negli artt. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c. Quindi, qualora le nuove tabelle, pur modificando quelle allegate al regolamento di condominio di natura contrattuale che siano conformi a quelle legali, introducano, però, una diversa convenzione con la quale vengano a modificarsi i principi e gli elementi normativi della ripartizione della spesa, la delibera che le approva dovrà necessariamente essere all'unanimità.

Tabella portineria. Premesso quanto innanzi esposto, nella fattispecie in esame, a parere del giudice romano, un siffatto criterio derogatorio di natura negoziale che avrebbe richiesto l'unanimità dei consensi era già rinvenibile nella predisposizione della tabella "portineria", non già per non essere stata prevista nelle originarie tabelle allegate al regolamento di condominio, quanto piuttosto per aver derogato ai criteri legali mediante esclusione dalla stessa di alcuni dei condomini facenti parte dello stabile condominiale sul presupposto che questi, pur inseriti nello stabile condominiale, non avrebbero fruito del relativo servizio in quanto aventi accesso diretto sul piano strada.

Posto ciò, risultava del tutto erroneo e difforme al precetto normativo assumere come legittima l'esclusione dalla contribuzione alle spese di portierato di alcuni immobili solo perché avevano l'ingresso direttamente dalla strada. Difatti, tale affermazione, qualora non accompagnata da obiettiva e particolare conformazione dello stabile condominiale che porti ad escludere ogni forma di collegamento con il relativo servizio, non è sufficiente per poter escludere la contribuzione alla spesa.

In conclusione, la domanda è stata accolta e, per l'effetto, la delibera è stata dichiarata nulla.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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