Sequestro preventivo e fallimento: un commento sulla informativa provvisoria delle Sezioni Unite

19 Settembre 2023

Il 22 giugno 2023, le Sezioni Unite hanno reso pubblica l'informativa provvisoria n. 8/2023, fornendo soluzione ad un quesito attinente ai rapporti tra la procedura fallimentare e il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni attratti alla massa fallimentare, che nel caso di specie conseguiva alla commissione di reati tributari.
Massima

In caso di fallimento dichiarato anteriormente alla adozione del provvedimento cautelare di sequestro preventivo, emesso nel corso di un procedimento penale relativo alla commissione di reati tributari, avente ad oggetto beni attratti alla massa fallimentare, l'avvenuto spossessamento del debitore erariale, indagato o, comunque, soggetto inciso dal provvedimento cautelare, per effetto della apertura della procedura concorsuale non opera quale causa ostativa alla operatività del sequestro ai sensi dell'art. 12-bis, comma 1, del d.lgs. n. 74 del 2000, secondo il quale la confisca e, conseguentemente il sequestro finalizzato ad essa, non opera nel caso di beni, pur costituenti il profitto o il prezzo del reato, se questi appartengono a persona estranea al reato.



Il caso

In un procedimento avente ad oggetto illeciti fiscali commessi dall'amministratore di una società poi fallita, era disposto il sequestro delle quote del capitale sociale e di parte dei beni della società beneficata dall'evasione fiscale. Intervenuto il fallimento di detta persona giuridica, il curatore richiedeva il dissequestro di quanto vincolato, vedendosi respingere la sua istanza.

La richiesta del curatore si fondava sulla circostanza che, a seguito dell'avvenuta dichiarazione del fallimento della società, l'imputato sarebbe stato privato della amministrazione e della disponibilità dei beni sociali. L'istanza era però rigettata, anche in sede di appello cautelare, sostenendosi che "il sequestro preventivo (...) prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto di qualsiasi procedura concorsuale (...) attesa l'obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro, per cui il rapporto fra il vincolo imposto dall'apertura della procedura concorsuale e quello discendente dal sequestro deve essere risolto a favore della seconda misura", richiamando in proposito la decisione Cass., sez. III, 1 febbraio 2022, n. 3575.

I giudici di merito, inoltre, evidenziavano come l'orientamento da loro accolto trovasse conforto anche nella disciplina fissata dagli artt. 317 e segg. d.lgs. n. 14 del 2019, nei quali è sancita la prevalenza delle misure cautelari reali rispetto alle procedure concorsuali, essendo, tuttavia, questa limitata alle sole ipotesi di sequestro preventivo strumentale alla confisca ai sensi dell'art. 321, comma 2, c.p.p., essendo, invece, la stessa esclusa quanto al sequestro conservativo e ridotta solo a talune ipotesi nel caso di sequestro preventivo con finalità impeditive.

In sede di ricorso per cassazione si evidenziava come l'art. 12 bis d.lgs. n. 74 del 2000 escluda il sequestro di cose appartenenti a soggetti estranei a reato ed in tale novero rientra la curatale fallimentare – specie quando, come nel caso di specie, il fallimento sia dichiarato antecedentemente alla adozione della misura cautelare - posto che, una volta dichiarato il fallimento, il soggetto attinto dalla procedura è spossessato dei propri beni, con perdita della disponibilità degli stessi, tanto che la sentenza dichiarativa del fallimento è soggetta a trascrizione e la vendita dei beni fallimentari è realizzata attraverso un atto sottoscritto dal curatore, cui passa anche il possesso materiale e giuridico dei beni attratti alla massa fallimentare. Inoltre, viene fatto notare come la posizione del Fisco sarebbe comparabile con quella degli altri creditori, anzi, essa sarebbe recessiva rispetto a quella di molte categorie di creditori privilegiati, con la conseguenza che il mantenimento del sequestro farebbe sì che l'Erario troverebbe un soddisfacimento preferenziale anche a discapito dì quei creditori che, nell'ambito dì un ordinario piano di riparto dell'attivo fallimentare, sarebbero stati ad esso certamente preferiti.

Era quindi rimessa alle Sezioni unite la seguente questione di diritto: “se, in caso di dichiarazione di fallimento intervenuta anteriormente alla adozione di provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari e riguardante beni attratti alla massa fallimentare, l'avvenuto spossessamento del debitore erariale per effetto dell'apertura della procedura concorsuale osti al sequestro stesso, ovvero se, invece, il sequestro debba comunque prevalere attesa la obbligatorietà della confisca cui la misura cautelare è diretta”.



la questione

La questione circa la rilevanza che ha l'intervenuta dichiarazione di fallimento di una società nel frattempo interessata da un provvedimento di sequestro preventivo avente ad oggetto suoi beni è da tempo all'attenzione della giurisprudenza e della dottrina.

Preliminarmente si ricorda che il tema ha ragione di porsi avendo le Sezioni unite affermato – superando un consolidato indirizzo contrario – che il curatore fallimentare è legittimato a chiedere la revoca del sequestro preventivo a fini di confisca e ad impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale (Cass., sez. un., 13 novembre 2019, n. 45936. In proposito, si veda il commento di SANTORIELLO, Le Sezioni Unite riconoscono la legittimazione del curatore ad impugnare i provvedimenti di cautela reale, in questo Portale). Secondo le Sezioni Unite, "la giurisprudenza civilistica qualifica esplicitamente il curatore come detentore dei beni del fallimento. E si tratta senz'altro di una detenzione qualificata, anche per il carattere pubblicistico della funzione per la quale la stessa è attribuita … [per cui] "la legittimazione all'impugnazione del curatore, in quanto derivante dalla sua posizione di soggetto avente diritto alla restituzione dei beni sequestrati, investe necessariamente la totalità dei beni facenti parte dell'attivo fallimentare. Ciò corrisponde peraltro al dato normativo rinvenibile nel già rammentato contenuto dell'art. 42 legge fallimentare, per il quale la dichiarazione di fallimento, privandone il fallito, conferisce alla curatela la disponibilità di tutti i beni di quest'ultimo esistenti alla data del fallimento; e quindi anche di quelli già sottoposti a sequestro".

Posta quindi la riconosciuta legittimità del curatore ad impugnare provvedimenti cautelari reali aventi ad oggetto beni rientranti nella massa fallimentare, si pone il problema di quale sorte riservare agli stessi quando siano interessati da un provvedimento di sequestro preventivo per illeciti commessi dagli amministratori della persona fisica che dirige l'impresa.

In proposito, l'iniziale orientamento della giurisprudenza è stato nel senso che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente prevalesse sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto della dichiarazione di fallimento, attesa la obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro e dovendosi inibire l'utilizzazione di un bene intrinsecamente e oggettivamente "pericoloso", in vista della sua definitiva acquisizione da parte dello Stato (Cass., sez. III, 7 giugno 2017, n. 28077). Secondo questa impostazione, la misura ablatoria reale, in virtù del suo carattere obbligatorio, sarebbe destinata a prevalere su eventuali diritti di credito gravanti sul medesimo bene non potendosi attribuire alla procedura concorsuale effetti preclusivi rispetto alla operatività della misura reale disposta nel rispetto dei requisiti di legge, e ciò a maggior ragione nell'ottica della finalità evidentemente sanzionatoria perseguita dalla confisca espressamente prevista in tema di reati tributari quale strumento volto a ristabilire l'equilibrio economico alterato dal reato (Cass., sez. III, 25 maggio 2020, nn. 15776 e 15779).

Da ultimo, si è fatto anche richiamo alla disciplina contenuta nel Codice della crisi dell'impresa, posto che ove agli artt. 317 e ss., per l'appunto si prevede la prevalenza della misura cautelare rispetto alle esigenze della procedura fallimentare (Cass., sez. III, 1 febbraio 2022, n. 3575).

In prosieguo, tuttavia, si sono affacciate decisioni di segno radicalmente opposto (anche sulla scorta di riflessioni dottrinarie in tal senso, MASSARI, Note minime in materiali sequestro probatorio sui beni del fallito, in Giur. It., 2005, 1507; IACOVIELLO, Fallimento e sequestri penali, in Fall., 2005, 1265 COMPAGNA, Obbligatorietà della confisca di valore e profili di discrezionalità nell'eventuale sequestro: il necessario contemperamento degli interessi costituzionali in gioco e l'ipotesi di fallimento, in Cass. Pen., 2009, 3034 BONTEMPELLI, Sequestro preventivo a carico della società fallita, tutela dei creditori di buona fede e prerogative del curatore, in Arch. pen., 2015, n. 3 (versione Web); CAPRARO, Disponibilità della res e tutela del terzo estraneo, in Sequestro e confisca, a cura di MONTAGNA, Torino, 2017, 315 BONTEMPELLI – PAESE, La tutela dei creditori di fronte al sequestro ed alla confisca, in Dir. Pen. Cont., 2/2019, 123), peraltro riferite specificatamente alla disposizione di cui all'art. 12 bis d.lgs. n. 74 del 2000, nelle quali si afferma che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui al citato art. 12-bis non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento (Cass., sez. III, 10 ottobre 2018, n. 45574; Cass., sez. III, 20 dicembre 2021, n. 47299; Cass., sez. II, 19 maggio 2022, n. 19682). In particolare, si sostiene che "ove di consideri che il vincolo apposto a seguito della dichiarazione di fallimento sul patrimonio della persona fisica o giuridica (...) ne importa lo spossessamento ed il venir meno del potere di disporne (...), ne consegue che a partire da tale momento il Curatore subentra ope legis nell'amministrazione della massa attiva nella prospettiva della sua conservazione ai fini della tutela dell'interesse dei creditori"; inoltre, l'interesse ad una tale prevalenza non va ricondotta solo agli interessi privatistici di carattere creditorio che concernono il fallimento, posto che i "riflessi pubblicistici cui lo stesso procedimento, attraverso l'indisponibilità dei beni del fallito, è sotteso - correlati alla necessità che il tracollo dell'impresa non si estenda a macchia di leopardo ai soggetti che con questa abbiano avuto rapporti e dunque posti a salvaguardia delle esigenze economiche della collettività (... ) - non ne consentono l'assoggettabilità al vincolo penale per effetto del sequestro finalizzato alla confisca"( Cass., sez. III, 8 luglio 2022, n. 26275).

Di particolare rilievo, per la sua chiarezza, è la decisione Cass., sez. III, 18 marzo 2022, n. 11068 in cui si osserva, quanto alla obbligatorietà della confisca in materia tributaria, che tale caratteristica cede, per espresso dettato legislativo, laddove la misura dovesse cadere su beni appartenenti ad un soggetto estraneo al reato, o, anche in caso di confisca per equivalente, su beni non nella disponibilità del reo. Posto che una volta dichiarato il fallimento interviene il fenomeno dello spossessamento dei beni del fallito, può concludersi che questi non siano più nella disponibilità del medesimo, che degli stessi non può più disporre né godere in termini giuridicamente rilevanti, essendo esso oramai funzionalizzati alla soddisfazione dei creditori del fallito e idonei a rientrare nella sua disponibilità solo dopo che costoro, in una eventualità invero piuttosto remota, fossero stati tutti soddisfatti; di conseguenza, detti beni, essendo oramai estranei alla disponibilità del soggetto nei cui confronti dovrebbe essere adottato il provvedimento ablatorio, non possano essere legittimamente attinti da esso. La stessa sentenza ha precisato come la posizione dell'Erario non sia ontologicamente dissimile da quella dei soggetti che si siano insinuati nel fallimento, ovvero lo abbiano promosso, i quali vantano una posizione creditoria insoddisfatta nei confronti del fallito, il che determina la conseguenza, da un punto di vista strettamente sostanziale, di attribuire un evidente privilegio al creditore tributario (peraltro non a tutti i creditori tributari ma solamente a quelli per i quali l'adempimento della prestazione in favore è presidiata dalla sanzione penale) rispetto agli altri creditori, anche quelli per i quali il legislatore ha previsto il cosiddetto beneficio della prededuzione, il tutto con possibile compromissione del principio della par condicio creditorum, resa ancora più sensibile dal fatto che dalla stessa, oltre alla violazione della regola della eguaglianza sostanziale, deriverebbe anche una sorta di privilegium Fisci, indicativo della attribuzione di una posizione dominante all'Erario, rispetto a quella degli altri operatori economici.



La decisione della Cassazione

Le Sezioni Unite, sostanzialmente, hanno confermato la preminenza delle esigenze sottostanti al provvedimento cautelare reale finalizzato alla confisca, con conseguente postergazione degli interessi connessi alla procedura fallimentare.

Tuttavia, leggendo l'informazione provvisoria il cui contenuto è riportato nella massima, sembra che la Cassazione riconosca un qualche rilievo alla priorità temporale dell'adozione del provvedimento di sequestro rispetto alla dichiarazione di apertura della procedura concorsuale, per cui, qualora al momento dell'esecuzione del sequestro il fallimento fosse già stato dichiarato, i beni rientranti nella massa fallimentare non potrebbero essere interessati dalla cautela reale.

Solo leggendo le motivazioni della decisione si potrà verificare se questa conclusione è corretta.



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