Opposizione a decreto ingiuntivo innanzi al giudice di pace
20 Settembre 2023
Fra i vari problemi di coordinamento nati dalla riforma del rito civile, uno di quelli che fra i primi è apparso di maggior impatto è proprio quello cui si riferisce il quesito in oggetto.
Infatti, anche in questo caso, è mancato un opportuno coordinamento delle nuove norme processuali con quelle già in vigore.
Il d.lgs. n. 149/2022 ha previsto che le controversie innanzi al Giudice di Pace (e si tenga presente che la competenza per valore di quell'Ufficio è stata elevata) sono trattate nelle forme del rito semplificato di cognizione di cui agli artt. 281-decies e ss. c.p.c., in quanto compatibili; questo è quanto prevede il nuovo art. 316 c.p.c. dedicato al procedimento dinnanzi al Giudice di Pace, come modificato dalla riforma Cartabia.
Orbene il nuovo rito semplificato si introduce con ricorso a seguito del quale viene fissata con decreto l'udienza di comparizione delle parti ed il tutto notificato al convenuto, nel nostro caso l'opposto.
Il legislatore non si è avveduto, però, che l'art. 645 c.p.c., che non è stato modificato e che si occupa proprio dell'opposizione al decreto ingiuntivo, dispone, al primo comma, che “L'opposizione si propone davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al ricorrente nei luoghi di cui all'articolo 638.”
Ecco che, allora, sorge il problema; infatti, sembrerebbe che, a mente del primo comma dell'art. 645 c.p.c., l'opposizione a decreto ingiuntivo si possa ed anzi si debba continuare ad introdurre con atto di citazione anche innanzi al Giudice di Pace.
Tuttavia, tale conclusione non può considerarsi scontata; infatti, con la riforma Cartabia l'unico atto introduttivo previsto per le domande innanzi al Giudice di Pace è quello del ricorso e non più quello della citazione.
Si consideri che l'art. 316 c.p.c. si debba considerare legge speciale di fronte alla norma generale prevista dal citato art. 645 c.p.c. e quindi prevalente nel caso di specie.
E una tale eventualità non sarebbe nuova nel nostro codice di rito ove si consideri solamente che vi è analoga disciplina nell'opposizione a decreto ingiuntivo nelle materie in cui si applica il rito del lavoro, che si propone sempre con ricorso.
A tal uopo si consideri che per la tempestività dell'opposizione dovrà tenersi conto del deposito del ricorso con cui si propone opposizione (in applicazione della regola generale sulla litispendenza contenuta nell'art. 39 c.p.c.).
Inoltre, si può ritenere che la forma del ricorso possa assolvere anche all'obbligo di cui all'art. 645 c.p.c. di comunicazione dell'opposizione al cancelliere che ne prenderà nota sull'originale del decreto, obbligo di comunicazione in cancelleria che andrebbe assolto o dall'ufficiale giudiziario in caso di notifica di citazione da parte sua o dall'avvocato stesso in caso di notifica della citazione in proprio o a mezzo PEC.
Ovviamente la nuova normativa si applicherà alle opposizioni relative decreto ingiuntivo richiesto dopo l'entrata in vigore della riforma e, quindi, dopo il 28 febbraio 2023, dovendosi intendere la fase di opposizione quale continuazione del medesimo procedimento introdotto in via monitoria, come è opinione nettamente dominante.
Tale posizione si rinviene anche nelle linee guida di diversi tribunali (si veda, ad esempio, il Tribunale di Venezia che, nelle proprie linee guida, si esprime in tal senso). |