Licenziamento collettivo: ai fini della delimitazione della platea degli esuberi si deve tener conto della fungibilità
Andrea Lutri
20 Settembre 2023
Nella procedura di licenziamento collettivo, al fine di delimitare la platea dei lavoratori licenziandi, si deve aver riguardo a un concetto di fungibilità che tenga conto, non solo delle mansioni concretamente svolte dal personale eccedentario al momento dell'apertura della procedura, ma anche della professionalità in possesso di quest'ultimo rispetto ai dipendenti addetti a unità non interessate dal programma di riduzione del personale.L'indebita restrizione della platea dei lavoratori licenziandi altera il meccanismo di operatività dei criteri di scelta, integrandone la violazione, sanzionata con la tutela reintegratoria prevista dall'art. 18, comma 4, l. n. 300/1970, applicabile, ratione temporis, ai rapporti di lavoro per cui è causa e richiamata dall'art. 5, comma 3 della l. n. 223/1991.
Licenziamento collettivo e licenziamento per giustificato motivo oggettivo a confronto
Il Tribunale di Trento, con l'ordinanza in commento, emessa in un procedimento introdotto con il rito Fornero, si occupa del tema dei licenziamenti collettivi e della legittimità della scelta datoriale di limitare la platea dei lavoratori licenziandi alla sola unità aziendale interessata dal programma di riduzione o trasformazione di attività o di lavoro.
Il Giudice della fase sommaria premette all'esame della fattispecie una ricognizione dell'istituto e ne traccia i confini rispetto al licenziamento (anche plurimo, ove coinvolga una pluralità di dipendenti) per giustificato motivo oggettivo, osservando, in particolare, come quest'ultimo, ai sensi dell'art. 3 della l. n. 604/1966, deve consistere in “ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa”.
Affinché il licenziamento per giustificato motivo oggettivo sia legittimo devono sussistere i seguenti requisiti:
- un'effettiva modificazione dell'assetto organizzativo (mentre non è necessario che il datore di lavoro indichi le ragioni che la modifica sottende o le finalità che il datore di lavoro con la modifica intende realizzare) (1);
- la soppressione del posto di lavoro;
- il nesso causale tra la modifica dell'assetto organizzativo e la soppressione del posto di lavoro;
- l'impossibilità di ricollocare il dipendente licenziando in altre mansioni, anche inferiori (cd. obbligo di repechage).
Allorché il datore di lavoro, imprenditore, che occupi più di quindici dipendenti, intenda attuare un numero di licenziamenti superiore a cinque lavoratori nell'arco di centoventi giorni “in conseguenza di una riduzione o di una trasformazione di attività o di lavoro”, ovvero nel caso in cui intenda cessare l'attività, si rientra nell'ipotesi dei licenziamenti collettivi, disciplinati dalla l. n. 223/1991.
Gli elementi costitutivi della fattispecie sono:
- il requisito dimensionale dell'azienda che deve occupare più di quindici dipendenti;
- il requisito temporale e numerico, rappresentato dall'intenzione del datore di lavoro di procedere al licenziamento di almeno cinque dipendenti in un arco temporale di centoventi giorni:
- il presupposto tecnico- produttivo, costituto dall'attuazione di un programma di “riduzione o trasformazione di attività o di lavoro”;
- la soppressione dei posti di lavoro interessati da tale programma;
- il nesso causale tra l'attuazione del programma di riduzione o trasformazione di attività o di lavoro e la soppressione dei posti di lavoro.
Manca, nella fattispecie dei licenziamenti collettivi, a differenza dei licenziamenti individuali (anche plurimi) per giustificato motivo oggettivo, la necessità del preventivo assolvimento, da parte del datore di lavoro, dell'obbligo di repechage.
Tuttavia, quale ulteriore elemento costitutivo della fattispecie, viene in rilievo la necessità che l'individuazione dei lavoratori licenziandi sia attuata attraverso l'applicazione dei criteri di scelta predeterminati dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, dalla legge (art. 5 della l. n. 223/1991).
Il tratto peculiare e distintivo del licenziamento collettivo rispetto al licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo è rappresentato dalla procedimentalizzazione della formazione della volontà datoriale diretta a programmare una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro cui è collegata una riduzione del personale e, soprattutto, la circostanza che la selezione dei lavoratori licenziandi sia mediata dall'applicazione di specifici e individuati criteri di scelta e sia realizzata attraverso un confronto con le organizzazioni sindacali cui la legge assegna il ruolo di “sentinelle” della corretta attuazione del programma datoriale.
La comunicazione di avvio della procedura e gli obblighi d'informazione alle organizzazioni sindacali in ordine all'iniziativa imprenditoriale
Una volta messi in luce i tratti distintivi dell'istituto del licenziamento collettivo rispetto al licenziamento per giustificato motivo oggetto, il Giudice si sofferma sull'importanza che la partecipazione delle parti sindacali sia resa effettiva attraverso la puntuale indicazione, nella comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo, degli elementi previsti dall'art. 4 della l. n. 223/1991.
In particolare, in tale comunicazione devono essere specificamente esplicitate le circostanze idonee a rendere noti, alle organizzazioni sindacali (2) che partecipano alla procedura, i motivi che determinano la situazione di eccedenza, i motivi tecnici, organizzativi e produttivi per i quali il datore di lavoro ritiene di non poter adottare misure idonee e alternative ai licenziamenti collettivi, il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato, i tempi di attuazione del programma negoziale e le eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell'attuazione del programma medesimo.
Il giudice dell'ordinanza in commento sottolinea, in particolare, l'importanza dell'esaustività della comunicazione di avvio della procedura “al fine di consentire all'interlocutore sindacale di esercitare in maniera trasparente e consapevole un effettivo controllo sulla programmata riduzione di personale, valutando anche la possibilità di misure alternative al programmato esubero” e ciò in quanto “il controllo del sindacato è configurato dal legislatore come istituzionalmente diretto a influenza, anche incisivamente, la formazione della volontà datoriale” prima che essa sia definitivamente formata.
Conclude il giudice sottolineando “È quindi evidente come sia doveroso per il datore di lavoro…che le informazioni in ordine all'iniziativa imprenditoriale, concernente ilprogramma di riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, cui è collegato un programma di riduzione del personale, siano fornite in modo chiaro, completo ed esatto”.
Nel caso in esame, le informazioni fornite dal datore di lavoro alle organizzazioni sindacali nella comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo sono state considerate dal giudice incomprensibili e lacunose in ordine ai tratti essenziali della programmata riduzione e trasformazione di attività e di lavoro, consistente nella esternalizzazione dell'attività di ricevimento, stoccaggio e prelievo, con la conseguenza che l'interlocutore sindacale non era stato posto nella condizione di condurre proficue trattative volte a influire sulla volontà datoriale nella sua fase formativa.
Secondo il giudice, inoltre, la società non aveva reso trasparente il processo decisionale nei confronti dei lavoratori eccedentari.
Fungibilità oggettiva e soggettiva
Con riguardo alla selezione dei lavoratori licenziandi, l'ordinanza in commento offre un importante approfondimento del tema, risultato determinante ai fini della decisione della causa, della cd. fungibilità (interscambiabilità) tra le mansioni svolte dai lavoratori eccedentari, quindi rientranti nella platea dei lavoratori potenzialmente interessati dal licenziamento e i dipendenti che operano in strutture diverse da quella interessata dal programma di riduzione del personale.
Tale aspetto risulta di fondamentale importanza al fine di verificare la legittimità della scelta datoriale di delimitare la platea dei lavoratori potenzialmente interessati dal licenziamento alla singola unità o settore o reparto interessati dalla programmata trasformazione o riduzione di attività o di lavoro, escludendo, quindi, dal novero dei lavoratori potenzialmente licenziabili, quelli operanti in altre unità o reparti aziendali (3).
In particolare, il giudice della fase sommaria dà conto di un contrasto giurisprudenziale con riguardo all'aspetto dell'onere della prova in ordine al possesso, da parte del lavoratore addetto all'unità coinvolta nella riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, della capacità, maturata in forza della pregressa esperienza, di svolgere le mansioni espletate dai lavoratori che operano al di fuori di quell'unità.
“Onerano il datore dell'allegazione e della prova di tale circostanza: Cass. 3511/2023 cit.; Cass. 15953/2021 cit.; Cass. 3 maggio 2011, n. 9711; Cass. 23 giugno 2006, n. 14612.
Invece gravano di tali oneri il lavoratore: Cass. 25 febbraio 2022, n. 6296; Cass. 14 marzo 2018, n. 6147; Cass. 16 settembre 2016, n. 18190”.
Secondo il giudice dell'ordinanza in commento, al fine d'individuare il soggetto onerato della prova, occorre distinguere tra fungibilità oggettiva, vale a dire la sussistenza o meno all'esterno dell'entità coinvolta dal programma di riduzione del personale, di posti di lavoro in cui altri lavoratori svolgono mansioni non necessariamente identiche ma simili a quelle espletate dal personale inquadrato in un profilo professionale proprio del personale eccedente e una fungibilità soggettiva, ossia la capacità/incapacità del lavoratore addetto all'entità coinvolta nella programmata riduzione o trasformazione e, quindi, rientrante nella platea dei lavoratori interessati dal licenziamento, di svolgere, in ragioni di proprie pregresse esperienze, mansioni diverse da quelle espletate all'epoca dell'apertura della procedura che altri dipendenti svolgono in altre entità dell'azienda.
Nel primo caso, ossia nel caso in cui venga in considerazione la fungibilità cd. oggettiva, l'onere della prova, secondo il giudice, incombe sul datore di lavoro, in quanto “è certamente il datore di lavoro ad avere una piena conoscenza della propria organizzazione aziendale, così da poter essere al corrente se vi siano, al di fuori dell'entità coinvolta nella programmata riduzione o trasformazione, lavoratori adibiti a mansioni simili a quelle svolte dal lavoratore inserito nella platea degli interessati dal licenziamento”.
Nel secondo caso, ossia in caso di fungibilità soggettiva, l'onere della prova incombe sul lavoratore che alleghi tale requisito e ciò sul presupposto che “si ritiene trattarsi, nel suo complesso, di un aggravio eccessivo, il cui assolvimento appare anche difficilmente compatibile con i tempi della procedura di licenziamento collettivo. Quindi appare più corretto gravare il lavoratore addetto all'unità coinvolta nella programmata riduzione o trasformazione, inquadrato in un profilo professionale proprio del personale eccedente e, quindi, rientrante nella platea dei destinatari interessati dal licenziamento, dell'onere di allegare e provare che egli possiede, grazie a pregresse esperienze lavorative, la capacità di svolgere anche mansioni diverse da quelle attualmente a lui assegnate ed espletate da altro lavoratore operante al di fuori dell'entità… infatti alla luce del principio di vicinanza della prova sopra richiamato, risulta certamente più agevole per il lavoratore interessato acquisire le conoscenze sufficienti a verificare se sussista un'affinità tra la propria professionalità in concreto maturata e quella di altro dipendente”.
Il tema della fungibilità e, in particolare, della cd. fungibilità oggettiva è risultato determinante al fine di dichiarare l'illegittimità dei licenziamenti impugnati, dal momento che, dalle allegazioni delle parti e dall'istruttoria documentale, è emerso che i ricorrenti, inquadrati nei profili professionali propri del personale eccedente, erano in possesso di una professionalità fungibile con quella dei dipendenti occupati presso altri punti vendita aziendali, adibiti a mansioni diverse ma affini a quelle cui i lavoratori licenziati erano addetti i quali, quindi, avrebbero dovuto essere anch'essi inseriti nella platea dei lavoratori interessati dal licenziamento collettivo.
Il giudice della fase sommaria ha, pertanto, accertato che la società datrice “non ha correttamente delimitato la platea dei lavoratori interessati dal licenziamento”.
Il giudice di prime cure, facendo applicazione dell'art. 5, comma 3, terzo periodo della L. 223/91 che richiama, ai fini del regime di tutela applicabile, l'art. 18, comma 4 della L. 300/70, ha condannato la società resistente alla reintegrazione dei lavoratori licenziati e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto maturata dai lavoratori dalla data del licenziamento alla data di pubblicazione dell'ordinanza e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
Conclusione: ai fini della delimitazione della platea dei lavoratori licenziandi si deve tener conto della fungibilità
Il giudice del lavoro, nell'ordinanza in commento, al fine d'individuare la platea dei lavoratori licenziandi in una procedura di licenziamento collettivo limitata, per scelta datoriale, alla sola entità interessata dal programma di riduzione o trasformazione dell'attività o del lavoro, richiama un concetto di professionalità fungibile che tiene conto non solo delle mansioni concretamente svolte dai dipendenti eccedentari al momento dell'apertura della procedura, ma anche della similitudine delle mansioni svolte da tale personale rispetto a quelle svolte dai dipendenti occupati in altri reparti non interessati dal programma di riduzione.
Il possesso, da parte dei dipendenti in esubero, di una professionalità fungibile rispetto a quella dei dipendenti di altre unità aziendali che non sono rientrati nella platea dei lavoratori licenziandi, è idoneo, secondo il giudice della fase sommaria, a incidere sul corretto meccanismo di operatività dei criteri di scelta, integrandone la violazione, sanzionata, si sensi dell'art. 5, comma 3, terzo periodo, della l. n. 223/1991, con la tutela reintegratoria di cui all'art. 18, comma 4, l. n. 300/1970, applicabile, ratione temporis, ai rapporti di lavoro per cui è causa.
Note
(1) V. su tutte Cass, civ., sez. lav., 7 dicembre 2016, n. 25201 che ha affermato il principio secondo cui le motivazioni e le finalità che muovono l'imprenditore ad attuare una riorganizzazione della propria impresa sono ininfluenti ai fini della legittimità del licenziamento.
(2) Rappresentanze sindacali aziendali e rispettive associazioni di categoria o, in mancanza, le associazioni sindacali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative.
(3) Si rammenta che l'altro requisito che deve ricorrere affinché il datore di lavoro possa restringere la platea dei lavoratori licenziandi al personale addetto all'entità aziendale interessata dall'iniziativa imprenditoriale è che la programmata riduzione o trasformazione di attività o di lavoro riguardi una singola unità o settore o reparto, inteso come articolazione dell'azienda dotata di indipendenza tecnica e amministrativa.
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Sommario
La comunicazione di avvio della procedura e gli obblighi d'informazione alle organizzazioni sindacali in ordine all'iniziativa imprenditoriale
Fungibilità oggettiva e soggettiva
Conclusione: ai fini della delimitazione della platea dei lavoratori licenziandi si deve tener conto della fungibilità