Finanziamenti bancari e contratti pendenti nel concordato preventivo

21 Settembre 2023

L'Autrice fornisce un inquadramento circa la disciplina dei finanziamenti erogati dagli istituti bancari in favore imprese assoggettate alla procedura di concordato preventivo, con un approfondimento relativo alle norme dettate sul tema della pendenza dei contratti bancari al momento della proposta concordataria.
Premessa

Se in un recente passato la difficoltà di accedere alla nuova finanza è stata accentuata da una cultura d'impresa scarsamente improntata ad una gestione efficiente della crisi, oggi – più che mai – l'obiettivo principale del legislatore, comunitario ed interno, è proprio quello di valorizzare e tutelare la continuità aziendale, favorendo ove possibile la reversibilità dello stato di crisi.

Se, da una parte, il finanziamento bancario dell'impresa in crisi costituisce il naturale sostegno per la realizzazione di un sistema che predilige il salvataggio e la continuità aziendale, dall'altra, la selezione dei contratti pendenti che l'impresa si impegna ad onorare rappresenta un momento fondamentale, spesso sottovalutato, nel percorso di risanamento, in quanto la scelta è direttamente funzionale alla prosecuzione dell'attività, che tende ad escludere i contratti divenuti troppo onerosi o non più necessari.



Il concordato preventivo nella regolazione della crisi d'impresa

Nell'evoluzioneche ha subito la regolazione della crisi d'impresa una costante è rappresentata dalla disciplina del concordato preventivo il cui obiettivo, nonostante gli svariati interventi legislativi, è stato sempre quello di migliorare l'efficienza dei procedimenti di composizione delle crisi promuovendo l'emersione anticipata della difficoltà di adempimento dell'imprenditore così incentivando l'impresa a denunciare per tempo la propria situazione di crisi rispetto all'opzione alternativa di assoggettarla a misure di controllo esterno che la rilevino.

Anche il più recente intervento legislativo si pone in linea di continuità con le numerose riforme che hanno interessato a più riprese la materia, spostando l'attenzione verso le misure di prevenzione e di risoluzione dell'insolvenza rispetto a quelle liquidatorie, da intendersi quale extrema ratio.

L'importanza riconosciuta alla conservazione del valore aziendale, inteso quale patrimonio da tutelare evitandone la dispersione attraverso la liquidazione, è stata valorizzata dal legislatore tramite la partecipazione alla gestione della crisi delle parti interessate, chiamate ad individuare la soluzione più adatta per fronteggiare la situazione di difficoltà aziendale e riservando al giudice il compito di intervenire.

L'idea di una gestione negoziata della crisi alla quale riconoscersi una priorità assoluta rispetto alla liquidazione consente all'imprenditore di auto-comporre gli interessi coinvolti nella crisi, rimettendone la gestione al debitore ed ai creditori e riservando al giudice un ruolo di mero garante e non di gestore.

In questa prospettiva il concordato preventivo rappresenta, ancor più nell'attuale momento storico, lo strumento più idoneo per il risanamento dell'impresa.



Finalità e contenuti del nuovo concordato preventivo

Preso atto delle criticità applicative dell'istituto, il legislatore è intervenuto a più riprese per rendere più appetibile il concordato preventivo al fine di incentivare gli imprenditori all'utilizzo tempestivo di tale strumento, atteso che un eventuale comportamento dilatorio nel ricorso a tale opzione potrebbe definitivamente pregiudicare la potenziale ripresa dell'attività, così vanificando l'obiettivo di salvaguardia del valore produttivo dell'impresa.

La procedura di concordato preventivo è disciplinata tra gli strumenti di regolazione della crisi (artt. 84-120 CCII).

Numerose e rilevanti sono le modifiche apportate dal nuovo Codice alla disciplina del concordato preventivo precedentemente regolato dalla legge fallimentare.

Il testo dell'art. 84 CCII è il prodotto di una riscrittura finale operata dal d.lgs.n. 83/2022 con il quale è stato adattato ai dettami contenuti nella Direttiva (UE) 2019/1023 (c.d. Direttiva Insolvency).

Il presupposto oggettivo del concordato preventivo rimane invariato, in quanto l'imprenditore deve versare alternativamente in una condizione di crisi o nel più grave stato di insolvenza.

Il concordato preventivo si iscrive, dunque, nel perimetro del nuovo art. 2, lett. m-bis) CCII, collocandosi tra gli strumenti di ristrutturazione preventiva, nozione inclusiva delle misure e delle procedure volte al risanamento dell'impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale.

Dalla data di presentazione della domanda di accesso al concordato preventivo e fino all'omologazione, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale (art.94, comma 1, CCII).

Il filo conduttore del nuovo concordato preventivo poggia sulla valorizzazione della continuità aziendale e sulla rivisitazione del suo rapporto con la tutela del credito, così la sostenibilità economica diviene il nuovo baricentro dell'ordinamento concorsuale.



Nuova finanza e gestione della crisi

Il tema del sostegno finanziario dell'impresa rappresenta uno degli aspetti più delicati dei processi di ristrutturazione.

Il mercato dei finanziamenti alle imprese in crisi, in Italia, ha da sempre avuto dimensioni molto limitate e la sua regolamentazione è arrivata con estremo ritardo rispetto a quanto registrato in altri paesi, rappresentando non solo un ostacolo per il buon esito dei tentativi di risanamento ma anche un forte disincentivo per gli operatori economici.

La difficoltà per le imprese di accedere alla nuova finanza è stata accentuata, infatti, da una cultura d'impresa scarsamente improntata ad una gestione efficiente di prevenzione e risoluzione della crisi nonché dalla mancanza di operatori specializzati nel settore tanto più che i principali attori coinvolti nel finanziamento per la gestione della crisi d'impresa si identificano negli istituti bancari.

In un momento storico, come quello attuale, nel quale l'obiettivo principale della legislazione sulla crisi d'impresa si identifica con la valorizzazione e la tutela della continuità aziendale, favorendo ove possibile la reversibilità dello stato di crisi, il finanziamento dell'impresa in crisi costituisce il naturale punto di sostegno per la realizzazione di un sistema che tenda al salvataggio delle imprese.

Il legislatore ha, quindi, introdotto disposizioni finalizzate ad incentivare la concessione di nuove risorse finanziarie nei processi di risanamento, posto che finanziare un'impresa in crisi rappresenta un'operazione alquanto rischiosa e per questo deve essere circondata da opportune cautele.

La nuova finanza, cioè la messa a disposizione dell'impresa di nuovi finanziamenti, è un elemento fondamentale in quanto la ristrutturazione non rappresenta solo un problema di sistemazione del debito pregresso ma è, soprattutto, un'opportunità di rilancio dell'impresa, e senza l'apporto di nuova finanza il rilancio difficilmente può concretizzarsi. In quest'ottica, vi sono casi in cui la nuova finanza costituisce condicio sine qua non del risanamento, anche se non si può ignorare che la stessa presenta l'inconveniente di tradursi 'in un incremento dell'indebitamento dell'imprenditore, motivo per cui la sua opportunità deve essere valutata con rigorosa attenzione.

L'elevata rischiosità è determinata dallo stato di insolvenza o di crisi in cui versa l'imprenditore e l'insuccesso del tentativo di ristrutturazione è spesso il preludio di un fallimento. Per tale motivo, soprattutto i finanziatori istituzionali che intendono investire in un'impresa in crisi hanno bisogno di ricevere certezze e garanzie.

Nella legislazione vigente il meccanismo di incentivi è stato costruito attorno a tre pilastri: esenzione dall'azione revocatoria, contenimento del rischio penale e, soprattutto, riconoscimento della prededuzione per il credito in restituzione.

A partire dal 2010, vari interventi legislativi hanno cercato di favorire l'erogazione della cd. «finanza della crisi» – intesa come liquidità concessa in relazione a una procedura di concordato preventivo – con l'obiettivo di consentire un celere ritorno in bonis dell'impresa o, in presenza di un dissesto irreversibile, per renderne più fruttuoso il processo di liquidazione. In particolare, è stato accordato il beneficio della prededucibilità, ossia una «priorità» nel rimborso, alla provvista fornita per affrontare lo stato di difficoltà.

La possibilità di ottenere nuova finanza costituisce, infatti, il fattore chiave per una efficiente gestione delle crisi. Nei processi di ristrutturazione essa favorisce il ritorno a una condizione di equilibrio economico-finanziario dell'impresa: le somme mirano a evitare una dispersione dei valori aziendali, così da proteggere tutte le voci contabili coinvolte, incluse quelle immateriali, come l'avviamento, preservabile solo in un contesto di continuità aziendale.



I finanziamenti bancari

Il favor del nuovo Codice per il sostegno finanziario all'impresa in crisi induce a ridefinire il confine tra finanziamento lecito e finanziamento illecito erogato dall'istituto bancario: come nella Legge fallimentare, anche nel Codice della crisi, sono presenti numerose norme che contemplano incentivi all'erogazione di credito al debitore in crisi e che consentono alla banca di neutralizzare, in parte, il rischio insito in un finanziamento concesso ad un soggetto non più in bonis

Tra i principali obiettivi, come esplicitato nella Relazione illustrativa al Codice della crisi, vi è quello di consentire alle imprese sane, ma in difficoltà economico-finanziaria, di ristrutturarsi sin dai primi segnali della crisi, in modo tale da scongiurare l'insolvenza e rendere possibile la prosecuzione dell'attività. Ciò, in particolare, deriva dalla consapevolezza del legislatore che “le possibilità di salvaguardare i valori di un'impresa in difficoltà sono direttamente proporzionali alla tempestività dell'intervento risanatore, mentre il ritardo nel percepire i segnali di una crisi fa sì che, nella maggior parte dei casi, questa degeneri in vera e propria insolvenza sino a divenire irreversibile”.

L'esigenza di preservare gli assets produttivi e di sostenere le imprese in crisi si è, poi, accentuata quale conseguenza della pandemia da Covid-19 ed ha determinato, nel 2021, un ulteriore intervento normativo, trasfuso, con modificazioni, nel Codice della crisi ad opera del d.lgs. n. 83/2022. Con tali ultime novità legislative, dunque, sono state potenziate le misure e le procedure dirette al risanamento dell'impresa, così da consentire ai debitori una ristrutturazione precoce, che possa evitare l'insolvenza e l'espulsione dell'impresa dal mercato.

In generale, per l'impresa in crisi che decide di tentare il risanamento è fondamentale ottenere un finanziamento per evitare il blocco dell'attività e la perdita di valore e il rischio di insolvenza, così il Codice (artt. 99, 101 e 102) disciplina la sorte dei finanziamenti distinguendo tra i diversi momenti in cui la necessità del finanziamento può nascere:

  • finanziamenti autorizzati nella fase tra la domanda di accesso alla procedura di concordato (o degli accordi di ristrutturazione dei debiti) e l'omologazione del concordato preventivo (o degli accordi), c.d. finanziamenti ante-omologazione o interinali; tale tipologia gode di un triplice beneficio: prededuzione (valida sia all'interno della stessa procedura sia in caso di successiva apertura della liquidazione giudiziale), esonero da revocatoria ed esenzione da bancarotta;
  • finanziamenti erogati prima del deposito della domanda e in funzione della sua presentazione, c.d. finanziamenti-ponte: tali finanziamenti devono essere previsti dal relativo piano e la prededuzione espressamente disposta nel provvedimento con il quale il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo;
  • finanziamenti erogati in esecuzione del concordato preventivo (o di accordi di ristrutturazione dei debiti): quando è prevista la continuazione dell'attività aziendale, i crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati, ivi compresa l'emissione di garanzie, se espressamente previsti nel piano sono prededucibili (art.101, comma 1 CCII);
  • finanziamenti erogati dai soci: beneficiano della prededuzione fino all'80% del loro ammontare (art.102, comma 1 CCII).

Giova precisare che dette norme trovano ora applicazione anche al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (c.d. PRO), essendo state richiamate dall'art. 64-bis, comma 9 CCII.

Il primo correttivo al Codice della crisi (d.lgs. n. 147/2020) aveva reintrodotto la finanza “ponte” tra i sistemi di finanziamento dell'impresa in crisi, inserendola nella norma dedicata ai finanziamenti “interinali” (art. 99). La previsione era stata, poi, mantenuta immutata dai successivi correttivi: l'attuale art. 99, comma 5, stabilisce che “le disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 si applicano anche ai finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti, quando i finanziamenti sono previsti dal relativo piano e purché la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero gli accordi di ristrutturazione siano omologati”.

Mentre, dunque, i presupposti di riconoscimento della prededuzione non sono mutati rispetto a quanto previsto dall'art. 182-quater, comma 2, l.fall., al contrario l'art. 99, comma 5, CCII apporta alcune novità dal punto di vista procedurale.

Infatti, il richiamo operato ai commi da 1 a 4 dell'art. 99 impone al debitore di presentare al tribunale un ricorso in cui è tenuto a specificare non solo la destinazione dei finanziamenti ma anche che l'istante non è in grado di reperirli altrimenti e, indicazione non meno importante, che l'assenza di tali finanziamenti determinerebbe grave pregiudizio per l'attività aziendale o per il prosieguo della procedura. Al ricorso va allegata la relazione di un professionista indipendente, il quale deve attestare la sussistenza dei requisiti richiesti nonché la funzionalità di tali finanziamenti alla migliore soddisfazione dei creditori.

A differenza di quanto avveniva in virtù della previgente disciplina, il Codice della crisi ha ritenuto opportuno subordinare la prededuzione alla previa autorizzazione del tribunale.

Con riferimento alla funzionalità, dalla lettera dell'art. 99, comma 5 CCII, sembra doversi desumere che la prededuzione può essere riconosciuta solo a finanziamenti funzionali alla presentazione della domanda “piena” di concordato preventivo o di omologazione dell'accordo.

Una ulteriore rilevante novità contenuta nel Codice della crisi concerne le ipotesi di esclusione della prededucibilità del credito in caso di comportamenti fraudolenti del debitore: infatti, l'art. 99, comma 6, stabilisce che in caso di successiva apertura della procedura di liquidazione giudiziale, i finanziamenti autorizzati non beneficiano della prededuzione qualora, da un lato, risulti che il ricorso o l'attestazione contengono dati falsi, ovvero omettono informazioni rilevanti, o il debitore ha commesso altri atti in frode ai creditori per ottenere l'autorizzazione e, dall'altro lato, il curatore dimostri che i soggetti che hanno erogato i finanziamenti, alla data dell'erogazione, conoscevano tali circostanze.

L'art. 99, commi 1-4 CCII, infatti, prevede che il debitore, con la domanda di accesso al concordato preventivo piena o con riserva, o di omologa degli accordi di ristrutturazione dei debiti, anche agevolati o ad efficacia estesa (artt. 57, 60 e 61 CCII), ovvero nel caso di deposito del piano di concordato preventivo (art. 87 CCII), quando sia prevista la continuazione dell'attività aziendale, anche se unicamente in funzione della liquidazione, possa chiedere con ricorso al tribunale di essere autorizzato, anche prima del deposito della documentazione che deve essere allegata alla domanda, “a contrarre finanziamenti in qualsiasi forma, compresa la richiesta di emissione di garanzie, prededucibili, funzionali all'esercizio dell'attività aziendale sino all'omologa del concordato preventivo o degli accordi di ristrutturazione dei debiti ovvero all'apertura e allo svolgimento di tali procedure e in ogni caso funzionali alla miglior soddisfazione dei creditori” e, inoltre “a concedere pegno o ipoteca o a cedere crediti a garanzia dei finanziamenti autorizzati”.

Per quanto concerne il contenuto del ricorso, esso è identico a quello previsto per il caso di finanza “ponte” (la cui norma richiama la disciplina dei finanziamenti interinali) e, dunque, anche per tale finanza dovrà essere indicata sia la destinazione dei finanziamenti, sia che il creditore non è in grado di procurarseli altrimenti sia, infine, che l'assenza dei finanziamenti determinerebbe grave pregiudizio per l'attività aziendale o per la prosecuzione della procedura. Parimenti, anche nel caso di finanza “interinale”, la prededuzione è esclusa dal ricorrere delle medesime ipotesi di comportamento del debitore, conosciute dal creditore al momento dell'erogazione del finanziamento.

Ciò che, invece, costituisce una novità propria dei finanziamenti “interinali” è, per un verso, la previsione, da parte dell'art. 99, comma 1, CCII della necessità, ai fini del rilascio dell'autorizzazione, della previsione della continuazione dell'attività aziendale, anche se unicamente in funzione della liquidazione; per altro verso, la possibilità che la finanza “interinale” sostenga l'impresa sino all'omologazione del concordato o dell'accordo. Si tratta, in particolare, di due ipotesi non contemplate nell'art. 182-quinquies l.fall., idonee ad estendere il perimetro di applicazione della finanza “interinale”.

La prima, infatti, consente di autorizzare il debitore alla contrazione di finanziamenti prededucibili anche nel caso di concordato liquidatorio.

La seconda, invece, supera la disciplina previgente, contenuta nell'art. 182-quinquies, comma 3, l.fall., la quale pretendeva la funzionalità del finanziamento rispetto a urgenti necessità relative all'esercizio dell'attività aziendale “fino alla scadenza del termine fissato dal tribunale ai sensi dell'art. 161, sesto comma, o all'udienza di omologazione di cui all'art. 182-bis, quarto comma, o alla scadenza di cui all'art. 182-bis, settimo comma”: ciò che determina, dunque, un'estensione dell'ambito di applicazione della finanza “interinale” dal punto di vista temporale.

La categoria di tali finanziamenti gode, inoltre, di una protezione maggiore rispetto alla finanza “ponte”: in relazione al credito concesso ai sensi dell'art. 99, comma 1, opera, oltre alla causa di esclusione della tipicità per i reati di bancarotta preferenziale e semplice (art. 324 CCII), anche l'esenzione dall'azione revocatoria, ai sensi dell'art. 166, comma 3, lett. e), protezione estesa anche all'azione revocatoria ordinaria.



I contratti ancora in corso di esecuzione. I contratti bancari pendenti

Il nuovo Codice della crisi detta la disciplina relativa ai contratti ancora in corso di esecuzione quando è stata presentata la domanda di apertura del concordato preventivo.

L'art. 97, comma 1, CCII contiene la definizione e la disciplina dei contratti pendenti. Sono da intendersi contratti pendenti nel concordato preventivo, i contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti nelle prestazioni principali da entrambe le parti alla data del deposito della domanda di accesso. La regola generale prevede che tali contratti, in corso alla data di deposito della domanda di accesso, proseguono anche durante il concordato e sono inefficaci eventuali patti contrari.

Il legislatore ha precisato che la sospensione o lo scioglimento possano essere autorizzati quando la prosecuzione non è coerente con le previsioni del piano né funzionale alla sua esecuzione. Infatti, il debitore può chiedere, con autonoma istanza, l'autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento, fatta eccezione per alcuni casi particolari.

Vi sono, tuttavia, alcuni contratti che, durante il concordato, proseguono inderogabilmente, senza possibilità di chiederne lo scioglimento o la sospensione. Si tratta dei contratti espressamente indicati dall'art. 97, comma 13 CCII.

Regole particolari sono previste poi nel caso della locazione finanziaria (art. 97, comma 12 CCII).

Per quanto riguarda, invece, i contratti in corso di esecuzione, stipulati con le pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto del deposito della domanda di concordato e sono inefficaci eventuali patti contrari (art. 95, comma 1 CCII). Rimane, comunque, ferma la disciplina sulla sospensione o scioglimento. Il deposito della domanda di accesso non impedisce la continuazione di tale tipologia di contratti, se il professionista indipendente ha attestato la conformità al piano, ove predisposto, e la ragionevole capacità di adempimento (art. 95, comma 2, primo periodo CCII).

Con riferimento ai contratti bancari pendenti il c.d. Decreto Correttivo ha introdotto l'art. 97, comma 14 CCII, il quale prevede che “Nel contratto di finanziamento bancario costituisce prestazione principale ai sensi del comma 1 anche la riscossione diretta da parte del finanziatore nei confronti dei terzi debitori della parte finanziata. In caso di scioglimento, il finanziatore ha diritto di riscuotere e trattenere le somme corrisposte dai terzi debitori fino al rimborso integrale delle anticipazioni effettuate nel periodo compreso tra i centoventi giorni antecedenti il deposito della domanda di accesso di cui all'articolo 40 e la notificazione di cui al comma 6”.

Tale disposizione è volta a dirimere il contrasto giurisprudenziale sorto nel vigore della legge fallimentare concernente la sospendibilità dei contratti di anticipazione bancaria con mandato in rem propriam.

La norma tiene conto delle peculiarità dei contratti di finanziamento bancario c.d. “autoliquidanti” ossia i rapporti nei quali una parte, il cui interesse è quello di fruire dell'immediata disponibilità di crediti non ancora scaduti vantati verso soggetti terzi, cede in varie forme tali crediti ad un intermediario a fronte del finanziamento erogato.

La Banca d'Italia, nelle Istruzioni per gli intermediari creditizi sulle segnalazioni di credito agli effetti della Centrale Rischi (sez. II, par 1.1), fornisce una nozione di “rischi autoliquidanti”, chiarendo come detta categoria identifichi “operazioni caratterizzate da una fonte di rimborso predeterminata”, e, più in particolare, “finanziamenti concessi per consentire alla clientela l'immediata disponibilità di crediti non ancora scaduti vantati nei confronti di terzi e per i quali l'intermediario segnalante ha il controllo sui flussi di cassa”, forma di controllo che, a mente delle medesime Istruzioni, si realizza in tre ipotesi: “quando l'intermediario si rende cessionario del credito, ha un mandato irrevocabile all'incasso o i crediti sono domiciliati per il pagamento presso i propri sportelli”. Le linee di credito autoliquidanti possono, quindi, assumere diverse configurazioni, non meramente riconducibili al contratto di apertura di credito, disciplinato agli artt. 1842 ss. c.c., che prevede l'obbligo della banca di tenere a disposizione del cliente una somma di denaro, all'anticipazione bancaria normata agli artt. 1846 e ss. c.c., che presuppone l'erogazione di un prestito accompagnato dall'accensione di un pegno su titoli o merci a favore della banca, ovvero al contratto di sconto, disciplinato all'art. 1858 c.c. e che presenta quali elementi essenziali della fattispecie la prededuzione dell'interesse da parte della banca oltre alla cessione del credito salvo buon fine.



In conclusione

Il legislatore da tempo mostra un netto favor verso il sostegno finanziario dell'impresa, ai fini della risoluzione della crisi attraverso istituti che ne scongiurino il fallimento, favorendo la maggiore soddisfazione dei creditori: dai finanziamenti prededucibili nel concordato preventivo (art. 99 CCII) agli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 101 CCII) (e a quelli erogabili per il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione).

Numerosi sono dunque i momenti in cui l'ordinamento positivo mostra di tutelare e favorire il finanziamento alle imprese in crisi, articolando le previsioni in relazione allo strumento di risoluzione della crisi prescelto ed alla funzione svolta dal finanziamento: la c.d. finanza-ponte, strumentale a pervenire con successo ad uno degli istituti di risanamento previsti dalla legge; la c.d. finanza interinale, funzionale al giudizio di omologazione in corso di procedura, in via ordinaria o urgente; infine, i finanziamenti in esecuzione dello strumento giuridico di risoluzione della crisi attuato, che mirano al risanamento secondo il piano predisposto dall'imprenditore. Donde, di volta in volta, le norme speciali di tutela della posizione del finanziatore.

In tal senso, la nuova finanza costituisce condicio sine qua non del risanamento che rappresenta, al contempo, non solo un problema di sistemazione del debito pregresso ma, soprattutto, un'opportunità di rilancio dell'impresa.



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