Risarcimento di lesioni micropermanenti: l'accertamento visivo e il ruolo centrale del medico legale
22 Settembre 2023
La Suprema Corte riprende fermamente il giudice di appello che ha fatto un'applicazione errata di principi giurisprudenziali, anche della Corte Costituzionale, e fissa i confini del riconoscimento di tali lesioni e della relativa risarcibilità, sulla base del dato positivo (Codice delle Assicurazioni) e di fermi principi già fissati dal Giudice di legittimità. Il caso riguardava la corretta valutazione e liquidazione dei danni da lesioni micropermanenti, disconosciuti dal giudice di appello, la cui decisione è stata cassata. Occorre premette che, on riferimento alle lesioni micropermenenti, la norma di riferimento è l'art. 139 cod. ass., che è stato oggetto negli ultimi anni di un duplice intervento legislativo. Da una parte, la L. n. 27/2012 all'art. 52 ha integrato la precedente normativa con due brevi aggiunte: a) il comma 3 ter, in base al quale «le lesioni di lieve entità che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente»; b) il comma 3 quater, in base al quale il danno alla persone conseguente menomazioni di tale tipo «è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l'esistenza della lesione». Dall'altra e successivamente, la L. n. 124/2017 all'art. 1, comma 19°, reca: «In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento del danno biologico permanente». Dunque, il legislatore del 2017 ha aggiunto l'accertamento visivo agli altri tipi di accertamento già in precedenza previsti (quello clinico e quello strumentale), stabilendo che esso si riferisce alle lesioni “oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni” (e quindi non soltanto alla ispezione visiva, ma anche alla palpazione, all'esame della mobilità, alla percussione ed all'auscultazione). ll giudice di appello ha ritenuto di aderire alla interpretazione dell'art. 139, comma 2°, cod. ass. secondo la quale, in caso di danni di lieve entità, non è risarcibile il danno permanente che sia (solo) clinicamente, e non anche strumentalmente, accertato. Il giudice di appello ha preso le mosse, tra l'altro, dal richiamo a due arresti della Corte costituzionale (sent. n. 235/2014 e ordinanza n. 242/2015), che ha ritenuto aderenti ad una interpretazione restrittiva dei commi 3° ter e 3° quater della legge n. 27 del 2012, (interpretazione questa che ha poi estesa anche alla riformulazione introdotta all'art. 1 comma 19 della legge n. 124/2017, attualmente vigente, tramite valorizzazione del riferimento esplicativo alle cicatrici). La Cassazione cassa la decisione. È utile evidenziare tre aspetti logico-giuridici. Innanzitutto, effettua una disamina delle decisioni della Corte Costituzionali per evidenziarne una portata ben diversa da quanto ritenuto dal giudice di merito:
È interessante evidenziare questa parte del percorso logico-motivazionale della Cassazione, perché, nel riprendere la sentenza impugnata, fissa alcuni punti di metodo generale: lettura attenta delle sentenze che si invocano, collocandole per il loro reale significato e per la loro portata effettiva, senza andare oltre. Indubbiamente, però, la parte più interessante della decisione annotata è costituita dalla ricostruzione del sistema di valutazione e liquidazione dei danni da micropermanenti:
Poi vi è la terza questione del riconoscimento del danno morale. La sentenza impugnata non aveva ritenuto sufficienti a provare il danno morale la mera allegazione del disagio psicofisico (ma accertato nella CTU) nonché la possibilità di ritenerlo presuntivamente provato, affermando che la dedotta sofferenza costituisce una “normale” conseguenza del danno, e non già un pregiudizio di “speciale entità”. La Cassazione ritiene tale affermazione erronea. Posta l'unitaria nozione di danno non patrimoniale, gli artt. 138 e 139 cod. ass., come modificati dall'art. 1, comma 17, l. n. 124/2017, distinguono il danno dinamico relazionale conseguente alle lesioni dal danno morale. Come noto, il danno morale consiste in uno stato d'animo di sofferenza interiore che prescinde dalle vicende dinamico relazionali della vita del danneggiato (che pure può influenzare) ed è insuscettibile di accertamento medico-legale, sicché, ove dedotto e provato, deve formare oggetto di separata valutazione ed autonoma liquidazione rispetto al danno biologico. Dunque, non costituisce duplicazione del danno il riconoscimento, oltre al danno biologico, di un'ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, sostanziandosi nella sofferenza interiore ( dolore dell'animo, vergogna, disistima di sé, paura, disperazione, ecc. ), purchè sia dedotta e provata l'esistenza di uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale. Così possono e devono formare oggetto di separata valutazione e liquidazione. La sentenza annotata, nel richiamare i principi già espressi dalla Supr. Corte, ma anche dalla Corte Cost., offre una ricostruzione della questione del risarcimento di lezioni micro permanenti. (Fonte: Diritto e Giustizia) |