Sui provvedimenti indifferibili nel nuovo rito unitario in materia familiare
22 Settembre 2023
Premessa
Problematica tradizionalmente avvertita nel contenzioso della famiglia è stata quella dell'assenza di forme di tutela prima di quella che era sinora, nell'ambito dei giudizi di separazione e divorzio, la c.d. udienza presidenziale (cfr. Ciardo, 134; Lupoi, 804). In tale situazione, una parte della giurisprudenza di merito si era spinta, specie negli anni trascorsi, a ritenere che, qualora ricorresse un pregiudizio imminente ed irreparabile, prima della celebrazione di tale udienza, era possibile adire il giudice ordinario per ottenere un provvedimento d'urgenza ai sensi dell'art. 700 c.p.c. (tra le altre, Trib. Napoli, (ord.) 24 marzo 2005, in Fam. dir., 2005, 641; Trib. Modena, 27 gennaio 2005, in Corr. merito, 2005; Trib. Napoli (ord.) 8 febbraio 1999, in Fam. dir., 2000, 392 con nota di Frassinetti), facendo leva sulla vocazione di strumento di tutela cautelare generale propria di tale strumento (in arg., se si vuole, Panzarola-Giordano). Nell'ambito dell'ampia riforma dei processi in materia familiare realizzata dal d.lgs. n. 149/2022, l'art. 473-bis.15 c.p.c. ha introdotto finalmente la possibilità, per il presidente o il giudice dallo stesso delegato, di emettere, con decreto provvisoriamente esecutivo, i provvedimenti necessari nell'interesse dei figli e, nei limiti delle domande da queste proposte, delle parti, ove ricorra un pregiudizio imminente e irreparabile o quando la convocazione delle parti potrebbe pregiudicare l'attuazione dei provvedimenti. La Relazione Illustrativa precisa che tale misura, concessa inaudita altera parte, rispondendo alla necessità di assicurare protezione contro situazioni di grave e urgente pregiudizio che possono verificarsi in corso di causa, può essere adottata non solo in limine litis (quando tuttavia ne è più evidente l'esigenza) ma anche nella prosecuzione del giudizio. L'art. 473-bis.15 c.p.c. subordina la pronuncia del decreto indifferibile immediatamente esecutivo ad una domanda della parte interessata solo qualora il provvedimento involga in via esclusiva i rapporti tra i coniugi. Nell'ipotesi in cui venga in rilievo l'interesse superiore dei figli, invece, l'autorità giudiziaria può emanare la misura anche d'ufficio. Sotto tali aspetti la norma è coerente con la più generale impostazione legislativa del rito unitario in materia familiare nell'ambito del quale sono stati attribuiti ampi poteri al giudice per intervenire a tutela dei minori pur in assenza di istanze dei genitori. In ogni caso, l'emanazione dei provvedimenti indifferibili è subordinata alla ricorrenza di due presupposti alternativi che, come abbiamo già evidenziato, sono riconducibili alla categoria di periculum in mora caratterizzante le misure cautelari (cfr. Giordano-Farina-Metafora, La riforma del processo civile, Giuffre Francis Lefebvre, 2022). Pericolo di un pregiudizio imminente ed irreparabile
Una prima situazione nella quale, a seconda dei casi, l'autorità giudiziaria può emanare un decreto indifferibile ex art. 473-bis.15 c.p.c. è quella in cui ricorra un pericolo di pregiudizio di carattere imminente ed irreparabile. L'espressione utilizzata è evidentemente mutuata da quella contenuta, per definire il periculum necessario ad ottenere un provvedimento d'urgenza, nell'art. 700 c.p.c. Come è noto, la dottrina più autorevole ha posto in discussione la possibilità di prefigurare un pregiudizio di carattere irreparabile qualora la tutela invocata riguardi un credito di natura pecuniaria, stante la possibilità di ottenere una riparazione pecuniaria successiva (i.e. all'esito del giudizio di merito: per tutti, …). Esigenze di tutela più pregnante, anche in linea con l'affermarsi dei valori costituzionali, hanno comportato nel tempo una maggiore apertura, talora eccessiva, che ha infine condotto all'orientamento da tempo incontroverso nella giurisprudenza di merito per il quale sussiste un pregiudizio irreparabile tutte le volte che, anche se il diritto ha ad oggetto la pretesa ad ottenere un bene di carattere fungibile, il risarcimento dei danni e gli altri rimedi apprestati dalla legge non siano idonei ad attuare integralmente, in concreto, il diritto fatto valere in giudizio (ex plurimis, Trib. Torino, 24/02/2021, in Foro it, 2021, I, 1831). E' in sostanza fondamentale, al fine di valutare l'irreparabilità del pregiudizio, la funzione che il diritto dedotto in giudizio svolge per la persona del ricorrente, poiché la mancata concessione della misura cautelare potrebbe in ipotesi avere riflessi su beni e/o situazioni di carattere non patrimoniale di per sé suscettibili di subire un pregiudizio irreparabile (Proto-Pisani, Appunti sulla giustizia civile, Bari 1982, 380). Proprio la tutela economica della parte più debole del rapporto nella crisi coniugale e, a fortiori, dei figli minori possono ben connotare il periculum in questione se il beneficiario della misura rischia di non avere altra fonte di reddito per far fronte alle proprie esigenze di vita, finanche alimentari, sino all'udienza dinanzi al giudice istruttore. Resta inteso (o, rectius, sottinteso) che un provvedimento indifferibile può essere emesso anche ove il pericolo di pregiudizio imminente ed irreparabile si correli ad esigenze di tutela esulanti l'ambito patrimoniale ed afferenti, piuttosto, ad esempio, i rapporti della coppia genitoriale con la prole o la convivenza tra le persone del nucleo familiare. L'emanazione dei provvedimenti indifferibili (anche) prima della celebrazione dell'udienza è subordinata, in alternativa, dall'art. 473-bis.15 c.p.c. al pericolo che la convocazione dell'altra parte potrebbe pregiudicare l'attuazione del provvedimento. Sembra dunque che si tratti di un decreto riservato alla tutela della parte richiedente tutte le volte che possa apparire probabile a fronte di condotte pregiudizievoli sul piano economico o su quello personale poste in essere dal convenuto, che sarebbe vanificata la funzione del provvedimento cautelare convocando la controparte. L'esempio tipico è quello del sequestro conservativo dei beni del convenuto (v., ancora, Giordano-Farina-Metafora, 2022). Come è stato infatti osservato, l'espressione utilizzata si riferisce, verosimilmente, ad eventuali provvedimenti provvisori di natura conservativa, nelle ipotesi nelle quali sussista il rischio che, a causa dell'instaurazione del contraddittorio, la controparte venga a conoscenza della misura provvisoria richiesta e modifichi lo status quo al fine di renderla concretamente inattuabile (cfr. Graziosi, 2022, il quale, tuttavia, prima dell'emanazione del decreto attuativo auspicava che la delega fosse interpretata nel senso più rigoroso che i due requisiti previsti dalla norma in commento fossero considerati concorrenti e non alternativi). Il procedimento
Il modello processuale prefigurato dal legislatore è quello dell'instaurazione del contraddittorio con la parte che “subisce” il decreto indifferibile ex post, ossia successivamente alla pronuncia dello stesso. Anche sotto tale profilo, la disciplina dettata dall'art. 473-bis.15 c.p.c. ha il proprio immediato riferimento in quella delle misure cautelari e, in particolare, nell'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c. in tema di conferma del decreto cautelare inaudita altera parte (analogamente, Ciardo, 134-135). In particolare, la norma di nuovo conio precisa che l'autorità giudiziaria, nell'emanare il provvedimento, fissa entro i successivi quindici giorni l'udienza - che deve ritenersi autonoma (ed ulteriore) rispetto a quella di prima comparizione (Graziosi, 2022) - per la conferma, modifica o revoca dello stesso, assegnando alla parte istante un termine perentorio per la notifica. La disposizione sotto tale aspetto sembra trascurare che la misura può, laddove riguardi i minori, essere pronunciata dall'autorità giudiziaria anche d'ufficio: riteniamo che in detta ipotesi debba essere, in conformità a quella che, peraltro, è la prassi dei Tribunali per i minorenni rispetto ad analoghi provvedimenti che nella prassi erano già resi dagli stessi prima della recente riforma, l'autorità giudiziaria a disporre a cura della cancelleria la notifica del decreto nei confronti di tutte le parti del procedimento. A differenza dell'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c., in ogni caso la determinazione concreta del termine entro il quale notificare il decreto è rimessa alla discrezionalità del giudice (in senso critico, Graziosi, 2022). Nondimeno la rilevanza del principio del contraddittorio ci induce a propendere per la possibilità di mutuare, rispetto al termine indicato dal giudice, i principi più volte espressi dalla giurisprudenza di merito chiamata a confrontarsi con l'ipotesi di tardiva notifica del decreto cautelare alla parte resistente, nel senso che la violazione del termine perentorio per l'effettuazione della stessa comporterà l'inefficacia del provvedimento (cfr., tra le molte, Trib. Napoli, decr. 5 dicembre 2019, che pure ammette la possibilità, in presenza dei presupposti dell'art. 153, comma 2, c.p.c. per il ricorrente di chiedere la remissione in termini). Il regime impugnatorio
Di una qualche complessità è la questione afferente l'impugnabilità del provvedimento, reso in forma di ordinanza, che conferma, modifica o revoca il decreto indifferibile pronunciato inaudita altera parte. In effetti, l'art. 473-bis.24 c.p.c. prevede lo strumento del reclamo alla Corte d'appello, oltre che per i provvedimenti temporanei e urgenti resi alla prima udienza dal giudice istruttore, solo per “i provvedimenti temporanei emessi in corso di causa che sospendono o introducono sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, nonché quelli che prevedono sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori ovvero ne dispongono l'affidamento a soggetti diversi dai genitori”. Indubbio ci appare, dunque, che, almeno nelle ipotesi in cui l'ordinanza resa all'esito dell'instaurazione del contraddittorio abbia un contenuto siffatto, sia possibile proporre contro la stessa il reclamo. Negli altri casi una risposta affermativa all'interrogativo sulla reclamabilità del provvedimento presuppone di contro una presa di posizione, a monte, sulla natura dello stesso. In altri termini, potrebbe predicarsi la reclamabilità dello stesso ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. solo ritenendo che abbia natura cautelare (in senso affermativo v., tra gli altri, Lupoi, 805), ciò che può affermarsi ove ai fini dell'emanazione della misura debbano essere vagliati un fumus boni juris ed un periculum in mora e la misura stessa abbia natura provvisoria. A nostro sommesso parere, questi presupposti ricorrono. Della necessità di un periculum in mora, modulato in via alternativa dalla norma in base alla configurazione dello stesso per la concessione dei provvedimenti d'urgenza ovvero del sequestro conservativo, abbiamo già detto. Ci sembra, di poi, che la circostanza che la misura possa essere emanata in limine litis ma non prima dell'instaurazione di un giudizio contenzioso in materia familiare, corrobori la tesi che ritiene necessaria la ricorrenza anche del fumus boni juris del diritto sotteso al provvedimento, i.e., ad esempio, del diritto al contributo economico in favore della prole per il quale è richiesto in via indifferibile un decreto che lo disponga immediatamente a carico di uno dei genitori. Le misure in questione sono provvisorie in quanto destinate ad avere efficacia, al massimo, sino alla conclusione del grado del giudizio nel quale sono state pronunciate. Di qui deve predicarsene la reclamabilità ex art. 669-terdecies c.p.c., mediante un'opportuna interpretazione evolutiva e costituzionalmente orientata dell'art. 669-quaterdecies c.p.c. laddove limita l'applicabilità delle disposizioni sul procedimento cautelare uniforme ai provvedimenti cautelari previsti nelle sezioni II, III e VI del medesimo capo III e a quelli previsti del codice civile e da leggi speciali, senza richiamare il nuovo titolo IV-bis (contra, Vaccari, 2023, che dubita, di conseguenza, della legittimità costituzionale della norma). Riferimenti
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