Esonero da responsabilità degli amministratori nel trasferimento di partecipazioni societarie

Federico Piccione
25 Settembre 2023

Il presente contributo si concentra sui profili di invalidità delle clausole di esonero da responsabilità degli amministratori uscenti, nel contesto di operazioni di M&A, prendendo le mosse da una pronuncia del Tribunale di Napoli intervenuto in una vicenda relativa alla compravendita di partecipazioni societarie
Inquadramento

Le clausole d'esonero da responsabilità dell'ex amministratore, contenute nel contratto di acquisto delle partecipazioni, sono in conflitto con l'interesse generale della società a ottenere il risarcimento in caso di mala gestio e integrano una condotta contraria alle finalità imposte dal modello legale di società. La loro nullità sussiste sia nel caso di esonero preventivo dell'amministratore da responsabilità per attività ancora da compiere, sia nel caso di esonero successivo per attività già compiute.

La vicenda processuale

Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 23 febbraio 2022 (l'ordinanza è stata finora pubblicata in Soc., 2023, 5, 581 ss., con nota di A. Fedi, La giurisprudenza continua a sanzionare d'invalidità gli esoneri da responsabilità degli amministratori uscenti), si è pronunciato in merito ad una domanda di risoluzione di un contratto di compravendita di partecipazioni societarie che prevedeva - inter alia - l'impegno dell'acquirente a non promuovere azioni di responsabilità nei confronti dell'amministratore uscente (nonché venditore) della società target.

Di seguito una breve ricostruzione fattuale della fattispecie in esame:

(a) nel contesto della cessione dell'intero capitale sociale della target, il venditore e l'acquirente convenivano un covenant a carico di quest'ultimo a non esperire l'azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore dimissionario;

(b) perfezionato il closing dell'operazione di M&A in esame, l'acquirente esercitava tale azione;

(c) il venditore chiedeva quindi la risoluzione del contratto di compravendita di partecipazioni societarie per inadempimento dell'acquirente rispetto al predetto covenant.

La questione: presupposti ed effetti della risoluzione del contratto di compravendita di partecipazioni societarie

Chiamato a pronunciarsi sulla domanda di risoluzione del contratto di compravendita di partecipazioni societarie, il Tribunale di Napoli ha preso posizione in merito alla questione della (in)validità delle clausole di esonero da responsabilità degli amministratori uscenti nel contesto di operazioni di M&A, offrendo lo spunto per ripercorrere i relativi orientamenti dottrinali e giurisprudenziali e per svolgere alcune considerazioni che tengano conto (anche) della volontà delle parti nell'esercizio della propria autonomia contrattuale.

La nullità delle clausole di esonero da responsabilità degli amministratori uscenti: l'orientamento partenopeo

L'ordinanza in commento sanziona con la declaratoria di nullità il patto di esonero in esame, sulla scorta del seguente percorso argomentativo:

(a) il patto di esonero da responsabilità dell'amministratore uscente - inquadrabile all'interno della categoria dei patti parasociali - richiede un vaglio da parte dell'ordinamento al fine di verificare che il patto persegua interessi meritevoli di tutela ex art. 1322 c.c.. Secondo la Corte partenopea, il patto in questione sarebbe nullo, in quanto l'assetto di interessi ivi cristallizzato si troverebbe in conflitto con l'interesse della società ad ottenere il risarcimento del danno per le ipotesi di mala gestio dell'amministratore uscente (cfr. Trib. Napoli, 23 febbraio 2022, in Soc., 2023, 5, 581 ss., secondo cui "ogniqualvolta la convenzione parasociale favorisce la tutela di un interesse di un socio o di un terzo a detrimento dell'interesse sociale ne mina la stessa validità soprattutto quando determina la violazione di norme imperative o l'elusione dello statuto generale di disciplina della società di capitali interessata. Profili quindi di invalidità di tali patti parasociali si manifestano alla luce della mancanza di conformità tra l'assetto di interessi cristallizzato nel patto e l'interesse della società. […] La mancanza di conformità tra gli obblighi assunti tra i paciscenti della convenzione parasociale e l'interesse sociale a vedersi riconosciuto il diritto di credito azionato ex art. 2392 c.c. esprime un disvalore tale da escludere la meritevolezza dell'accordo ex art. 1322 c.c.");

(b) nel caso di specie, il patto pregiudicherebbe - in assenza di soci di minoranza - gli interessi della target e degli stakeholdersdella stessa, mentre dal patto non deriverebbe alcuna conseguenza pregiudizievole a carico del venditore e amministratore dimissionario (avvantaggiatosi dell'esonero) a carico dell'acquirente (il quale, verosimilmente, ha acconsentito a tale esonero nel contesto di un trade-off verso un minor prezzo di acquisto della partecipazione compravenduta) (il Tribunale di Napoli fa menzione del "contrasto tra l'interesse del socio paciscente che ha verosimilmente acquistato la partecipazione sociale ad un prezzo certamente favorevole lucrando quindi un vantaggio e rinunciando così ad una eventuale posta risarcitoria che invece inerisce al diritto di credito della compagine societaria che poteva vedersi accresciuto il proprio patrimonio sociale ove l'azione sociale fosse stata ritenuta fondata");

(c) in ogni caso, e fermo quanto sopra, la rinuncia all'azione di responsabilità può essere deliberata solo dall'assemblea dei soci e non a mezzo di una pattuizione contrattuale (secondo il Tribunale di Napoli "la decisione del socio nel rispetto del vincolo assunto con il patto parasociale di non votare in sede assembleare o di rinunciare all'azione di responsabilità si pone in contrasto con il principio di inderogabilità ed esclusività della competenza assembleare in merito alla rinuncia o alla transazione della predetta azione").

Un diverso approccio interpretativo tra esoneri preventivi ed esoneri successivi: l'orientamento ambrosiano e capitolino

Il provvedimento in esame iscrive il proprio iter motivazionale nel solco della giurisprudenza più risalente (cfr.: (i) nella giurisprudenza di legittimità, Cass., 28 aprile 2010, n. 10215, in Giur. Comm., 2011, II, 802; Cass., 9 giugno 1994, n. 7030, in Giur. Comm., 1997, II, 99; e (ii) nella giurisprudenza di merito, Trib. Milano, 16 giugno 2014, n. 7946, in Giur. It., 2015, 3, 6777; Trib. Milano, 20 dicembre 2013, in www.giurisprudenzadelleimprese.it) che non ha mancato di concludere per la nullità di pattuizioni alla stregua di quella in commento sulla scorta di argomentazioni quali (i) l'inderogabilità delle norme in tema di responsabilità degli amministratori e (ii) il conflitto di interessi tra il patto di esonero e l'interesse della società all'esercizio dell'azione di responsabilità.

Tuttavia, la giurisprudenza più recente e la dottrina (cfr. V. Calandra Buonaura, L'amministrazione delle S.p.A. nel sistema tradizionale, Torino, 2019, 390; A. Picciau, Sulla validità dei patti parasociali di rinuncia all'azione di responsabilità e di manleva nella S.p.A., in Riv. soc., 2016, 2-3; A. Tina, I patti parasociali sull'azione di responsabilità nella recente giurisprudenza di merito, in AA.VV., Studi in onore di Giorgio De Nova, Milano, 2015, IV, 2999; M. Spiotta, Responsabilità, in G. Cavalli (a cura di), Assemblea e amministratori, Torino, 2013, 852; E. Dalmotto, sub artt. 2393 e 2393-bis, in G. Cottino - G. Bonfante - O. Cagnasso - P. Montalenti (diretto da), Il nuovo diritto societario, Bologna, 2008, 784; A. Tina, L'esonero da responsabilità degli amministratori di S.p.A., Milano, 2008, 325; A. Franchi, La rinuncia all'azione sociale di responsabilità verso gli amministratori, in Contr. impr., 2005, 724; B. Visentini, I sindacati di voto: realtà e prospettive, in Riv. soc., 1988, 15) si sono orientate (in linea con altri ordinamenti giuridici (si fa riferimento in particolare all'ordinamento statunitense, che consente di prevedere nel certificate of incorporation l'esonero degli amministratori da responsabilità, con alcune eccezioni assimilabili al dolo (fraud, wilful misconduct) e alla colpa grave (gross negligence). Sul punto, cfr. F. Sartori, Responsabilità degli amministratori e patti di manleva, in Rivista di Diritto Bancario, 2019, 4, 428, nt. 36 e A. Tina, Clausole di garanzia, patti parasociali ed esonero da responsabilità degli amministratori nel trasferimento di partecipazioni societarie, in Giur. Comm., 2017, II, 904, nt. 59-60)) verso la validità di tali "pacta de non petendo", anche sulla scorta di quanto avviene abitualmente nel contesto delle operazioni di M&A (sul punto, cfr. infra sub § 4.3 (Le clausole di esonero da responsabilità al vaglio della prassi: un itinerario delle operazioni di M&A.)).

A fare da apripista per questo revirement maggiormente allineato alla prassi è stato il Tribunale di Roma (cfr. Trib.Roma, 28 settembre 2015, n. 19193, in Giur. Comm., 2017, II, 904 (con nota di A. Tina, Clausole di garanzia, patti parasociali ed esonero da responsabilità degli amministratori nel trasferimento di partecipazioni societarie)), che ha avuto cura di distinguere tra:

(a) il "pactum de non petendo"preventivo, relativo a condotte assunte dall'amministratore successivamente all'adozione del patto stesso, il quale è da considerarsi illegittimo in quanto idoneo a snaturare le finalità a presidio delle quali è posto il modello di gestione ex artt. 2392 e 2476 c.c. (e disposizioni limitrofe), ovvero: (i) garantire una ragione risarcitoria a favore della società nei confronti dell'organo amministrativo nei casi di mala gestio; e (ii) scongiurare una gestione sociale negligente (cfr. Trib. Roma, 28 settembre 2015, n. 19193, in Giur. Comm., 2017, II, 904, secondo cui "deve convenirsi sull'invalidità del patto con il quale, al momento dell'assunzione dell'incarico di amministrazione (o addirittura prima), i soci promettano preventivamente e definitivamente di rinunziare a far valere la responsabilità dell'amministratore per qualsiasi illecito che in futuro egli dovesse commettere. Un accordo di tal genere sarebbe invalido per due ordini di ragioni: in primo luogo, vanificherebbe la funzione di prevenzione della mala gestio riconosciuta agli artt. 2392 e 2393 c.c. e, sotto altro profilo, costituirebbe un patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave e come tale nullo ai sensi dell'art. 1229 c.c.");

e

(b) il "pactum de non petendo" successivo, relativo a condotte assunte dall'amministratore antecedentemente all'adozione del patto stesso, il quale è da considerarsi legittimo (nel rispetto dei limiti di cui all'art. 1229 c.c.) in quanto privo del medesimo disvalore riscontrato nell'ipotesi precedente (in tema di esonero preventivo ed esonero successivo, cfr. F. Sartori, Responsabilità degli amministratori e patti di manleva, in Rivista di Diritto Bancario, 2019, 4, 428 (secondo cui "la pattuizione stipulata al termine del rapporto amministrativo e relativa ad attività pregresse deve considerarsi valida") e G. Dell'Atti, Note a margine in materia di rinunzia all'azione sociale di responsabilità nelle società per azioni, in Riv. soc., 2009, 760-762 (secondo cui "la deliberazione di rinuncia preventiva all'azione di responsabilità celerebbe sostanzialmente un'autorizzazione da parte dell'assemblea a favore degli amministratori per il compimento di determinate operazioni e, nello stesso tempo, lascerebbe i componenti dell'organo di gestione immuni da ogni relativa responsabilità, il tutto in spregio all'espressa disposizione dell'art. 2364, n. 5, c.c."; in caso di esonero successivo, invece, "la deliberazione di rinunzia all'azione di responsabilità non configurerà un patto preventivo di limitazione o esclusione della responsabilità nella misura in cui sia espressa e permetta che vi sia piena coscienza tanto dell'atto illecito, quanto dei suoi effetti; in questa ipotesi, dunque, l'assemblea dei soci può disporre del diritto di credito e rinunziare all'azione")).

Se, infatti, una rinuncia preventiva ad esercitare l'azione di responsabilità sterilizza l'efficacia deterrente delle norme sulla responsabilità degli amministratori, lo stesso non può dirsi di una rinuncia successiva, la quale - intervenendo solo al momento della compravendita della target e delle dimissioni dei membri dell'organo di gestione della stessa- non incide sull'esecuzione della (precedente) funzione gestoria (cfr. Trib. Roma, 28 settembre 2015, n. 19193, in Giur. Comm., 2017, II, 904, secondo cui "la pattuizione in argomento, contenuta nell'atto di cessione delle partecipazioni sociali, interviene alla conclusione del mandato gestorio e, quindi, in un momento in cui l'acquirente delle azioni o delle quote (e sottoscrittore del patto parasociale) è posto nelle condizioni di esaminare l'andamento della gestione ed i risultati di essa").

Oltretutto, secondo i Giudici capitolini, gli artt. 2393, u.c. e 2476, comma 5, c.c. confermano la possibilità per la società (e per i soci) di disporre - sia in sede assembleare che in sede extra-assembleare (quale quella parasociale) (cfr. Trib. Roma, 28 settembre 2015, n. 19193, in Giur. Comm., 2017, II, 904, secondo cui "la valutazione successiva dell'opportunità di far valere o meno la responsabilità dell'amministratore uscente è del tutto legittima se effettuata dall'assemblea, alla quale tale valutazione è espressamente rimessa, sia pure con uno speciale meccanismo di voto a garanzia delle minoranze. Ma, allora, lo stesso può dirsi dell'analoga valutazione che i soci facciano, al termine del mandato gestorio, al di fuori e prima dell'assemblea, al fine di orientare il voto di quest'ultima sull'opportunità di far valere o meno la responsabilità dell'amministratore uscente. Non si tratterebbe di un accordo preventivo di esonero di responsabilità per dolo o colpa grave dell'amministratore, ma piuttosto dell'accordo tra i soci di orientare la decisione della società a rinunziare al proprio (eventuale) credito risarcitorio verso l'amministratore al termine del mandato e avendone potuto constatare gli esiti") - del diritto di credito al risarcimento dei danni derivanti da ipotesi di mala gestio dell'organo amministrativo (cfr. Trib. Roma, 28 settembre 2015, n. 19193, in Giur. Comm., 2017, II, 904, secondo cui "l'art. 2393, ultimo comma, c.c. e l'art. 2476, quinto comma, c.c. attribuiscono alla società la facoltà di disporre definitivamente del proprio diritto di credito al risarcimento dei danni subiti in seguito ad una negligente gestione imputabile agli amministratori e confermano la possibilità per la società - e, quindi, per i soci - di disporre, direttamente o indirettamente, dello stesso diritto di credito". Sul punto, cfr. G. Dell'Atti, Note a margine in materia di rinunzia all'azione sociale di responsabilità nelle società per azioni, in Riv. soc., 2009, 757, secondo cui "l'art. 2393 c.c. […] accanto alla rinuncia all'esercizio dell'azione permette alla società, sempre all'esito di una espressa deliberazione autorizzativa, di addivenire ad una transazione con gli amministratori; transazione che, di per sé, rappresenta una ipotesi di disposizione del diritto di credito, di modo che risulta chiaro che la norma, accostando due istituti che suppongono il potere di disposizione del diritto da parte della società, ha voluto rappresentare un medesimo concetto: la società può disporre del proprio diritto di credito nei confronti degli amministratori purché consti una espressa deliberazione da parte dell'assemblea e all'approvazione non si opponga una minoranza qualificata"; M. Balzano, Sulla validità di accordi parasociali di voto, in Nuova giur. civ. comm., 1996, I, 101; G. Rescio, I sindacati di voto, in G.E. Colombo - G.B. Portale (diretto da), Trattato delle società per azioni, Torino, 1994, 3, 547; D. Caterino, Incidenza sulla struttura societaria ed illiceità dell'organizzazione parasociale nei patti di sindacato: il caso AMEF - Mondadori, in Riv. soc., 1993, 884).

Quanto al tema del conflitto di interessi, il Tribunale di Roma ritiene che la mancata proposizione della (o la rinuncia alla) azione di responsabilità sia neutra rispetto all'interesse sociale: la contrarietà rispetto all'interesse sociale, infatti, può essere apprezzata su un piano concreto, ma tale valutazione di merito - escludendo le ipotesi di cui agli artt. 2373 e 2479-ter c.c. - è (quanto meno in linea generale) preclusa all'autorità giudiziaria (sul punto, cfr. R. Sacchi, La definizione delle controversie in materia societaria, in E. Andreoli (a cura di), La transazione nella prassi interna ed internazionale, Padova, 2000, 55; P.G. Jaeger, Il problema delle convenzioni di voto, in Giur. Comm., 1989, I, 247; sul punto, cfr. F. Sartori, Responsabilità degli amministratori e patti di manleva, in Rivista di Diritto Bancario, 2019, 4, 427-428, nt. 34, secondo cui "posto che la delibera assembleare è per definizione espressione di autonomia individuale, sede in cui si forma l'interesse sociale per la convergenza degli interessi dei singoli soci […] la norma sul conflitto di interessi non può avere natura imperativa. La disposizione risponderebbe in realtà solo a ragioni di tutela delle minoranze, ma nemmeno questo aspetto ne conferma la natura imperativa. Se le regole d'impugnazione delle delibere nella S.p.A. richiedono determinate percentuali di capitale, la reazione dell'ordinamento non può darsi come incondizionata. Anche la disciplina dell'azione di responsabilità avrebbe natura dispositiva: la compresenza della legittimazione dei creditori e dei singoli terzi assicura la permanenza di una forma di pressione sull'organo amministrativo, garantendo la funzione deterrente della responsabilità e la protezione delle esigenze di tutela dei terzi. Infine nemmeno è frustrata la competenza assembleare a disporre dell'azione, posto che il nudo patto di per sé non esclude in alcun modo la delibera assembleare sulla responsabilità").

La ridefinizione del regime di responsabilità degli amministratori (segnatamente, dell'obbligazione risarcitoria derivante dall'inadempimento dell'obbligo di gestire la società con la dovuta diligenza ex artt. 2380-bise 2392 c.c. (per le S.p.A.) e 2475 e 2476 c.c. (per le S.r.l.)) affermata dal Tribunale di Roma ha trovato conferma nel formante giurisprudenziale ad opera del Tribunale di Milano che, con provvedimento del 31 marzo 2021, ha ribadito la legittimità degli esoneri successivi, qualificando tale "pactum de non petendo" come una "dichiarazione di rinuncia ad un diritto di azione e ad un (eventuale) credito risarcitorio" che, avendo quale perimetro atti gestori già compiuti, il rinunziante è perfettamente in grado di valutare ed apprezzare ai fini dell'esonero da responsabilità dell'organo amministrativo (cfr. Trib. Milano, 31 marzo 2021, in www.giurisprudenzadelleimprese.it).

Le clausole di esonero da responsabilità al vaglio della prassi: un itinerario delle operazioni di M&A

Le considerazioni svolte dai giudici capitolini e da quelli ambrosiani sono allineate rispetto a quanto avviene abitualmente nelle operazioni di M&A, che prevedono quali cc.dd. actions at closing: (a) l'impegno del venditore a far sì che gli amministratori in carica rassegnino le proprie dimissioni; (b) un covenant a carico dell'acquirente a non esercitare azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori dimissionari, eccezion fatta per i casi di dolo o colpa grave; e (c) l'adozione da parte della target di una delibera assembleare che esoneri da responsabilità (nei limiti dell'art. 1229 c.c.) gli amministratori dimissionari e nomini il nuovo organo di gestione.

Come efficacemente osservato in un recente contributo (cfr. A. Fedi, cit., 584), i closing deliverables sopra descritti - a differenza di quanto affermato dall'ordinanza che si annota - sembrano posti a presidio degli interessi di tutte le parti coinvolte in un deal M&A.

Ed infatti:

(a) il venditore ottiene le dimissioni volontarie dell'organo amministrativo, senza dover ricorrere all'istituto della revoca e alle possibili complicanze (soprattutto in tema di giusta causa) che questo reca con sé;

(b) l'acquirente - con riguardo ad eventuali atti di mala gestio - beneficia del c.d. patto di garanzia, vale a dire del set di representations & warranties, special indemnities (ove pattiziamente convenute) e covenants indennitari azionabili nei confronti del venditore (e dei quali può beneficiare anche la target) contenuti nel sale and purchase agreement, oltre che dell'eventuale polizza W&I;

(c) la target conserva i propri diritti verso gli amministratori dimissionari per le ipotesi di mala gestio connotate da dolo o colpa grave (vale a dire quelle maggiormente significative);

(d) gli stakeholders mantengono le azioni di responsabilità ad essi spettanti per legge, posto che il "pactum de non petendo" (sia che esso abbia origine assembleare sia che esso trovi la propria genesi in ambito extra-assembleare) non può inficiare i diritti di creditori sociali e di altri terzi.

Alla luce di quanto precede, sanzionare di nullità l'esonero da responsabilità "significa sovvertire la causa concreta dell'operazione" (così A. Fedi, cit., 590), in palese disallineamento con quanto abitualmente avviene in sede di closing nel contesto delle operazioni di M&A.

Considerazioni conclusive

L'indirizzo proposto dal Tribunale di Roma e dal Tribunale di Milano ha il pregio - oltre a quanto già delineato in precedenza in merito alla fondatezza giuridica e all'aderenza alle operazioni di M&A delle argomentazioni dei giudici capitolini e ambrosiani - di riconoscere (in linea coi principi cardine della riforma del diritto societario del 2003) una notevole apertura all'autonomia privata che, in questo caso, si sostanzia nel "modellare" il regime di responsabilità degli amministratori ex artt. 2392 e 2476 c.c..

Ferma restando, infatti, l'intangibilità del disposto dell'art. 1229 c.c., le clausole di esonero generalmente previste nel contesto di un'operazione di M&A non determinano una deroga al regime di responsabilità degli amministratori dal punto di vista formale dal punto di vista sostanziale (sul punto, cfr. A. Tina, Clausole di garanzia, patti parasociali ed esonero da responsabilità degli amministratori nel trasferimento di partecipazioni societarie, in Giur. Comm., 2017, II, 904, secondo cui "i patti parasociali, anche quando riferiti ad operazioni o atti gestori non ancora eseguiti (futuri), non determinano, in ogni caso, una deroga al regime di responsabilità degli amministratori, sia sul piano formale, lasciando, infatti, del tutto impregiudicata la possibilità per la società di promuovere l'azione sociale di responsabilità; sia su quello sostanziale, avendo, in realtà, il solo effetto di trasferire (totalmente o parzialmente) l'onere risarcitorio connesso alla responsabilità ex artt. 2392 e 2476 c.c. dagli amministratori a soci (o terzi) che aderiscono al patto". L'Autore (ibidem, nt. 46-53) afferma anche che "l'esclusione o la limitazione della responsabilità non incide sull'adempimento del debitore o, più chiaramente, sul contenuto e sui confini della obbligazione negoziale: il debitore è, infatti, tenuto in ogni caso ad eseguire la prestazione richiesta con la dovuta diligenza. La clausola di esonero o di limitazione non determina alcuna deroga della norma […] ma incide unicamente sulla distinta obbligazione risarcitoria, alternativa o, a seconda dei casi, concorrente rispetto all'esatto adempimento della prestazione principale. La deroga al regime di responsabilità […] incide unicamente sulle conseguenze della violazione dell'obbligazione negoziale primaria, senza comportare alcuna deroga o modifica al contenuto o all'oggetto della stessa obbligazione. […] Il legislatore riconosce espressamente la libertà delle parti di esonerare o limitare la responsabilità (contrattuale) del debitore per l'inadempimento, o l'inesatto adempimento, della prestazione dedotta in contratto. L'art. 1229, primo comma, c.c. stabilisce la nullità di qualsiasi patto che escluda o limiti la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave, così autorizzando la predisposizione di accordi preventivi di esonero e di limitazione della responsabilità nei limiti della colpa lieve e delineando in tal modo un principio di portata generale, ritenuto applicabile anche alla responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c."), masembrerebbero sostanziarsi in una mera declinazione di quanto già normativamente previsto in tema di rinuncia alla, o transazione della, azione di responsabilità, senza che ciò implichi conseguenze pregiudizievoli a carico della target.

Per contro, la declaratoria di nullità del Tribunale di Napoli parrebbe indirizzare la tematica in esame verso una direzione piuttosto distante rispetto a quanto è parte della prassi contrattuale delle operazioni di M&A: prassi che, alla luce delle considerazioni suesposte, forse sarebbe opportuno tutelare.

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