L’importanza dei poteri direttivi del giudice nella fase delle verifiche preliminari

25 Settembre 2023

Il giudice, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo soggetta al rito locatizio e proposta con citazione anziché con ricorso, può disporre il passaggio dal rito ordinario a quello speciale (art. 426 c.p.c.) anche prima dell'udienza ex art. 183 c.p.c.?

Massima

Il giudice può disporre il mutamento del rito ordinario in locatizio già in sede di verifiche preliminari, in quanto una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 171-bis c.p.c. (artt. 24 e 111 Cost.) suggerisce di considerare non tassativo l'elenco delle verifiche demandate al giudice. Una diversa interpretazione complicherebbe la trattazione, inciderebbe negativamente sul celere svolgimento del processo, colliderebbe con i poteri direttivi del giudice intesi “al più sollecito e leale svolgimento del procedimento” (art. 175 c.p.c.).

Il caso

La questione esaminata dal Tribunale di Roma trae origine da un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo in materia locatizia introdotto con atto di citazione. Il giudice, in sede di verifiche preliminari ex art. 171-bis c.p.c., ha rilevato che la controversia era soggetta al rito c.d. locatizio (art. 447-bis c.p.c.) e, in ragione di ciò, ha disposto il passaggio dal rito ordinario a quello speciale ex art. 426 c.p.c., con fissazione dell'udienza di discussione e assegnazione di un termine per l'integrazione degli atti.

La questione

Il giudice, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo soggetta al rito locatizio e proposta con citazione anziché con ricorso, può disporre il passaggio dal rito ordinario a quello speciale (art. 426 c.p.c.) anche prima dell'udienza ex art. 183 c.p.c.?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Roma ha affermato che l'elenco dei provvedimenti indicati nell'art. 171-bis c.p.c., sulla scorta di una lettura costituzionalmente orientata ex artt. 24 e 111 Cost., non può considerarsi tassativo, dal momento che, una diversa interpretazione determinerebbe l'aggravio delle attività processuali, l'allungamento dei tempi di definizione del processo e la mortificazione dei poteri direttivi del giudice intesi “al più sollecito e leale svolgimento del procedimento” (art. 175 c.p.c.).

In ragione di ciò, il giudice ha ritenuto di disporre il mutamento del rito in locatizio già in sede di verifiche preliminari.

Osservazioni

La riforma c.d. Cartabia, al fine di consentire che la causa arrivi alla prima udienza “depurata” di eventuali vizi processuali, ha previsto che il giudice, scaduto il termine di costituzione del convenuto (art. 166 c.p.c.), svolge i controlli legati alla corretta instaurazione del contraddittorio e alla rilevazione d'ufficio di questioni delle quali ritiene opportuna la trattazione, in precedenza riservati alla prima udienza (art. 171-bis c.p.c.).

Fermo quanto precede, non può tuttavia escludersi, attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata delle nuove norme, che il giudice, nell'esercizio del potere di direzione del processo (art. 175 c.p.c.), possa emettere provvedimenti diversi da quelli indicati nel primo comma dell'art. 171-bis c.p.c., calibrati sulla specificità del caso concreto, volti a garantire la concentrazione, la semplificazione e la speditezza del giudizio.

In questa prospettiva, le pronunce in commento hanno ammesso il mutamento del rito ordinario in locatizio (art. 426 c.p.c.) già in sede di verifiche preliminari, sulla scorta di una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 171-bis c.p.c. (artt. 24 e 111 Cost.), evidenziando che l'elencazione contenuta in tale norma non può risolversi in una limitazione dei poteri e dei controlli che il giudice è tenuto ad esercitare nella direzione del procedimento (art. 175 c.p.c.) e che una diversa interpretazione aggraverebbe la trattazione e inciderebbe negativamente sulla durata del processo.

L'ipotesi interpretativa proposta dal Tribunale di Roma va salutata con favore in quanto è fin troppo evidente che il mutamento del rito al termine dell'udienza ex art. 183 c.p.c. rischia di determinare un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue, quali, ad esempio, il deposito delle memorie integrative ex art. 171-ter c.p.c., non giustificate dal rispetto del principio del contraddittorio (art. 101 c.p.c.) e da effettive garanzie di difesa (art. 24 Cost.), avendo la questione in oggetto carattere meramente processuale.

Nella stessa ottica, il Tribunale di Piacenza, attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata ex artt. 24 e 111 Cost. dell'art. 183-bis c.p.c., ha ammesso la possibilità di disporre ex officio il passaggio dal rito ordinario a quello semplificato (art. 281-decies c.p.c.), anche prima dell'udienza ex art. 183 c.p.c. ed in assenza di contraddittorio sul punto specifico (Trib. Piacenza, 1.5.2023).

Tale prospettiva ricostruttiva nasce dalla constatazione che la prosecuzione del giudizio nelle forme del rito semplificato al termine dell'udienza di comparizione delle parti (come stabilito dall'art. 183-bis c.p.c.), dopo la completa definizione dell'oggetto della decisione, non sembra presentare particolari benefici, in termini di speditezza del giudizio, rispetto al naturale passaggio della causa alla fase istruttoria, se necessaria, o a quella decisoria. Quindi, la nuova dislocazione temporale delle attività previste dal previgente art. 183 c.p.c. rischia di ridurre l'utilità processuale del mutamento del rito e di pregiudicare il celere svolgimento del giudizio.

Anche la dottrina ha tentato di fornire una “lettura correttiva” delle nuove norme processuali volta a rendere il decreto ex art. 171-bis c.p.c. un utile strumento di velocizzazione e semplificazione della lite.

In particolare, si è ipotizzato che, sebbene la richiesta di chiarimenti alle parti sia ancora oggi riservata alla prima udienza di comparizione, il giudice, con il decreto ex art. 171-bis c.p.c., possa stimolare un'interlocuzione effettiva con le stesse, al fine di orientare i successivi adempimenti procedurali (art. 171-ter c.p.c.).

Ancora, il giudice, una volta rilevato, in sede di verifiche preliminari, il mancato esperimento del procedimento di mediazione o di negoziazione assistita, potrebbe fissare una nuova udienza per consentire il superamento della condizione di procedibilità prima del deposito delle memorie integrative e dello svolgimento delle attività previste dall'art. 183 c.p.c.

Invero, nell'ipotesi di domanda soggetta a condizione di procedibilità, la scelta del legislatore di rinviare all'udienza di trattazione il provvedimento di rimessione delle parti in mediazione o in negoziazione assistita, a seguito della completa formulazione delle domande, delle eccezioni e delle prove, potrebbe ridurre le possibilità di risoluzione della controversia al di fuori del processo.

Del resto, la mancanza di tali condizioni di procedibilità della domanda costituisce una questione puramente processuale il cui rilievo officioso da parte del giudice non comporta l'adozione di una pronuncia di rito (eventualmente “a sorpresa”), ma solo l'assegnazione di un termine per lo svolgimento delle attività necessarie al loro superamento. Pertanto, l'emissione di tale provvedimento all'esito della prima udienza potrebbe compromettere la definizione stragiudiziale della controversia, in assenza di un'apprezzabile utilità processuale.

Ulteriormente, si è pensato che il giudice, in vista delle nuove attività da svolgere nel corso dell'udienza di trattazione (interrogatorio libero delle parti e tentativo di conciliazione), con il decreto ex art. 171-bis c.p.c., possa invitare le parti ad interloquire sull'esistenza dei presupposti per la conciliazione della lite, giacché, a fronte di una controversia difficilmente conciliabile, potrebbe rivelarsi utile la cartolarizzazione di tale udienza (art. 127-ter c.p.c.), in funzione della semplificazione delle attività processuali.

Ancora, si è ipotizzato che il giudice, prima dello scambio delle memorie integrative, possa fissare un'udienza ad hoc per esperire il tentativo di conciliazione delle parti, in forza degli artt. 117 e 185 c.p.c., con contestuale differimento dell'udienza ex art. 183 c.p.c. Tale soluzione potrebbe adattarsi alla diffusa abitudine delle parti di sollecitare le trattative di bonario componimento proprio con il deposito degli atti introduttivi.

Inoltre, in un'ottica di economia processuale, si potrebbe suggerire che il giudice, già in questa fase preliminare, possa far interloquire le parti su eventuali questioni preliminari idonee a definire il giudizio, mediante il rinvio dell'udienza di trattazione e la concessione di un termine difensivo ad hoc. Invero, nelle controversie definibili in limine litis, sulla base di questioni di facile e pronta soluzione (quali, ad esempio, le questioni di giurisdizione, di competenza o di inammissibilità della domanda), la decisione conclusiva del giudizio, nel nuovo sistema processuale, potrà essere adottata solo all'esito della prima udienza, dopo il deposito di tre memorie integrative per parte, l'esperimento del tentativo di conciliazione nonché lo studio, da parte del giudice, delle predette memorie con i relativi atti introduttivi. In questi casi, il potere d'impulso del giudice potrebbe garantire una sollecita definizione del giudizio.

Una volta esclusa la natura tassativa dell'elenco dei provvedimenti adottabili in sede di verifiche preliminari, in un'ottica di economia del giudizio, è ragionevole supporre che in questa sede il giudice possa trasmettere il fascicolo al Presidente del tribunale per l'assegnazione della causa in conformità alla ripartizione tabellare delle materie all'interno dell'ufficio (art. 83-ter disp. att. c.p.c.) o emettere i provvedimenti di riunione ex artt. 273 e 274 c.p.c.

Le esposte ipotesi interpretative svelano che l'esercizio, da parte del giudice, nella fase preliminare, dei poteri direttivi attribuiti dall'art. 175 c.p.c. potrebbe superare gli inconvenienti che la nuova architettura della fase introduttiva e di trattazione del giudizio ordinario ha fatto emergere, in funzione degli obiettivi di celerità e di semplificazione del processo presi di mira dalla riforma c.d. Cartabia.

Riferimenti

  • Carratta, Le riforme del processo civile. D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, in attuazione della L. 26 novembre 2021, n. 206, Torino, 2023, 40 ss.;
  • Costantino, Il processo di cognizione di primo grado, in La riforma della giustizia civile, a cura di Costantino, Bari, 2021, 173;
  • Delle Donne, La fase introduttiva, prima udienza e provvedimenti del giudice istruttore, in Tiscini (a cura di), La riforma Cartabia del processo civile, Pisa, 2023, 288 ss.; 
  • Buoncristiani, Processo di primo grado. Introduzione, preclusioni, trattazione e decisione, in Cecchella (a cura di), Il processo civile dopo la riforma. D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, Torino, 2023, 49 ss.;
  • Cossignani, Riforma Cartabia. Le modifiche al primo grado del processo di cognizione ordinario, in www.giustiziainsieme.it, 22 febbraio 2023;
  • Lai, Le nuove regole per l'introduzione della causa nel rito ordinario di cognizione, in www.Judicium.it, 27 aprile 2023;
  • Masoni, Riforma processo civile: verifiche preliminari e valorizzazione del decreto di fissazione dell'udienza, in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it), 22 marzo 2023;
  • Masoni, Verifiche preliminari ed immediata conversione del rito ordinario in semplificato di cognizione, nota a Trib. Piacenza, 1 maggio 2023, in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it), 29 maggio 2023;
  • Limongi, Conversione del rito (da ordinario a semplificato) per chiamata in causa del terzo. Prime applicazioni del novellato art. 183-bis c.p.c. (Trib. Piacenza, 1° maggio 2023), in www.Judicium.it, 23.6.2023.

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