I provvedimenti accessori all’omologa di ADR: concessione del termine e richiesta di autorizzazioni

Gianfranco Benvenuto
25 Settembre 2023

Il Tribunale di Roma affronta diverse questioni in tema di accordo di ristrutturazione dei debiti, a partire dalla concessione di un termine al debitore per l'integrazione documentale dell'accordo depositato ma formalmente non perfezionato.
Massime

Anche quando sia spirato il termine assegnato per il deposito dell'accordo, il Tribunale può concedere un ulteriore termine per integrare la domanda.

Il Tribunale, solo con il provvedimento con cui omologa l'accordo di ristrutturazione dei debiti, autorizza la sottoscrizione di un contratto di finanziamento prededucibile e dichiara non luogo a provvedere sull'istanza di autorizzazione di un atto di straordinaria amministrazione e di pagamento di crediti pregressi in quanto esulano dalla normativa specifica.



Il caso

Una Fondazione presenta domanda prenotativa ex art. 44 CCII e, nei termini assegnati dal Tribunale, deposita il ricorso per l'omologa dell'accordo di ristrutturazione dei debiti nonché l'accordo stipulato con due creditori che rappresentano oltre il sessanta per cento dei crediti. Tuttavia, trovandosi uno dei due creditori in questione sottoposto ad amministrazione straordinaria, l'accordo deve essere sottoposto anche al nulla osta del ministero competente, che deve confermare il parere favorevole espresso dal Commissario e dal Comitato di Sorveglianza.

Al momento del deposito del ricorso, il predetto nulla osta ministeriale non è ancora stato fornito e, pertanto, il debitore, nel dichiarare tale carenza, richiede al Tribunale un termine per ottenerlo al fine di integrare l'iter procedurale per il perfezionamento dell'accordo con il creditore.

Nella stessa circostanza, rivolge al Tribunale tre istanze autorizzative: i) di stipula di un finanziamento prededucibile; ii) di ratifica di pagamenti già eseguiti e da eseguirsi; nonché iii) di stipula di un preliminare di vendita con contestuale affitto trentennale del medesimo bene (definito sale and lease back).

Il Tribunale assegna il termine invocato richiamandosi all'art. 47, comma 4 CCII; nega l'autorizzazione al finanziamento e dichiara non luogo a procedere per le altre due istanze.



Questioni giuridiche e soluzioni del Tribunale

Il provvedimento in commento si mette in luce per la varietà delle tematiche affrontate e per il rigore delle risposte date alle autorizzazioni richieste.

Come primo elemento merita osservazione il fatto che il debitore è una “Fondazione”, in quanto tale idonea ad attingere agli strumenti di regolazione della crisi purché le sia riconosciuta la qualità di imprenditore. Come rileva C.A. Venezia 20 luglio 2015 (in ilcaso.it, 2016) “l'impresa non consiste nello svolgimento di un'attività necessariamente lucrativa, ben potendo caratterizzarsi per il compimento di attività produttiva oggettivamente economica tesa al conseguimento di entrate remunerative dei fattori utilizzati, così da consentire nel lungo periodo la copertura dei costi con i ricavi” (cfr. anche Trib. Milano, 28 ottobre 2011 in Fallimento 2011). A tale riguardo, la descrizione del requisito soggettivo offerto dall'art. 57 CCII che abbraccia ogni tipo di imprenditore, “anche non commerciale”, permette di svincolarsi dalla dicotomia classica di imprenditore commerciale/agricolo cui la precedente definizione alludeva, favorendo l'accesso a figure che non si riferiscono a nessuna delle due categorie sopra richiamate.

Fatta questa osservazione preliminare, occorre sottolineare gli aspetti più innovativi del provvedimento in questione.

Il primo attiene al termine concesso dal Tribunale al debitore per perfezionare gli adempimenti che consentano di giungere all'omologa dell'accordo di ristrutturazione dei debiti: sotto il regime legale precedente, il debitore, con la formula prenotativa disciplinata dal comma 6 dell'art 182-bis l. fall., svolgeva direttamente domanda di omologa impegnandosi (ex comma 9, stesso articolo) a depositare nei successivi 60 gg. l'accordo senza alcuna possibilità di introdurre richieste di termini ulteriori. In caso di violazione della scadenza, la conseguenza era la dichiarazione di inammissibilità con decadenza degli effetti protettivi, fatta salva la possibilità, per il debitore, di depositare una richiesta di omologa dell'accordo ai sensi del primo comma dell'art 182-bis l. fall.

Ora, l'inserimento dell'AdR nel procedimento unitario di cui agli artt. 37 e ss. CCII ha modificato la procedura, consentendo al debitore di depositare una domanda prenotativa aperta che gli permette di scegliere, nel termine assegnatogli ex art. 44. comma 1, lettera a) CCII, alternativamente la domanda di concordato, di omologa di AdR o di omologa del PRO ex art. 64-bis CCII.

Sebbene la procedura preliminare sia comune a tutti e tre gli strumenti di regolazione della crisi, allo spirare del termine entro cui operare la scelta solo la procedura di concordato preventivo prevede, all'art. 47, comma 4 CCII, a richiesta del debitore, l'agevolazione di un ulteriore temine non superiore a quindici giorni al fine di apportare integrazioni al piano e produrre documenti; la ragione di questo ulteriore spazio di riflessione risiede, ritengo, nel più severo regime previsto per la riproposizione del ricorso, resa complicata dal rispetto di due condizioni: il decorso del termine per proporre reclamo e il mutamento delle circostanze (cfr. art. 47, comma 6 CCII). Nell'AdR, infatti, tali limitazioni non sussistono e dunque la domanda può essere riproposta anche immediatamente (salvo la pendenza di domande di liquidazione giudiziale): tale circostanza non giustificherebbe dunque la concessione di un ulteriore termine come nel concordato.

Nel caso di specie, il Tribunale non lascia intuire se il debitore avesse già esercitato il diritto alla proroga “fino ad ulteriori sessanta giorni” previsto dall'art. 44, comma 1, lettera a) CCII entro cui depositare la domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti; sta di fatto che il debitore ha depositato domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione dei debiti senza però depositare l'accordo completo che, infatti, per un vizio di forma (nulla osta del ministero), non poteva ancora definirsi tale.

Il termine assegnato per integrare la documentazione riposa nel solco di quello di 30 giorni che il Tribunale deve in ogni caso concedere ad ogni interessato per proporre opposizione alla domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione ai sensi dell'art. 48, comma 4 CCII e tale coincidenza fonda sulla presunzione che l'eventuale opposizione dei terzi non riguardi né possa riguardare l'accordo in sé ma solo i possibili effetti che si espandono sulle loro sfere giuridiche e sulla fattibilità dell'integrale soddisfacimento dei loro crediti; sotto questo profilo effettivamente il fatto che l'accordo difetti di un requisito formale che ne impedisca gli effetti giuridici non costituisce ostacolo alla libertà del terzo di proporre opposizione, in quanto in ogni caso i termini economici dell'accordo sono già chiari e delineati e la circostanza permette di misurare anche la sua sostenibilità.

L'accordo è un fatto privato che riguarda solo coloro che lo sottoscrivono e la legge, all'art. 44, comma 1, lettera a) CCII, prescrive solo di operare la scelta tra le tre alternative possibili, depositando i documenti indicati all'art. 39, comma 1 CCII: tra questi non è presente l'accordo, per il quale la legge stabilisce solo che il debitore “fa riserva di presentarlo”; dal che si ricava che da un lato esso non costituisce elemento su cui i soggetti estranei possano radicare opposizione e che il suo deposito potrebbe avvenire (se giustificato) anche successivamente alla domanda.

Il sospetto che la concessione del Tribunale possa costituire una forzatura di un termine perentorio può venire dalla lettura dell'art. 49, comma 2 CCII, che assegna al giudice il compito di dichiarare la liquidazione giudiziale in caso di mancato rispetto del termine di cui all'art. 44, comma 1, lett. a) CCII. Tuttavia, nel caso di specie, il termine è stato effettivamente rispettato con la comunicazione della scelta della procedura adottata e con il deposito di tutti i documenti di cui all'art. 39, comma 1 CCII tra i quali non rientra, come già evidenziato, l'accordo.

Dunque, poiché nel caso di specie l'accordo c'era ma non risultava ancora formalmente perfezionato, il Tribunale, nel rispetto di un principio di economia processuale, fa appello alla possibilità, che processualmente sempre gli compete, di offrire alla parte un termine al fine di sanare il difetto.

In conclusione, la concessione al debitore di un termine per produrre nuovi documenti relativi all'accordo non pare incoerente con l'impianto normativo e non sembra ledere alcuno dei diritti dei terzi, né ritardare il procedimento anche ove fossero depositate istanze di liquidazione giudiziale, di cui peraltro il Tribunale (nel provvedimento de quo) non dà traccia. Probabilmente sarebbe stato più lineare giustificare il provvedimento senza fare ricorso ad una stampella normativa (il citato art. 47, comma 4 CCII), che pare togliere più di quanto aggiunga, perché offre spunti alle opposizioni dei terzi per via dell'invasione in un campo che non compete all'AdR.

Le altre questioni trattate nel provvedimento attengono – come già rilevato - alle richieste: i) di un'autorizzazione a sottoscrivere un contratto di finanziamento; ii) della ratifica di pagamenti già eseguiti e dell'autorizzazione ad eseguirne ulteriori con riferimento ad obbligazioni passate; nonché iii) di un'autorizzazione a sottoscrivere un atto di straordinaria amministrazione.

Con riguardo alla prima delle tre questioni elencate, il Tribunale sceglie di rimandare la decisione sul finanziamento prededucibile in sede diomologa, ovverosia una volta superato il nodo del deposito dell'accordo perfezionato.

La soluzione adottata è condivisibile, sebbene l'art. 99 CCII preveda la possibilità per il debitore di chiedere al Tribunale l'autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili anche prima del deposito della documentazione che deve essere allegata alla domanda.

Nel valutare l'accoglibilità dell'istanza, l'attenzione va focalizzata sul bilanciamento tra l'esigenza dell'impresa debitrice di poter disporre di un nuovo apporto di finanza prededucibile e quella dei creditori di non vedere tradite le proprie aspettative di soddisfacimento dei propri crediti rispetto al finanziatore (Trib. Bologna 9 gennaio 2023 in Quotidiano Giuridico, 2023).

A tale riguardo, in considerazione del fatto che, una volta concessa l'autorizzazione a contrarre finanziamenti, la prededuzione permane anche in un eventuale successiva liquidazione giudiziale, con grave pregiudizio dei creditori che si vedono scavalcati nel soddisfacimento del credito, il rinvio della decisione all'omologa appare quantomeno prudente.

Peraltro, nella fattispecie, difficilmente potevano ritenersi presenti i requisiti stessi richiesti dalla legge, indicati nella funzionalità del finanziamento all'esercizio dell'attività aziendale sino all'omologa degli AdR e al miglior soddisfacimento dei creditori, condizioni queste che indicano come il finanziamento debba esprimere un coordinamento ed una coerenza con il piano di risanamento espresso nell'AdR che da lì a breve sarebbe stato sottoposto al vaglio di omologa del Tribunale, rendendosi prematuro ed incongruo il riconoscimento di una prededuzione prima di conoscere l'esito del giudizio di omologa.

La seconda istanza al Tribunale attiene alla ratifica dei pagamenti di crediti anteriori e all'autorizzazione ad eseguirne di ulteriori sempre nei confronti di creditori anteriori.

La domanda, respinta, risulta inconferente con il contesto in cui viene rivolta.

L'art. 100 CCII che prevede tale autorizzazione fa espresso riferimento solo al concordato preventivo, coerentemente con il principio della cristallizzazione del passivo, richiamato solo per il concordato agli artt. da 153 a 162 CCII, e con il divieto di alterare le cause legittime di prelazione previsto all'art. 85, comma 4 CCII.

Nell'AdR tali vincoli sono assenti, mentre il debitore deve solo assicurare ai creditori non aderenti il pagamento integrale dei loro crediti.

Lo scopo strisciante del debitore era di ottenere, per i pagamenti eseguiti e da eseguirsi, una sorta di “salvacondotto” generale per le revocatorie, salvo che tale esenzione non è prevista se non per i pagamenti “in esecuzione dell'accordo e in esso indicati” (cfr. art. 166, co. 3, lettera e) CCII); se il debitore avesse voluto ottenere quel tipo di risultato avrebbe potuto ad es. accedere alla composizione negoziata, che prevede, all'art 24 CCII, l'esenzione dalla revocatoria per i pagamenti e le garanzie posti in essere dall'imprenditore, purché coerenti con le prospettive di risanamento.

Il Tribunale aggiunge che la richiesta avanzata dal debitore avrebbe, remotamente, potuto essere compatibile con la domanda prenotativa ove il debitore avesse dichiarato di voler orientare la propria scelta successiva verso una domanda di concordato preventivo, deducendolo dall'art. 54, comma 5 CCII secondo cuile misure protettive conservano efficacia anche quanto il debitore, prima della scadenza fissata dal giudice ai sensi dell'art. 44, comma 1 lettera a) CCII, propone una domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza diverso da quello indicato nella domanda depositata ai sensi dell'art. 44; tale ipotesi, tuttavia, nella fattispecie è tramontata con il deposito della domanda di omologa di accordo di ristrutturazione dei debiti, che (come detto) limita l'esenzione della revocatoria ai soli pagamenti esecutivi dell'accordo.

Infine, la terza questione affrontata dal Tribunale attiene all'autorizzazione (negata in quanto estranea al contesto) a stipulare un atto di straordinaria amministrazione (indicato come preliminare di compravendita di un bene con retrocessione della sua detenzione attraverso un contratto di locazione, definito impropriamente dal debitore sale and lease back); anche in questo caso l'interesse del debitore (e del compratore) è quello di escludere tale operazione dalla possibile revocatoria per farlo rientrare tra gli atti legalmente posti in essere dal debitore dopo il deposito della domanda di accesso all'accordo di ristrutturazione” (cfr. art 166, co. 3, lettera e) CCII).

Si fa notare a tale riguardo come l'art. 166, comma 3, lettera e) CCII abbia esteso la portata dell'esenzione che sotto il vigore del R.D. 267/1942 era limitata “agli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all'art 161” .

Il nuovo testo recepito dall'art 166, oltre a fare espresso riferimento al “debitore” (circostanza scontata) allarga lo spettro della protezione agli atti successivi alla domanda di AdR, ma anche in questo caso è evidente che “gli atti legalmente compiuti siano solo quelli che rientrano nel solco dell'accordo, in coerenza con il piano di risanamento e compiuti al fine di agevolarlo.

In ogni caso è certo che non sia prevista alcuna forma di autorizzazione preventiva dispensabile dal Tribunale e che una tale autorizzazione è compatibile solo con una domanda, ancorché prenotativa, orientata al concordato preventivo, così da comportare l'assorbimento della normativa speciale che, agli artt .46 e 94, bollano come inefficaci gli atti di straordinaria amministrazione privi del necessario provvedimento autorizzativo.

Anche in tal caso, pertanto, il Tribunale correttamente ha concluso con una decisione di non luogo a provvedere.



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