Complicanze nel decorso post operatorio: è il danneggiato che deve dimostrare la colpa della fisioterapista
26 Settembre 2023
Una paziente di uno studio polispecialistico conveniva in giudizio la struttura per il risarcimento del danno biologico permanete e dei postumi permanenti, oltre ulteriori danni morali e patrimoniali subiti a seguito della imprudente e negligente condotta professionale della fisioterapista incaricata dallo studio per seguire il suo decorso postoperatorio di protesi all'anca. In particolare, disattendendo le indicazioni dell'Ospedale dove era stato effettuato l'intervento, la fisioterapista decisa di far camminare la donna senza girello ma con il solo ausilio di una sedia da cucina, comportando movimenti abnormi a carico dell'anca che, anche in considerazione dell'età avanzata della signora, avevano scatenato delle complicanze con un prolungamento dell'invalidità temporanea totale e parziale. Il Tribunale adito accoglieva la domanda e condannava la struttura al risarcimento dei danni per oltre 42mila euro. In sede di appello, su parziale accoglimento dell'impugnazione della struttura, il risarcimento veniva dimezzato per responsabilità concorrente della danneggiata nella causazione del fatto dannoso. La donna ha dunque impugnato la sentenza dinanzi alla Cassazione. Il Collegio, nell'esaminare il ricorso, ricorda che secondo il consolidato orientamento di legittimità, sino all'entrata in vigore della legge n. 24/2017, che ha espressamente qualificato in termini aquiliani la responsabilità del sanitario, «nell'ipotesi in cui il paziente alleghi di aver subìto danni in conseguenza di una attività svolta dal medico (eventualmente, ma non necessariamente, sulla base di un vincolo di dipendenza con la struttura sanitaria) in esecuzione della prestazione che forma oggetto del rapporto obbligatorio tra quest'ultima e il paziente, tanto la responsabilità della struttura quanto quella del medico vanno qualificate in termini di responsabilità contrattuale».
Per quanto attiene alla ripartizione dell'onere della prova, viene dunque ribadito il principio affermato dalla Corte con la sentenza n. 18392/2017 secondo cui «ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l'inesatto adempimento della prestazione sanitaria, è onere del danneggiato provare il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento) e l'azione o l'omissione dei sanitari, mentre è onere della parte debitrice provare che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile l'esatta esecuzione della prestazione; l'onere per la struttura sanitaria di provare l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile sorge solo ove il danneggiato abbia provato il nesso di causalità fra la patologia e la condotta dei sanitari». Tornando al caso di specie, correttamente la Corte d'appello ha sottolineato che l'Ospedale, all'atto delle dimissioni della danneggiata, le aveva indicato la necessità di procurarsi un girello deambulatore e il rialzo per il water, ma che tali prescrizioni non erano state rispettate. Inoltre, l'uso improprio di una sedia per deambulare al posto dell'apposito girello è stato posto in essere in autonomia dalla ricorrente. La sentenza impugnata si conforma quindi ai principi giurisprudenziali consolidati e il ricorso si rivela in conclusione inammissibile.
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