Sfruttamento del lavoro: l'amministrazione giudiziaria può essere differita se l'impresa “contaminata” decide di “risanare” l'attività aziendale

28 Settembre 2023

E' ammessa l'amministrazione giudiziaria per un colosso della grande distribuzione che si avvale di soggetti accusati di grave sfruttamento sul lavoro; il Giudice può differire la decisione sull'applicazione della misura di prevenzione se la società si impegna a recidere i rapporti con il soggetto coinvolto negli illeciti.

Massime

È possibile applicare l'amministrazione giudiziaria prevista dall'art. 34 d.lgs. n. 159/2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) per avere la società essersi avvalsa di altra società, a sua volta sottoposta alla misura del controllo giudiziario (art 34-bis d.lgs. n. 159/2011) ed il cui legale rappresentante è sottoposto a procedimento penale per il delitto di cui all'art. 603-bis c.p. - "intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro".

È possibile svolgere nell'ambito del procedimento volto all' applicazione della misura della amministrazione giudiziaria prevista dall'art. 34 d.lgs. n. 159/2011 il contraddittorio anticipato, con possibilità per il soggetto potenzialmente destinatario della misura di offrire al Presidente della Sezione Misure di Prevenzione elementi a suo favore. Di conseguenza il Giudice può differire la decisione sull'applicazione della misura di prevenzione laddove vi sia un concreto programma di (ri)legalizzazione della società destinataria della misura e decidere solo all'esito della attività di risanamento della realtà aziendale.

Il caso

Il decreto in commento riguarda una vicenda nella quale era stata richiesta dalla Procura della Repubblica milanese l'applicazione della misura di prevenzione dell'amministrazione giudiziaria, prevista dall'art. 34 d.lgs. n. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), nei confronti di una nota società leader del settore della grande distribuzione. Tale ente era accusato di essersi avvalso di altra società, a sua volta sottoposta alla misura del controllo giudiziario (art 34-bis d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159) ed il cui legale rappresentante era sottoposto a procedimento penale per il delitto di cui all'art. 603-bis c.p. - "intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro".

L'istituto dell'amministrazione giudiziaria

Prima di analizzare e risolvere la questione oggetto del provvedimento in commento occorre ripercorrere l'alveo giuridico nel quale la vicenda si colloca.

L'istituto dell'amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende è una misura di prevenzione patrimoniale oggi prevista dall'art. 34 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che si affianca al sequestro, alla confisca di prevenzione e al controllo giudiziario. Tale misura rende possibile un intervento sui beni e sulle attività economiche svolte lecitamente da un ente, ma che abbiano agevolato soggetti nei confronti dei quali sia stata proposta o applicata una misura di prevenzione personale (indiziati di mafia) ovvero sottoposti a procedimento penale per gravi delitti (art. 603-bis, 629, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale), fra i quali il delitto di cui all'art. 603-bis c.p. "Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro".

Ove ricorrano le anzidette ipotesi il tribunale sezione misure di prevenzione, su iniziativa del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto oppure del questore oppure del direttore della Direzione investigativa antimafia può disporre l'amministrazione giudiziaria della società, nominando un amministratore ed il giudice delegato, al fine di assumere la direzione dell'attività aziendale per “bonificarla” dalle infiltrazioni illecite per un periodo non superiore a un anno, prorogabile di ulteriori sei mesi e per un periodo comunque non superiore complessivamente a due anni.

All'esito dell'applicazione della misura il Tribunale può intraprendere tre possibili strade alternative: revocare la misura (nel caso in cui l'azienda sia stata riportata nell'alveo della legalità), sostituirla con la meno afflittiva misura di prevenzione patrimoniale del controllo giudiziario di cui all'articolo 34-bis (nei confronti di aziende la cui agevolazione dei menzionati gravi reati risulti occasionale, cosa che implica essenzialmente poteri di controllo in capo al giudice delegato e all'amministratore eventualmente nominato dal tribunale senza “esproprio” dei poteri gestori) ovvero con la confisca dei beni, che si ha motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego (si veda per una compiuta disamina delle menzionate misure di prevenzione patrimoniale Cass. pen., sez. un., 19 novembre 2019, n. 46898).

Ora, la casistica testimonia che gli strumenti utilizzati per la “bonifica” societaria sono spesso stati quelli della sospensione e del licenziamento dei vertici gestori, che avevano relazioni con i soggetti esterni accusati di gravi reati, nonché degli amministratori rimproverabili per omesso controllo; in alcuni casi è stata prevista l'adozione di un nuovo modello di organizzazione di cui al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, idoneo a prevenire infiltrazioni di soggetti esterni, che “contaminano” con attività illecite la filiera della società. Si pensi ad esempio ad una società “sana” esercente attività di stampa e legatoria industriale, che affida con appalto c.d. “endoaziendale", una parte del ciclo produttivo (ad esempio l'attività di imballaggio e confezionamento dei prodotti) ad una società terza i cui vertici sono accusati di aver commesso, nell'ambito della medesima attività, il reato di grave sfruttamento sul lavoro (ad esempio impiegando lavoratori in una situazione di particolare debolezza, stranieri con permesso di soggiorno precario , e pagandoli in modo inadeguato rispetto alle ore di lavoro effettivamente svolte). Ebbene, in tal caso è evidente che la misura di prevenzione risulterà idonea ove riesca ad introdurre degli anticorpi nella società “sana”, capaci di impedire, per il futuro, l'infiltrazione nel ciclo produttivo di appaltatori spregiudicati e criminali.

L'applicabilità dell'amministrazione giudiziaria nell'ambito di un procedimento penale avente ad oggetto il reato di cui all'art. 603-bis c.p.

Già in passato la giurisprudenza penale di merito ha disposto nell'ambito di un procedimento penale avente ad oggetto il reato di cui all'art. 603-bis c.p. (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro) la misura della Amministrazione Giudiziaria, ex art. 34 d.lgs. n. 6 settembre 2011, n. 159.

Così ha proceduto il Tribunale di Milano, Sezione misure di prevenzione, decreto 28 maggio 2020, n. 9 Presidente Dott. Roia (Giurisprudenza Penale Web, 2020, 6 ) nei confronti della di una nota società esercente attività di consegna dei pasti a mezzo di ciclofattorini, giungendo ad asserire che: «Il reclutamento di c.d. riders in contesti di vulnerabilità sociale, tramite piattaforme digitali che impongono ai lavoratori (formalmente autonomi) rigidi turni di lavoro, condizioni contrattuali inique e penalità può costituire condotta rilevante ai sensi dell'art. 603-bis c.p. e può determinare la sottoposizione dell'impresa terza che se ne avvalga alla misura di prevenzione dell'amministrazione giudiziaria prevista dall'art. 34 del d.lgs. n. 159/2011»; ed ancora Tribunale di Milano, Sezione misure di prevenzione, decreto 6 ottobre 2021 Presidente Dott. Roia (Giurisprudenza Penale Web, 2021, 11) nei confronti di una società operante nel commercio all'ingrosso di frutta e ortaggi freschi, ha affermato che: «L'applicazione della misura di prevenzione dell'amministrazione giudiziaria non presuppone né che l'attività agevolata abbia carattere illecito, essendo sufficiente che il soggetto agevolato sia anche solo proposto per una misura di prevenzione o sottoposto a procedimento penale, né occorre che l'attività economica avente carattere agevolatorio venga esercitata con modalità illecite, richiedendosi solo che tale attività, seppur esercitata con modalità lecite, abbia offerto un contributo agevolatore nei confronti di terzi. Unico presupposto negativo previsto dalla norma è l'insussistenza dei requisiti per applicare una misura di prevenzione nei confronti dell'imprenditore o comunque di colui che esercita l'attività economica agevolatrice: costui deve essere necessariamente soggetto terzo rispetto all'agevolato e le sue attività devono effettivamente rientrare nella sua disponibilità».

La questione e la soluzione giuridica

Nel caso oggetto del decreto in commento il Tribunale di Milano ufficio Misure di prevenzione ha dovuto affrontare la seguente questione giuridica. Si è interrogato se a fronte della «fattiva attivazione da parte della società e al fine di incentivare ogni opportuna collaborazione», è possibile avviare un «contraddittorio partecipato con la società», rinviando la decisione sulla richiesta all'esito della attività di risanamento aziendale?

Tale possibilità di differimento previo contradditorio anticipato non risulta, tuttavia, contemplata dalla legge rispetto alle misure di prevenzione patrimoniali. Nel silenzio del legislatore il Tribunale meneghino ha ritenuto applicabile tale rimedio, argomentando che dal punto di vista teleologico e sistematico il d.lgs. n. 6 settembre 2011, n. 159 attribuisce al Presidente del Tribunale Misure di Prevenzione poteri di intervento in situazioni di urgenza (art. 22) e la recente riforma dell'art. 92 del Codice Antimafia (art.49 d.l. 6 novembre 2021, n. 152 convertito, con modificazioni, in l. 29 dicembre 2021, n. 233) in materia di poteri del Prefetto nell'emissione dell'informazione antimafia ha previsto una ipotesi di contradditorio anticipato, con possibilità per il soggetto potenzialmente destinatario della misura di offrire all'amministrazione prefettizia elementi a suo favore, con la previsione di un procedimento garantito, perché svolto nel contradditorio delle parti. Nel caso in questione al fine di colmare la lacuna normativa in Tribunale applica l'analoga disciplina procedimentale prevista per la misura dell'informazione antimafia prefettizia.

È evidente che dal punto di vista pratico una tale soluzione, ove praticabile, ha il vantaggio di permettere un tentativo di risanamento della società senza alcuna “invasione” gestoria da parte del giudice delegato e del commissario giudiziale. Troppo spesso la sostituzione del giudice e degli organi dallo stesso delegati nell'amministrazione dell'impresa non ha determinato gli effetti sperati, in termini di rilancio imprenditoriale della stessa previa eliminazione della “contaminazione”, con tutto ciò che ne consegue in termini di depauperamento del tessuto produttivo del Paese e di flessione dell'occupazione.

La soluzione del contradditorio anticipato, coniata dal Tribunale di Milano, sarebbe, allora, sicuramente meno invasiva dell'amministrazione giudiziaria ex art. 34 d.lgs. n. 159/2011 ed anche del più mite controllo giudiziale di cui all'art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011.

In tal caso, come opinato dal decreto in commento, l'applicazione di una misura ex art. 34 Cod. Ant. «svolgerebbe nei confronti della società oggetto di richiesta soltanto un'efficacia afflittiva-sanzionatoria e non già, almeno fino all'esito delle verifiche delle azioni di (ri)legalizzazione poste in essere, quella funzione tipica di tali istituti, che partono da una valutazione di censura nell'organizzazione societaria e che trovano nell'intervento del Tribunale della prevenzione un necessario momento di riqualificazione orientata alla prevenzione di eventi criminosi accertati al momento dell'adozione della misura medesima».

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