Clausola sociale negli appalti pubblici: ambito di obbligatorietà, operatività e azioni a tutela dei lavoratori interessati

Francesco Pedroni
Stefano Cassamagnaghi
29 Settembre 2023

La sentenza offre l'occasione per ripercorrere le caratteristiche e l'ambito di operatività della clausola sociale negli appalti pubblici sotto il profilo del diritto amministrativo e degli aspetti giuslavoristici. Si tratta di un meccanismo giuridico, diretto a tutelare l'occupazione nella successione degli operatori negli appalti, che ha fonti, requisiti e modalità applicative e interpretative peculiari con rilevanti conseguenze sia in relazione alle condizioni e alla regolarità delle gare pubbliche, sia in merito alle azioni di tutela esperibili dai lavoratori interessati.
La massima

In sede di gara pubblica, una clausola sociale non può comportare un obbligo assoluto per l'impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il totale del personale già utilizzato dalla precedente impresa. L'obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell'appaltatore uscente deve essere contemperato e reso compatibile con l'organizzazione dell'impresa subentrante al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell'appalto.

Il caso

Una società cooperativa, già affidataria del servizio di biglietteria presso il Parco archeologico del Colosseo ricorreva davanti al TAR Lazio contro l'atto con cui Consip aveva aggiudicato a un altro operatore economico il servizio in questione all'esito della relativa procedura di rinnovo.

Tra i motivi del ricorso, la società ricorrente, contestava l'ammissione delle offerte presentate dagli operatori concorrenti, compresa l'aggiudicataria, per violazione delle norme che disciplinano gli obblighi di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell'appaltatore uscente contenuti nelle clausole sociali previste dal Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016), dal bando di gara e dal CCNL di settore applicabile (CCNL Multiservizi).

In particolare, secondo le argomentazioni contenute nel ricorso, la presenza della clausola sociale, per disposizione di legge primaria, di lex specialis e di CCNL di riferimento, avrebbe dovuto comportare l'obbligo per le imprese partecipanti alla gara di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica tutto il personale già utilizzato dalla precedente impresa e di tenere conto di tale obbligo nelle proprie offerte. A fronte dei 181 dipendenti interessati dal cambio d'appalto, invece, le società concorrenti avevano presentato offerte contemplanti piani di riassorbimento parziale della forza lavoro già impiegata nei servizi dall'appaltatore uscente. L'impresa vincitrice della gara, in particolare, aveva previsto di assorbire solo 73 su 181 lavoratori nell'ambito di un programma che prevedeva l'ottimizzazione di alcuni servizi (quelli remoti) nell'ambito della propria organizzazione già esistente (con i relativi lavoratori).

La questione

Si tratta di valutare quale sia l'ambito di obbligatorietà e operatività della c.d. “clausola sociale” nell'ipotesi di subentro in un servizio oggetto di gara pubblica con riferimento ai lavoratori già impiegati dall'appaltatore aggiudicatario uscente.

La soluzione giuridica

Il Tar ha rigettato il ricorso, dopo accurata disamina della normativa applicabile all'affidamento oggetto di causa e della giurisprudenza amministrativa sulla questione. Con riferimento all'ambito di obbligatorietà e operatività della clausola sociale, il Tribunale Regionale ha, in particolare, osservato che

  • l'articolo 26 del disciplinare di gara prevedeva che “al fine di promuovere la stabilità occupazionale nel rispetto dei principi dell'Unione Europea e ferma restando la necessaria armonizzazione con l'organizzazione dell'operatore economico subentrante e con le esigenze tecnico-organizzative e di manodopera previste nel nuovo contratto, l'aggiudicatario del contratto di appalto, limitatamente ai servizi di biglietteria, contact center, controllo accessi, è tenuto ad assorbire prioritariamente nel proprio organico il personale già operante alle dipendenze del fornitore uscente, come previsto dall'articolo 50 del Codice, e secondo i termini e le condizioni stabilite nelle Linee Guida ANAC n. 13 del 13 febbraio 2019”;

  • l'art. 53-ter del CCNL Multiservizi, applicabile alla gara, stabiliva: “In caso di cambio di appalto a parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali rispetto all'appalto cessato l'impresa subentrante, ove possibile e la propria organizzazione d'impresa consenta l'assorbimento di tutta la forza lavoro, si impegna a garantire l'assunzione degli addetti esistenti in organico sull'appalto risultanti da documentazione probante che lo determini almeno 8 mesi prima della cessazione, eventualmente proponendo anche contratti di lavoro con modulazione orarie diversa da quella precedente”;

  • l'art.50 del d.lgs.n. 50/2016, secondo cui “Per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l'applicazione da parte dell'aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81”;

  • la Linea guida n. 13 dell'Anac (pur non vincolante) dispone nel senso che “l'applicazione della clausola sociale non comporta un indiscriminato e generalizzato dovere di assorbimento del personale utilizzato dall'impresa uscente, dovendo tale obbligo essere armonizzato con l'organizzazione aziendale prescelta dal nuovo affidatario. Il riassorbimento del personale è imponibile nella misura e nei limiti in cui sia compatibile con il fabbisogno richiesto dall'esecuzione del nuovo contratto e con la pianificazione e l'organizzazione definita dal nuovo assuntore. Tale principio è applicabile a prescindere dalla fonte che regola l'obbligo di inserimento della clausola sociale”.

Ad avviso del Giudice Amministrativo, contrariamente a quanto sostenuto dalla società ricorrente, non vi è disarmonia fra le previsioni del bando di gara e quelle previste dal CCNL di riferimento, né fra tali previsioni e quelle considerate dalla normativa primaria o dalla regolazione dell'Anac.

Ed, anzi, ad avviso del giudicante, la previsione della lex specialis è più restrittiva di quella del CCNL che, in caso di cambio d'appalto con modifiche sostanziali al capitolato prestazionale (come nel caso in esame, vista la riduzione dei servizi e delle sedi, rispetto all'attuale sistema concessorio) non impone l'obbligo di riassorbimento, ma l'instaurazione di una procedura conciliativa di armonizzazione.

Secondo il Tribunale Amministrativo, quindi, in base ad un'interpretazione letterale e sistematica alla luce dei principi UE e costituzionali, in sede di gara pubblica, una clausola sociale non può comportare un obbligo assoluto per l'impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il totale del personale già utilizzato dalla precedente impresa. L'obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell'appaltatore uscente, invece, deve essere contemperato e reso compatibile con l'organizzazione dell'impresa subentrante al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell'appalto.

Osservazioni

La pronuncia in commento si inserisce, come affermato nella stessa decisione, nel solco dei precedenti giurisprudenziali amministrativi sul tema, richiamando il principio, più volte espresso, secondo cui “Nella lex specialis la clausola c.d. sociale va formulata e intesa in maniera elastica e non rigida, rimettendo all'operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all'assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario, anche perché solo in questi termini essa è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa, secondo la quale l'obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d'impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell'appalto” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 luglio 2019, n. 5243; 21 luglio 2020, n. 4665; V, 12 febbraio 2020, n. 1066; Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2019, n. 6148; anche Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3885).

Ed infatti, nonostante la ratio della clausola sociale sia quella di assicurare la stabilità occupazionale del personale già impiegato, la giurisprudenza amministrativa è stata sempre concorde nell'affermare che tale clausola debba essere interpretata "in senso elastico e non rigido", in quanto non comporta né un obbligo indiscriminato, per l'impresa subentrante, di riassorbimento “a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata” dei lavoratori di quella uscente, né “la necessaria conservazione dell'inquadramento e dell'anzianità del lavoratore assorbito”, bensì un obbligo contemperato alle esigenze tecnico-organizzative della nuova aggiudicataria, in virtù del principio della libertà di iniziativa economica privata ex art. 41 Cost. e del principio della libertà d'impresa ex art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (v. anche Cons. Stato, 29 novembre 2021, n. 7922; Cons. Stato, 11 ottobre 2021, n. 6784; Cons. Stato, sez. VI, 24 luglio 2019, n. 5243; Cons. Stato, sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1066; TAR Genova, 7 giugno 2022, n. 439; TAR Lazio, Roma, 18 ottobre 2019, n. 12052).

D'altra parte, l'AGCM, nella nota prot. 72361 dell'11 dicembre 2015 sulle conseguenze dell'applicazione della clausola sociale e sulla necessità di applicazione della stessa nei limiti di un principio di stretta proporzionalità, ha rilevato che “l'imposizione al nuovo entrante del rispetto delle clausole di protezione sociale fa diminuire sensibilmente i benefici del confronto competitivo tra imprese in sede di gara e, prima ancora, può scoraggiare la partecipazione alla gara, limitando indebitamente la platea dei partecipanti”; la presenza di clausole sociali “può danneggiare l'Amministrazione perché ostacola l'introduzione di eventuali innovazioni nel processo produttivo e non consente alcun risparmio sul costo del lavoro fornito”.

Secondo l'interpretazione fornita dalle Linee Guida n. 13 dell'Anac sul d.lgs. n. 50/2016 (applicabile alla controversia in considerazione), vi è l'obbligo di inserire la clausola sociale negli appalti ad alta intensità di manodopera, mentre facoltizza le stazioni appaltanti ad inserirla in altre tipologia di appalti, in ogni caso con esclusione dei servizi di natura intellettuale. La facoltà è dettata dal fatto che è appunto necessaria un'interpretazione “costituzionalmente orientata” della norma in quanto la stessa rappresenta un limite alla libertà di iniziativa economica, e quindi la sua applicazione deve essere proporzionale agli obiettivi da raggiungere.

In linea di continuità con tale lettura, la presente pronuncia risalta la natura flessibile della clausola sociale contenuta nella lex specialis, che rimette all'operatore economico subentrante la valutazione circa il riassorbimento del personale della ditta uscente, in funzione, da un lato, della nuova organizzazione aziendale, al fine di un'efficiente esecuzione del nuovo contratto, e, dall'altro, a tutela, per quanto possibile, dei pregressi livelli occupazionali, “tenuto conto delle condizioni professionali e di utilizzo del personale impiegato, anche facendo ricorso a processi di mobilità da posto di lavoro a posto di lavoro nell'ambito dell'attività dell'impresa ovvero a strumenti quali part-time, riduzione orario di lavoro, flessibilità delle giornate lavorative, mobilità”.

Ne consegue che, “laddove il concorrente sia già in possesso di una propria struttura in grado di gestire autonomamente [le nuove] funzionalità”,è da ritenersi a fortiori insussistente l'obbligo di riassorbimento, che, altrimenti, si rivelerebbe incompatibile con il mutato fabbisogno conseguente al cambio d'appalto.

Nel caso in esame, come detto, la nuova aggiudicataria, dotata di una struttura autonoma per la gestione dei servizi di contact center (da realizzarsi in modalità da remoto, in locali propri), ben ha potuto predisporre un piano di compatibilità che ne tenesse conto, seppur con il minor reimpiego del personale preesistente, esprimendo, in questo modo, una legittima scelta imprenditoriale.

Per quanto riguarda i profili più strettamente lavoristici, il caso deciso dal TAR nella pronuncia in commento riguarda, con riferimento al caso di specie (appalto con modifiche sostanziali), una clausola sociale con applicazione sostanzialmente procedurale, non prevedendo un obbligo assoluto di riassorbimento del personale, ma una procedura di consultazione, attesa la formulazione dell'art.53-ter del CCNL Multiservizi.

Il panorama delle obbligazioni contenute nelle clausole sociali offerto dalla contrattazione collettiva può essere suddiviso tra obblighi informativi e obblighi di assunzione. I primi sono rivolti soprattutto all'impresa uscente (in modo tale da consentire la ricognizione delle condizioni, delle caratteristiche e del numero dei dipendenti interessati), ma, a volte, anche all'impresa subentrante (come proprio nel caso del CCNL Multiservizi) e, più raramente, al committente (come nel caso del CCNL Logistica), prevedendo eventualmente anche il coinvolgimento dell'Ispettorato del lavoro (come nella fattispecie).

Sotto il profilo del contenuto e dell'estensione dell'obbligo di assunzione, laddove previsto, si assiste a due strade percorse dalla contrattazione collettiva a seconda che il subentro avvenga o meno a parità di condizioni contrattuali applicate ai lavoratori interessati (cfr. CCNL Multiservizi e CCNL Servizi Postali). In ogni caso, la tutela dei lavoratori interessati dal cambio di appalto è perseguita non tramite meccanismo successorio, ma ex novo mediante risoluzione del rapporto di lavoro con l'impresa uscente e l'assunzione presso l'impresa subentrante. In tal senso, l'applicazione della sola clausola sociale non può configurare un trasferimento di azienda ex art. 29, c. 3, d.lgs. n. 276/2003 (cfr. anche Corte d'Appello Torino, 30 gennaio 2017, n. 65), ma la qualificazione di tale ipotesi dipende dalla verifica di determinati requisiti di fatto (sulla genesi di tale norma e sulle interpretazioni giurisprudenziali del concetto di discontinuità di identità di impresa si rinvia al precedente contributo “La discontinuità degli elementi nel passaggio dell'appalto ai fini della configurazione del trasferimento di azienda” del 15 novembre 2021 su questa rivista).

Sempre per agevolare l'acquisizione dei lavoratori in questione da parte dell'impresa subentrante, è previsto dall'art. 7, comma 4-bis d.l. n. 248/2007 che la cessazione dei relativi rapporti di lavoro con l'impresa uscente configuri un'ipotesi di esenzione dalla procedura di licenziamento prevista dall'art. 24 legge n. 604/1966 (per un approfondimento si rinvia al precedente contributo “Deroghe alla normativa sui licenziamenti collettivi in caso di cessazione d'appalto in continuità” del 23 maggio 2023 su questa rivista).

Coerentemente, nelle ipotesi in questione, secondo Corte d'Appello Torino, 30 gennaio 2017, n. 65, l'impresa che, al momento del suo subentro nella gestione di un servizio, abbia liberamente sottoscritto il capitolato d'appalto contenente una clausola sociale, deve attenersi alle previsioni dalla stessa accettate. In mancanza, il lavoratore che azioni il proprio diritto, non incorre nella decadenza di cui agli artt.6 della legge n. 604/1966 e 32 comma 4 della legge 183/2010, non essendo in presenza né di un trasferimento di azienda, nè di licenziamento, ma di mancata assunzione.

Venendo all'oggetto della tutela del diritto dei lavoratori e alle azioni perseguibili, la giurisprudenza ritiene che la clausola sociale di un CCNL che preveda l'obbligo di assunzione dei lavoratori già impiegati dall'imprenditore uscente da parte dell'impresa subentrante in un appalto, costituisca il titolo per l'applicazione della tutela costitutiva di cui all'articolo 2932 c.c. (Cass. n. 36724/2021).

In particolare, secondo la Corte di Cassazione, l'art. 2932 c.c., l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto mediante emanazione di sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso, trova applicazione anche nel caso di obbligo contrattuale di stipulazione di un contratto di lavoro subordinato, purché risultino compiutamente indicati tutti gli elementi del contratto, anche nei dettagli, e, quindi, non occorra l'intervento della volontà delle parti ai fini della concreta specificazione del suo contenuto in ordine ad elementi essenziali (Cass. n. 8568/2004; Cass. n. 12516/2003).

Tale orientamento è stato ribadito con specifico riferimento ad ipotesi di subentro nell'appalto, precisandosi che, ove le parti abbiano concordato, in sede di accordo sindacale, l'obbligo per il datore di lavoro di assumere personale in forza presso un'altra azienda, prevedendo il contratto collettivo applicabile ai nuovi dipendenti, la relativa categoria di inquadramento, nonché il riconoscimento dell'anzianità pregressa e del superminimo individuale, l'oggetto del contratto di lavoro deve ritenersi sufficientemente determinato.

Ne consegue che il lavoratore, in caso di inadempimento, può richiedere, ai sensi dell'articolo 2932 c.c., l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto, senza che rilevi la mancata predeterminazione della concreta assegnazione della sede lavorativa e delle mansioni, che attiene alla fase di esecuzione del contratto (Cass. n. 27841/2009; 28415/2020 in motivazione).

Se l'azione diretta ad ottenere una pronuncia costitutiva appare dunque ammessa, più critico appare il ricorso alla tutela d'urgenza. Secondo Tribunale di Locri (ordinanza del 19 gennaio 2023) in caso di subentro nell'appalto, è inammissibile la domanda cautelare proposta dal lavoratore per ottenere l'assunzione nell'impresa entrante che non adempie all'obbligo di assorbimento in base a una clausola sociale. Secondo tale decisione, infatti, la tipicità delle azioni costitutive mal si concilia con la tutela d'urgenza sia in considerazione dell'eccezionalità di tali rimedi, sia per il rischio di attribuire stabilizzazione immediata ad un diritto soggettivo che richiede l'accertamento pieno proprio del giudizio di merito.

Più possibilista pare il Tribunale di Rossano (ordinanza del 21 luglio 2012) che ha respinto la domanda cautelare del lavoratore, ma per difetto di prova della irreparabilità del pregiudizio. In tale decisione di rigetto il Tribunale, si afferma che la perdita della retribuzione, determinata dalla cessazione del rapporto di lavoro, può essere fonte di un grave danno per l'avente diritto, qualora sia dimostrato che quest'ultimo non abbia altri mezzi di sussistenza o qualora, a causa di spese indifferibili che sia costretto a sostenere, sia adeguatamente allegato che eventuali altre risorse non siano in ogni caso sufficienti a far fronte a tali oneri e a garantire al contempo un'esistenza libera e dignitosa.

Infine, quanto alla compatibilità delle predette azioni di adempimento degli obblighi previsti dalla clausola sociale con eventuali iniziative del lavoratore di contrasto al licenziamento ricevuto dall'appaltatore uscente, alcune Corti di merito ritengono che l'azione per ottenere l'assunzione presso la subentrante, in forza della clausola sociale, non sia incompatibile con l'avvenuta impugnazione del licenziamento subito per la cessazione dell'appalto (Corte d'Appello di Milano, 20 febbraio 2019 in un caso di applicazione dell'art. 4 del CCNL Multiservizi).

Si segnala infine che, in relazione alla platea dei lavoratori interessati, una decisione di merito che ha ritenuto come l'obbligo di assunzione in forza della clausola sociale comprenda anche i lavoratori a termine già cessati al momento del passaggio, ma che ottengano in giudizio la conversione del rapporto a tempo indeterminato successivamente al cambio d'appalto (Tribunale di Bergamo, sentenza del 21 settembre 2021, n. 468).

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