Cash pooling e bancarotta fraudolenta per distrazione: pochi spazi per una tesoreria unica nei gruppi di imprese

Ciro Santoriello
29 Settembre 2023

La Cassazione Penale torna ad occuparsi delle operazioni infragruppo e dei cd. "vantaggi compensativi", in una fattispecie di bancarotta fraudolenta in cui assume rilevanza penale la pratica del cd. cash pooling.
Massima

Nella valutazione dei trasferimenti di ricchezza infragruppo, giustificata mediante il richiamo alla pratica del cash pooling, intanto può accedersi ad una visione unitaria dei rapporti e dei saldi in quanto, sul piano formale, esista una precostituita e trasparente gestione finanziaria accentrata, e, sul versante sostanziale, sia esplicitata la vocazione funzionale di siffatta modalità di gestione alla massimizzazione, quantomeno in chiave proiettiva, della competitività delle società del gruppo. Ciò impone, da un lato, che se i trasferimenti infragruppo di denaro costituiscono modalità esecutive di un contratto, di tale negozio giuridico deve esservi adeguata traccia documentale e dall'altro che siffatto accordo si inscriva all'interno della logica dei c.d. vantaggi compensativi, propria dell'operatività di un gruppo di imprese.

Il caso

In sede di merito, gli amministratori di una società fallita erano condannati, per quanto di interesse in questa sede, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per avere prelevato dal conto della stessa considerevoli somme di denaro per pagamenti a favore di altre persone giuridiche riconducibili ai medesimi accusati.

In sede di ricorso per cassazione, si contestava la ritenuta sussistenza della bancarotta per distrazione in relazione ai pagamenti effettuati a favore di altre società facenti capo ai medesimi indagato. Secondo le difese, infatti, le diverse persone giuridiche – quella fallita e le altre beneficiate dai pagamenti in discorso – era collegate ed avevano dato vita ad un gruppo di imprese sicché occorreva valutare le operazioni contestate alla stregua di operazioni infragruppo, come dimostrato dal fatto che i molteplici pagamenti erano stati effettuati dalla fallita a favore di terzi soggetti, tutti individuati come fornitori di società partecipate dall'impresa fallita. Di conseguenza, i giudici di merito non avevano considerato l'esistenza di vantaggi compensativi per l'intero gruppo societario con l'effetto che la società che aveva effettuato il pagamento aveva comunque ricevuto un incremento patrimoniale dalla condotta gestoria a favore della società "partecipate".

Inoltre, nel ricorso si evidenzia come gli amministratori accusati delle distrazioni avevano provveduto a immettere grandi liquidità nelle casse della fallita, con operazioni di segno contrario a quelle contestate, mentre gli importi in uscita sono effettuati a favore di società partecipate o di loro fornitori e la valutazione complessiva dei flussi in entrata e in uscita restituisce un valore positivo. A questo proposito, si sostiene che le predette operazioni di entrata ed uscita fra gli amministratori imputati e le società coinvolte avrebbero dato vita ad una sorta di rapporto di cash pooling, escluso invece in sede di merito per la sola mancanza di un contratto formale tra le società, senza considerare peraltro come pagamenti effettuati a favore di altre società facenti capo agli imputato come rientranti nell'oggetto sociale della fallita, trattandosi di uscite in linea con l'assunzione di interessenze, quote o partecipazioni in altre società.

Le questioni giuridiche

La decisione in commento affronta tre tematiche inerenti alla fattispecie di bancarotta fraudolenta.

Il primo argomento – sebbene affrontato per ultimo dalla Cassazione – rappresenta una questione su cui la giurisprudenza si è da tempo pronunciata. Il riferimento è alla cd. bancarotta riparata, facendosi riferimento con tale espressione al comportamento dell'imprenditore che reintegri in un dato momento la parte del patrimonio che in precedenza aveva distratto e sottratto dal patrimonio dell'impresa da lui gestita, origina dalle incertezze che ruotano intorno ai rapporti tra il reato di bancarotta e la sentenza dichiarativa di fallimento.

In proposito, in alcune pronunce si legge che “non è integrato il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale nel caso in cui la somma sottratta dalle casse sociali, riportata da relativa annotazione contabile, sia incontrovertibilmente riversata nella sua integralità – dai soci che l'avevano prelevata – nelle casse della società prima della dichiarazione di fallimento; infatti, ancorché il delitto di bancarotta abbia natura di reato di pericolo, per l'individuazione del relativo momento consumativo deve aversi riguardo alla dichiarazione giudiziale di fallimento e non già all'atto antidoveroso, con la conseguenza che la valutazione del pregiudizio ai creditori deve essere valutata al momento di tale dichiarazione e non a quello della storica commissione della condotta” (Cass., sez. V, 26 gennaio 2006, n. 7212), ma non mancano pronunce secondo cui “in tema di bancarotta fraudolenta, la sottrazione dei beni si perfeziona nel momento del loro distacco dal patrimonio della società con la conseguenza che il pagamento integrale dei crediti ammessi al passivo costituisce un posterius che non riveste alcuna incidenza sulla fattispecie giuridica in questione ormai perfetta” (Cass., sez. V, 16 marzo 2005, n. 17384. In dottrina, ex multis, CAVALLINI, La bancarotta patrimoniale tra legge fallimentare e codice dell'insolvenza - Disvalore di contesto e soluzioni negoziali della crisi nel sistema penale concorsuale, Padova 2019; AMBROSETTI, I reati fallimentari, in AMBROSETTI - MEZZETTI - RONCO, Diritto penale dell'impresa, Bologna, 2008; FRASCAROLI SANTI, Il diritto fallimentare e delle procedure concorsuali, Padova, 2016; SCOPESI, La incidenza causale e la volontarietà dell'atto distrattivo: una nuova estensione della portata incriminatrice del disposto dell'art. 216, comma 1 n. 1 della legge fallimentare, in Dir. Fall., 2010, 2).

In secondo luogo, torna all'attenzione della Corte il tema delle operazioni infragruppo e dei cd. "vantaggi compensativi". In proposito, la Cassazione ha riconosciuto la possibilità di applicare la previsione di cui all'art. 2634, comma 3, c.c. anche alla fattispecie di bancarotta fraudolenta (SANTORIELLO, Spunti per una delimitazione degli atti di gestione del patrimonio aziendale qualificabili come bancarotta fraudolenta, in Le Società, 2017, 1024; SCOLETTA, Bancarotta fraudolenta e rilevanza dei vantaggi compensativi infragruppo, ivi, 841; NISCO, Recenti evoluzioni (ed involuzioni) in tema di bancarotta: ruolo dell'insolvenza ed adeguatezza economica delle operazioni antecedenti, in Riv. Trim. Dir. Pen. Econ., 2015, 851; BRICCHETTI, Bancarotta fraudolenta, bancarotta semplice e operazioni infragruppo, ivi, 2009, 337; NAPOLEONI, Geometrie parallele e bagliori corruschi del diritto penale dei gruppi (bancarotta infragruppo, infedeltà patrimoniale e “vantaggi compensativi”), in Cass. pen., 2005, 3787), ma al contempo si registra una significativa cautela nel riconoscere la sussistenza di tale circostanza in presenza di trasferimenti infragruppo.

Va ricordato, infatti, che il consolidato orientamento della giurisprudenza sostiene che, nel valutare come distrattiva un'operazione di diminuzione patrimoniale senza apparente corrispettivo per una delle società collegate, occorre tenere conto del rapporto di gruppo, restando escluso il reato se, con valutazione ex ante, i benefici indiretti per la società fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi, sì da rendere l'operazione incapace di incidere sulle ragioni dei creditori della società; infatti, la mera circostanza della collocazione della società fallita all'interno di un gruppo non esclude la penale rilevanza del fatto di bancarotta patrimoniale, essendo necessaria, a tal fine, la sussistenza di uno specifico vantaggio, anche indiretto, che si dimostri idoneo a compensare gli effetti immediatamente negativi della operazione per la stessa società, trasferendo su quest'ultima il risultato positivo riferibile al gruppo (Cass. pen, sez. V, 10 gennaio 2023, n. 507; Cass., sez. V, 26 ottobre 2022, n. 4039; Cass., sez. V, 21 aprile 2022, n. 15638).

In questa prospettiva, un'operazione distrattiva infragruppo dal carattere marcatamente patologico per la gravità delle condizioni finanziarie di tutte le società coinvolte - idonea, quindi, a determinare un trasferimento di valori connotato da "fraudolenza" - trova inquadramento nella fattispecie di bancarotta impropria di cui all'art. 329, comma 1, c.c.i.i. (d.lgs. n. 14/2019) e non in quella ex art. 2634 c.c., richiamata dal comma secondo dello stesso art. 329, sicché, integra la distrazione rilevante ai fini della bancarotta fraudolenta patrimoniale il trasferimento di risorse tra società appartenenti allo stesso gruppo, effettuato, senza alcuna contropartita economica, da società che versi in gravi difficoltà finanziarie a vantaggio di società in difficoltà economiche, posto che, in tal caso, nessuna prognosi fausta dell'operazione può essere consentita (Cass., sez. V, 7 giugno 2011, n. 37370). In altri termini, per escludere la natura distrattiva di un'operazione infragruppo, invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non è sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l'esistenza di un vantaggio per la società controllante, dovendo invece essere dimostrato il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell'interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l'operazione temporaneamente svantaggiosa per la società depauperata (Cass., sez. V, 6 marzo 2018, n. 31997). In sintesi, la natura distrattiva di un'operazione infra-gruppo può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali (Cass., sez. V, 2 marzo 2017, n. 16206)

Da ultimo, viene esaminata la rilevanza penale della pratica del cd. cash pooling. Con tale espressione ci si riferisce, nel gergo economico-aziendalistico, a quel particolare tipo di accordo negoziale, integrante, secondo parte della dottrina, una tipologia di conto corrente non bancario a causa mista, presentando anche elementi propri di un contratto di finanziamento, e che intercorre tra diverse società (c.d. partecipants) facenti parte di un medesimo gruppo societario e in esecuzione del quale le predette persone giuridiche si impegnano ad accorpare in capo a un unico soggetto giuridico - denominato società pooler e generalmente individuato nella holding o nella finanziaria del gruppo - la gestione delle rispettive disponibilità finanziarie, nonché le liquidità e i relativi pagamenti; l'obiettivo primario di siffatta modalità operativa è, generalmente, finalizzato ad assicurare, attraverso una forma di gestione accentrata della tesoreria aziendale, un efficiente andamento dei rapporti tra le società aderenti al gruppo e gli istituti di credito, razionalizzando l'utilizzo complessivo delle liquidità e scongiurando in tal modo il rischio che si verifichino diseconomie all'interno dei singoli rapporti (MAUGERI, I finanziamenti "anomali" endogruppo, in Banca, Borsa e Tit. cred., 2014, I, 726; MACCI – SCAPPINI, La gestione di tesoreria tramite il contratto di cash pooling, in Fisco, 2013, 1282; BALP, I finanziamenti infragruppo: direzione e coordinamento e postergazione, in Riv. Dir. Civ., 2012, II, 329; RUGGERI, Brevi note circa il cash pooling, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2011, I, 206; BENCIVENGA - GALEOTTI FLORI, Il contratto di cash pooling, in Foro Toscano, 2007, VIII, 251; MORO VISCONTI, Il cash pooling e la gestione accentrata della tesoreria di gruppo, in Cons. Impr. Comm, 2004, 395. Per questa definizione, in giurisprudenza, Cass., sez. V, 20 luglio 2018, n. 34457).

Anche in relazione a tale profilo, la giurisprudenza non guarda con favore a tale fenomeno, che è stato analizzato con riferimento ai rapporti tra cash pooling e bancarotta di società infragruppo. In proposito, è acquisizione consolidata quella secondo cui l'accentramento in capo a un unico soggetto giuridico dell'amministrazione delle disponibilità finanziarie di un gruppo societario, operando per il tramite della gestione di un conto corrente unico sul quale vengono riversati i saldi dei conti correnti periferici di ciascuna consociata è penalmente legittima – ed esclude la sussistenza di reati come la bancarotta fraudolenta patrimoniale - solo qualora ricorra la formalizzazione di tale contratto di conto corrente intersocietario, con puntuale regolamentazione dei rapporti giuridici ed economici interni al gruppo (Cass, sez. V, 5 aprile 2018, n. 34457; Cass., sez. V, 30 settembre 2022, n. 37062).

Osservazioni

Il motivo di ricorso riguardante la giustificazione dei pagamenti a favore di terzi contestati a titolo di bancarotta fraudolenta patrimoniale quali versamenti operati nell'ambito di rapporti fra società collegate in regime di cash pooling è stato ritenuto infondato dalla Cassazione, essenzialmente in quanto la Corte Suprema, concordando in questo con i giudici di merito, ritiene mancante nel caso di specie la prova dei "vantaggi compensativi", intesi come il profitto che effettivamente deriva all'impresa che ha effettuato l'operazione a vantaggio di altro componente del gruppo. La mancanza di dimostrazione in ordine alla sussistenza, in capo alla fallita, di "vantaggi compensativi" discende dalla circostanza che le società destinatarie dei pagamenti sono poi fallite ed anzi la maggior parte di esse erano state acquistate quando già si trovavano in una situazione di dissesto conclamato, sicché non poteva invocarsi alcuna prognosi fausta in base a un giudizio ex ante.

Non rileva, secondo la Consulta, in senso contrario a questa impostazione la circostanza sottolineata dalla difesa secondo cui i flussi complessivi in entrata e in uscita fra le diverse società del gruppo restituivano un valore positivo e ciò in quanto, mentre i saldi complessivi possono, come si vedrà, venire in rilievo al più con riferimento al cash pooling - ai fini del giudizio sulla sussistenza dei "vantaggi compensativi" occorre valutare il rapporto tra la società che eroga il finanziamento o dalla quale comunque proviene l'esborso e quella "beneficiaria" della somma fuoriuscita dalla prima (per averla direttamente incassata o per essere stata la stessa utilizzata per pagare un suo creditore): è con riguardo alla singola società beneficiaria della condotta potenzialmente distrattiva che occorre valutare, con giudizio ex ante, se i benefici indiretti per la società fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi, ossia, appunto, i "vantaggi compensativi" (Cass., sez. V, 24 maggio 2006, n. 36764), il che nel caso di specie non si è riscontrato posto che erano poi fallite le due società facenti capo agli imputati e destinatarie di buona parte delle somme distratte.

Quanto alla possibilità di qualificare i pagamenti riscontrati come modalità di esecuzione di un contratto di cash pooling, la Cassazione rileva come tale osservazione non assuma rilevanza in assenza della stipula di un negozio formale di questo tipo, con conseguente mancata definizione dell'oggetto del negozio e durata, limiti di indebitamento, aliquote di indebitamento relative a interessi attivi e passivi e commissioni applicabili, clausole, queste, che devono essere formalizzate in un contratto di conto corrente tra la società incaricata di gestire la tesoreria (cd. pooler) e quelle conferiscono alla prima la gestione della tesoreria del gruppo. In sostanza, nella vicenda mancherebbero, perché non identificabili a priori i caratteri propri del cash pooling, mancando tutti i requisiti formali richiesti per dare pubblicità al sistema accentrato di cassa, né risultano adottate dalle singole società le delibere necessarie per dare contenuto a un accordo di cash pooling, mancando non solo il contratto di conto corrente tra la società incaricata di gestire la tesoreria (pooler) e quelle conferiscono alla prima la gestione della tesoreria del gruppo, ma anche di tutti i requisiti formali e dei caratteri propri del cash poolíng, quali, prima di tutto, il conferimento delle entrate delle singole società del gruppo nel conto messo a disposizione dalla pooler.

Infine, quanto alla tesi, richiamata dalla difesa, secondo cui nel capo di specie si potrebbe versare in un'ipotesi di “bancarotta riparata”, posto che l'importo delle distrazioni delle somme prelevate dagli imputai dalle casse della fallita sarebbe stato compensato dal versamento, da parte dei medesimi soggetti, di somme di denaro, la Cassazione, ritiene che la stessa non possa ritenersi fondata non configurando un'ipotesi di bancarotta “riparata" la restituzione dell'importo ricevuto o sottratto mediante mere operazioni contabili (cd. "giri" di denaro) tra società del medesimo gruppo, senza nuovi apporti finanziari esterni, trattandosi di un "adempimento apparente", inidoneo a reintegrare, nella sua effettività ed integralità, il patrimonio dell'impresa prima della dichiarazione dello stato di insolvenza e ad annullare il pregiudizio per i creditori (Cass., sez. V, 3 novembre 2020, n. 13382) e sulla scorta di questa impostazione viene esclusa la fondatezza del motivo di ricorso.

Conclusioni

La sentenza della Cassazione in commento non presenta indici di novità rispetto alle precedenti conclusioni.

Nella pronuncia, infatti, viene ribadito che l'operatività del comma 3 in esame si fonda sulla possibilità per gli imputati di provare che gli ipotizzati benefici indiretti della società danneggiata risultino non solo effettivamente connessi ad un vantaggio complessivo del gruppo, ma altresì idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi conseguenti all'operazione compiuta, non potendo tali benefici individuarsi nel solo fatto della partecipazione al gruppo, né consistere nel vantaggio della società controllante: alla luce della perdurante autonomia soggettiva delle singole società pur se a vario titolo collegate fra loro, la comune appartenenza a un gruppo imprenditoriale unitario è solo la premessa dalla quale muovere per individuare uno specifico e concreto vantaggio per la società che compie l'atto di disposizione del proprio patrimonio e che, in prima battuta, pare pregiudicata dallo stesso (Cass., sez. V, 16 giugno 2019, n. 47216; Cass., sez. II, 30 ottobre 2018, n. 55412; Cass., sez. V, 2 novembre 2017, n. 50080; Cass., sez. V, 8 novembre 2016, n. 46689. In dottrina in questo senso CODAZZI, Vantaggi compensativi ed infedeltà patrimoniali (dalla compensazione ‘virtuale' alla compensazione ‘reale'): alcune riflessioni alla luce della riforma del diritto societario, in Giur. Comm., 2004, 599).

Quanto al fenomeno del cash pooling, si ribadisce la tendenziale liceità del sistema di gestione unitaria della tesoreria di gruppo, posto che la società pooler può gestire in modo ottimale i flussi di liquidità provenienti dalle varie società del gruppo, concedendo finanziamenti a tassi convenienti alle altre società e quindi per il tramite di tale struttura contrattuale è possibile tenere in adeguata considerazione le esigenze specifiche delle singole società collegate, con conseguente, immediato assolvimento delle esigenze di liquidità delle varie società da parte del pooler, con correlativa riduzione e controllo del margine di indebitamento del gruppo nel suo complesso, oltre che, infine, un significativo decremento del carico fiscale in capo alle società del gruppo. In quest'ottica, l'intera operazione di cash pooling deve ritenersi inoffensiva in ragione dell'esistenza di compensazioni comunque realizzate in conseguenza della partecipazione al gruppo, secondo la logica dei vantaggi compensativi, essendovi evidenti benefici derivanti dal far parte di un gruppo di imprese legate da un rapporto di natura sinallagmatica.

E' altresì confermata la necessaria osservanza di due condizioni per poter rinvenire la presenza di un contratto di cash pooling e non una illegittima prassi tesa alla gestione delle limitate risorse del gruppo stesso nella maniera più utile, al fine di limitare le conseguenze negative delle situazioni critiche, presentando le società nella maniera più vantaggiosa al fine di ottenere credito bancario.

In primo luogo, occorre una previa puntuale regolamentazione contrattuale dei rapporti interni al gruppo, dovendosi stipulare un contratto con indicazioni relative alle modalità e ai termini con cui i saldi dei conti correnti periferici delle consociate devono essere trasferiti al conto corrente accentrato, nonché alle modalità e ai termini entro i quali il pooler deve restituire la liquidità ricevuta sul conto accentrato di cui è titolare, ed anche all'ammontare dei tassi in base ai quali maturano gli interessi attivi e passivi, sui crediti annotati nel conto comune, alle modalità con cui gli interessi verranno corrisposti ed all'eventuale commissione spettante al pooler per lo svolgimento dell'attività di tesoriere. In secondo luogo, è richiesta una rigorosa dimostrazione della diretta contropartita idonea a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell'operazione compiuta: in particolare, se si accerta che l'atto non risponde all'interesse diretto della società il cui amministratore lo ha compiuto e che ne è scaturito nell'immediato un danno al patrimonio sociale, il medesimo amministratore deve dimostrare innanzitutto l'esistenza di un gruppo alla luce della quale anche quell'atto è destinato ad assumere una coloritura diversa e quel pregiudizio a stemperarsi provare che gli ipotizzati benefici indiretti della società fallita risultino non solo effettivamente connessi ad un vantaggio complessivo del gruppo, ma altresì idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell'operazione compiuta, in guisa tale da non renderla capace di incidere (perlomeno nella ragionevole previsione dell'agente) sulle ragioni dei creditori della società (Cass., sez. V, 16 luglio 2018, n. 32654).

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