Emissione di un nuovo avviso di accertamento «a maglie strette»
02 Ottobre 2023
Il caso. La controversia concerneva l'impugnativa da parte di una società di due avvisi di accertamento emessi dal Comune per l'anno di imposta 2015 relativamente all'imposta municipale propria (IMU) e alla tassa sui servizi indivisibili (TASI). Nel ricorso introduttivo la società aveva eccepito la nullità degli stessi evidenziando come tali provvedimenti fossero stati adottati dopo che i due avvisi, relativi sempre all' anno di imposta 2015, erano già stati annullati con due distinte sentenze passate in giudicato per mancata opposizione. L'Amministrazione comunale, dopo il primo annullamento giurisdizionale, aveva reiterato il proprio potere impositivo emettendo due nuovi atti di accertamento per il medesimo immobile. Secondo l'Ente l'eccezione avanzata dalla ricorrente relativa al giudicato formatosi nel precedente contenzioso era da considerarsi infondata in quanto il nuovo accertamento si basava su un mero errore di calcolo che aveva portato ad una stima eccessiva dell'area fabbricabile e che, pertanto, non si era consumato il potere accertativo. I giudici di prime cure convalidavano l'operato del Comune ritenendo che non sussistesse un vizio nel nuovo esercizio del potere di accertamento malgrado l'esistenza del giudicato. “Il cambio di rotta”. I giudici di secondo grado ribaltano l'esito della controversia a favore della parte privata. La Corte ha individuato il punto dirimente per la risoluzione della lite nel dover decidere se il Comune avesse o meno il potere di rinnovare i precedenti accertamenti dichiarati nulli e su cui si era formato giudicato, purché entro il termine decadenziale, e se la preclusione del giudicato si verifica o meno allorquando l'Amministrazione provveda ex novo a notificare al contribuente altro avviso di accertamento ispirato alla stessa motivazione del precedente, sebbene riducendo l'area imponibile tassabile rispetto al maggiore dimensione accertata con il precedente accertamento dichiarato nullo con sentenza passata in giudicato. Sul tema i giudici di merito ricordano la giurisprudenza di legittimità (Cass., ss.uu., sentenza n. 13916 del 16 giugno 2006) in cui si è affermato, sebbene in relazione ad altre imposte, che: "qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto”. Nella fattispecie esaminata il giudizio era sostanzialmente uguale al precedente con l'unica differenza che la dimensione dell'area accertata era inferiore a quella determinata con il primo accertamento annullato con sentenza passata in giudicato per mancata opposizione. I giudici tributari rammentano come il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato è coerente non solo con l'oggetto del giudizio tributario, che attraverso l'impugnazione dell'atto mira all'accertamento nel merito della pretesa tributaria entro i limiti posti dalle domande di parte e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell'accertamento dell'Amministrazione finanziaria, salvo che il giudizio non si risolva nell'annullamento dell'atto per vizi formali o per vizio di motivazione. Il Collegio ha ritenuto non pertinente il richiamo fatto dal Comune, condiviso dai giudici di prime cure, ad altra sentenza della Corte di Cassazione (n. 15557/2010) in cui è stato deciso che l'Ente era sì legittimato a riemettere gli avvisi di accertamento ma solo in quanto quelli originari erano viziati da un errore di forma e non di sostanza. Viene, altresì, richiamata dalla Corte tributaria una recente ordinanza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Civ. n. 27874 del 12 ottobre 2021) in cui i giudici di legittimità hanno sancito, anche se per altri tributi, il principio secondo il quale “in caso di annullamento dell'avviso di accertamento da parte del giudice del merito, l'Amministrazione finanziaria, se non siano maturate decadenze o prescrizioni e non vi sia violazione del giudicato, può emettere per il medesimo periodo di imposta un nuovo atto impositivo, purché nel rispetto del divieto di plurime imposizioni e dunque previo annullamento, nell'esercizio del potere di autotutela, di quello precedente”. In ossequio ai suddetti canoni ermeneutici, la Corte di Giustizia Tributaria ha rilevato come nel caso di specie il Comune non avesse provveduto, nell'esercizio del potere di autotutela, all'annullamento dell'accertamento precedente giudizialmente annullato e passato in giudicato (che era risultato viziato non per ragioni di ordine formale) con la conseguenza che gli atti impositivi nuovamente adottati, quantunque emessi nel termine decadenziale di legge, contravvenivano al giudicato di annullamento conducendo ad una potenziale duplicazione del prelievo. |