Tardività del deposito della nota di trascrizione del pignoramento ed estinzione del processo esecutivo
03 Ottobre 2023
Massima Nell’espropriazione immobiliare, le inattività delle parti idonee a determinare l’estinzione del processo esecutivo che si realizzino nella fase prodromica o preparatoria all’autorizzazione alla vendita devono essere rilevate, anche d’ufficio, al più tardi entro l’udienza di comparizione delle parti prevista dall’art. 569 c.p.c. per l’adozione dei provvedimenti inerenti alla vendita dei beni pignorati. Il caso Avviata un'espropriazione immobiliare, celebrata l'udienza di comparizione delle parti ai sensi dell'art. 569 c.p.c. e pronunciata l'ordinanza con cui era stata disposta la vendita dei beni pignorati, il giudice dell'esecuzione, a seguito di opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta dai debitori esecutati, dichiarava l'estinzione del processo esecutivo per inefficacia del pignoramento, stante il tardivo deposito della nota di trascrizione dello stesso. Il reclamo proposto dal creditore procedente avverso l'ordinanza di estinzione veniva respinto dal Tribunale di Catanzaro, con sentenza riformata all'esito del giudizio di secondo grado, nella quale si rilevava che, sebbene la nota di trascrizione del pignoramento fosse stata depositata successivamente al deposito dell'istanza di vendita (individuato quale termine ultimo per l'espletamento dell'incombente), la pronuncia di inefficacia del pignoramento e di estinzione del processo esecutivo era stata adottata dopo l'emissione dell'ordinanza ex art. 569 c.p.c.; ciò aveva determinato un'inammissibile retrocessione della procedura esecutiva, attribuendo efficacia invalidante a un'omissione che doveva reputarsi sanata dal compimento degli atti successivi e, in particolare, dalla pronuncia del provvedimento che aveva disposto la vendita dei beni pignorati. La sentenza della Corte di appello di Catanzaro veniva impugnata con ricorso per cassazione dai debitori esecutati. La questione In una fattispecie in cui il deposito della nota di trascrizione del pignoramento immobiliare era avvenuto successivamente a quello dell’istanza di vendita, ma prima che venisse emessa l’ordinanza con cui era stata disposta la vendita dei beni pignorati, la Corte di cassazione è stata investita della questione relativa al termine entro cui può esserne rilevata la tardività, ai fini della declaratoria di estinzione del processo esecutivo. Le soluzioni giuridiche Con l'ordinanza che si annota, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso dei debitori esecutati, reputando conforme a diritto la decisione assunta dalla Corte d'appello di Catanzaro. La motivazione posta a fondamento della decisione assunta si articola nei seguenti passaggi: 1) le cause di estinzione tipica del processo esecutivo riconducibili all'inerzia qualificata delle parti sono rilevabili d'ufficio; 2) l'art. 630, comma 2, c.p.c. stabilisce che l'estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d'ufficio, con ordinanza del giudice dell'esecuzione non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della causa di estinzione; 3) il tardivo deposito della nota di trascrizione del pignoramento non può quindi essere rilevato d'ufficio e posto a fondamento di un'ordinanza di estinzione del processo esecutivo una volta che, celebrata l'udienza ex art. 569 c.p.c., sia stata disposta la vendita dei beni pignorati. Osservazioni La sentenza che si annota offre interessanti spunti di riflessione. La vicenda portata all'attenzione dei giudici di legittimità aveva visto il giudice dell'esecuzione dapprima disporre la vendita dei beni pignorati e, successivamente, dichiarare l'estinzione del processo esecutivo a seguito dell'opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta dai debitori esecutati, che avevano eccepito il tardivo deposito della nota di trascrizione del pignoramento, avvenuto prima che fosse emessa l'ordinanza ex art. 569 c.p.c. ma successivamente al deposito dell'istanza di vendita. Come noto, il pignoramento immobiliare costituisce una fattispecie a formazione progressiva, che consta di due adempimenti: in primo luogo, la notificazione al debitore di un atto contenente la specifica indicazione dei beni e dei diritti che si intendono pignorare, gli avvertimenti previsti dall'art. 492 c.p.c. e l'ingiunzione al debitore di astenersi da atti che possano compromettere la garanzia del credito; in secondo luogo, la trascrizione dell'atto nei pubblici registri immobiliari, che ha la funzione di completare il pignoramento, rendendo opponibile ai terzi il vincolo di indisponibilità del bene che ne deriva. Il deposito della nota di trascrizione – che dev'essere effettuato in modalità telematica, previa attestazione di conformità della copia informatica al duplo cartaceo – da parte del creditore procedente è prescritto dall'art. 557 c.p.c., che, tuttavia, non indica il termine entro cui deve avvenire, limitandosi a stabilire che, nell'ipotesi prevista dall'ultimo comma dell'art. 555 c.p.c. (vale a dire, quando la trascrizione non è curata dall'ufficiale giudiziario, ma direttamente dal creditore, come avviene nella pressoché totalità dei casi), la nota dev'essere depositata non appena restituita dal conservatore dei registri immobiliari. A seguito di una pronuncia della Corte di cassazione – la n. 4751 dell'11 marzo 2016 – che, in un obiter dictum, aveva affermato che, per ragioni di coerenza sistematica, il creditore che abbia proceduto alla trascrizione del pignoramento deve depositare, a pena di inefficacia dello stesso, la relativa nota entro quindici giorni dal suo rilascio da parte del conservatore, la giurisprudenza di merito aveva inizialmente assunto un atteggiamento ondivago: alcuni tribunali, infatti, si erano pienamente conformati a questa pronuncia (per esempio, Trib. Salerno, 27 novembre 2018), mentre altri ne avevano sostenuto la non condivisibilità (tra gli altri, Trib. Torre Annunziata, 15 gennaio 2019; Trib. Lecce, 10 maggio 2019; Trib. Bari, 1 luglio 2019; Trib. Napoli, 3 febbraio 2021; Trib. Nocera Inferiore, 23 marzo 2021; Trib. Mantova, 10 maggio 2022), assestandosi poi in modo prevalente nel senso che, in assenza di un termine perentorio individuato dal legislatore e di un referente normativo che commini espressamente una sanzione così grave qual è l'inefficacia del pignoramento, deve reputarsi sufficiente che il deposito della nota avvenga prima dell'udienza fissata per l'adozione dei provvedimenti sulla vendita ai sensi dell'art. 569 c.p.c., posto che il giudice dell'esecuzione non potrà disporla quando non abbia la prova dell'avvenuto espletamento della formalità (che assume rilievo anche ai fini del controllo e della verifica della completezza della documentazione riguardante l'immobile pignorato prescritta dall'art. 567 c.p.c., dovendo essa riguardare il ventennio antecedente alla trascrizione del pignoramento). Nel caso di specie, il deposito della nota di trascrizione effettuato prima che si tenesse l'udienza ex art. 569 c.p.c., ma dopo che era già stata depositata l'istanza di vendita, aveva indotto il giudice dell'esecuzione – che aveva inizialmente autorizzato la vendita del bene pignorato – a dichiarare l'estinzione del processo esecutivo, a ciò compulsato dai debitori esecutati, che avevano proposto opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. A questo proposito, va rammentato che la versione attualmente in vigore della norma da ultimo citata prevede che, nell'ambito dell'espropriazione immobiliare, l'opposizione all'esecuzione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione a norma dell'art. 569 c.p.c., salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti, ovvero che l'opponente dimostri di non avere potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile; poiché, tuttavia, nella fattispecie scrutinata dal Tribunale e dalla Corte d'appello di Catanzaro prima e dalla Corte di cassazione poi, l'esecuzione era stata avviata con atto di pignoramento notificato nel settembre del 2015, ossia prima che divenisse operativa la modifica dell'art. 615 c.p.c. nei termini sopra indicati, i debitori esecutati avevano potuto proporre l'opposizione anche successivamente all'udienza ex art. 569 c.p.c., tant'è vero che il giudice dell'esecuzione, accogliendola, aveva dichiarato l'estinzione del processo esecutivo dopo che erano trascorsi addirittura più di due anni dalla pronuncia dell'ordinanza che aveva disposto la vendita dei beni pignorati. Se la medesima situazione si fosse verificata in una procedura esecutiva soggetta all'attuale formulazione dell'art. 615 c.p.c., tale rimedio non sarebbe stato attivabile dagli esecutati, che, al limite, avrebbero potuto proporre opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso l'ordinanza di vendita, entro i venti giorni successivi alla sua pronuncia, lamentando il mancato rilievo d'ufficio della causa di estinzione del processo esecutivo e, dunque, l'illegittimità del provvedimento che aveva autorizzato la vendita del bene. Tale udienza, infatti, rappresenta il limite temporale entro cui al giudice dell'esecuzione è consentito rilevare, anche in via ufficiosa, il verificarsi di una causa di estinzione del processo esecutivo e di dichiararla, giusta quanto stabilito dall'art. 630, comma 2, c.p.c. Ciò è quanto è stato ribadito nella sentenza che si annota, ove si è pure osservato che la disciplina dell'estinzione del processo esecutivo è stata modellata sulla falsariga di quella dettata dall'art. 307 c.p.c. per il giudizio di cognizione, sottraendo quindi, la causa estintiva dell'esecuzione per inerzia qualificata alla disponibilità delle parti (consentendone la rilevabilità officiosa), ma fissando un limite preclusivo all'esercizio del potere di rilievo e di dichiarazione dell'estinzione, individuato nella prima udienza successiva al verificarsi della ragione di estinzione. Questa impostazione si ricollega alla struttura tipica del processo esecutivo, che si caratterizza per essere costituito da una successione di subprocedimenti, ossia da serie autonome di atti culminanti nell'emanazione di distinti provvedimenti successivi, cui è tendenzialmente estranea la regola della propagazione delle nullità processuali recata dall'art. 159 c.p.c. per l'ordinario processo di cognizione (che, a differenza di quello esecutivo, si presenta come una sequenza continua di atti finalizzati alla pronuncia di un unico provvedimento finale): alla pluralità di fasi e alla loro reciproca autonomia corrisponde la definitività del provvedimento che conclude ciascuna di esse (e che si pone come presupposto dell'avvio della fase successiva), una volta che abbia avuto esecuzione, salvo che sia stato dichiarato nullo a seguito di rituale opposizione agli atti esecutivi. Di conseguenza, una volta conclusasi la fase preparatoria o propedeutica alla vendita, con la pronuncia dell'ordinanza che l'autorizza all'esito dell'udienza di comparizione delle parti disciplinata dall'art. 569 c.p.c., non possono più essere addotte o rilevate in via officiosa cause di estinzione del processo esecutivo verificatesi nel corso di detta fase, a meno che si tratti di vizi che impediscono al processo esecutivo di conseguire il suo scopo, cioè l'espropriazione del bene pignorato e la sua liquidazione come mezzo per la soddisfazione dei creditori. Da questo punto di vista e tornando alla trascrizione del pignoramento, occorre dunque operare una distinzione: - un conto è la mancata trascrizione del pignoramento, che, impedendo l'esplicazione dell'effetto di inopponibilità ai creditori (e all'acquirente in sede esecutiva, per effetto di quanto stabilito dall'art. 2919 c.c.) degli atti dispositivi aventi per oggetto il bene pignorato che fossero stati compiuti successivamente al pignoramento, si pone quale ostacolo alla proficua messa in vendita del bene, non potendosi assicurare la prevalenza dell'acquisto dell'aggiudicatario rispetto ad atti trascritti prima del decreto di trasferimento (senza contare che la mancata trascrizione del pignoramento rileva, prima ancora, ai fini dell'individuazione dell'arco temporale cui deve fare riferimento la documentazione prescritta dall'art. 567 c.p.c., sicché la sua mancanza si pone in termini preclusivi ai fini dell'autorizzazione della vendita anche per l'impossibilità, per il giudice dell'esecuzione, di verificare l'effettiva osservanza di quanto imposto dalla norma); - un conto è l'eventuale tardività del deposito della nota di trascrizione (in quanto si voglia abbracciare l'orientamento, cui hanno mostrato di aderire anche i giudici calabresi, che ne fa coincidere il termine ultimo con quello stabilito per il deposito dell'istanza di vendita), che, di per sé, non è idonea a produrre gli stessi effetti – a condizione, ovviamente, che il deposito avvenga pur sempre prima che sia celebrata l'udienza ex art. 569 c.p.c. o, al più tardi, in occasione della stessa – e che, come affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza annotata, non potrà comunque essere rilevata d'ufficio una volta che detta udienza si sia tenuta e sia stata autorizzata la vendita. |