Il compenso del c.d. pre-commissario nel concordato preventivo

03 Ottobre 2023

Gli Autori commentano una pronuncia mediante la quale la Suprema Corte ha affrontato alcuni aspetti controversi della liquidazione del compenso del c.d. pre-commissario nella fase “in bianco” del concordato preventivo, segnatamente con riferimento alla normativa applicabile e ai relativi criteri di quantificazione.

Massima

La liquidazione del compenso del c.d. pre-commissario giudiziale deve avvenire applicando il d.m. 25 gennaio 2012, n. 30, al quale rinvia, per il tramite dell'art. 165 l. fall., l'art. 39, comma 1, l. fall., essendo tale figura analoga a quella prevista dall'art. 163 l. fall. ed essendo la fase “con riserva” solamente un segmento della procedura concordataria. Il compenso commissariale, peraltro, deve essere determinato sempre, indipendentemente dalla fase in cui cessa la procedura, sulla base dell'attivo inventariato.

Il caso

Il Tribunale di Benevento, a seguito della declaratoria di inammissibilità di un concordato preventivo con riserva promosso da tre società appartenenti allo stesso gruppo, ha liquidato il compenso ai commissari giudiziali nominati.

Una delle tre società debitrici ha impugnato il decreto di liquidazione del compenso ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., dinanzi alla Corte di cassazione, la quale, ritenendo non adeguatamente motivato il provvedimento, annullava il medesimo con rinvio.

Il Tribunale, chiamato nuovamente a pronunciarsi sul compenso da liquidare ai commissari, ha rideterminato il compenso degli stessi applicando l'art. 4, l. n. 319/1980, e l'art. 1, d.m. 30 maggio 2002, poiché ha ritenuto che la materia dovesse essere regolata dai provvedimenti che riguardano gli ausiliari del giudice.

Il Giudice di legittimità, adito una seconda volta – per la precisione, dai commissari giudiziali – sulla medesima fattispecie, ha accolto il ricorso, cassando con rinvio il decreto del Tribunale di Benevento, affermando che dovesse trovare applicazione il d.m. 25 gennaio 2012, n. 30, e non il d.m. 30 maggio 2002.

Le questioni giuridiche

La pronuncia in commento affronta alcuni aspetti controversi della liquidazione del compenso dei commissari giudiziali per la fase che si estende tra il deposito del ricorso con riserva e il deposito di piano e proposta, sul presupposto che la procedura non venga aperta.

Un primo tema lambito dalla sentenza della Corte di cassazione consiste nella disciplina applicabile alla fattispecie, su cui la giurisprudenza di merito e la dottrina hanno assunto nel tempo posizioni contrastanti. La ragione di tali contrasti è imputabile, essenzialmente, alla mancata indicazione espressa della figura del c.d. pre-commissario nel d.m. n. 30 del 2012.

Precisamente, nel panorama giurisprudenziale e dottrinale si contano almeno due ricostruzioni ermeneutiche, su cui gli interpreti si sono divisi: un primo orientamento ritiene che sia applicabile alla liquidazione dei commissari nella fase c.d. in bianco – si ribadisce, nell'ipotesi di naufragio della procedura prima dell'apertura – il d.m. 30 maggio 2002, che regola il compenso degli ausiliari del giudice, e si contrappone ad un secondo che, diversamente, assume che debba essere applicato il d.m. n. 30 del 2012.

Le ragioni che conducono alcuni autori e alcuni tribunali – tra cui quello di Benevento, il cui decreto è stato impugnato – a sostenere la prima delle due tesi menzionate sono essenzialmente due.

In primo luogo, il commissario giudiziale, qualificato come ausiliario del giudice, nel concordato preventivo con riserva ha funzioni e poteri che sono molto diversi da quelli che svolge il medesimo organo nella fase successiva della procedura. Pertanto, non essendo equiparabili compiti e attività, non è possibile applicare la stessa disciplina in materia di compenso.

Inoltre, il d.m. n. 30 del 2012 non potrebbe essere applicato al c.d. pre-commissario per l'incompatibilità dei criteri rispetto all'attività svolta. Il predetto decreto dispone infatti che il compenso sia liquidato tenendo conto o dell'attivo realizzato o dell'attivo inventariato, quando il commissario, nella c.d. fase in bianco, né liquida beni (salvo quanto previsto dall'art. 46, comma 1, CCII in tema di atti urgenti di straordinaria amministrazione) né inventaria l'attivo dell'impresa debitrice (attività da svolgersi a cura del commissario giudiziale ai fini della redazione della relazione del commissario prevista dall'art. 105 CCII, da depositare in cancelleria almeno quarantacinque giorni prima della data iniziale stabilita per il voto dei creditori).

Per queste ragioni, l'interprete dovrebbe procedere applicando i criteri dettati in via generale (e residuale) per tutti gli ausiliari del giudice dal d.m. 30 maggio 2002 (in questo senso, Trib. Benevento, 12 aprile 2019, n. 338; Trib. Rovereto 24 aprile 2014; Trib. Reggio Emilia 6 marzo 2013).

Al contrario, l'orientamento opposto ritiene che l'attività del c.d. pre-commissario non possa essere assimilata a quella della figura tipica di ausiliario del giudice, ovverosia il consulente tecnico d'ufficio, e, pertanto, la liquidazione non possa avvenire se non applicando i criteri previsti per gli stessi commissari giudiziali dal d.m. n. 30 del 2012.

Peraltro, i criteri previsti dal suddetto decreto, ovverosia quelli dell'attivo realizzato o dell'attivo inventariato, potrebbero essere sostituiti da quello dell'attivo risultante dall'ultimo bilancio di esercizio, con l'applicazione di una riduzione sulla base dell'attività effettivamente svolta.

Risolta la questione della disciplina normativa applicabile, consapevole dell'incoerenza del dettato normativo, la Cassazione si è pertanto soffermata sulla quantificazione del compenso e sui criteri da utilizzare per la liquidazione del c.d. pre-commissario giudiziale, estendendo poi la valutazione anche al commissario nel concordato c.d. pieno.

Come noto, infatti, l'art. 5 d.m. n. 30 del 2012 prevede due criteri alternativi tra loro per la determinazione del compenso del commissario giudiziale: il primo, dettato dal comma 1, prescrive che nelle procedure di concordato nelle quali sia prevista la liquidazione di beni il compenso del commissario debba essere determinato (applicando le percentuali indicate nell'articolo 1) sull'ammontare dell'attivo realizzato dalla liquidazione e sull'ammontare del passivo risultante dalla relazione ex art. 172 l. fall., oggi disciplinata dall'art. 105 CCII.

Il secondo criterio, invece, previsto dal successivo comma 2 per i concordati preventivi “diversi” da quelli in cui sia prevista la liquidazione di beni, il compenso deve essere determinato (sempre per il mezzo delle percentuali indicate dall'art. 1) sulla base dell'attivo e del passivo che risultano dall'inventario, ovverosia quelli che vengono esposti nella relazione predisposta ai sensi dell'art. 172 l. fall.

Appare sin troppo evidente che al pre-commissario non possa essere applicato né l'uno né l'altro, poiché nella fase “in bianco” non vengono (tendenzialmente) né liquidati beni (salvo, si ripete, quanto previsto dall'art. 46, comma 1, CCII in tema di atti urgenti di straordinaria amministrazione) né redatto un inventario.

Ebbene, come visto poc'anzi – nella rappresentazione delle tesi a favore o contrarie all'applicabilità del d.m. n. 30 del 2012 –, la dottrina maggioritaria ritiene che la criticità di cui si discute possa essere superata semplicemente “sostituendo”, ai fini della liquidazione del compenso, il criterio dell'attivo liquidato o inventariato con quello dell'attivo risultante dall'ultimo bilancio di esercizio.

Le soluzioni della Corte

La Corte di cassazione, nell’accogliere il ricorso e annullare, con rinvio, la pronuncia del Tribunale di Benevento oggetto di impugnazione, dà una risposta ad entrambi i temi controversi, esposti nel precedente paragrafo, estendendo altresì il campo di indagine e di esame anche al compenso del commissario nel concordato c.d. pieno.

Precisamente, la Cassazione ritiene di dover dirimere il contrasto interpretativo in ordine alla disciplina applicabile alla liquidazione del compenso al pre-commissario in favore del d.m. n. 30 del 2012. A tale conclusione giunge per alcuni ordini di ragioni.

In particolare, i Giudici di legittimità, che pur riconoscono la presenza di una lacuna normativa, non essendo regolata in modo espresso la definizione degli onorari del pre-commissario, escludono che, come statuito dal Tribunale di Benevento, si debba ricorrere all’utilizzo della figura dell’analogia con fonti normative esterne alla materia concorsuale.

In questo senso, tra i passaggi argomentativi della sentenza si legge con chiarezza che, nonostante le diverse funzioni e i diversi poteri propri del commissario giudiziale nelle differenti fasi del concordato preventivo, «il procedimento innescato dalla domanda con riserva (…) pertiene al medesimo istituto – il concordato preventivo – di quello azionato con il deposito diretto della proposta, del piano e della documentazione (…), rispetto al quale quello definito nella prassi “con riserva” (o “in bianco”) non è un procedimento distinto e autonomo bensì, pacificamente, una sua fase, e cioè un segmento anticipatorio solo eventuale e pur sempre interno all’unico procedimento concordatario».

Di conseguenza, nel caso in cui venga depositata domanda di concordato con riserva, che altro non è se non una fase del concordato preventivo, il pre-commissario giudiziale che eventualmente viene nominato è la medesima figura descritta dall’art. 163 l. fall., ovverosia l’unico organo della procedura con funzioni di controllo che il nostro ordinamento prevede.

In sintesi, dunque, a parere della Cassazione, tanto unico è il concordato preventivo, quanto unico è il commissario giudiziale.

Pertanto, ai fini della liquidazione del compenso, al pre-commissario dovranno applicarsi gli stessi criteri che sono indicati dal d.m. n. 30 del 2012 per i commissari giudiziali.

Sul punto, la Cassazione esclude che possa assumere carattere dirimente e decisivo – come ritiene il Tribunale di Benevento – l’anteriorità del d.m. n. 30 del 2012 all’introduzione, nel nostro ordinamento, del concordato con riserva e della figura del pre-commissario. Diversamente, tale anteriorità spiega, in modo semplice, la ragione della lacuna: il legislatore non poteva disciplinare, nel 2012, il compenso del pre-commissario, perché il sistema del diritto della crisi d’impresa non conosceva tale figura, così come non conosceva la fase del concordato con riserva.

Inoltre, ad abundantiam, la Cassazione precisa che non potrebbe in ogni caso essere applicato il d.m. 30 maggio 2002 per la liquidazione del compenso del pre-commissario perché questi non è un ausiliario del giudice in senso stretto, ma un “ausiliario della giustizia”, e non può essere in alcun modo equiparato alla figura del consulente tecnico d’ufficio.

Dopo aver risolto, a favore del d.m. n. 30 del 2012, la questione della normativa applicabile alla fattispecie in esame, la Corte di cassazione ha preso posizione in ordine alla quantificazione ed ai criteri da utilizzare per la liquidazione del compenso spettante al commissario giudiziale, sia nell’ipotesi in cui vengano depositati (e dichiarati ammissibili) piano e proposta di concordato, sia nell’ipotesi contraria (ovverosia di arresto della procedura alla fase “in bianco”).

Nel dettaglio, la Cassazione, dopo aver analiticamente ricostruito la disciplina ante d.m. n. 30 del 2012, ed in particolare la struttura bifasica della determinazione del compenso del commissario giudiziale disciplinata dal d.m. n. 570 del 1992, ha messo in evidenza l’irragionevolezza del sistema normativo attuale (specie perché accomuna alcune tipologie di procedure «assai diverse tra loro»).

In questo senso, costituisce una disparità di trattamento irragionevole trattare in modo significativamente diverso professionisti che, nella fase ante omologa della procedura, svolgono tutti analoga attività, così come trattare in modo diverso due situazioni per il sol fatto che in una delle due si sia svolta una (magari anche) minima attività liquidatoria.

Per tali motivi, ad avviso del Giudice di legittimità il d.m. n. 30 del 2012 deve essere disapplicato laddove distingue il trattamento economico dei commissari sulla base dei criteri dell’attivo liquidato e di quello inventariato, dovendosi far riferimento, in tutte le fattispecie al solo attivo inventariato.

In ultimo, la Cassazione ha precisato che, nell’ipotesi in cui il concordato si arresti in una fase iniziale – ad esempio, prima del deposito del piano e della proposta o, in ogni caso, prima dell’apertura della procedura –, quando ancora non è stato redatto un inventario, occorre far riferimento all’attivo risultante dall’ultimo bilancio (ed al passivo che emerge dall’elenco dei creditori), pur sempre parametrando l’importo da liquidare all’attività effettivamente prestata dal professionista.

Osservazioni conclusive

La sentenza in commento pare giungere a conclusioni condivisibili sotto il profilo sistematico, sia in termini di normativa applicabile che in termini di quantificazione del compenso del commissario giudiziale.

Infatti, è indubbio che il procedimento che viene introdotto con la domanda di cui all’art. 161, comma 6, l. fall. – oggi art. 44 CCII – altro non sia che una fase della più vasta e articolata procedura di concordato preventivo e che, dunque, il pre-commissario sia solo una declinazione, rispetto a quello specifico segmento di procedura, dell’organo di procedura tratteggiato dall’art. 163 l. fall.

Inoltre, ad avviso di chi scrive, in una prospettiva de iure condito, la Cassazione ha anche individuato criteri condivisibili per la quantificazione del compenso del commissario giudiziale.

Cionondimeno, in una prospettiva de iure condendo, sarebbe auspicabile un intervento riformatore (e innovatore) del legislatore, che possa allineare la normativa regolamentare a quella primaria oggi in vigore.

Infine, ad avviso degli scriventi, i criteri individuati dalla Cassazione potranno risultare altresì utili ai fini della determinazione del compenso spettante a specifiche  figure previste dal CCII per le quali il legislatore ha omesso di individuare i criteri di determinazione del relativo compenso. Si fa riferimento, per esempio, alla figura dell’ausiliario prevista dall’art. 25-sexies CCII nell’ambito della procedura di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, incaricato di svolgere una funzione consultiva nella fase anteriore all’omologa, ed a cui competono, nella fase post omologa, compiti di vigilanza, alla stregua del commissario giudiziale, per effetto del richiamo operato dall’art. 25-sexies, comma 8, CCII, alla relativa normativa.

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