La paga oraria del CCNL Vigilanza privata non è conforme ai parametri dell’art. 36 Cost. non assicurando al lavoratore un’esistenza libera e dignitosa
11 Ottobre 2023
Massima In tema di retribuzione, le previsioni della contrattazione collettiva – seppur assistite da una presunzione di conformità ed adeguatezza al parametro costituzionale dell'art. 36 Cost. – sono nulle nel caso in cui la misura retributiva ivi prevista non consenta al lavoratore di attendere ai bisogni della vita quotidiana, discostandosi in maniera cospicua dai trattamenti riconosciuti dalla contrattazione collettiva affine e sia pari o inferiore ai trattamenti previsti dall'ordinamento per fronteggiare fenomeni di povertà o non occupazione. Il caso Un lavoratore dipendente, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, da un'azienda esercente in via prevalente attività di vigilanza privata, ha adito il Tribunale civile di Catania, in funzione di Giudice del Lavoro, chiedendo la dichiarazione di illegittimità e/o inadeguatezza della retribuzione prevista dal CCNL applicato al proprio rapporto di lavoro, con conseguente riconoscimento di un trattamento salariale maggiorato e relative differenze retributive. Nello specifico il lavoratore ricorrente ha dedotto l'inadeguatezza della retribuzione percepita in quanto contrastante con i principi di proporzionalità e sufficienza previsti dall'art. 36 della Carta costituzionale, evidenziando la diversità (in senso peggiorativo) rispetto ai trattamenti retributivi previsti da contratti collettivi similari per medesime mansioni ed orario di lavoro. Il Tribunale ha accolto il ricorso proposto del lavoratore, riconoscendo che allo stesso dovesse essere corrisposta una differenza di retribuzione rispetto a quella percepita, prendendo quale parametro di riferimento la contrattazione collettiva per i dipendenti da Proprietari di Fabbricati, ritenuta dal Giudice quella maggiormente affine ed equiparabile al caso concreto. La questione La questione esaminata dal Tribunale civile di Catania, sezione Lavoro, verte sulla presunzione di adeguatezza della retribuzione stabilita da un contratto collettivo, con riferimento al parametro costituzionale di cui all'art. 36. Nella fattispecie decisa dalla sentenza in commento, il Giudice del lavoro si è pronunciato in ordine alla misura retributiva del CCNL Vigilanza privata e servizi fiduciari, andando a verificare se la stessa fosse rispettosa dei canoni di proporzionalità e sufficienza stabiliti dalla Carta costituzionale. L'operazione di comparazione ha preso a riferimento altri CCNL affini per settore di operatività e mansioni svolte dal lavoratore ed ha valutato la misura retributiva mensile anche con riferimento agli strumenti previsti dall'ordinamento a tutela del reddito, dell'occupazione e per reprimere fenomeni di emarginazione sociale. Le soluzioni giuridiche Il Tribunale di Catania, nell'esaminare la questione sottoposta alla sua attenzione, ha avviato il proprio iter argomentativo dall'esame della questione di fatto, analizzando il concreto espletarsi dell'attività lavorativa svolta dal ricorrente per, poi, poter compiutamente valutare la compatibilità della retribuzione percepita al precetto costituzionale dell'art. 36 e, più in generale, la proporzionalità e sufficienza della misura di € 797,14 euro lordi mensili a garantire un'esistenza libera e dignitosa al ricorrente. Il Giudice ha, dapprima, stabilito come fosse stato accertato, in corso di causa, che le mansioni svolte dal lavoratore ricorrente consistessero in attività di portierato presso un cantiere edile. Del pari, il GL ha confermato la corretta applicazione del CCNL Vigilanza privata e servizi fiduciari da parte del datore di lavoro, in considerazione dell'attività prevalente svolta da quest'ultimo e, soprattutto, in ragione della non contestazione tra le parti della stessa. I successivi passaggi argomentativi, invece, hanno proposto una lettura armonica dei principi costituzionali e delle pronunce giurisprudenziali più rilevanti in argomento, andando a rilevare una sostanziale irragionevolezza ed inadeguatezza delle tabelle retributive del CCNL Vigilanza privata. Tale dichiarazione di inadeguatezza è stata formalizzata con il raffronto – a parità di mansioni – delle retribuzioni stabilite dai CCNL invocati dal ricorrente come parametro esterno. La sentenza in commento, infatti, ha rilevato come la retribuzione percepita dal lavoratore in forza dei limiti stipendiali previsti dal CCNL Vigilanza privata fosse ampiamente inferiore a quella che, a parità di mansioni, lo stesso avrebbe percepito in ragione dell'applicazione degli altri contratti collettivi disciplinanti le attività di custodia e sorveglianza. Di talché il Giudice ha ritenuto superata la presunzione di adeguatezza ex art. 36 Cost. del CCNL applicato. A tali considerazioni, la sentenza ha, inoltre, aggiunto ulteriori elementi per superare la predetta presunzione di conformità all'art. 36 cit. Ed infatti, il Giudice ha preso in considerazione l'art. 545 c.p.c. che al comma ottavo stabilisce come le somme percepite a titolo di stipendio (o altra indennità relativa al rapporto di lavoro) o pensione risultino pignorabili – se già accreditate al momento del pignoramento – solo per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale. Tale comparazione ha messo in evidenza che lo stipendio mensile del ricorrente fosse ben inferiore alla soglia di pignorabilità e, così, non adeguato a rispondere alla soddisfazione dei più elementari bisogni di vita del lavoratore e della sua famiglia. Altro elemento preso a riferimento per valutare la rispondenza del trattamento retributivo ai principi costituzionali, è stato il reddito di cittadinanza, nella sua funzione di sostegno economico atto a consentire l'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione. In tal caso, la sentenza ha appurato che la misura massima del beneficio ammontasse ad €780,00 netti mensili e, pertanto, superiore alla somma netta ricevuta dal ricorrente quale stipendio mensile. Facendo applicazione al caso concreto di tutti gli elementi emersi, la sentenza ha ritenuto che il CCNL Vigilanza privata prevedesse una retribuzione oggettivamente inidonea a soddisfare i canoni fissati dall'art. 36 Cost. e, conseguentemente, ha accertato il diritto del lavoratore ricorrente a vedersi riconosciuto il trattamento economico previsto dal CCNL per i dipendenti da Proprietari di fabbricati con condanna del datore di lavoro al versamento delle relative differenze retributive. Osservazioni La pronuncia in commento segna un momento di importante riflessione in ordine alla presunzione di adeguatezza delle retribuzioni stabilite dalla contrattazione collettiva, consentendo di valutare non solo e non tanto le singole clausole retributive di un contratto collettivo, ma anche di porre in correlazione lo strumento principe dell'autonomia collettiva con la fonte unilaterale della legge nei suoi diversificati strumenti e formulazioni. Nel caso di specie, infatti, vengono individuate chiaramente le modalità attraverso cui superare predetta presunzione e, soprattutto, i parametri da prendere a riferimento per valutare la ragionevolezza della retribuzione riconosciuta ai lavoratori. Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Catania con la pronuncia qui annotata ha fornito a tutti gli operatori una sorta di vademecum sul rispetto dei principi costituzionali e, inoltre, ha ricostruito sistematicamente ed in modo coordinato punti chiave del nostro ordinamento, offrendo un contributo di non poco momento anche in relazione al tema attualissimo del salario minimo per legge. Il primo elemento di rilievo è rappresentato dalla individuazione dei parametri esterni da fornire al Giudicante; tale operazione è posta a carico del lavoratore che intenda impugnare, sotto il profilo della adeguatezza, la retribuzione prevista dal contratto collettivo applicato al proprio rapporto di lavoro. Nella sentenza in commento, il Giudice del Lavoro ha fornito una interpretazione molto rigorosa ed ha elaborato un giudizio che si è mosso su di un duplice piano. Dapprima, il Tribunale ha preso in considerazione tutti i CCNL allegati dal ricorrente e, considerata la retribuzione considerevolmente più alta dagli stessi prevista rispetto a quella ricevuta dal ricorrente per mansioni analoghe, ha ritenuto che fosse stata superata la presunzione di proporzionalità del CCNL Vigilanza Privata. Dalla sentenza si evince come la circostanza che il contratto collettivo fosse stato sottoscritto da sindacati rappresentativi, in sostanza, sia stato elemento di mera presunzione di rispetto del vincolo costituzionale posto dall'art. 36. Presunzione che per essere superata necessita di un raffronto con più contratti collettivi, anch'essi stipulati da associazioni rappresentative ma in settori affini o, addirittura, da associazioni sindacali dotate di un grado inferiore di rappresentatività. Superata la presunzione di adeguatezza, la pronuncia è passata ad affrontare – nel concreto – la misura retributiva che sarebbe spettata al lavoratore ai fini del riconoscimento delle differenze retributive. Qui il Giudicante ha dovuto individuare il parametro concreto da applicare alla retribuzione del ricorrente, selezionando – tra quelli allegati – il solo contratto collettivo per i dipendenti di proprietari di fabbricati. Il giudizio, in questa seconda fase, non si è basato su dati di tipo numerico ma ha, invece, riguardato la coerenza e somiglianza tra le mansioni svolte dal ricorrente e quelle previste dagli altri contratti. La scelta è ricaduta sul CCNL per i dipendenti da proprietari di fabbricati in quanto ritenuto il più coerente in relazione alle mansioni specifiche svolte dal ricorrente ed al contenuto professionale delle stesse. Il provvedimento del Tribunale di Catania consente un'ulteriore osservazione in ordine alla coerenza interna del nostro ordinamento, nel quale coesistono diverse misure atte a tutelare le possibilità di sostentamento dei lavoratori e che, stando all'interpretazione della sentenza, possono e devono essere lette in combinato disposto tra loro. La sentenza, infatti, al fine di valutare compiutamente se la misura retributiva del CCNL contestato fosse comunque proporzionata e sufficiente, aldilà del già emerso scostamento rispetto ad altri contratti collettivi, ha operato un raffronto con la normativa del Codice di procedura civile riferita alla pignorabilità delle somme erogate a titolo di stipendio o pensione, con quella relativa al reddito di cittadinanza e, da ultimo, con quella di matrice eurounitaria sul salario minimo. L'iter argomentativo seguito dal Giudice del lavoro ha accertato che la retribuzione prevista dal Contratto collettivo della Vigilanza privata, considerata su base mensile, fosse inferiore al limite di pignorabilità sancito dall'art. 545 c.p.c., inferiore alla misura massima del reddito di cittadinanza ed inadatta ad evitare quelle disparità di trattamento che l'Unione europea ha individuato quale finalità per le proprie direttive in tema di salario minimo. All'esito della predetta valutazione comparativa, condotta scrupolosamente dal Giudicante, il quadro emerso ha certificato che il CCNL contestato offrisse una retribuzione oggettivamente non rispettosa dei canoni di cui all'art. 36 Cost. e, addirittura, considerevolmente più bassa degli strumenti di sostegno al reddito e di garanzia di vita dignitosa che lo stesso ordinamento italiano appronta ai fini di prevenzione dell'emarginazione sociale. Volendo osservare la pronuncia in ottica prospettica, ben può considerarsi come il Giudice abbia fornito ottimi elementi di riflessione al legislatore che pare dovrà confrontarsi con il tema del salario minimo stabilito ex lege. In tale ottica, infatti, il metodo comparativo – non solo tra CCNL diversi ma affini – tra le varie norme di legge che intervengono, anche in modo tangente, sulla misura della retribuzione, restituisce dei parametri cui affidarsi per andare ad individuare la soglia di intangibilità minima del salario. Su questo fronte la sentenza ricorda come lo stipendio non vada inteso solo come corrispettivo per l'attività lavorativa prestata, ma lo stessa debba rappresentare una valida ricompensa per l'impegno della persona umana tale da garantirgli in un certo momento storico, avendo riguardo alle condizioni generali di vita, un'esistenza libera e dignitosa. La sentenza del Tribunale di Catania, anche se solo in via meramente incidentale, affronta il tema della rappresentatività sindacale, mettendo in mostra la circostanza per cui – nella dinamica delle relazioni industriali italiane – la soglia di rappresentatività sia un elemento necessario ma di per sé solo non rappresenti garanzia di trattamenti proporzionati, sufficienti e dignitosi. |