Lavoratori somministrati: consentito l’esercizio di tutti i diritti sindacali previsti anche dal CCNL applicato dall’impresa utilizzatrice durante la missione

Teresa Zappia
12 Ottobre 2023

Anche per i diritti sindacali dei lavoratori somministrati si dovrà fare riferimento, in prima istanza, al CCNL applicato dall'agenzia di somministrazione, consentendo ai medesimi lavoratori, durante la missione, di esercitare, all'interno del contesto lavorativo ove concretamente sono inseriti, anche tutti i diritti sindacali riconosciuti dall'ordinamento e dal CCNL applicato dall'impresa utilizzatrice.

La questione sottoposta al M.L.P.S.

L'UGL Agroalimentare ha presentato istanza di interpello, chiedendo se, in relazione all'esercizio dei diritti sindacali da parte dei lavoratori somministrati, trovi applicazione il CCNL dell'agenzia di somministrazione ovvero quello applicato dall'utilizzatore.

La soluzione fornita dal Ministero

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha, in primis, rammentato che il rapporto di somministrazione coinvolge tre soggetti (agenzia di somministrazione, lavoratore somministrato ed impresa utilizzatrice), i quali sono tra di loro legati da due distinti rapporti contrattuali: il contratto commerciale, concluso tra l'utilizzatore e il somministratore, e quello di lavoro subordinato, stipulato tra l'agenzia di somministrazione e il lavoratore.

Dal punto di vista formale, precisa il M.L.P.S., è l'agenzia di somministrazione il datore di lavoro, sebbene la prestazione lavorativa – per il periodo della missione – sia svolta nell'interesse, sotto il controllo e la direzione dell'utilizzatore. La struttura contrattuale della somministrazione, quindi, comporta una particolare ripartizione dei poteri e degli obblighi connessi allo svolgimento del rapporto di lavoro, in considerazione della scissione tra la titolarità giuridica del rapporto stesso e l'effettiva utilizzazione della prestazione lavorativa.

Tenuto conto di quanto sopra, il Ministero ha ritenuto che, in linea generale, il contratto collettivo che regola il rapporto di lavoro sia innanzitutto quello applicato dall'agenzia di somministrazione ma, per il periodo della missione, la disciplina che in concreto trova applicazione è integrata dalle previsioni del CCNL applicato dall'utilizzatore. Tale soluzione, si evidenzia, scaturisce dall'esigenza di garantire effettività al principio di parità in ordine alle condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori somministrati, che non devono essere complessivamente inferiori a quelle applicate ai dipendenti, di pari livello, impiegati presso l'utilizzatore (art. 35, comma 1, d.lgs. n. 81/2015).

Tali conclusioni sono state ritenute valide anche con riferimento ai diritti sindacali dei lavoratori somministrati, rispetto ai quali l'art. 36, comma 1, del decreto legislativo precitato dispone che trovino applicazione, in primo luogo, i diritti sindacali previsti dallo Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970), prevedendo, altresì, al secondo comma, il diritto del lavoratore somministrato a esercitare presso l'utilizzatore, per tutta la durata della missione, i diritti di libertà e di attività sindacale, nonché a partecipare alle assemblee del personale dipendente dell'impresa utilizzatrice.

Il Ministero, pertanto, ha affermato che anche per i diritti sindacali dei lavoratori somministrati si dovrà fare riferimento, in prima istanza, al contratto collettivo di lavoro applicato dall'agenzia di somministrazione, in qualità di datore di lavoro, consentendo al lavoratore, durante la missione, di esercitare, all'interno del contesto lavorativo ove concretamente è inserito, tutti i diritti sindacali allo stesso riconosciuti dall'ordinamento e dal CCNL applicato dall'impresa utilizzatrice, in modo da garantire la concreta effettività di tali diritti anche durante lo svolgimento della prestazione di lavoro presso l'impresa utilizzatrice.

Osservazioni

La questione oggetto dell'interpello sottoposto al Ministero necessita, ad avviso di chi scrive, di tentare una ricostruzione, seppur sintetica, del quadro normativo in cui si inserisce il principio di parità di trattamento dei lavoratori somministrati, con il fine precipuo di individuarne le finalità e, possibilmente, la effettiva estensibilità anche ai diritti sindacali.

L'attenzione dovrebbe essere posta, in primis, al diritto sovranazionale e, nello specifico, alla direttiva 2008/104/CE, cui art. 5, comma 1, dispone espressamente che: «Per tutta la durata della missione presso un'impresa utilizzatrice, le condizioni di base di lavoro e d'occupazione dei lavoratori tramite agenzia interinale sono almeno identiche a quelle che si applicherebbero loro se fossero direttamente impiegati dalla stessa impresa per svolgervi il medesimo lavoro».

L'art. 2 della medesima direttiva fornisce una perimetrazione dell'espressione “condizione di base di lavoro e d'occupazione”, precisando che per tali debbono intendersi quelle «previste da disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, da contratti collettivi e/o da altre disposizioni vincolanti di portata generale in vigore nell'impresa utilizzatrice relative a: i) l'orario di lavoro, le ore di lavoro straordinario, le pause, i periodi di riposo, il lavoro notturno, le ferie e i giorni festivi; ii) la retribuzione». Tale tutela, inoltre, è estesa anche alla sicurezza e alla formazione del lavoratore inviato in missione (si veda: direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991 richiamata dalla direttiva 2008/104/CE).

È opportuno osservare che, diversamente dal contratto di lavoro a termine, il lavoro tramite agenzia interinale è visto positivamente dal legislatore europeo in ragione degli effetti positivi sull'occupazione che da esso scaturiscono («Il lavoro tramite agenzia interinale risponde non solo alle esigenze di flessibilità delle imprese ma anche alla necessità di conciliare la vita privata e la vita professionale dei lavoratori dipendenti. Contribuisce pertanto alla creazione di posti di lavoro e alla partecipazione al mercato del lavoro e all'inserimento in tale mercato» – considerando n. 11).

Tuttavia, avendo bene a mente i rischi insiti nel ricorso a un intermediario per l'acquisizione di personale, si è cercato di porvi un argine mediante la fissazione di alcuni limiti che lo Stato membro è chiamato ad applicare nel dare attuazione alla direttiva precitata. Tra questi limiti rientra anche il principio di parità di trattamento, in quanto idoneo a superare l'eventuale vantaggio che l'impresa utilizzatrice potrebbe trarre dall'impiegare forza lavoro cui trattamento economico e normativo possa essere più svantaggioso rispetto a quello che la stessa, assumendo gli stessi lavoratori direttamente, sarebbe tenuta a garantire.

In Italia la trasposizione della direttiva n. 104/2008/CE è avvenuta ad opera del d.lgs. n. 24/2012, che ha introdotto alcune significative modifiche alla disciplina dell'istituto contenuta negli artt. 20 ss. del d.lgs. n. 276/2003. Il legislatore, in attuazione dell'art. 5 della direttiva, è intervenuto in materia di parità di trattamento, attribuendo al principio portata più ampia rispetto al passato. Nello specifico, mentre la formulazione precedente riconosceva al lavoratore il diritto ad un «trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore, a parità di mansioni svolte», la nuova formulazione dell'art. 23 prevedeva che tale parità di trattamento fosse garantito, per tutta la durata della missione, con riferimento alle «condizioni di base di lavoro e d'occupazione». Tali “condizioni di base” venivano definite dall'art. 2, comma 1, lett. a-ter), in modo speculare alla definizione contenuta nell'art. 3, § 1, lett. f), della prefata direttiva, facendo, dunque, riferimento al "trattamento economico, normativo e occupazionale" stabilito da disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, da contratti collettivi o da altre disposizioni vincolanti di portata generale, comprese quelle relative all'orario di lavoro, al straordinario, alle pause, ai periodi di riposo, al lavoro notturno, alle ferie, ai giorni festivi, alla retribuzione, alla protezione delle donne in stato di gravidanza e in periodo di allattamento, nonché alla protezione di bambini e giovani, alla parità di trattamento fra uomo e donna e non discriminazione. Tale definizione è utile ancora oggi, in quanto la disposizione summenzionata non è stato oggetto di abrogazione (art. 55 d.lgs. n. 81/2015), sicché non può non tenersi a mente ai fini che qui interessano.

Suddetta definizione, infatti, si riverbera necessariamente sull'interpretazione dell'art. 33, comma 2 (e dell'art. 35) del Jobs Act. Il primo articolo, infatti, pone in capo all'impresa utilizzatrice l'obbligo di informare l'agenzia di somministrazione in ordine al trattamento economico e normativo applicato ai propri dipendenti che svolgono le medesime mansioni dei lavoratori inviati in missione, il che appare evidentemente funzionale a garantire il principio di parità di trattamento.

Tenuto fermo quanto sopra, e tralasciando le possibili critiche che sul punto potrebbero essere sollevate, sembra opportune evidenziare che, mentre la disposizione di fonte europea prevede che le condizioni di lavoro dei lavoratori in somministrazione dovrebbero essere “almeno identiche” (“at least those”) a quelle che sarebbero loro applicate ove fossero assunti, con le medesime mansioni, dall'utilizzatore, l'art. 35 del d.lgs. n. 81/2015 (e già prima l'art. 23 d.lgs. n. 273/2006) fornisce, invece, una tutela più ristretta, richiedendo che le condizioni economiche e normative da applicare siano nel “complesso non inferiori”.

Il principio di parità di trattamento, pertanto, sarebbe rispettato non solo qualora la posizione del lavoratore in missione si presenti (pressappoco) identica a quella dei dipendenti dell'utilizzatore addetti alle medesime mansioni, ma anche quando, da un esame complessivo della fattispecie, risultino comunque riconosciute condizioni non inferiori, adottando una visione olistica e fondata sul criterio del “conglobamento" e non del confronto istituto per istituto (forse più aderente alla lettera della direttiva europea).

Tornando alla questione oggetto dell'interpello, il principio di parità di trattamento mira, come sopra evidenziato, a superare la potenziale applicazione di condizioni di lavoro “al ribasso” e, quindi, più svantaggiose per i lavoratori inviati in missione.

Sebbene non si dubiti della rilevanza dell'esercizio dei diritti sindacali anche presso l'impresa utilizzatrice durante il periodo della somministrazione, l'art.  36 del d.lgs. n. 81/2015, nel garantire tale aspetto, non ripropone i termini impiegati nella disposizione subito precedente, sicché le soluzioni prospettabili sarebbero due: estendere il principio della parità di trattamento anche con riferimento ai diritti sindacali, seguendo un'interpretazione sistematica delle disposizioni in materia di somministrazione; escludere suddetta estensione, dando rilievo anche ai termini impiegati dal legislatore europeo che sembra, piuttosto, porre l'accento sulle condizioni di lavoro suscettibili di essere oggetto di quel gioco al ribasso a cui sopra si è fatto cenno.

Senza spingersi ad adottare una soluzione netta, il Ministero ha precisato il valore primario che deve essere riconosciuto al CCNL applicato dall'agenzia di somministrazione (datore di lavoro formale), ritenendo, tuttavia, che, per il tempo della missione, possano essere esercitati presso l'utilizzatore anche tutti i diritti sindacali riconosciuti (dall'ordinamento e) dal CCNL applicato da quest'ultimo. Tale conclusione, alla luce di quanto sopra esposto, non sembrerebbe strettamente collegabile al principio di parità di trattamento, così come tradotto dal legislatore nazionale, dal momento che non si opera, per accertare che non siano “nel complesso inferiori”, un esame globale delle condizioni applicate ai lavoratori in missione limitatamente ai diritti sindacali, ma si realizza de facto un cumulo che non trova un addentellato in quel principio che sembra, invece, aver orientato la risposta ministeriale.

Per approfondire:

S. Giubboni, Somministrazione di lavoro e tecniche anti-abusive alla prova del diritto dell'unione europea, in Riv. it. dir. lav., 1° marzo 2021, n. 1, p. 27 ss.

S. Caffio, Retribuzione di risultato e somministrazione di lavoro: portata e limiti del principio di parità di trattamento, in Lavoro nella Giur., 2021, 12, p. 1163 ss.

M. D. Ferrara, La Direttiva 2008/104/Ce relativa al lavoro tramite agenzia interinale: aspetti problematici e modelli di implementazione, in Dir. rel. ind., 2014, n. 1, p. 111 ss.

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