La “rigida” disciplina delle azioni revocatorie fallimentari

06 Ottobre 2023

La Corte di cassazione ribadisce la supremazia dei principi universalità e di concorsualità cui l’azione revocatoria fallimentare ex art. 67 l. fall. è ispirata.

Massima

La valutazione dell'esistenza della scientia decoctionis è sempre un profilo determinante per l'accoglimento della sentenza in revocatoria ex art. 67 l. fall.

Il caso

La vicenda in esame attraversa un paio di decenni ed trova inizio nel novembre del 2004, allorquando il Ministero delle attività produttive ha ammesso alla procedura di amministrazione straordinaria una società e le sue controllate.

Come previsto dalla normativa, dopo alcuni giorni venne dichiarato lo stato di insolvenza con la conseguente applicazione obbligatoria di tutti gli istituti e le logiche giuridiche connesse.

Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza del 13 giugno 2011, resa a definizione del processo promosso dalla società in amministrazione straordinaria, ha revocato tutti i pagamenti eseguiti nell'anno anteriore all'ammissione alla procedura, con conseguente condanna della percipiente alla restituzione del dovuto aumentato di interessi etc. Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso in appello che, tuttavia, la Corte territoriale ha rigettato, confermando l'esito del primo grado.

L'esame delle motivazioni rese nella predetta sentenza ci consente di cogliere l'essenza del decisum della Cassazione, ma necessita di una premessa storica per un esatto inquadramento giuridico della fattispecie.

La società in amministrazione straordinaria, proprietaria di diversi aeromobili, svolgeva la funzione di vettore negli aeroporti presso cui era accreditata.

La società che ha subito la condanna alla restituzione delle somme, invece, gestiva i servizi aeroportuali per il godimento dei quali, come noto, è necessario che vengano corrisposte dai vettori somme di denaro preventivamente pattuite.

Dinanzi all'inadempimento degli obblighi posti a capo del vettore, il gestore ha adito l'ENAC (Ente per l'Aviazione Civile), ai sensi dell'art. 802 cod. nav. (vigente ratione temporis), che si è limitata a rilevare che, dinanzi al pagamento degli oneri, il gestore non avrebbe potuto sospendere i servizi. Questo è (in fatto) l'aspetto cardine che merita, fin da ora, un breve approfondimento, poiché ha innescato un corto circuito esigente una comparazione attenta degli interessi in gioco.

Il gestore ha ritenuto che, dinanzi all'ordine dell'ENAC di fornire le proprie prestazioni ove il vettore avesse pagato, mai avrebbe potuto rifiutare i pagamenti al fine di proteggersi rispetto all'ipotesi della revocazione degli stessi.

In buona sostanza, il gestore (sempre a suo dire), pur conoscendo lo stato di insolvenza del vettore, non avrebbe potuto rifiutare i pagamenti, e neanche sospendere i servizi, in quanto l'ENAC gli aveva imposto di non interrompere, dinanzi al pagamento del dovuto, le proprie prestazioni (come in effetti è realmente avvenuto).

La Suprema Corte (così come il Tribunale e la Corte d'Appello), invece, come vedremo, ha concentrato le sue attenzioni sulla scientia decoctionis ritenendola un requisito di “rango superiore” rispetto all'eventuale vincolo di subordinazione del gestore rispetto all'ENAC, che dovrebbe tradursi essenzialmente nell'obbligo del primo di rispettare obbligatoriamente i dettami del secondo.

Le questioni giuridiche e le soluzioni della Corte

La tesi sostenuta dall'ente gestore è improntata sulla presunta violazione dell'art. 67 l. fall. e 802 cod. nav. (tra le altre norme).

A suo dire, il principio consolidato secondo cui l'azione revocatoria fallimentare si giustificherebbe in grazia della conoscenza che il terzo ha dello stato di decozione del proprio debitore, giunge a creare una categoria che presuppone la libera accettazione del rischio potenziale di subire la ridetta azione, derivandone  che, nei contratti di somministrazione periodica, costituirebbe elemento necessario, per poter invocare l'applicazione dell'istituto in parola, la possibilità di scegliere se sospendere o eseguire comunque la propria prestazione.

Quanto riportato in sentenza d'appello, quindi, circa la possibilità comunque sussistente in capo al gestore di applicare le misure interdittive in danno dell'inadempiente, sarebbe frutto di un errore di diritto, poiché la predetta facoltà di scelta sarebbe venuta completamente meno nel momento in cui l'Ente per l'Aviazione Civile, adito dallo stesso gestore, aveva imposto a quest'ultimo di non interrompere i servizi  in caso di pagamento delle tasse aeroportuali e dei diritti.

La ricorrente ritiene di dover rimarcare questo aspetto specificando che il rapporto che la lega all'Enac non le consente di discostarsi, per nessun motivo, dai dettami della citata risoluzione.

La difesa, dunque, ritiene irrilevante la questione dell'effettiva conoscenza dello stato di insolvenza, poiché il precetto recato dall'art. 802 cod. nav. costituirebbe una norma integrativa della fattispecie di cui all'art. 67 l. fall. con la conseguenza che, una volta intervenuto il provvedimento, il gestore non avrebbe avuto più alcuna possibilità di accettare o meno il pagamento del vettore, essendo venuta meno ogni possibile discrezionalità, compresa quella di valutare lo stato di insolvenza.

L'analisi da parte della Suprema Corte prende invece le mosse dalla definizione degli obiettivi e del perimetro all'interno del quale opera l'azione revocatoria, prospettata dalla Corte Costituzionale con la pronuncia C. cost. 27 luglio 2000, n. 379 .

Con il predetto arresto ha ritenuto che le peculiarità dell'azione in parola discendano dall'esigenza di tutelare i principi di universalità e di concorsualità dell'esecuzione, intesi nel senso più classico della necessità che tutti i creditori partecipino alla distribuzione del ricavato della liquidazione in posizione di sostanziale parità (lo stesso discorso deve essere inteso riguardo alla “spartizione” delle perdite che dovrà pesare in eguale misura su tutti i creditori). Le uniche eccezioni possono essere dettate dalla legge e da nessun'altra fonte.

Ed infatti, a partire dal 2005, diverse sono state le integrazioni alla norma in commento che prevedono l'estensione dei casi di esenzione dall'azione revocatoria.

In questa chiave, l'art. 67 l. fall. dispone – come noto - che determinati pagamenti o atti non possano essere assoggettati all'azione revocatoria .

Il concetto viene espresso anche nella sentenza Cass. civ., 24 aprile 2018, n. 10117 resa dalla Cassazione che, tenuto conto di quanto affermato dalla Corte Costituzionale, afferma la supremazia dei ridetti principi e la conseguente revocabilità di ogni atto che abbia come presupposto soggettivo la conoscenza dello stato di insolvenza.

Ne discende che nel disposto di cui all'art. 802 cod. nav. (applicabile al caso di specie prima dell'intervenuta riforma) non si ravvisa un obbligo del gestore di accettare il pagamento dei diritti dovuti capace di consentire una deroga alla norma generale dell'art 67, comma 2 l. fall. anche in ragione del fatto che la ratio dell'art. 802 cod. nav. è rinvenibile nell'esigenza di tutela del diritto del gestore dei servizi aeroportuali a percepire il corrispettivo dei servizi resi.

Lo stesso discorso “depotenziante” viene riferito al provvedimento dell'ENAC del 18 giugno 2003 nel quale, secondo la Corte, non è ravvisabile alcun contenuto autoritativo nei confronti del gestore né una valutazione sullo stato di insolvenza del vettore; l'ENAC, in ogni caso, era incompetente rispetto al potere di sospensione della licenza di esercizio del vettore posto che l'art. 785 cod. nav. applicabile ratione temporis conferiva questo specifico potere al Ministro per l'aeronautica.

Il ricorso è stato quindi rigettato, avendo ritenuto la Suprema Corte che la sentenza impugnata fosse conforme a diritto.

Osservazioni

L’essenza dell’azione revocatoria è stata oggetto di studio per alcuni decenni.

Illustri studiosi hanno concentrato il loro interesse anche sull’aspetto oggettivo dell’esistenza del danno ritenendolo essenziale nell’azione pauliana quanto nella revocatoria fallimentare.

Nel caso specifico, però, al di là delle ipotesi di danno, immanente o meno, la vicenda ha assunto il sapore agrodolce del necessario esame di una situazione psicologica, la cui identificazione è certamente più complessa rispetto ad un dato oggettivo.

La ricorrente stessa non ha contestato la sua conoscenza dello stato di insolvenza di chi ha pagato, ma ha addotto, invece, la sua presunta impossibilità di sottrarsi al recepimento de pagamenti dovutile, in ragione dell’imposizione ricevuta dall’Ente per l’Aviazione Civile, al quale, evidentemente, era legata solo da un rapporto di natura privatistica/ amministrativa ritenuto dalla Cassazione, in ogni caso, estraneo rispetto alla disciplina della revocatoria, ai principi che la informano e che intende tutelare.

La consapevolezza in capo al percipiente dello stato di insolvenza di chi sta pagando fa sempre scattare l’applicabilità delle regole concorsuali (di natura speciale) che comportano la revocabilità di tutti gli atti dispositivi lesivi della par condicio creditorum, a meno che non vi siano delle espresse deroghe legislative, non ravvisabili nel caso specifico.

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