Provvedimenti giudiziali: cosa accade se l'intestazione è riferita alle parti effettive ma la motivazione ed il dispositivo riguardano parti di altra causa?

La Redazione
06 Ottobre 2023

Salvo il caso dello "scambio di coppia", o altre ipotesi consimili che possano nella pratica presentarsi, è affetta da nullità insanabile, non emendabile per mezzo del procedimento per la correzione dell'errore materiale, l'ordinanza emessa dalla Corte di cassazione che, per evidente svista, rechi l'intestazione riferita alle parti effettive della causa, e la motivazione ed il dispositivo relativi alle parti di altra causa.

Nella pratica si fa sempre meno raro il caso del deposito, sia da parte di giudici di merito, sia da parte della Corte di cassazione, di decisioni giudiziali che non sono coerenti con l'intestazione e che - per meglio dire – derivano dalla combinazione, da ascriversi a momentanea disattenzione, di un'intestazione concernente una determinata lite con una motivazione e dispositivo riguardanti altra e diversa lite.

Questa la fattispecie esaminata dalla Corte, ove i giudici della prima sezione civile venivano investiti dell'istanza per correzione d'ufficio, ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c., di errore materiale riferita ad un'ordinanza la quale, quantunque recante un'intestazione riferita al ricorrente per cassazione M.C., constava di una motivazione e di un dispositivo concernenti tutt'altro (e cioè il ricorso per cassazione proposto avverso altro provvedimento del medesimo tribunale da Mu.Ja).

Secondo l'orientamento prevalente richiamato dai giudici, non è possibile ricorrere allo strumento della correzione dell'errore materiale «dal momento che l'errore materiale altro non è che un riconoscibile lapsus calami, lo scarto di un attimo nell'opera del giudice consistente nel tradurre l'ideazione del provvedimento nella sua materiale stesura, scarto rilevabile ― come ripetuto infinite volte ― ictu oculi, senza che occorra un'attività cognitiva volta alla ricostruzione della ratio decidendi, di per sé stessa anzi autoevidente, che sostiene il provvedimento impugnato, ratio decidendi che, nel nostro caso, non può certo palesarsi alla lettura del provvedimento, dal momento che la motivazione che avrebbe dovuto corredarlo rimane per definizione ignota».

Di recente Cass. 14 febbraio 2019, n. 4319, ha affermato però che può farsi ricorso al procedimento di correzione degli errori materiali o di calcolo, previsto dagli artt. 287 e 288 c.p.c., "quando il giudice, nel redigere la sentenza e in conseguenza di un mero errore di sostituzione del file informatico, abbia commesso uno scambio di provvedimenti nella fase di impaginazione, facendo seguire, ad un'epigrafe pertinente, uno "svolgimento del processo", dei "motivi della decisione" ed un dispositivo afferenti ad una diversa controversia decisa in data coeva nei confronti delle stesse parti: in tal caso, infatti, l'estensione della correzione non integra il deposito di una decisione affatto distinta, la quale verrebbe interamente sostituita a quella corretta". La decisione, che per comodità potremmo definire come caso dello "scambio di coppia", ben si armonizza all'indirizzo di cui si è dato conto: e cioè, nel caso esaminato dall'ultima pronuncia menzionata, una Corte d'appello aveva pronunciato in pari data una coppia di sentenze in due distinte cause tra le stesse parti, allegando all'intestazione concernente la prima di tali due cause lo svolgimento del processo, i motivi della decisione ed il dispositivo della seconda e, viceversa, allegando all'intestazione concernente la seconda causa i contenuti della prima: il tutto regolarmente depositato. Ora, in un caso simile, non può darsi in effetti alcun dubbio in ordine a quale fosse il contenuto che l'una e l'altra sentenza avrebbero avuto se il giudice non avesse confuso ed invertito le carte: sicché, nel contesto, l'adozione del procedimento di correzione dell'errore materiale non solo non si infrange contro la regola secondo cui, come si diceva, in sede di correzione il giudice non può ridecidere, ma corrisponde anche ad un'elementare buon senso esercitato, d'altronde, nel rispetto del principio di ragionevole durata.

A questo punto, allora, la questione che si pone e': cosa deve fare la Corte posta dinanzi alla fattispecie considerata. E la risposta è che, nel caso sia stata depositata, unitamente all'intestazione concernente un determinato ricorso per cassazione, un'ordinanza riguardante altro ricorso per cassazione, la Corte non deve fare altro che decidere, visto che tal ricorso non ha mai, ancora, realmente deciso. E' stato difatti già osservato che l'inesistenza giuridica, o nullità radicale, di un provvedimento giurisdizionale avente contenuto decisorio emesso nei confronti delle parti del giudizio, ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente altri soggetti, comporta, per l'incompiuto esercizio della giurisdizione, che il giudice cui è apparentemente da attribuire la sentenza inesistente possa procedere alla sua rinnovazione, emanando un atto valido conclusivo del giudizio (Cass. civ. n. 40883/2021).

Va dunque ribadito che - salvo il caso esaminato dello "scambio di coppia", o altre ipotesi consimili che possano nella pratica presentarsi - è affetta da nullità insanabile, non emendabile per mezzo del procedimento per la correzione dell'errore materiale, l'ordinanza emessa dalla Corte di cassazione che, per evidente svista, rechi l'intestazione riferita alle parti effettive della causa, e la motivazione ed il dispositivo relativi alle parti di altra causa, atteso che, in tale ipotesi, a differenza di quel che si verifica nella correzione dell'errore materiale, non è possibile ricostruire il decisum e la ratio decidendi, con la conseguenza che la decisione manca del tutto e la Corte è tenuta a procedere alla rinnovazione  dell'intero giudizio (Cass. civ. n. 16497/2019).

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