Chi impugna la delibera assembleare deve provare che i millesimi utilizzati dall’amministratore sono errati

11 Ottobre 2023

In materia di impugnazione di delibere condominiali, il soggetto che impugna la delibera ha l’onere di fornire prova del vizio di contrarietà alla legge o al regolamento per il quale si è proceduto all’impugnazione.

Una condomina agiva in giudizio impugnando una delibera condominiale. Tale delibera, con la quale il Condominio aveva deciso di realizzare un ascensore per agevolare un condomino disabile, era stata contestata dalla ricorrente sulla base del presunto errato conteggio dei millesimi. Nella delibera impugnata, infatti, l'amministratore aveva riportato che l'assemblea era validamente costituita sulla base dei “millesimi di proprietà”. Nel prosieguo della delibera, però, lo stesso amministratore aveva utilizzato anche la terminologia “millesimi di gestione”. A parere della condomina ricorrente, quindi, non vi sarebbe stata chiarezza sui criteri utilizzati per verificare la sussistenza dei quorum costitutivo e deliberativo dell'assemblea e la delibera sarebbe quindi stata nulla.

Il Tribunale prima, e la Corte d'Appello in seguito, sconfessavano completamente tale interpretazione. Secondo i giudici di merito, infatti, tale terminologia sarebbe stata consentita in quanto era chiara la differenziazione tra i millesimi di proprietà (ossia che rispecchiavano il valore delle singole proprietà private) e quelli di gestione (che erano invece relativi a specifici servizi, come l'ascensore). La sussistenza di varie specie di millesimi e di varie tabelle, peraltro, era già un dato assodato nel Condominio e tale metodologia era stata pacificamente già utilizzata in passato. Aggiungeva la Corte d'Appello che, in ogni caso, i millesimi necessari per la costituzione dell'assemblea sarebbe comunque stati presenti a prescindere dalla terminologia utilizzata per la loro identificazione.

Nonostante la duplice bocciatura rimediata nei due gradi di merito, la condomina decideva di sottoporre la questione alla Corte di Cassazione. Essa quindi depositava ricorso incentrato sulla presunta erroneità della valutazione della Corte d'Appello con riguardo alle «norme riguardanti il valore proporzionale, espresso in millesimi, delle unità immobiliari all'interno del Condominio» e sulla presunta violazione dell'articolo 2909 c.c. «sul profilo riguardante la pretesa esistenza di una doppia tabella di proprietà e di gestione».

Con la sentenza in commento la Cassazione rigettava integralmente il ricorso proposto. Secondo la Cassazione, infatti, il Giudice d'Appello aveva correttamente valutato la questione e la sentenza espressa era scevra di errori.

E' circostanza comune e accettata, infatti, che nei Condomini esistano più tabelle millesimali.

Una tabella, solitamente chiamata “tabella generale” rappresenta il valore proporzionale di ciascuna proprietà.

Esistono poi varie tabelle che rappresentano specificamente la suddivisione dei millesimi sulla base dell'utilizzo di alcuni servizi quali l'ascensore, le scale o la fognatura. Tali servizi possono essere fruiti in maniera differente dai vari condomini ed è corretto che tale differenziazione venga rappresentata numericamente.

Quanto alla tabella generale, invece, questa non ha alcun valore dispositivo negoziale, ma – come più volte specificato dalla giurisprudenza (si veda ad esempio Cass. Sez. Unite, 18477/2010) – ha valore meramente ricognitivo della realtà esistente.

In poche parole, quindi, ogni Condominio ha di per sé una suddivisione millesimale e le tabelle non rappresentano che una ricognizione della realtà dei rapporti proporzionali tra le varie proprietà con riguardo alle parti comuni.

Secondo la Cassazione, se il condomino intende contestare la consistenza dei millesimi egli deve farlo azionando direttamente la proceduraex art. 69 disp. att. c.c. e ottenere una eventuale modifica.

In caso di impugnazione della delibera assembleare, invece, non è sufficiente lamentare un presunto errore di valutazione delle tabelle millesimali in quanto, come specificato nella commentanda sentenza, l'onere della prova su eventuali vizi della costituzione o della votazione assembleare incombe sul ricorrente.

La Cassazione – sul punto - specificava che «il condomino che impugna una deliberazione dell'assemblea, deducendo vizi relativi alla regolare costituzione o alla approvazione con maggioranza inferiore a quella prescritta, ha l'onere di provare la carenza dei quorum stabiliti nell'art. 1136 c.c., alla stregua del valore proporzionale delle unità immobiliari dei condomini intervenuti in rapporto al valore dell'intero edificio, senza che abbia rilievo in proposito l'esistenza di una “tabella di proprietà” e di eventuali “tabelle di gestione” le quali hanno, di regola, valore puramente dichiarativo dei criteri di calcolo stabiliti dalla legge per determinati beni o impianti destinati a servire i condomini in misura diversa o soltanto una parte dell'intero fabbricato, e servono soltanto ad agevolare lo svolgimento delle assemblee e la ripartizione delle spese ad essi relativi».

Alla luce di quanto sopra riportato la Cassazione – confermando la decisione d'Appello - rigettava integralmente il ricorso e condannava la ricorrente a sostenere le spese della lite.

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