Le misure cautelari nel concordato preventivo
11 Ottobre 2023
Il giudizio si inquadra nel contesto di un procedimento di concordato preventivo con riserva instaurato ai sensi dell'art. 44 CCII. Il giudice, prima dell'instaurazione del contraddittorio tra le parti, aveva accolto la domanda cautelare del debitore volta ad ottenere una inibitoria, nei confronti delle creditrici, in relazione a qualsivoglia iniziativa stragiudiziale o giudiziale volta alla risoluzione del contratto, per qualsivoglia titolo contrattuale o legale, in ragione del mancato pagamento dei canoni antecedenti alla domanda con riserva del debitore ex art. 44 CCII, così come ogni altra iniziativa o azione comunque volta o finalizzata alla restituzione dell'immobile. Il giudice aveva accolto la domanda sottolineando, inter alia, due aspetti: (i) la stretta funzionalità della inibitoria ad assicurare l'attuazione dell'eventuale sentenza di omologazione del concordato in continuità diretta proposto dal debitore; (ii) che la posizione del singolo creditore, specie se strategico, debba recedere rispetto alla posizione del debitore che abbia fatto accesso ad una procedura collettiva di regolazione della crisi alternativa alla liquidazione giudiziale, tantopiù quando tale procedura sia volta alla conservazione dei valori aziendali mediante la continuità d'impresa. Instaurato il contraddittorio delle parti e assunta, al termine dello stesso, riserva per la decisione sulla domanda cautelare, il giudice conferma quanto già ritenuto, soggiungendo alcune considerazioni sul tema delle misure cautelari. In particolare, il giudice trentino, nel richiamare la distinzione tra le misure cautelari e le misure protettive tracciata dal CCII all'art. 2, lett. p) e q), ricorda che “la misura cautelare invocata nell'ambito di una procedura di concordato preventivo (…) va correlata, in chiave strumentale e anticipatoria – e alla stregua dell'ordinario strumento cautelare atipico di cui all'art. 700 c.p.c. – alla sentenza di omologazione del concordato preventivo stesso, e in definitiva deve mirare a consentire che il diritto del debitore di accesso allo strumento di regolazione della crisi non possa subire un irreparabile pregiudizio, ossia essere definitivamente frustrato”. Ciò che emerge da tale quadro è che il debitore non può trovare quale unica forma di tutela nei confronti delle controparti di contratti essenziali per la continuità dell'impresa, quella prevista dall'art. 94-bis, comma 2, CCII (norma che descrive l'effetto automatico conseguente all'applicazione di misure protettive). Così argomentando, per absurdum, la scadenza del termine dei 12 mesi di cui all'art. 8 CCII lascerebbe il debitore, e la procedura da questi iniziata, in balia della volontà delle controparti contrattuali. Peraltro, considera il giudice che, nel caso di specie, l'istanza cautelare proposta tende ad una compromissione sproporzionata dei diritti della controparte laddove mira ad impedire “qualsiasi azione stragiudiziale o giudiziale volta alla risoluzione del contratto”. Infatti, una inibizione nelle tutele della controparte eccessivamente rigida potrebbe determinare un ingiustificato pregiudizio delle ragioni creditorie. La tutela cautelare accordabile deve, quindi restare confinata nell'ambito dei possibili effetti conseguibili all'esito della procedura concorsuale pendente. Per tale ragione, il giudice accoglie parzialmente l'istanza cautelare proposta, inibendo alle creditrici “di conseguire o comunque di fare valere (…) gli effetti di una eventuale risoluzione del contratto, per qualsivoglia titolo contrattuale o legale esse possa intervenire, in ragione del mancato pagamento dei canoni antecedenti alla domanda con riserva ex art. 44 CCII, così come ogni atra iniziativa o azione comunque volta o finalizzata alla restituzione dell'immobile”. |