Legittima la convalida dell’arresto in assenza di relazione orale dell’ufficiale di polizia giudiziaria

13 Ottobre 2023

La questione affrontata dalla pronuncia in esame si concentra sulla possibilità di celebrare validamente l'udienza di convalida dell'arresto in caso di mancanza della relazione orale dell'ufficiale di polizia giudiziaria che ha proceduto all'atto.

Massima

Nella procedura prevista dall'art. 558 comma 1 c.p.p. la relazione orale può essere sostituita dal verbale di arresto ove acquisito da parte del giudice, poiché essa non condiziona la validità della decisione che il giudice è chiamato ad adottare, né la sua mancanza costituisce ostacolo alla prosecuzione del giudizio e alla convalida del provvedimento.

Il caso

Nel corso di un giudizio direttissimo, il Giudice non ha convalidato l'arresto perché non era stata svolta la relazione orale prevista dall'articolo 558, comma 3 c.p.p., stante l'assenza in aula dell'ufficiale di Polizia Giudiziaria che aveva eseguito l'atto.

Il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la relazione orale può essere svolta non solo dall'ufficiale di polizia giudiziaria che ha proceduto all'arresto ma altresì da quello che ha avuto in consegna l'arrestato.

La Corte di cassazione ha annullato il provvedimento del Tribunale, ritenendo illegittimo il diniego di convalida del Giudice di prime cure, anche se per ragioni differenti da quelle addotte nel ricorso.

In motivazione

Il ragionamento seguito dalla Corte nella motivazione del provvedimento in esame parte dalla confutazione della tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui in caso di impossibilità dell'ufficiale giudiziario che ha proceduto all'arresto di presenziare all'udienza di convalida, la relazione orale possa essere svolta in sua vece da altro ufficiale di polizia giudiziaria del medesimo ufficio che non abbia partecipato all'esecuzione dell'atto ma abbia avuto l'arrestato “in consegna”.

In realtà, si legge nella motivazione del provvedimento della Corte, il riferimento contenuto nell'art. 558 comma 1, c.p.p. che prevede la relazione orale da parte di chi ha eseguito l'arresto o lo ha “preso in consegna” deve ritenersi come richiamo non a chi, in caserma, abbia ricevuto l'arrestato per tradurlo nella camera di sicurezza bensì al ben diverso (e molto più raro) caso di arresto eseguito da privati nelle ipotesi previste dall'articolo 383 del codice di procedura penale.

Solo nel caso in cui sia un privato ad avere arrestato l'indagato e lo abbia poi “consegnato” alla Polizia Giudiziaria, sarà uno degli ufficiali di P.G. che ha “preso in consegna” dal privato l'arrestato a recarsi in aula per riferire al giudice in sede di convalida le fasi successive all'arresto.

Non vi è spazio per ricostruzioni alternative quale quella propugnata dal ricorrente.

Militano in tal senso sia il dato letterale che la ratio della norma, dettata per consentire al giudice in fase di convalida di ascoltare l'accaduto da chi ha partecipato direttamente all'esecuzione dell'arresto stesso.

Tanto premesso, la Corte esamina le conseguenze della eventuale impossibilità – come nel caso di specie – dell'ufficiale che ha eseguito l'arresto di presenziare all'udienza di convalida.

Esaminando la norma di riferimento (art. 558 c.p.p.), si legge ancora in motivazione, emerge che l'autorizzazione del giudice all'ufficiale di polizia giudiziaria a rendere relazione orale non è prevista come fase obbligatoria del giudizio di convalida, ben potendo il procedimento essere instaurato anche mediante presentazione diretta dell'arrestato da parte del Pubblico Ministero: in questo ultimo caso la procedura dell'udienza di convalida è mutuata, per espresso riferimento contenuto nel quarto comma dell'articolo 558, da quella prevista per l'udienza di convalida disciplinata dall'art. 391 c.p.p., che non fa menzione di alcuna relazione orale.

Da ciò si evince che la presenza in aula dell'ufficiale di polizia giudiziaria nel giudizio di convalida dell'arresto non è obbligatoria e che la relazione orale può dunque anche non avere luogo, senza che ciò infici la validità del procedimento.

Conseguentemente, l'ordinanza con cui il giudice ha negato la convalida dell'arresto per mancanza della relazione orale deve essere annullata.

La questione

La questione in esame è la seguente: è possibile celebrare validamente l'udienza di convalida dell'arresto in caso di mancanza della relazione orale dell'ufficiale di polizia giudiziaria che ha proceduto all'atto?

Le soluzioni giuridiche

Nel giudizio di convalida dell'arresto, per facilitare la formazione del convincimento del decidente, è previsto che questi autorizzi l'ufficiale che ha proceduto all'arresto ad una relazione orale.

È tuttavia possibile che l'ufficiale di polizia che ha proceduto all'arresto non sia presente in udienza, ad esempio perché rimasto ferito nelle fasi dell'arresto (come nel caso di specie).

Secondo una prima ricostruzione, in casi simili non si potrebbe procedere alla convalida, mancando una fase essenziale del procedimento.

Secondo altra impostazione, accolta dalla Corte di cassazione, la relazione orale potrebbe essere omessa e sostituita dalla lettura degli atti a disposizione del giudice.

Osservazioni

Tutti gli ordinamenti giuridici prevedono che il soggetto riconosciuto colpevole di un reato possa essere assoggettato ad una pena detentiva: la privazione della libertà personale è anzi la risposta di gran lunga prevalente della collettività alla violazione dei precetti che sono inseriti nel codice penale.

La Costituzione disciplina le ipotesi in cui l'effetto della pena è anticipato ad un momento antecedente l'affermazione della responsabilità penale: si tratta dei casi che, con terminologia oggi ritenuta obsoleta, l'ultimo comma dell'articolo 13 definisce “carcerazione preventiva” e che nei lavori preparatori dell'assemblea costituente era stata evocata come “immoralità necessaria”.

Immoralità che consiste non nella detenzione in sé, ma nella sua esecuzione prima di avere accertato la responsabilità dell'imputato.

Il punto di maggior torsione tra le esigenze di garanzia sottese alla riserva di giurisdizione della norma costituzionale richiamata e quelle di tutela dell'ordine pubblico si verifica quando la collettività è messa in pericolo dall'azione di un individuo in modo così grave ed immediato che non è possibile nemmeno attendere un provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria in via cautelare.

Si tratta dei non rari casi in cui la risposta deve essere necessariamente affidata alle forze dell'ordine, il che comporta la necessità di prevedere una tutela dai possibili abusi negli arresti e dai ritardi nella consegna del soggetto privato della libertà all'autorità giurisdizionale.

Il problema è stato risolto prevedendo una scansione “momento per momento” del procedimento che dall'atto di polizia che priva il cittadino della libertà personale porta alla presa in carico del soggetto da parte dell'autorità giudiziaria.

La previsione costituzionale secondo cui i provvedimenti emessi da autorità di polizia sono consentiti solo “in casi eccezionali di necessità ed urgenza indicati tassativamente dalla legge” è completata da quella del codice di procedura penale che ha circoscritto tali casi alle ipotesi di arresto in flagranza di reato e di fermo di indiziato di delitto.

Solo quando si è in presenza di un delitto in corso di consumazione o appena consumato o se esiste un concreto pericolo di fuga è possibile privare un soggetto della libertà personale senza attendere il provvedimento dell'autorità giudiziaria.

Inoltre, se la situazione di eccezionale urgenza legittima l'adozione di provvedimenti siffatti, essi hanno comunque una durata estremamente limitata nel tempo, perché perdono efficacia se l'atto non viene trasmesso entro 48 ore all'autorità giudiziaria e se quest'ultima non lo convalida (ed eventualmente lo sostituisce con una propria ordinanza) entro le successive 48 ore.

Il procedimento di convalida dell'arresto è dunque connotato da tempi estremamente ridotti, imposti dal dettato costituzionale – caposaldo del nostro ordinamento – che impedisce la restrizione della libertà personale in assenza di un provvedimento del giudice se non per casi eccezionali e comunque ne limita la validità a poche decine di ore dal suo inizio.

Pertanto, occorre in un lasso di tempo estremamente ridotto consentire l'instaurazione di un contraddittorio tra le parti tale da consentire al giudice di verificare se l'arresto è avvenuto legittimamente e procedere, in caso di riscontro positivo, alla convalida dell'arresto, ponendo fine alla pericolosa fase in cui la libertà personale è stata compressa per un provvedimento di polizia.

Il giudizio di convalida prevede dunque che l'arrestato sia immediatamente portato davanti ad un giudice il quale dovrà esaminare gli atti ed ascoltare le parti prima di decidere.

In questo contesto si inserisce la previsione di una relazione orale da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto: l'articolo 558, terzo comma prevede infatti che il giudice, in sede di convalida, autorizzi l'ufficiale di polizia giudiziaria a narrare in aula, prima che sia data parola all'arrestato, le fasi dell'arresto.

Il termine “autorizza” (in luogo di “può autorizzare”) sembra implicare una imprescindibilità di questa fase, ed in questo senso si è orientato nel caso di specie il Giudice della convalida, ritenendo che laddove non sia possibile espletare questa fase ne risulti inficiata la validità dell'intero procedimento.

La Cassazione con la pronuncia in esame ha invece precisato che può esservi giudizio di convalida anche in assenza di relazione orale, non solo nel caso di impossibilità per l'ufficiale di polizia giudiziaria di recarsi in udienza ma in ogni caso.

Il richiamo compiuto alla disciplina dell'art. 391 c.p.p. di cui si è detto innanzi consente di compiere un ulteriore passo in avanti logicamente, fino a concludere che la relazione orale sia una fase meramente facoltativa, eludibile ogni volta che il giudice ritenga di operare il suo giudizio di convalida basandosi solo sugli atti scritti, in primis il verbale di arresto, il cui contenuto è in buona sostanza doppiato dalla eventuale relazione orale.

In definitiva, secondo il ragionamento della Suprema Corte, gli ufficiali di PG sono presenti in aula nel giudizio di convalida perché sono responsabili dell'arrestato e sono incaricati di portarlo in udienza al cospetto del giudice e delle parti.

La loro presenza non è dunque finalizzata allo svolgimento di una relazione orale – che potrebbe non avvenire se il giudice la ritiene superflua se i fatti risultano già sufficientemente chiari dal verbale scritto.

Va ancora rilevato in proposito che l'art. 558 c.p.p., che prevede la relazione orale, si occupa del giudizio di convalida dell'arresto nei soli casi di giudizio innanzi al Tribunale in composizione monocratica e costituisce in questo senso deroga alla disciplina generale della convalida prevista (per i reati di competenza collegiale) dall'articolo 449 c.p.p.

Ebbene, nell'articolo 449 viene descritta come modalità di instaurazione del giudizio di convalida solo quella che avviene mediante presentazione da parte del pubblico ministero.

Non è dunque possibile in queste ipotesi che sia la Polizia Giudiziaria a portare l'arrestato al cospetto dell'organo decidente.

Conseguentemente, anche in questi casi – come già si è visto per l'udienza di convalida dell'art. 391 c.p.p. – la relazione orale non è menzionata, ciò che conferma a fortiori l'idea che si tratti di fase non necessaria alla convalida dell'arresto né connaturata alla stessa.

Per i reati monocratici, come si è visto, è prevista una procedura meno garantita e più veloce, in considerazione della minore gravità dei reati: la polizia giudiziaria può portare direttamente l'arrestato in udienza, senza intermediazione del Pubblico Ministero (che di fatto viene contattato telefonicamente attraverso il cellulare di turno).

Ma anche in questi casi, così come in quelli più importanti disciplinati dall'articolo 449, sarà il verbale di arresto a fungere da guida per il giudizio sulla convalida cui è chiamato il Tribunale e non la relazione orale, semplice atto previsto ad adiuvandum ed in via eventuale.

Non si tratta infatti di un'anticipazione del contraddittorio: pur essendo di fatto analoga ad una testimonianza, la relazione orale non è soggetta alle regole dell'art. 499 c.p.p. e soprattutto a quelle dettate dall'articolo 497, che obbliga il testimone ad impegnarsi a dire la verità mediante formula sacramentale.

Anche queste caratteristiche rendono l'atto di cui si tratta un qualcosa di eccentrico rispetto all'istruttoria dibattimentale vera e propria, confermandone la natura accessoria e non necessaria.

Infine, la Corte di cassazione ha censurato l'operato del giudice di primo grado che, dopo aver ritenuto il verbale di arresto inutilizzabile o comunque insufficiente ad un giudizio sull'arresto, ha poi sulla base del solo verbale di arresto deciso sulla richiesta di applicazione di misura cautelare personale che dell'udienza di convalida ha costituito l'epilogo.

Se il mero verbale di arresto, senza relazione orale, è sufficiente all'adozione di un atto di compressione della libertà personale valevole per il futuro, a maggior ragione deve essere ritenuto sufficiente per giudicare se vi sono gli estremi per convalidare l'arresto, atto che per lo meno per i limitati effetti temporali deve ritenersi meno incisivo sulla libertà personale.

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