Sull’obbligo di gestione conservativa della società

La Redazione
13 Ottobre 2023

La pronuncia della Corte d'Appello di Trento si concentra sul disposto dell'art. 2486 c.c. che, in presenza di una causa di scioglimento, impone agli amministratori di una società di capitali una “gestione conservativa”, analizzando la portata di tale espressione, ben diversa da quella contenuta nel previgente art. 2449 c.c., che parlava invece di “divieto di nuove operazioni”.

La prosecuzione dell'impresa sociale ed il successivo compimento di atti negoziali da parte degli amministratori dopo una causa di scioglimento non costituisce in quanto tale violazione dell'art. 2486 c.c., sicché essa non può definirsi di per sé "indebita" o addirittura "illegittima": lo diventa solo qualora non si sia svolta in termini conservativi, ossia in funzione della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale.

L'obbligo di gestione conservativa, imposto agli amministratori dall'art. 2486 c.c., non si concretizza unicamente in atti aventi finalità liquidatoria o necessari per portare a compimento attività già indiziate: anche in considerazione del fatto che la norma prevede la conservazione del potere di gestione in capo agli amministratori – sia pure in funzione conservativa - non possono ritenersi vietati gli atti che determinino la nascita di nuovi rapporti giuridici con assunzione di ulteriori vincoli, o che comportino un nuovo rischio d'impresa, o che siano preordinati al conseguimento di nuovi utili.

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