Sezioni Unite: nei reati tributari il sequestro prevale sul fallimento

La Redazione
20 Ottobre 2023

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 40797 dello scorso 22 giugno, depositata il 6 ottobre, hanno risolto un noto contrasto interpretativo in tema di rapporto di prevalenza tra l’effetto ablatorio conseguente al sequestro preventivo finalizzato alla confisca in materia di reati tributari e il vincolo sui beni del debitore derivante dalla procedura fallimentare.

Con ordinanza del 29 novembre 2022 la Terza sezione penale della Corte di cassazione aveva rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione di diritto: “Se, in caso di dichiarazione di fallimento intervenuta interiormente alla adozione di provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari e riguardante beni attratti alla massa fallimentare, l'avvenuto spossessamento del debitore erariale per effetto dell'apertura della procedura concorsuale osti al sequestro stesso, ovvero se, invece, il sequestro debba comunque prevalere attesa la obbligatorietà della confisca cui la misura cautelare è diretta”.

Con decreto del 2 marzo 2023 il Presidente aggiunto aveva assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali che, con la pronuncia del 22 giugno 2023, depositata il 6 ottobre 2023, si sono pronunciate esprimendo il principio di diritto: “L'avvio della procedura fallimentare non osta all'adozione o alla permanenza, se già disposto, del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca relativa ai reati tributari”.

La questione, assai dibattuta nella giurisprudenza della Corte di cassazione, era stata già stata oggetto di diverse pronunce delle Sezioni Unite (Cass., sez. un., 25 maggio 2004, n. 29951, Focarelli; Cass., sez. un., 25 settembre 2014, n. 11170, Uniland; Cass., sez. un., 26 settembre 2019, n. 45936, Fallimento Mantova Petroli S.r.l. in liquidazione).

Per comprendere l'oggetto del contrasto interpretativo occorre prendere le mosse dal dato testuale dell'art. 12-bis, comma 1, d.lgs. n. 74/2000 in forza del quale, in caso di condanna per uno dei delitti previsti dallo stesso decreto, “è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato (…)”. Il nodo interpretativo che le SS.UU. sono chiamate a sciogliere sta, dunque, proprio nel comprendere se i beni attratti alla massa fallimentare possano o meno considerarsi come “appartenenti a persona estranea al reato”.

In primo luogo, le SS.UU. tolgono valore ad uno degli argomenti cui più di recente la giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., sez. III, 26 novembre 2021, n. 3575, Commisso) ha fatto ricorso per sostenere la prevalenza delle misure ablatorie, ovvero quello che, attribuendo alle norme del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza una rilevanza sul piano logico-sistematico estesa anche alle vicende sorte prima della sua entrata in vigore, ritiene che il principio di prevalenza del sequestro preventivo trovi conforto e giustificazione, oltre che nell'argomento principale della obbligatorietà della confisca cui è finalizzata la misura, nelle nuove disposizioni di cui agli artt. 317 ss. del CCII

Pur ammesso, infatti che “dalla data del 15 luglio 2022 (data di entrata in vigore della peculiare disciplina dettata dagli artt. 317 ss. del c.c.i.) vige una unitaria disciplina di carattere generale che regola i rapporti tra sequestro preventivo a fini di confisca e dichiarazione di liquidazione giudiziale, ovvero quella contenuta negli artt. 63 ss. d.lgs. n. 159 del 2011, anch'essi opportunamente rimodulati, con inequivocabile prevalenza dello strumento penale”, le Sezioni Unite dichiarano tuttavia che “appare opinabile ricorrere alla nuova disciplina per inferirne criteri interpretativi con riferimento alle vicende insorte in precedenza(…)” e che “sino a quando una norma non entri in vigore ne è precluso ogni effetto, anche solo di ordine interpretativo, dell'assetto precedente”.

Piuttosto, ritengono i Giudici, il sequestro preventivo funzionale alla confisca del profitto dei reati tributari ex art. 12-bis, comma 1, d.lgs. n. 74/2000 prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene, sia nel caso di liquidazione giudiziale che per effetto della ammissione al concordato preventivo, “in ragione della natura obbligatoria della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro”.

Affermano dunque le SS.UU. che “la deprivazione dell'amministrazione e della disponibilità dei beni, vincolati dalla procedura concorsuale a garanzia dell'equa soddisfazione dei creditori mediante l'esecuzione forzata, non esclude che il fallito ne conservi la titolarità sino al momento della vendita o dell'assegnazione ai creditori. I beni del fallito, dunque, sebbene acquisiti alla procedura concorsuale, non possono qualificarsi, per quanto appena precisato, come «beni appartenenti a persona estranea al reato»”.

D'altra parte, la legittimazione del curatore all'impugnazione dei provvedimenti impositivi di cautele reali “non vale ad alterare l'assetto dei rapporti tra procedura fallimentare e sequestro penale, dovendosi ribadire che la misura ablatoria reale, in virtù del suo carattere obbligatorio, da riconoscere sia alla confisca diretta che a quella per equivalente, è destinata a prevalere su eventuali diritti di credito gravanti sul medesimo bene, a prescindere dal momento in cui intervenga la dichiarazione di fallimento, non potendosi attribuire alla procedura concorsuale che intervenga prima del sequestro effetti preclusivi rispetto all'operatività della cautela reale disposta nel rispetto dei requisiti di legge, e ciò a maggior ragione nell'ottica della finalità evidentemente sanzionatoria perseguita dalla confisca espressamente prevista in tema di reati tributari, quale strumento volto a ristabilire l'equilibrio economico alterato dal reato”.

Concludono le SS.UU. affermando che “l'obbligatorietà della confisca del profitto dei reati tributari comporta la prevalenza del vincolo penalistico rispetto ai diritti incidenti, per effetto della pendenza di una procedura concorsuale, sul patrimonio del soggetto sottoposto alla cautela reale, proprio perché i beni restano nella titolarità del fallito e non "passano" al curatore, essendo quindi necessario sottrarli al primo, non potendosi applicare la deroga del "terzo estraneo" di cui all'art. 12-bis, d.lgs. n. 74 del 2000”.

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