Riconosciuto al viaggiatore il danno esistenziale per il maxi-ritardo del treno
20 Ottobre 2023
La tratta da percorrere era la Roma Termini-Cassino e ci sono volute quasi 24 ore a coprire il tragitto. Il fatto è avvenuto nell'inverno del 2012 e vede protagonista una donna che, mettendosi in viaggio sul treno regionale, rimaneva bloccata sullo stesso per il tempo lunghissimo di quasi un'intera giornata a causa del maltempo, senza ricevere alcuna assistenza. Al termine dell'esperienza patita, la passeggera si rivolgeva al giudice di pace locale che condannava Trenitalia al rimborso del biglietto (poco più di 5 euro) più 400 euro come risarcimento per il subito “danno esistenziale”. Verso tale pronuncia proponeva appello la società, deducendone l'insussistenza, ma l'impugnazione veniva respinta. In Cassazione la società ricorrente sottolinea la non imputabilità dell'inadempimento delle «obbligazioni di assistenza ai passeggeri in caso di ritardo superiore ai sessanta minuti, a fronte dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione per evento fortuito a causa di forza maggiore». La Corte di Cassazione stabilisce a riguardo che il Tribunale, anche richiamando la decisione di prime cure dove constatava «l'oggettività del ritardo di quasi ventiquattro ore» e «l'omissione di ogni adeguata assistenza», aveva aggiunto che i bollettini metereologici erano stati sufficientemente chiari da «indurre l'esercente il servizio di trasporto ferroviario […] a predisporre, con precauzionale diligenza, misure organizzative di assistenza, indipendentemente, cioè, dalla possibilità di porle in essere, in forma ridotta, una volta concretizzata la situazione di emergenza». Sul risarcimento del danno non patrimoniale derivante da inadempimento del contratto, la Suprema Corte sottolinea che la tutela riparatoria del danno non patrimoniale, estesa a situazioni giuridiche soggettive di rango costituzionale lese senza condotte integranti reato, risponde alla «tutela della libertà di autodeterminazione e di movimento che trova riconoscimento nella superiore normativa della Carta costituzionale». Il Tribunale ha pertanto ritenuto il travagliato viaggio di quasi ventiquattro ore continuative in condizioni di carenza di cibo, riscaldamento e possibilità di riposare, «un'offesa effettivamente seria e grave all'individuabile e sopra rimarcato interesse protetto» tale da non tradursi in frammentati disagi, fastidi e generica insoddisfazione. Sull'obiezione mossa dalla società, imperniata sul disposto dell'art. 1227 c.c., in tema di concorso colposo del creditore (la ricorrente ha sostenuto che la creditrice doveva astenersi dal mettersi in viaggio) per la Corte «era in ogni caso inesigibile, in quanto le informazioni fornitele non erano tali da far prevedere che il tragitto non si sarebbe concluso in tempi ragionevoli». Infine, la Suprema Corte sottolinea che la normativa nazionale e comunitaria in tema di tutela cui è tenuto il prestatore del servizio di trasporto ferroviario «è volta ad assicurare forme di «indennizzo» per le ipotesi di cancellazione o interruzione o ritardo nel servizio, ma non anche a impedire che, qualora ne sussistano i presupposti, sia accolta la domanda giudiziale di risarcimento di ulteriori pregiudizi tutelati e lesi». Il ricorso va pertanto rigettato. (Fonte: Diritto e Giustizia) |