La nuova competenza nell'espropriazione forzata di crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni

23 Ottobre 2023

Il giudice dell’esecuzione ha dovuto verificare se la regola da applicare per individuare il tribunale territorialmente competente in relazione a un pignoramento presso terzi che vedeva come debitore esecutato una pubblica amministrazione fosse quella dettata dal comma 1 o dal comma 2 dell’art. 26-bis c.p.c.

Massima

In caso di espropriazione mobiliare presso terzi promossa contro amministrazioni statali (centrali o periferiche) per le quali è previsto il patrocinio ex lege dell'Avvocatura dello Stato o contro le regioni, la competenza per territorio va determinata in base all'art. 26-bis, comma 1, c.p.c., mentre per tutti gli altri enti pubblici, sulla base della regola generale dettata dall'art. 26-bis, comma 2, c.p.c., è competente il giudice del luogo in cui ha sede l'amministrazione debitrice.

Il caso

Nell’ambito di un’espropriazione mobiliare presso terzi promossa contro una pubblica amministrazione debitrice avente sede nel circondario del Tribunale di Crotone e per la quale non era previsto il patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura dello Stato, il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Catanzaro sollevava d’ufficio la questione preliminare della competenza per territorio del giudice presso cui era stata radicata la procedura esecutiva.

La questione

Il giudice dell'esecuzione ha dovuto verificare se la regola da applicare per individuare il tribunale territorialmente competente in relazione a un pignoramento presso terzi che vedeva come debitore esecutato una pubblica amministrazione fosse quella dettata dal comma 1 o dal comma 2 dell'art. 26-bis c.p.c.

Le soluzioni giuridiche

Con l'ordinanza che si annota, il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Catanzaro ha ritenuto che l'espropriazione mobiliare presso terzi dovesse essere incardinata innanzi al Tribunale di Crotone, in applicazione di quanto stabilito dall'art. 26-bis, comma 2, c.p.c.

La motivazione posta a fondamento della decisione assunta si articola nei seguenti passaggi: 1) il riformato art. 26-bis, comma 1, c.p.c. rinvia all'art. 413, comma 5, c.p.c. per l'individuazione delle amministrazioni pubbliche contro le quali l'espropriazione forzata di crediti va radicata presso il foro del creditore, onde evitare la concentrazione delle procedure esecutive in pochi tribunali di grandi città; 2) alla genericità della nozione di pubbliche amministrazioni contenuta nel richiamato comma 5 dell'art. 413 c.p.c. fa da contraltare il riferimento, nel comma 1 dell'art. 26-bis c.p.c., all'Avvocatura dello Stato, che ha da intendersi come diretto a limitare la regola di competenza ivi dettata alle sole amministrazioni pubbliche legittimate ad avvalersi del suo patrocinio; 3) di conseguenza, l'esecuzione va radicata presso il tribunale del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede solo quando debitrice sia un'amministrazione statale (centrale o periferica) con patrocinio obbligatorio o una regione; 4) in tutti gli altri casi, varrà la regola generale dettata dal comma 2 dell'art. 26-bis c.p.c., essendo competente il giudice del luogo in cui l'ente debitore ha la propria sede.

Osservazioni

A seguito dell'introduzione – a opera dell'art. 19, comma 1, lett. b), d.l. n. 132/2014, convertito, con modificazioni, in l. n. 162/2014 – dell'art. 26-bis c.p.c., il legislatore ha dettato una regola specifica per l'individuazione del giudice territorialmente competente per l'espropriazione forzata di crediti.

La norma, così come da ultimo modificata dall'art. 1, comma 29, l. n. 206/2021, stabilisce che:

– la regola generale, dettata dal comma 2, è quella per cui è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede (in precedenza, la competenza apparteneva al giudice del luogo in cui risiedeva o aveva la sede il terzo pignorato e la modifica si spiega con la previsione della possibilità per lo stesso di rendere la dichiarazione di quantità, anziché – come stabilito in precedenza in modo tassativo – comparendo in udienza davanti al giudice dell'esecuzione, mediante lettera raccomandata o messaggio di posta elettronica certificata inviata al creditore procedente);

– il comma 1 detta una regola speciale, in base alla quale, quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 413, comma 5, c.p.c., è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

In primo luogo, va sottolineato come ilrilievo officioso della questione di competenza sia consentito solo in occasione della prima udienza di comparizione delle parti indicata nell'atto di pignoramento (eventualmente differita d'ufficio) e non oltre, in virtù di quanto stabilito dall'art. 38, comma 3, c.p.c. (reputato applicabile anche al processo esecutivo), visto che, tanto nel processo di cognizione, quanto in quello di esecuzione, non è ammesso il mero rinvio dell'udienza, che non sia giustificato dal mancato completamento delle verifiche, degli adempimenti e delle attività che vi si devono compiere, con la conseguenza che, quando venga comunque disposto, in assenza di un'effettiva giustificazione di questo tipo, restano irrimediabilmente precluse le attività consentite sino a quell'udienza, ivi compreso il rilievo officioso dell'incompetenza per territorio inderogabile (così Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 2018, n. 26935).

In secondo luogo, quando il giudice dell'esecuzione rilevi la propria incompetenza, non deve dichiarare l'estinzione del processo esecutivo, ma indicare il diverso giudice che ritiene competente, giacché il carattere generale del principio della translatio iudicii di cui all'art. 50 c.p.c. deve consentirne la riassunzione innanzi allo stesso, con salvezza dell'atto di pignoramento che ha radicato la procedura esecutiva, sebbene presso un ufficio incompetente (in questi termini, Cass. civ., sez. VI, 4 aprile 2018, n. 8172, richiamata anche dalla succitata Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 2018, n. 26935).

In terzo luogo, è opportuno rammentare che la statuizione del giudice dell'esecuzione relativa alla competenza non viene considerata una vera e propria decisione, bensì un atto meramente ordinatorio interno al processo esecutivo che attiene al suo regolare svolgimento (e, dunque, al quomodo dell'esecuzione forzata): essa è, pertanto, impugnabile esclusivamente con l'opposizione ex art. 617 c.p.c., mentre non è ammissibile né l'istanza di regolamento di competenza di cui all'art. 42 c.p.c., né il conflitto di competenza sollevato d'ufficio ai sensi dell'art. 45 c.p.c. Poiché la questione di competenza vera e propria viene introdotta solo nel caso in cui il provvedimento del giudice dell'esecuzione sia stato gravato con l'opposizione agli atti esecutivi, il regolamento di competenza andrà proposto avverso la pronuncia di accoglimento o di rigetto di quest'ultima, che abbia disatteso o, al contrario, condiviso la valutazione del giudice dell'esecuzione negativa o affermativa della propria competenza sull'esecuzione forzata (Cass. civ., sez. VI, 3 dicembre 2021, n. 38368).

Venendo alla questione trattata dall'ordinanza che si annota, il creditore procedente aveva promosso l'espropriazione presso terzi innanzi al Tribunale di Catanzaro perché l'esecutato era un ente pubblico e in quella città aveva sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato.

Tuttavia, l'ente debitore, la cui sede si trovava nel circondario del Tribunale di Crotone, non poteva avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato; di qui, la necessità, per il giudice dell'esecuzione adito, di verificare se, a termini dell'art. 26-bis c.p.c., sussistesse o meno la propria competenza.

Innanzitutto, viene posta in rilievo l'ambiguità e l'incertezza del dato normativo, atteso che il comma 1 dell'art. 26-bis c.p.c., per individuare le pubbliche amministrazioni alle quali risulta applicabile la disposizione, rinvia all'art. 413, comma 5, c.p.c., a mente del quale “Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto”: essendo di tutta evidenza che la norma richiamata non indica alcuna specifica pubblica amministrazione, un'interpretazione conforme al principio di ragionevolezza – secondo il Tribunale di Catanzaro – non può che condurre a ritenere che l'art. 26-bis, comma 1, c.p.c. faccia riferimento alle sole amministrazioni statali.

Infatti, se la versione dell'art. 26-bis c.p.c. antecedente alle modifiche introdotte nel 2021, nel fissare per tutti i pignoramenti presso terzi contro le amministrazioni pubbliche la regola del foro del terzo debitor debitoris, si poneva perfettamente in linea con l'obiettivo – alla base della sua introduzione – di evitare la concentrazione presso un ristretto numero di tribunali (e, in particolare, di quello di Roma) delle esecuzioni promosse contro le amministrazioni statali, l'innovazione voluta dal legislatore, con il passaggio al foro del creditore, non può che essere letta come diretta a circoscriverla alle amministrazioni patrocinate ex lege dall'Avvocatura dello Stato.

Diversamente opinando, infatti, si avrebbe la concentrazione nelle sedi distrettuali di tutte le esecuzioni presso terzi nei confronti di qualsiasi pubblica amministrazione esistente nel territorio, indipendentemente dal fatto che fruisca o meno del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, in evidente contrasto con lo spirito deflattivo che ha condotto all'affermazione della regola speciale.

In definitiva, secondo il Tribunale di Catanzaro, l'elemento qualificante del comma 1 dell'art. 26-bis c.p.c., rivelatore della sua ratio e nel contempo limitante la sua portata, è proprio il riferimento al patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato, insieme a quello al foro del creditore, necessario al fine di sottrare – in funzione deflattiva – ai tribunali delle grandi città (e di Roma in particolare, in quanto sede dei ministeri e dei principali enti statali) un significativo numero di procedure esecutive coinvolgenti le pubbliche amministrazioni, senza con ciò comportarne lo spostamento ex abrupto presso i tribunali distrettuali.

In quest'ottica, il riferimento all'Avvocatura dello Stato assolve proprio allo scopo di delimitare il perimetro delle amministrazioni pubbliche – genericamente intese, giusta il tenore del richiamato comma 5 dell'art. 413 c.p.c. (che, dal canto suo, mantiene una sua intrinseca razionalità alla luce delle incertezze che avrebbe scontato una rigida elencazione delle amministrazioni patrocinate dall'Avvocatura dello Stato) – alle quali deve applicarsi la regola che radica la competenza per l'espropriazione forzata di crediti presso il tribunale del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

Si tratterà, pertanto, delle amministrazioni statali (centrali o periferiche) con patrocinio obbligatorio dell'Avvocatura dello Stato e delle regioni (ma non degli enti da queste dipendenti), per le quali pure, in virtù di quanto stabilito dall'art. 107 d.P.R. n. 616/1977 e dall'art. 10 l. n. 103/1979, è previsto il ricorso in via ordinaria al patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato.

Poiché, dunque, solo per le amministrazioni pubbliche debitrici che fruiscono per legge del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, il foro dell'espropriazione forzata di crediti è quello indicato dall'art. 26-bis, comma 1, c.p.c., valendo, quanto alle altre, la regola generale dettata dal successivo comma 2, nel caso di specie, il tribunale competente era quello di Crotone, ove aveva sede l'ente esecutato (non essendo questo né un'amministrazione statale, né un ente regionale).

Infine, il Tribunale di Catanzaro ha precisato che l'invariata clausola di salvezza tuttora contenuta nel comma 1 dell'art. 26-bis c.p.c., che continua a fare riferimento alle norme contenute in leggi speciali, ha da intendersi ora limitata a disposizioni quale quella contenuta nell'art. 14, comma 1-bis, secondo periodo, l. 31 dicembre 1996, n. 669, in base alla quale il pignoramento di crediti presso terzi promosso nei confronti di enti e istituti esercenti forme di previdenza e assistenza obbligatorie organizzati su base territoriale deve essere instaurato, a pena di improcedibilità rilevabile d'ufficio, esclusivamente innanzi al giudice dell'esecuzione della sede principale del tribunale nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento in forza del quale la procedura esecutiva è promossa.

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