Contratto di lavoro intermittente: le condizioni soggettive e oggettive ai fini dell’assunzione sono disgiunte e non necessariamente concorrenti
25 Ottobre 2023
Massima Le due condizioni (oggettiva e soggettiva) legittimanti la stipulazione di un contratto di lavoro intermittente devono ritenersi disgiunte e non necessariamente concorrenti. Il caso La questione scrutinata dalla Corte verte sull'interpretazione dell'art. 13 del decreto legislativo n. 81/2015, che disciplina le ipotesi in cui è ammessa la stipulazione di un contratto di lavoro intermittente, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro, che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente. Detta norma individua due ipotesi in cui è legittima la stipula del contratto di lavoro intermittente: la prima, di natura oggettiva, in cui il datore di lavoro utilizza la prestazione lavorativa del lavoratore in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, ovvero, ed in mancanza, dall'autorità amministrativa; la seconda, di natura soggettiva, legata all'età anagrafica del lavoratore (meno di 24 anni, purché le prestazioni siano svolte entro il venticinquesimo anno, ovvero con più di 55 anni). Nella fattispecie, la Corte di Appello di Milano, partendo dal presupposto della necessaria concorrenza – per la stipula del contratto – di entrambi i requisiti (sia di natura oggettiva che oggettiva), aveva dichiarato l'illegittimità di un contratto di lavoro intermittente a tempo determinato, una volta rilevata la ricorrenza dell'elemento oggettivo e viceversa l'assenza di quello soggettivo. Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione la società, con un unico motivo di ricorso, denunciando la violazione o falsa applicazione (ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.) dell'art. 13 del decreto legislativo n. 81/2015, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che la stipula del contratto intermittente fosse subordinata alla ricorrenza congiunta sia dell'elemento soggettivo che di quello oggettivo. Le questioni La questione sottoposta al vaglio della Corte riguarda l'interpretazione dell'art. 13 del decreto legislativo n. 81/2015, che espressamente prevede: a) al comma 1, che “Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali”. b) al comma 2, che “Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni”. La questione sottoposta alla Corte riguardava quindi l'interpretazione della disposizione normativa ed in particolare se le condizioni legittimanti l'assunzione mediante contratto intermittente – la prima di natura oggettiva, riguardante le ipotesi previste dalla contrattazione collettiva ovvero, in via sostitutiva, dall'autorità amministrativa e la seconda, viceversa, legata unicamente all'età anagrafica del lavoratore – dovessero necessariamente coesistere o meno. Le soluzioni giuridiche La Suprema Corte accoglie il motivo di ricorso proposta dalla società, riconoscendo l'errore sussuntivo compiuto dalla corte di merito ed affermando che i due requisiti (oggettivo e soggettivo) per la stipula di un contratto di lavoro intermittente devono ritenersi disgiunti e possono quindi non essere concorrenti. L'affermazione di tale principio di diritto parte dall'interpretazione letterale della norma scrutinata, quale prima opzione ermeneutica ex art. 12 delle preleggi. Correttamente, la Corte evidenzia che mentre nel primo comma dell'art. 18 del d.lgs. n. 81/2015 sono previsti – senza alcun cenno al limite di età, le “esigenze” e i “casi” in cui è consentito utilizzare tale tipologia contrattuale, nel secondo comma la norma prevede che si possa utilizzare il contratto di lavoro intermittente “in ogni caso”, ove il lavoratore possegga determinati requisiti anagrafici, e quindi prescindendo dalla ricorrenza del requisito oggettivo. Ciò comporta, secondo la Corte, che il requisito oggettivo e quello soggettivo per la stipula del contratto di lavoro intermittente non devono ritenersi concorrenti, potendo sussistere anche in maniera disgiunta. Sempre seguendo l'interpretazione letterale del dato normativo, la Corte evidenzia come la soluzione prescelta trovi ulteriore conferma nell'art. 15 del medesimo decreto, che testualmente rinvia a due distinte ipotesi di contratto intermittente, di natura oggettiva o soggettiva: anche in tale articolo, l'utilizzo della congiunzione disgiuntiva “o” conferma la scelta del legislatore di utilizzare due diverse tipologie di contratto di lavoro intermittente. L'analisi della Corte non si arresta tuttavia all'interpretazione letterale della norma, di per sé già chiara nel suo significato, poiché alle medesime conclusioni si arriva mediante un'interpretazione teleologica della stessa, valutandone le finalità che il legislatore ha assegnato a tale tipologia di lavoro flessibile, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia espressasi in tema di contratto intermittente. Come infatti evidenziato nella nota sentenza Abercrombie [CGUE, sentenza 19 luglio 2017, in C – 143/2016], gli stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità non solo nella scelta di perseguire uno scopo determinato fra altri in materia di politica sociale e di occupazione, ma altresì nella definizione delle misure atte a realizzarlo; sicché gli interventi normativi volti a favorire categorie di lavoratori più esposti al rischio di esclusione sociale devono ritenersi assistiti da una finalità legittima, che esclude qualsivoglia disparità di trattamento basata sull'età. Il contratto di lavoro intermittente “acausale” - id est legato al solo requisito anagrafico – deve quindi ritenersi, secondo quando affermato dalla Corte di Giustizia, uno strumento di ingresso facilitato nel mercato del lavoro per una categoria di soggetti (al di sotto dei 25 anni o al di sopra di 55 anni) che il legislatore ha ritenuto trovarsi in una situazione di svantaggio o comunque di maggiore difficoltà nell'inserimento nel mondo del lavoro. Tale essendo la ratio dell' istituto, risulta quindi confermato che l'assunzione mediante contratto intermittente di soggetti che abbiano l'età prevista dalla norma costituisca uno strumento di assunzione autonomo, che prescinda da ulteriori ragioni oggettive. Osservazioni La soluzione offerta dalla Corte risulta assolutamente aderente al dato normativo e si pone in motivato contrasto con altro precedente [Cass., sez. lav., ord. n. 28345/2020], in cui era stato affermato che il requisito anagrafico dovesse concorrere con le altre condizioni di natura oggettiva: affermazione tuttavia contenuta in un obiter dictum della sentenza, non approfondita nel giudizio in quanto irrilevante ai fini della decisione. Il percorso motivazionale contenuto nella sentenza appare, oltre che coerente con la lettera della legge, assolutamente condivisibile, nella misura in cui il dato letterale si coniuga – confermando l'interpretazione proposta – con le finalità assegnate dal legislatore al contratto di lavoro intermittente, quale tipologia flessibile di lavoro volta ad un più facile inserimento nel mondo del lavoro di soggetti con un'età anagrafica che rende più difficile la collocazione. La sufficienza di uno solo dei requisiti (oggettivo o soggettivo) per la stipula dei contratti di lavoro intermittente è stata peraltro da tempo sostenuta in dottrina; non altrettanto, va detto, è accaduto nella prassi amministrativa, ove viceversa si sono registrate differenti interpretazioni, spesso in contrasto tra loro. Riferimenti bibliografici P. ALBI, Lavoro intermittente, in F. CARINCI (a cura di), Commento al d.lgs. 15 giugno 2015 n. 81: le tipologie contrattuali e lo jus variandi, in ADAPT Labvour Studies, e-Book serier, 2015, n. 48, pp. 127 e ss.; R. VOZA, Gli ennesimi ritocchi alla disciplina del lavoro intermittente, in E. GHERA–D. GAROFALO (a cura di), Contratti di lavoro, mansioni e misure di conciliazione vita-lavoro nel Jobs Act 2, Bari, pp. 233 e ss. |