Spese mediche sostenute in strutture private e mancato ricorso a strutture del SSN: la Cassazione fa chiarezza sul rimborso

26 Ottobre 2023

La Suprema Corte si pronuncia su un tema delicato, ovvero la riconoscibilità delle spese mediche sostenute in strutture private. Il danneggiato ha l’obbligo di rivolgersi a strutture del Servizio Sanitario Nazionale? Il Collegio si esprime a riguardo, enucleando un principio di diritto molto importante.

Il ricorrente esponeva di essere rimasto vittima di un incidente stradale, quando era ancora minorenne, essendo stato investito – mentre era alla guida di un ciclomotore– da un veicolo condotto dal danneggiante. Aveva riportato gravi lesioni agli arti inferiori, dalla quale derivarono postumi di invalidità permanente. I giudici di merito avevano accolto parzialmente la domanda, non riconoscendo tutti e gli interi danni.

All'attenzione della Suprema Corte si pongono quattro questioni, delle quali la terza pare quella di maggiore interesse. La questione riguarda il mancato ricorso a strutture del SSN e il diniego del rimborso delle spese mediche sostenute.

La Cassazione ci ricorda che «l'obbligo di rivolgersi a struttura sanitaria pubblica anziché privata risulta invero priva di base normativa e logica, avuto riguardo alla prospettata relativa valutazione […] ai sensi dell'art. 1227 c.c.», e ciò anche in considerazione del fatto che l'applicazione del comma 2 di tale articolo è stata persino esclusa con riferimento all'ipotesi di spese mediche sostenute all'estero. Pertanto, viene fissato il seguente principio di diritto: «la scelta di chi abbia subito danni alla persona di rivolgersi a una struttura sanitaria privata , in luogo di quella pubblica, non può automaticamente essere considerata – in relazione alla domanda di rimborso delle relative spese mediche – ragione di applicazione a carico del danneggiato dell'art. 1227, secondo comma, c.c.».

In effetti, in giurisprudenza si riconosce che il nuovo modello di Servizio Sanitario Nazionale, introdotto con il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, è caratterizzato dal principio di libertà dell'utente nella scelta della struttura di fiducia per l'assistenza sanitaria riconoscendosi la qualità di erogatori delle prestazioni sanitarie a tutti i soggetti, pubblici e privati, titolari di rapporti fondati sul criterio dell'accreditamento delle istituzioni, sulla modalità di pagamento a prestazione e sull'adozione del sistema di verifica e revisione della qualità delle attività svolte e delle prestazioni erogate (Consiglio di Stato sez. III, 26 aprile 2023, n.4191).

In passato, al contrario, si evidenziava, nel bilanciamento di interessi generali e individuali, che non sono risarcibili le spese sostenute presso case di cura o cliniche private, in quanto le prestazioni mediche avrebbero potuto essere prestate adeguatamente in un nosocomio pubblico. Avendo quindi interrotto il nesso di causalità fra il danno subito e la congruità dei mezzi necessari al suo ristoro, il danneggiato ha violato il disposto di cui all'art. 1227 c.c. (Tribunale Trieste, 14 gennaio 1988).

Il giudice può legittimamente negare al danneggiato il rimborso di spese mediche dallo stesso sostenute a causa di sinistro, qualora tali esborsi siano ricollegabili alla scelta autonoma di optare deliberatamente per il ricovero presso una struttura privata non convenzionata - senza provarne la necessità e indispensabilità e urgenza terapeutica -, quando, invece, identiche prestazioni sono praticabili presso strutture sanitarie del S.S.N. sì da evitare oneri economici, in armonia col principio di cui all'art. 1227, comma 2 c.c. (Tribunale Patti sez. I, 12 gennaio 2021, n.18; Corte appello Roma sez. III, 30 maggio 2018, n.3653).

A livello europeo si è osservato che è in contrasto con la libera circolazione dei servizi una normativa interna che esclude, in modo assoluto dal rimborso delle spese sanitarie, i pazienti che si recano in un altro Stato membro per ottenere cure mediche. Una misura nazionale, che limita la possibilità di ottenere il rimborso, può essere giustificata da ragioni imperative di sanità pubblica a condizione che si tratti di una misura proporzionata rispetto all'obiettivo perseguito. La previsione di una disciplina interna, che fissa un'esclusione assoluta dalla possibilità di ottenere un rimborso, è sproporzionata ai sensi del trattato delle Comunità europee (Corte giustizia UE sez. II, 19 aprile 2007, n.444).

Pertanto, l'odierna pronunzia si segnala per aver affermato un principio di apertura. Tuttavia, forse, sarebbe stata opportuna un'indagine su eventuali limiti ad una libertà assoluta, magari con riferimento senz'altro alla verifica della congruità delle spese, nonché alla necessità e al legame causale. Invero, la Cassazione ha escluso l'applicazione automatica dell'art. 1227 comma 2 c.c., il che, però, non deve significare, al contrario, riconoscimento automatico delle spese. Senza arrivare a vanificare il principio di diritto oggi affermato, non si può prescindere dalla congruità della spesa e della sua riconducibilità eziologica al fatto dannoso.

Specie nell'epoca moderna non si può stimmatizzare il ricorso a strutture private per sopperire a carenze o difficoltà del SSN e perseguire la migliore tutela e cura della salute. Quest'ultimo dovrebbe rappresentare il faro di guida nel risarcimento del danno, inducendo a riconoscere il rimborso di tali spese.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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