Riserve del patrimonio netto

27 Ottobre 2023

Il contributo si interroga sulla possibilità di utilizzare le riserve non distribuibili per coprire perdite societarie.

È possibile utilizzare, ed eventualmente a quali condizioni, le riserve non distribuibili, ex art. 2426, comma 1, n.4, c.c. a copertura perdite?

L'art. 2426 n. 1 c.c., dispone che le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione, mentre il n. 4 della disposizione permette che le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate siano valutate "per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio delle imprese medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato nonché quelle necessarie per il rispetto dei principi indicati negli artt. 2423 e 2423-bis”. La norma dispone altresì che negli esercizi successivi “le plusvalenze, derivanti dall'applicazione del metodo del patrimonio netto, rispetto al valore indicato nel bilancio dell'esercizio precedente sono iscritte in una riserva non distribuibile”.

In merito alla possibilità di utilizzo di tali riserve a coperture di perdite, si è recentemente pronunciata la Cassazione (sez. I, sentenza del 05 maggio 2022 n. 14210) affermando che: “la riserva non distribuibile ex art. 2426 n. 4 c.c. è una riserva che deve essere intaccata solo dopo che altre riserve prive del vincolo di non distribuibilità siano state già erose dalle perdite. Laddove, dunque, bilancio recasse iscritte nel netto numerose altre riserve, tali riserve devono essere prioritariamente utilizzate a copertura delle perdite.”

La corte di legittimità ha rappresentato che la regola prudenziale del costo storico evita che si realizzi l'indebita restituzione ai soci dei conferimenti e si cagioni una perdita di patrimonio, impedendo in sostanza l'emergere di un valore positivo; mentre la valutazione secondo il metodo del patrimonio netto lascia emergere la c.d. sostanza economica del bene. Tuttavia, l'art. 2426 n. 4 c.c. anche su quest'ultimo punto mantiene un atteggiamento di cautela perché, laddove si optasse per il criterio del patrimonio netto, impone la costituzione di una riserva non distribuibile ai soci. La regola è dunque dettata per evitare il rischio di indebite fuoriuscite di ricchezza dal patrimonio della società e, in particolare, la distribuzione di ricchezza tra i soci con impoverimento dell'ente e ponendo così a repentaglio le ragioni dei creditori, i quali invece hanno diritto ad essere soddisfatti con priorità rispetto ai soci (così Cass. 23 marzo 2004, n. 5740).

Relativamente all'utilizzo delle riserve di patrimonio netto a copertura delle perdite, la S.C. ha rappresentato che se il capitale è tuttora elemento preservato dal legislatore, in vista delle funzioni che gli competono, allora va confermato il principio secondo cui esso può essere eliso dalle perdite solo dopo l'assorbimento delle riserve, intaccate però dalle perdite sulla base di un ordine successivo, il quale comporta l'imputazione delle medesime secondo una progressione rigida: dalla riserva meno vincolata e più disponibile alla riserva più vincolata e, quindi, meno disponibile.

La Corte ha confermato un orientamento già espresso in passato (Cass. 17 novembre 2005, n. 23269) disponendo che le riserve sono destinate a costituire un presidio avanzato del capitale medesimo e che i “diversi strati" del netto, poiché sono progressivamente più vincolati a garanzia dei creditori, possono e devono subire le decisioni dei soci di intaccarli nell'ordine che tenga conto del grado di facilità con cui la società stessa potrebbe deliberarne la destinazione ai soci. Al riguardo, il capitale sociale ha, dunque, un grado di indisponibilità maggiore di quello relativo alla riserve legali, laddove le riserve statutarie e quelle facoltative create dall'assemblea sono liberamente disponibili; pertanto, debbono essere utilizzate, nell'ordine, prima le riserve facoltative, poi quelle statutarie, indi quelle legali e, da ultimo, il capitale sociale, restando preclusa ai soci la possibilità di far gravare le perdite sul netto meno vincolato, sino a quando esistono parti di netto meno vincolate o non vincolate.

Alla luce di quanto sin qui esposto, la riserva non distribuibile ex art. 2426 n. 4 c.c. è una riserva che deve essere intaccata solo dopo che altre riserve prive del vincolo di non distribuibilità siano state già erose dalle perdite.