È necessaria la notifica del “ruolo” per l’insinuazione al passivo

30 Ottobre 2023

Il giudice romano, a fronte della proposta di esclusione di un credito dal passivo in quanto fondato su meri estratti di ruolo, ha invece deciso per l’ammissione argomentando sull’inciso “suscettibili di diretta impugnazione”, di cui all’art. 12, comma 4-bis d.P.R. n. 602/1973. Il commento approfondisce la giurisprudenza di legittimità e la normativa più rilevanti.

Massima

Solo in caso di "diretta" impugnazione, al contribuente (e quindi anche al curatore) è preclusa la possibilità di impugnare l'estratto di ruolo, sulla cui base può, invece, insinuarsi al passivo il credito tributario, senza che occorra la previa notifica dell’estratto o della cartella di pagamento.

Il caso

Il giudice delegato del Tribunale di Roma, con il decreto in questione, ha ritenuto che l'estratto di ruolo prodotto dall'agente della riscossione conservi tuttora il valore di prova del credito tributario, in ossequio agli artt. 87 e 88 del d.P.R. 602/1973 e, quindi, ha ammesso al passivo il credito tributario disattendendo il parere del curatore che, invece, richiamando Cass. civ., sez. trib., 25 ottobre 2022, n. 31560, lo aveva escluso perché fondato su meri estratti di ruolo, senza che fossero state prodotte le relative cartelle notificate.

La soluzione giuridica

Il decreto in esame offre un ulteriore tassello nella dibattuta questione dell'insinuazione al passivo dei crediti tributari da parte dell'agente della riscossione (cfr. già S. Sisia, È ancora necessaria la notifica del “ruolo” o della cartella di pagamento per l'insinuazione al passivo? in questo Portale, 11 aprile 2022, a commento della sent. Cass. sez. trib., 14 dicembre 2021, n. 38791, a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti).

Nel caso di specie, la peculiarità è che la soluzione giuridica viene prospettata attraverso l'interpretazione dell'art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n.602/1973, introdotto dal d.l. n. 146/2021, convertito nella l. n. 215/2021. Il giudice delegato offre infatti una particolare lettura dell'ordinanza Cass. n. 31560/2022, richiamata dal curatore, secondo la quale, “Ai fini dell'ammissione allo stato passivo del fallimento dei crediti tributari azionati dall'agente della riscossione non è sufficiente depositare, in sede di verifica, il semplice estratto di ruolo, invero neppure impugnabile in ragione del sopravvenuto art. 3-bis D.L. 21 ottobre 2021, n. 146; è, per converso, condizione imprescindibile la produzione in giudizio della cartella di pagamento”.

Il giudice delegato ha ritenuto, invece, che l'estratto di ruolo, prodotto nel caso di specie dall'agente della riscossione, conservi tuttora il valore di prova del credito tributario, in ossequio agli artt. 87 e 88 del d.P.R. 602/1973, ammettendo il credito al passivo nonostante il parere del curatore che, invece, lo aveva escluso in quanto fondato su meri estratti di ruolo, senza la produzione delle cartelle notificate, richiamando appunto la citata ordinanza della Cass. n. 31560/2022.

Il percorso argomentativo del giudicante si articola nei seguenti punti.

(i) Osservato preliminarmente che “la posizione della Suprema Corte di cui alla citata ordinanza è stata espressa in modo succinto in una pronuncia in massima parte dedicata ad altra questione per cui allo stato non può dirsi propriamente inaugurato un nuovo orientamento giurisprudenziale (l'ordinanza del Supremo Collegio tratta, infatti, della necessità di notificare la cartella di pagamento anche in presenza di una procedura di concordato/accordo, al fine di portare a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva che non può subire il divieto di azioni esecutive e/o cautelari di cui all'art. 168 l. fall., per cui l'eventuale esito patologico del concordato - accordo non implica alcun rischio di decadenza ex art. 25 d.P.R. n. 602/1973 in ordine al recupero del credito e, in definitiva, la cartella è, e deve essere, già stata notificata);

(ii) occorre interpretare, nel merito, il disposto dell'art. 12, comma. 4-bis, del d.P.R. n. 602/1973, introdotto dal d.l. n. 146/2021, convertito nella l. n. 215/2021, il quale prevede testualmente che “L'estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell'articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione";

(iii) ne deriverebbe che “la tesi della Suprema Corte è essenzialmente quella secondo la quale se non è più consentito impugnare il ruolo o l'estratto di ruolo che menzioni l'atto (come sino ad oggi ritenuto possibile giusta Cass. civ., sez. trib., 3 maggio 2022, n. 13831) alla luce dello ius superveniens costituito dall'art. 3-bis del d.l. n. 146/2021, convertito da l. 215/2021 allora ai fini dell'ammissione al passivo occorre che la domanda sia supportata dalla produzione della cartella notificata al curatore o al debitore” (precisa infatti la richiamata ordinanza della Cassazione: “Se la notifica della cartella è il primo atto impositivo, solo la notificazione al curatore e al debitore consente la sua impugnazione, non essendo più consentito impugnare il ruolo o l'estratto di ruolo che menzioni l'atto (come statuito da S.U. n. 13831/22)” e, “Se, allora, il ruolo e l'estratto di ruolo non sono impugnabili dal curatore del fallimento o dall'amministratore ovvero dal contribuente (in caso di inerzia del curatore), se non a determinate condizioni, l'ammissione al passivo che si fondi solo su detti atti delimita la possibilità dei soggetti indicati di contestare la fondatezza della pretesa”);

(iv) sennonché, e qui sta la soluzione giuridica dell'asserito contrasto, ad avviso del giudice delegato non può attribuirsi al citato comma 4-bis un ambito applicativo generale, ossia “preclusivo tout court dell'impugnazione dell'estratto di ruolo” (come sembra invece ritenuto dalla Cassazione), in quanto “la chiave interpretativa della norma è data dall'inciso "suscettibili di diretta impugnazione"”;

(v) in particolare, ad avviso del giudice delegato, “il legislatore ha inteso regolare il più ristretto caso della impugnazione "diretta" del contribuente, ossia introdotta non a seguito di una iniziativa dell'ufficio volta alla riscossione del credito (attraverso, ad esempio, una intimazione di pagamento o un domanda di ammissione al passivo, se il contribuente è stato posto in liquidazione giudiziale) ma in modo autonomo dal contribuente che, accortosi a seguito di una verifica presso gli uffici finanziari dell'esistenza di pendenze a suo carico, si fa rilasciare l'estratto di ruolo e poi lo impugna davanti alla corte di giustizia tributaria”: solo in caso di "diretta" impugnazione, al contribuente (e quindi anche al curatore), è preclusa la possibilità di impugnare l'estratto di ruolo;

(vi) “laddove invece vi sia una iniziativa dell'ufficio volta a far valere il credito (ad esempio proprio con la domanda di ammissione al passivo fondata su estratti di ruolo) la posizione del curatore non è più quella del contribuente che in via "diretta" intenda impugnare l'estratto di ruolo, bensì del soggetto che a seguito dell'attivazione dell'ufficio intenda contestare la pretesa tributaria fatta valere nei suoi confronti: in questo secondo caso non operano le limitazioni all'impugnazione di cui al citato comma 4-bis, e non vi è quindi ragione di non ritenere più applicabile la previgente granitica giurisprudenza sintetizzata da Cass. S.U. 13831/22)”;

(vii) del resto, sostiene infine il giudicante, la ratio dell'intervento normativo introduttivo del comma 4-bis è stata quella di limitare il proliferare di contenziosi apparsi strumentali, ossia volti a contestare pendenze che l'ufficio non aveva da anni concretamente coltivato, intasando le Corti di giustizia di liti prive di un effettivo carattere litigioso.

Gli assunti di cui ai punti (ii), (iv), (v) e (vi) rappresentano, indubbiamente, gli snodi focali dell'iter argomentativo del giudice delegato e, in proposito, occorre chiedersi fino a che punto siano corretti.

A) L'interpretazione dell'art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602/1973, introdotto dall'art. 3-bis del d.l. n. 146/2021

In primo luogo, ci si chiede se, nel caso di specie, sia legittima l'attività interpretativa del giudice delegato in merito all'art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602/1973. In merito, soccorre l'art 12 delle Disposizioni sulla legge in generale del Codice civile, la cui portata è stata da ultimo precisata da Cass., sez. Un., 6 dicembre 2021, n. 38596, in forza di “[…] ragioni di coerenza dell'ordinamento e del sistema, nonché di certezza del diritto e di rispetto dei criteri d'interpretazione della legge”. Nell'occasione, la Cassazione ha svolto, innanzitutto, con particolare riferimento alla figura del giudicante, alcune considerazioni preliminari in ordine a detta attività interpretativa che possono così sintetizzarsi: (i) “quando una norma, o un sistema di norme, si prestino a diverse interpretazioni, tutte plausibili, dovere primario dell'interprete, e specie del giudice, è di perseguire l'interpretazione più corretta e non una qualsiasi di quelle che il testo consente”; (ii) “ il giudice non crea il diritto, ma opera secondo i criteri ermeneutici noti e dentro i limiti del diritto positivo” (sul punto richiama Cass. civ., sez. I, 2 ottobre 2018, n. 23950); (iii) le scelte di politica del diritto, difatti, “sono riservate al legislatore”: al giudice, invece, “compete solo di interpretare la norma nei limiti delle opzioni ermeneutiche più corrette dell'enunciato (sul punto viene fatto richiamo a  Cass., sez. un., 18 settembre 2020, n. 19597); (iv) pertanto, la funzione assolta dalla giurisprudenza è di natura “dichiarativa”, in quanto “riferita ad una preesistente disposizione di legge, della quale è volta a riconoscere l'esistenza e l'effettiva portata”; (v) va quindi sul punto affermata l'“esclusione formale di un'efficacia direttamente creativa della funzione giurisdizionale” (così Cass., sez. un., 28 gennaio 2021, n. 2061). In particolare, poi, la successiva Cass., sez. lav., 14 dicembre 2022 n. 36646, ha precisato che la “intenzione del legislatore” dev'essere individuata in chiave oggettiva sulla scorta del dato normativo in cui si estrinseca (del resto. l'art. 101 della Cost., testualmente recita: “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”). Depositarie di tale intenzione non possono essere elaborazioni interne, eccentriche rispetto alla sede in cui la volontà del legislatore si forma e si manifesta. Alla luce dei suddetti principi giurisprudenziali, può dirsi quindi che legittima sia stata la preliminare attività interpretativa svolta dal giudice delegato, al fine di accertare la reale portata dell'art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602/1973, introdotto dal d.l. n. 146/2021, convertito nella l. n. 215/2021, individuandone, preliminarmente, la sua effettiva “ratio”.

B) La chiave interpretativa

Ammessa la legittimità dell'attività interpretativa del dato normativo compiuta dal giudice delegato, questi ha correttamente individuato la ratio dell'intervento introduttivo del comma 4-bis, nell'inciso “suscettibili di diretta impugnazione”. A tale conclusione si può infatti pervenire proprio considerando i Lavori preparatori della l. n. 215/2021, laddove la ratio di tale intervento normativo è chiaramente espressa ed indicata nel contrasto alla proliferazione, avvenuta negli ultimi anni, di controversie causate dall'impugnazione degli estratti di ruolo. In proposito, dal dossier elaborato dal Servizio Studi della Camera, risulta che “circa il 40 % delle cause contro l'Agente della riscossione consegue all'impugnazione di estratti di ruolo e determina ingenti costi gestionali ed amministrativi per il presidio dei relativi contenziosi” e tali impugnazioni sono volte a “far valere, spesso pretestuosamente, ogni sorta d'eccezione avverso cartelle notificate anche molti anni prima, senza che l'Agente della riscossione si fosse attivato in alcun modo per il recupero delle pretese ad esse sottese, e perfino nei casi in cui vi avesse rinunciato, anche nell'esercizio dell'autotutela”. Da quanto precede è derivata quindi la scelta legislativa di limitare l'impugnabilità diretta ed autonoma del ruolo e della cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata ai soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dalla iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio, tassativamente qualificato dalla stessa norma. Da qui anche il legittimo rilievo del giudicante nel caso di specie, secondo cui “il legislatore ha inteso regolare il più ristretto caso della impugnazione "diretta" del contribuente”. È evidente quindi come i presupposti, di fatto e di diritto, che hanno indotto il legislatore a modificare l'art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602/1973, siano diversi da quelli che hanno portato la Cassazione a pronunciarsi con l'ord. n. 31560/2022. Per cui, in definitiva, è corretto ritenere che “laddove [invece] vi sia una iniziativa dell'ufficio volta a far valere il credito (ad esempio proprio con la domanda di ammissione al passivo fondata su estratti di ruolo) la posizione del curatore non è più quella del contribuente che in via "diretta" intenda impugnare l'estratto di ruolo, bensì del soggetto che a seguito dell'attivazione dell'ufficio intenda contestare la pretesa tributaria fatta valere nei suoi confronti: in questo secondo caso non operano le limitazioni all'impugnazione di cui al citato comma 4-bis, e non vi è quindi ragione di non ritenere più applicabile la previgente granitica giurisprudenza sintetizzata da Cass. S.U. 13831/22)” (così il decr. in esame).

C) Il conforto della giurisprudenza di legittimità

Del resto, come già evidenziato nel precedente e richiamato articolo a commento di  Cass., sez. trib., 14 dicembre 2021, n. 38791, il Supremo Collegio, in ambito fallimentare, ha ritenuto sufficiente l'estratto di ruolo ai fini dell'ammissione al passivo, anche in assenza di preventiva notifica della cartella e Cass., sez. un., 11 novembre 2021, n. 33408, ha precisato che: “Ai fini dell'ammissibilità della domanda d'insinuazione proposta dall'agente della riscossione e della verifica in sede fallimentare del diritto al concorso del credito tributario o di quello previdenziale, non occorre che l'avviso di accertamento o quello di addebito contemplati dagli artt. 29 e 30 del d.l. n. 78/10, conv. con l. n. 122/10, siano notificati, ma è sufficiente la produzione dell'estratto di ruolo”.

In precedenza, poi, Cass. civ., sez. I, 7 agosto 2019, n. 21046, ha chiarito che “L'estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale e deve contenere tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l'ammontare della pretesa creditoria iscritta a ruolo […] gli estratti di ruolo […] costituiscono senz'altro titolo idoneo per la insinuazione del credito nell'ambito della procedura concorsuale” (e, nello stesso senso, tra le altre, cfr. Cass., sez. VI, 5 settembre 2017, n. 20784, con nota di E. Bruno, L'estratto di ruolo non equivale al ruolo, in Diritto & Giustizia, fasc. 138, 2017,  6, nonchè Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2016, n. 11794).

Ad avviso poi di Cass. civ., sez. I, 14 giugno 2019, n. 16112, “Il concessionario del servizio di riscossione dei tributi può domandare l'ammissione al passivo dei crediti tributari maturati nei confronti del fallito sulla base del ruolo, senza che occorra anche la previa notificazione della cartella esattoriale, ed anzi sulla base del solo estratto, in ragione del processo di informatizzazione dell'amministrazione finanziaria che, comportando la smaterializzazione del ruolo, rende indisponibile un documento cartaceo, imponendone la sostituzione con una stampa dei dati riguardanti la partita da riscuotere; ne consegue che, stante il disposto dell'art. 23 del d.lgs. n. 82 del 2005 (modificato dall'art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 235 del 2010), gli estratti del ruolo, consistenti in copie operate su supporto analogico di un documento informatico, formate nell'osservanza delle regole tecniche che presiedono alla trasmissione dei dati dall'ente creditore al concessionario, hanno piena efficacia probatoria ove il curatore non contesti la loro conformità all'originale”.

D) Il conforto degli artt. 93 l. fall., 87 e 88 del d.P.R. n. 602/1973

D'altra parte, come evidenziato anche nel decreto in commento e come già evidenziato nel richiamato precedente articolo su questo Portale, l'art. 93 l. fall. richiede, ai fini dell'ammissione al passivo, non già un “titolo esecutivo” (quale sarebbe il ruolo notificato), bensì l'allegazione dei documenti dimostrativi del diritto del creditore e, a tal fine, è sufficiente l'estratto di ruolo, in quanto idoneo a dimostrare l'esistenza del diritto di credito e il d.P.R.  n. 602/1973, art. 87, comma 2 (come modif. dal d.lgs. n. 46/1999) stabilisce espressamente che, qualora il debitore sia dichiarato fallito, ovvero sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, il concessionario può chiedere, sulla base del ruolo, l'ammissione al passivo della procedura, mentre l'art. 88, comma 1, precisa che “[…] se sulle somme iscritte a ruolo sorgono contestazioni, il credito è ammesso al passivo con riserva.

Si è detto che “Il fatto che la norma in oggetto rimarchi con precisione che l'ammissione al passivo debba avvenire “sulla base del ruolo” e che dalla contestazione del curatore discenda la necessità di ammettere al passivo il credito con riserva, depone chiaramente nel senso che è onere del concessionario, in sede di ammissione al passivo, allegare l'estratto del ruolo, sul quale appunto si fonda la pretesa esattoriale, e di (ri)produrre tale documentazione in sede di opposizione allo stato passivo (L. Fall., art. 99)” (cfr. Cass. civ., sez. VI, 28 febbraio 2017, n. 5244).

Conclusione

In definitiva, anche alla luce del decreto in commento, così come alla luce della richiamata giurisprudenza della Cassazione e degli artt. 93 l. fall., 87 e 88 del d.P.R. n. 602/1973, può dirsi, sia pure con diverse argomentazioni e rilievi, che sia ormai acquisito il principio per cui ai fini dell'ammissione al passivo fallimentare non occorre la notifica della cartella, essendo sufficiente l'estratto di ruolo, in quanto “documento dimostrativo del diritto”.

Guida all'approfondimento

Sull'interpretazione dell'art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602/1973, introdotto dall'art. 3-bis del d.l. n. 146/2021, e sull'attività interpretative della legge da parte del giudicante che, comunque, ha come ambito centrale il dato letterale (sul punto si richiama Cass., sez. un., 11 luglio 2011, n. 15144 , nonché Cass., 22 giugno 2018, n. 16957 , Cass. civ., sez. un., 31 ottobre 2018, n. 27755 e Cass., sez. un., 28 gennaio 2021, n. 2061), oltre a ricordare la frase di F. Carnelutti, “l'interpretazione testuale traccia i confini entro i quali liberamente si muove la interpretazione logica”, citata da N. Irti, I cancelli delle parole, in Un diritto incalcolabile, Torino, 2016, p. 83, cfr., tra gli altri, F. Caringella, L'interpretazione del diritto, Roma, 2021, 40; G. Costantino, La sciatteria nello scrivere le leggi crea effetti devastanti nell'ordinamento, in Editoriale Domani.it, 4.1.2021; F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, XX, Napoli, 2022, 47 e ss.; F. Longobucco, Il ruolo dell'interprete nel pensiero e nell'opera di Piero Schlesinger, in Corriere Giur., 2021, 4, 543; R. Guastini, Le fonti del diritto e l'interpretazione, Milano, 1993, 397; F. Ruscello, Istituzioni di diritto privato, Milano, 2011, 44; A. Spirito, Interpretazione della legge e valutazione delle prove, Relazione tenuta in occasione del Convegno Diritto e Matematica, presso Center for American Studies, Roma, 15.3.2022, reperibile su YouTube; L. Viola, Interpretazione della legge con modelli matematici, Centro Studi Diritto Avanzato, Milano, 2018.

Sul conforto della giurisprudenza di legittimità, in dottrina, oltre ai richiami di cui a S. Sisia, È ancora necessaria la notifica del “ruolo” o della cartella di pagamento per l'insinuazione al passivo? Inquesto Portale, 11 aprile 2022, a commento della sent. Cass. Sez. Trib., 14 dicembre 2021, n. 38791, cfr. E. Bruno, L'estratto di ruolo non equivale al ruolo, in Diritto & Giustizia, fasc. 138, 2017; Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria, Relazione finale del 30 giugno 2021, in giustizia.it; Dossier 468/1, Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. Con gli emendamenti approvati dalle Commissioni riunite 6ª e 11ª in sede referente, D.L. 146/2021 - A.S. 2426, in senato.it ; sulla natura dell'estratto di ruolo, fra gli altri, cfr. A. Pedone, Insinuazione al passivo non occorre la notifica della cartella, in antonellapedone.com ; F. Rasi, La non impugnabilità dell'estratto di ruolo nel quadro dell'esecuzione tributaria: problemi ancora aperti, in judicium.it; G. Rugolo, Discutibili dubbi interpretativi della Cassazione sull'ammissione al passivo fallimentare dei crediti tributari e previdenziali in base all'avviso di accertamento esecutivo ed all'avviso di addebito non notificato, in rivistadidirittotributario.it, 16 luglio 2021 e Cass. civ., sez. trib., 21 gennaio 2020, n. 1230, Cass., sez. un., 14 aprile 2020, n. 7822, Cass. civ., sez. V, 11 febbraio 2022, n. 22798.

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