Lavoro attraverso piattaforma digitale: la subordinazione oltre la tutela sindacale
Luca Failla
Paola Salazar
02 Novembre 2023
La giurisprudenza di merito riqualifica come subordinato il rapporto di lavoro autonomo attraverso piattaforma digitale estendendovi le tutele sindacali previste per il lavoro subordinato.
Massima
Configura ipotesi di condotta anti-sindacale l'omissione della procedura di consultazione prevista per i casi di licenziamento collettivo dagli artt. 4 e 24 della l. n. 223/1991 e l'omissione della procedura di confronto prevista in caso di cessazione di attività dall'art. 1, commi 224 e seguenti della legge 234/2021. Normativa applicabile anche all'attività di consegna in ambito urbano in ragione del riconoscimento del carattere subordinato della prestazione lavorativa ravvisabile nei casi in cui venga riconosciuta in ragione delle modalità tecniche di gestione della prestazione lavorativa l'integrazione funzionale del lavoratore nella organizzazione produttiva del committente.
Il caso – La chiusura in Italia delle attività di un noto provider che gestisce la consegna del cibo a domicilio
La recente sentenza del Tribunale di Milano del 28 settembre 2023 che, all'interno del procedimento ex art. 28 Statuto dei lavoratori promosso da NIDIL CGIL MILANO, FILCAMS CGIL MILANO e FILT CGIL MILANO si è pronunciato sulla omissione della procedura di consultazione sindacale prevista per i casi di chiusura dell'attività dalla Legge di bilancio per il 2022 (Art. 1, c. 224 e ss. L. n. 234/2021) – originariamente denominata “procedura di delocalizzazione” ma preordinata a creare le premesse per attivare una ulteriore procedura di consultazione nei casi di licenziamento collettivo con chiusura di stabilimenti – apre agli interpreti più di una riflessione sull'evoluzione della giurisprudenza in materia di lavoro attraverso piattaforma.
Al di là dei dubbi che a nostro avviso residuano sull'ammissibilità di un ricorso ex art. 28 Statuto dei lavoratori riguardante collaboratori coordinati etero-organizzati ex d.lgs. n. 81/2015, la vicenda, nel caso specifico, riguardava la chiusura di ogni attività in Italia da parte del provider e la conseguente risoluzione unilaterale dei contratti in essere con i “rider” - lavoratori autonomi - da parte della nota società che gestisce la consegna del cibo a domicilio, e relativa definitiva disconnessione degli stessi dalla piattaforma, contestata come antisindacale proprio a seguito del mancato rispetto della procedura di consultazione sopra richiamata attesa, a giudizio della oo.ss. ricorrente, la natura subordinata del rapporto di lavoro dei riders oggetto di dismissione. Qualificazione poi accolta dal Tribunale di Milano.
Il caso, al di là del riconoscimento della sussistenza della condotta antisindacale in capo all'azienda, non solo per la violazione della particolare procedura prevista per la chiusura definitiva degli stabilimenti (cd. Legge anti-delocalizzazione) ma anche per la violazione della procedura di consultazione prevista per l'ipotesi di licenziamento collettivo (artt. 4 e 24 L. n. 223/1991) – che parimenti avrebbe dovuto trovare applicazione nel caso di specie – assume rilevanza sul piano giuridico per la qualificazione piena quali lavoratori subordinati dei riders, fornita dal Tribunale, quale concreta ultima espressione di quell'operazione qualificatoria operata a più riprese dalla giurisprudenza in questa delicata materia. Sul presupposto – ormai chiaro – che solo attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali – qui attraverso la denuncia della violazione dell'art. 28 Statuto dei lavoratori - è possibile determinare i principi sui quali viene oggi costruito giuridicamente il processo di trasformazione delle relazioni di potere e di controllo che si realizzano nel contesto dell'industria 4.0.
E ciò nel solco (e non solo) di quella prima pronuncia della Corte di Cassazione, n. 1663/2020 – cui si ispira anche tutta l'ultima giurisprudenza di merito. Orientamento della Cassazione che nel ricondurre a etero-organizzazione ex art. 2 d.lgs. n. 81/2015 il lavoro del rider esclude, tuttavia, che in questa materia sia possibile parlare di un tertium genus, perché non vi è in questo ambito un autonomo e distinto potere organizzativo in capo al committente.
La questione – L'attività di consegna a domicilio in ambito urbano non è vero lavoro autonomo
Le nuove forme di lavoro attraverso piattaforma digitale e in particolare l'attività di coloro che effettuano consegne a domicilio nel settore del “food delivery”, pur rimanendo inquadrate come lavoro autonomo, vanno protette, infatti, secondo la giurisprudenza, con le tutele previste per il rapporto di lavoro subordinato ai sensi dell'art. 2, d.lgs. n. 81/2015 (App. Torino 11 gennaio 2019; Cass. n. 1663/2020; Trib. Milano 20 aprile 2022, n. 1018). Anzi, va detto che le novità introdotte nel 2019 dal D.L. n. 101/2019 convertito in L. n. 128/2019 che, come noto, hanno introdotto gli artt. 47-bis e ss. nel Codice dei Contratti di cui al d.lgs. n. 81/2015 (qualificando il lavoro attraverso piattaforma digitale come lavoro autonomo) hanno anche ricondotto alla subordinazione il lavoro di collaborazione attraverso piattaforma ai sensi dell'art. 2, c. 1 del medesimo d.lgs. n. 81/2015, quando “le modalità di esecuzione sono organizzate dal committente”. Tale distinzione ha di fatto aperto la strada ad un'opera di qualificazione giuridica del lavoro attraverso piattaforma che, nello sviluppo della giurisprudenza (soprattutto di merito) pone oggi l'accento sul rilevante e penetrante esercizio del potere organizzativo (più che direttivo) da parte del committente per il tramite dell'algoritmo.
In definitiva, se da una parte la giurisprudenza pareva originariamente riprendere i principi guida in materia di autonomia e subordinazione assegnando al Giudice il compito di qualificare in concreto la prestazione del collaboratore come etero-organizzata – con conseguente applicazione della disciplina del lavoro subordinato laddove ne ricorressero i presupposti, oggi pare decidere di assegnare a questa sua funzione qualificatoria – indipendentemente dal nomen juris attribuito dalle parti al contratto di lavoro (ad esempio lavoro autonomo attraverso piattaforma ai sensi degli artt. 47-bis e ss. D.lgs. n. 81/2015) – il compito di delineare i tratti organizzativi peculiari del lavoro (soprattutto di consegna) attraverso piattaforma qualificandolo pertanto sempre e comunque come “subordinato” in tutti i casi in cui l'attività del rider risulti completamente organizzata dall'esterno – anche dall'algoritmo – risultando del tutto priva della pur minima autonomia non solo sulle modalità di esecuzione della prestazione ma, soprattutto, sul se, come e quando darvi esecuzione.
Se, quindi, in un primo momento, l'applicazione della speciale disciplina introdotta con il Capo V-bis d.lgs. n. 81/2015 (artt. 47-bis e ss.) poteva trovare applicazione solo qualora il rapporto non presentasse le caratteristiche di etero-organizzazione di cui all'art. 2, c. 1, d.lgs. n. 81/2015 (ML, circ. n. 17/2020; v. anche INL, comunicato 24 febbraio 2021), oggi l'inquadramento delle diverse fattispecie parte da un'operazione di qualificazione del rapporto di lavoro che sta a monte e che accanto alla valutazione delle modalità di svolgimento della relazione contrattuale (in misura preponderante affidata alla tecnologia) si configura anche sul piano della protezione degli interessi collettivi, il più delle volte per la mancata applicazione dell'art. 28 L. n. 300/1970 (che peraltro trova applicazione anche per effetto della violazione degli obblighi di informazione sulle procedure integralmente automatizzate previsto dall'art. 1-bis d.lgs. n. 152/1997, come evidenziato dal Tribunale di Palermo con decisione del 20 giugno 2023). Sulla scia di quell'orientamento che ha stabilito che il rapporto di lavoro è subordinato perché etero-organizzato e in quanto tale comporta l'applicazione anche delle tutele sindacali previste dalla legge per il lavoro subordinato (cfr. Trib. Firenze 24 novembre 2021, n. 781).
Le soluzioni giuridiche – La dipendenza funzionale (algoritmica) dal committente che esclude l'autonomia
In ragione di tali premesse è quindi possibile individuare nella sentenza del Tribunale di Milano del 28 settembre qui in commento, le direttrici sulle quali il Giudice fonda il proprio convincimento in termini – addirittura – di sussistenza della subordinazione ovvero, in via subordinata e/o alternativa (non è chiarissimo il punto nella pronuncia), di sussistenza degli elementi della etero-organizzazioneex art. 2 d.lgs. n. 81/2015 da cui discende, in ogni caso, l'applicazione obbligatoria delle norme del rapporto di lavoro subordinato, incluse le norme in materia di informazione e consultazione con le oo.ss. (non applicate nel caso di specie).
Innanzitutto, anche sulla scorta dei principi ricavabili dalla giurisprudenza comunitaria il Giudice evidenza che un prestatore di servizi può perdere la qualità di operatore economico indipendente, qualora non determini in modo autonomo il proprio comportamento sul mercato, ma dipenda interamente dal suo committente, per il fatto che non sopporta nessuno dei rischi finanziari e commerciali derivanti dall'attività economica di questo ultimo, agendo come ausiliario integrato nell'impresa del committente (Corte di Giustizia UE 4 dicembre 2014, C- 413/13).
In definitiva, sulla scorta della giurisprudenza comunitaria, si individua l'area dei rapporti contrattuali di lavoro che necessitano di una disciplina protettiva nell'insieme dei rapporti di lavoro caratterizzati non tanto da una mera dipendenza economica intesa quale “dipendenza reddituale” bensì da una “dipendenza organizzativa”. In pratica, ciò che rileva è il concreto atteggiarsi del rapporto, indipendentemente dalla qualificazione formale data dalle parti al contratto stipulato, in modo che possano applicarsi le tutele del lavoro subordinato in tutte quelle ipotesi in cui l'autonomia del prestatore sia meramente fittizia. E' il caso del rider addetto alla consegna nel caso specifico, il quale non ha alcun margine di autonomia nella possibilità di scegliere se lavorare oppure no: l'indipendenza del rider è infatti solo apparente, anche con riferimento alla scelta del come e del quando lavorare, in quanto assoggettato alla piattaforma nell'organizzazione del proprio lavoro, in relazione al funzionamento dell'algoritmo di assegnazione degli slot, funzionale al migliore servizio per il datore di lavoro e al sistema premiale e/o punitivo delle valutazioni (come accertato anche in Spagna sul caso di una nota azienda di cibo a domicilio dal Tribunal Supremo, Sala de lo Social, Pleno con la sentenza n. 805/2020 – sul punto cfr. G. Santoro Passarelli, Dignità del lavoro e civiltà digitale, in Riv. giur. lav., 1/2023, 53).
La decisione in commento si configura come dirompente proprio per l'opera qualificatoria effettuata dal giudice (sul solco ma anche oltre la Corte d'Appello di Torino n. 26/2019 del 4 febbraio 2019 e la Corte di Cassazione n. 1663/2020).
Si afferma, infatti, che «pur senza sconfinare nell'esercizio del potere gerarchico e/o disciplinare che è alla base della etero-direzione la collaborazione è qualificabile come etero-organizzata quando è ravvisabile un'effettiva integrazione funzionale del lavoratore nella organizzazione produttiva del committente, in modo tale che la prestazione lavorativa finisce con l'essere strutturalmente legata a questa e si pone come un qualcosa che va oltre alla semplice coordinazione di cui all'articolo 409 n.3 c.p.c., poiché in questa ipotesi è il committente che determina le modalità della attività lavorativa svolta dal collaboratore».
Il Giudice afferma poi che, sulla scorta degli orientamenti che si sono affermati in questi anni (soprattutto tenendo conto dei principi espressi dalla Cassazione con l'indicata sentenza del 2020) si può ben affermare che la Cassazione abbia optato per una lettura della subordinazione in termini socioeconomici. Ciò induce – ad avviso del Tribunale di Milano - ad abbandonare i criteri formali come il potere di coordinamento e ancor più il potere organizzativo che difficilmente, almeno nel concreto svolgimento del rapporto di lavoro, si distinguono dal potere direttivo ed optare per la adozione di criteri ermeneutici come la debolezza contrattuale o la dipendenza economica del collaboratore, concludendo cosi per la qualificazione della natura subordinata della prestazione resa da tutti i riders a favore del committente convenuto
Elementi che, come si è visto, si ritrovano anche nella giurisprudenza comunitaria (ma anche nello sviluppo che potrebbe avere la stessa legislazione comunitaria avendo riferimento alla proposta di Direttiva sul lavoro attraverso piattaforma, incentrata proprio sulla posizione di debolezza del lavoratore).
Osservazioni conclusive – Dal riconoscimento della subordinazione l'applicazione di tutte le relative tutele
Significativo, a questo punto, è lo sviluppo successivo del ragionamento del giudice, tutto incentrato su aspetti – anche tecnici – di gestione degli incarichi e delle consegne dai quali si ricava la totale dipendenza funzionale del rider non solo dall'algoritmo ma dalla stessa committente. La gestione del rapporto avveniva attraverso sistemi automatizzati che, interagendo con gli smartphone geolocalizzati, individuavano i corrieri ai quali offrire la consegna, determinavano il corrispettivo e monitoravano tutte le fasi della prestazione dalla idoneità del rider a ricevere l'ordine, al ritiro dall'esercente fino alla consegna al cliente. Con importanti implicazioni anche in termini di non corretta gestione dei dati (su cui anche il Garante Privacy si è in passato pronunciato con i Provv. n. 234/2021 e n. 285/2021): i sistemi automatizzati della committente acquisivano ed elaboravano, infatti, i dati sull'affidabilità del rider (rateo di accettazione, velocità, frequenza, presenza) e sulla qualità della prestazione sulla base di “ratings” che, se negativi, venivano valutati su parametri non comunicati né autorizzati né, pertanto, concretamente contestabili sebbene incidenti sulle possibilità di lavoro, potendo determinare anche la disconnessione. Non solo, il rider non aveva alcuna possibilità di sindacare o richiedere la ragione per la quale il sistema automatizzato lo aveva scelto ovvero lo aveva escluso per una determinata consegna ovvero aveva scelto o aveva escluso un altro “collega ubicato nel medesimo luogo”. Inoltre, i parametri inseriti ed elaborati dall'algoritmo e la loro incidenza per veicolare la proposta di consegna automatizzata non venivano esplicitati. Ma non solo, il comportamento dei riders veniva monitorato attraverso i feedback dei clienti e dei ristoratori così da creare i presupposti per l'esercizio di un potere di controllo che poteva anche determinare la disattivazione dell'account. L'affidabilità e la produttività del rider venivano poi valutati dai programmi della società che calcolavano e monitoravano il tasso di rifiuti di ordini e che, pur non quantificato né evidenziato, induceva il sistema a generare penalizzazioni aventi rilevanza economica nei confronti del rider.
In definitiva a giudizio del Tribunale di Milano, l'algoritmo esercitava un controllo pervasivo sull'attività svolta dal singolo rider e penalizzava quei prestatori che non si adeguavano al modello ideale di produttore che presuppone: la sottoposizione a turni impegnativi di lavoro, la redazione di classifica dei più meritevoli, il tracciamento e confronto delle prestazioni dei singoli.
Il Giudice, poi, finisce per concludere a valle della configurazione, in via alternativa, del rapporto come etero-organizzato che la prestazione dei riders, tenuto conto della bassa remunerazione prevista per ogni singola consegna, è evidentemente destinata a giustificarsi, dal punto di vista economico, solo nel caso in cui essa sia continua e ripetuta. Non sembra che tale attività possa invece trovare alcuna convenienza in caso di consegne effettuate in modo occasionale o significativamente selezionate dal lavoratore stesso. Il che sembrerebbe togliere ogni dubbio sulla possibilità di qualificare tali attività in modo effettivo come attività di lavoro autonomo.
Ne deriva – secondo la sentenza - che anche in via alternativa alla qualificazione in via prioritaria dei riders come lavoratori subordinati, agli stessi « si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato», secondo il più volte citato art. 2 d.lgs. n. 81/2015 con la conseguenza che ad essi spetterebbe anche la tutela in materia di licenziamento. Con applicazione, pertanto, anche delle tutele collettive previste dalla legge, quali appunto quella prevista dall'art. 28 L. n. 300/1970.
È questo l'altro punto maggiormente critico della pronuncia che non convince per l'operazione eccessivamente “estesa” di applicazione della normativa lavoristica effettuata in forza del richiamo all'art. 2, c. 1 del D.lgs. n. 81/2015 (di fatto tutta la disciplina del lavoro subordinato inclusa quella di tutela processuale prevista dall'art. 28 dello Stat. lav.) senza invece distinguere - come parrebbe doveroso - fra normativa specifica del lavoro subordinato non “estendibile” ai lavoratori coordinati da quella invece “di base” a tutela e garanzia del lavoratore la sola a dover essere applicata in forza del richiamo dell'art. 2, c. 1 del medesimo d.lgs. n. 81/2015, a suo tempo introdotto unicamente per estendere ai lavoratori autonomi la tutela essenziale prevista per il lavoratore subordinato.
Se una tale interpretazione della norma sarà consolidata il passo successivo potrà essere quello previdenziale (come già avvenuto per il caso di una nota società che gestisce la consegna del cibo a domiciliocon il Tribunale di Milano 19 ottobre 2023), con l'obbligo anche per i collaboratori coordinati del versamento contributivo nella misura prevista per i lavoratori subordinati, senza più alcuna distinzione possibile fra le due figure, con il rischio di determinare una drastica e preoccupante riduzione della fascia dei collaboratori autonomi (veri) che non verranno necessariamente sostituiti da lavoratori subordinati.
A questo punto tanto varrà cancellare definitivamente tale categoria di lavoratore autonomo prevedendo unicamente quella del lavoratore subordinato, con buona pace delle tendenze ormai presenti nel mercato del lavoro che invece vanno in tutt'altra direzione.
Ma è davvero quello che oggi chiede un moderno mercato del lavoro?
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