La Corte costituzionale si pronuncia sulla (non) impugnabilità dell’estratto di ruolo
31 Ottobre 2023
Massima Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 4-bis, d.P.R. n. 602/1973, sollevate con riferimento agli artt. 3,24,77 e 113 Cost.; in particolare, è inammissibile per difetto di motivazione in punto di rilevanza quella sollevata dal Giudice di pace di Napoli; mentre quella posta dalla Corte di giustizia tributaria di Napoli concerne profili rimessi alla discrezionalità del legislatore, sui cui quindi è precluso un intervento della Corte costituzionale. Il caso La Corte costituzionale, con la attesa pronuncia in commento, ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 4-bis, d.P.R. n. 602/1973, sollevate dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli e dal Giudice di pace di Napoli. La disposizione in questione, come è noto, prevede quanto segue: “l'estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell'articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione”. La CGT – muovendo dalla premessa della sua applicabilità ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore (conformemente a quanto ritenuto da Cass. S.U., n. 26283/2023) e dopo aver ripercorso l'evoluzione pretoria che ha portato a ritenere ammissibile la tutela “anticipata” avverso il ruolo (conosciuto a mezzo del relativo “estratto”) – dubitava della legittimità costituzionale della disposizione con riferimento: a) all'art. 3 Cost., poiché la tutela giurisdizionale del contribuente avverso la pretesa tributaria risulterebbe “diversa (e deteriore) laddove sia competente il GT rispetto alla tutela accordata innanzi al GO per le medesime ragioni”; in particolare, il contribuente non potrebbe far valere, in via immediata, l'illegittimità della pretesa – ad esempio per essersi la stessa prescritta - impugnando l'estratto di ruolo sul rilievo della omessa o invalida notifica della cartella, dovendo attendere a tal fine la notifica di un atto successivo, in ipotesi esecutivo, “con evidenti rischi di tutela solo meramente risarcitoria”; sempre con riferimento all'art. 3 Cost., in quanto la norma censurata, nel tipizzare i casi di interesse a ricorrere avverso l'estratto di ruolo, non terrebbe conto di tutti i possibili pregiudizi derivanti dal permanere di una indebita iscrizione a ruolo; b) agli artt. 24 e 113 Cost., siccome la norma, per come interpretata, comprimerebbe in maniera ingiustificata il diritto di difesa, determinando un arretramento rispetto alle possibilità di tutela riconosciute a seguito di Cass. S.U. n. 19074/2015 (ossia della pronuncia che, per prima, ammise la possibilità di una impugnazione “anticipata” dell'estratto di ruolo); il diritto di difesa, per altro verso, risulterebbe indebitamente compresso siccome “non si tutelano tutti i possibili pregiudizi derivanti dall'iscrizione a ruolo”. Il Giudice di pace di Napoli assumeva la incostituzionalità della norma per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.: si osserva che la riconosciuta “retroattività” della disposizione è “irragionevole, illogica, illegittima, ingiusta” e che la disposizione riconosce il diritto ad un equo processo solo a coloro che intrattengono rapporti con la pubblica amministrazione, siccome i pregiudizi “tipizzati”, legittimanti l'impugnazione immediata del ruolo, afferiscono solo a tale tipo di rapporti, con evidente disparità di trattamento rispetto alle imprese che intrattengono rapporti con altre imprese, che pure potrebbero subire una lesione, in punto di “credibilità fiscale”, dalla persistenza di una (semmai remota e non coltivata) iscrizione a ruolo. Il Giudice di prossimità remittente evidenziava il possibile contrasto della disposizione anche con l'art. 77 Cost., siccome l'introduzione della medesima con decreto-legge non sarebbe stata qualificata dal requisito della specifica necessità ed urgenza. La questione Come è noto, la possibilità di una impugnazione “anticipata” e facoltativa del ruolo (a seguito di sua conoscenza a mezzo “estratto di ruolo”) è stata riconosciuta dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite, con la nota pronuncia n. 19704/2015. Con riferimento alle pretese di carattere extra-tributario, i principi affermati dalle Sezioni Unite sono stati in qualche modo “ridimensionati” dalla successiva elaborazione pretoria, laddove si è affermato che, laddove risulti la rituale notifica della cartella, non vi è alcun interesse ex art. 100 c.p.c. alla impugnazione del ruolo, con conseguente inammissibilità della relativa domanda (tra le prime v. Cass. civ. n. 20618/2016 e altre successive conformi). Per altro verso, sul fronte delle pretese di carattere tributario, la Corte di cassazione prima e la Corte costituzionale poi hanno aperto la strada ad una tutela più ampia (se non piena) del contribuente in quanto: a) si è ammessa la impugnazione differita, innanzi al GT, della cartella, laddove, a seguito della notifica dell'atto di pignoramento, sia dedotta la mancata o invalida notifica della cartella stessa (Cass. civ., sez. un., n. 13913/2017 e n. 13916/2017 e altre successive conformi); b) è stata dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 57, d.P.R. n. 602/1973 nella parte in cui “nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all'avviso di cui all'art. 50 d.P.R. n. 602/1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c.”. Di recente, si è posto anche il problema del riparto di giurisdizione e la Corte di cassazione ha precisato che “nelle ipotesi, quali quella qui in esame, in cui il contribuente pone ancora come tema demandato all'esame del giudice la definitività̀ o meno delle cartelle di pagamento, pure contestualmente prospettando la prescrizione del debito anche nel caso di ritenuta validità delle notifiche delle cartelle, la giurisdizione sulla vicenda non può che essere attribuita alla giurisdizione del giudice tributario, in quanto l'insussistenza di una situazione di “definitività̀” delle cartelle di pagamento osta alla qualificazione delle questioni controverse come meramente esecutive, radicando pertanto la giurisdizione del giudice tributario. Se infatti, con riguardo alle vicende estintive anteriori alla notifica della cartella che si assume invalida, come si è visto, la giurisdizione è senz'altro riservata al giudice tributario in base al diritto vivente formatosi, anche con riguardo alla prescrizione relativa al periodo successivo alla cartella, che il giudice abbia ritenuto validamente eseguita, va affermata la giurisdizione del medesimo giudice tributario” (da ultimo v. Cass. civ., sez. un., n. 16986/2022). In questo contesto – al fine dichiarato di ridurre il contenzioso seriale in materia – è intervenuta la disposizione censurata che, come sopra anticipato, ha: 1) affermato in termini generali la non impugnabilità dell'estratto di ruolo; 2) ha tipizzato le ipotesi in cui, eccezionalmente, è data la tutela in questione. Come pure sopra anticipato, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno ritenuto che “in tema di riscossione a mezzo ruolo, l'art. 3-bis d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, inserito in sede di conversione dalla l. 17 dicembre 2021, n. 215, col quale, novellando l'art. 12 d.P.R. n. 602/1973, è stato inserito il comma 4-bis, si applica ai processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l'interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113, 117 Cost., quest'ultimo con riguardo all'art. 6 Cedu e all'art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione” (Cass. civ., sez. un., n. 26283/2022). Le soluzioni giuridiche Ebbene, riuniti i procedimenti perché vertenti sulla medesima disposizione e, almeno in parte, sulle medesime censure, la Corte costituzionale ha, in modo piccato, ritenuto inammissibili le q.l.c. sollevate dal Giudice di pace di Napoli, a cagione della assoluta mancanza di motivazione, in punto di rilevanza della questione nel giudizio a quo, dell'ordinanza di rimessione; relativamente alla q.l.c. sollevata dal CGT, invece, la Corte evidenza che sono stati puntualmente affrontati i profili di rilevanza; tuttavia, le q.l.c. sollevate “sono inammissibili per un diverso ordine di ragioni”. Dopo aver esaminato l'evoluzione che ha portato alla introduzione della disposizione censurata, e pur essendo indubbio che al risultato – apprezzabile dopo ad un anno dalla entrata in vigore della disposizione stessa – della riduzione del contenzioso in materia si è giunti “incidendo sull'ampiezza della tutela giurisdizionale”, la Corte Costituzionale ha anzitutto precisato “che l'abuso di quanti approfittano della vulnerabilità del sistema (…) e così generano un preoccupante contenzioso seriale, non può in via sistematica comprimere il bisogno di tutela ‘anticipata' dei soggetti (fossero anche pochi) che legittimamente la invocano”; su tale premessa, si conclude tuttavia nel senso che “il rimedio alla situazione che si è prodotta per effetto della norma censurata coinvolge (…) profili rimessi - quanto alle forme ed alle modalità – alla discrezionalità del legislatore e non spetta, almeno in prima battuta, a questa Corte”. Fermo restando quest'ultimo aspetto, la Corte osserva che si può operare in molteplici direzioni, anche non alternative tra loro: a) estendendo, entro certi limiti, la tutela anticipata in questione; b) agendo in radice sulle patologie che riguardano il sistema italiano della riscossione coattiva di pretese erariali ed extra-erariali, sia con riferimento al passato (incidendo sul consistente “pacchetto” di crediti ormai prescritti ancora affidati formalmente in carico all'Agente della riscossione) sia con riferimento al futuro, evitando che il fenomeno si ripeta. Sotto quest'ultimo profilo, la Corte “non può (…) esimersi dal formulare il pressante auspicio che il Governo dia efficace attuazione ai principi e criteri direttivi per la revisione del sistema nazionale della riscossione contenuti nella delega di cui all'art. 18, l. n. 111/2023”: tra questi, spiccano i seguenti: - “discarico automatico, al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello dell'affidamento, delle quote non riscosse, con temporanea esclusione delle quote per le quali sono in corso procedure esecutive o concorsuali, accordi di ristrutturazione o transazioni fiscali o previdenziali e di quelle interessate da dilazioni di pagamento, e con possibilità di discarico anticipato in assenza di cespiti utilmente aggredibili ovvero di azioni fruttuosamente esperibili” [lett. a), n. 2]; - “salvaguardia del diritto di credito, mediante il tempestivo tentativo di notificazione della cartella di pagamento, non oltre il nono mese successivo a quello di affidamento del carico, nonché, nella misura e secondo le indicazioni contenute nella pianificazione di cui al numero 1), di atti interruttivi della prescrizione” [lett. a, n. 4]; - “revisione della disciplina della responsabilità dell'agente della riscossione, prevedendola in presenza di dolo e, inoltre, nei soli casi in cui dal mancato rispetto, per colpa grave, delle disposizioni adottate in attuazione del principio di cui al numero 4) sia derivata la decadenza o la prescrizione del diritto di credito, con possibilità, in tali casi, di definizione abbreviata delle relative controversie e di pagamento in misura ridotta delle somme dovute” [lett. a), n. 8]; - modifica[re] (…) [del]le condizioni di accesso ai piani di rateazione, in vista della stabilizzazione a 120 del numero massimo delle rate” [lett. d)]; - individuazione di “un nuovo modello organizzativo del sistema nazionale della riscossione, anche mediante il trasferimento delle funzioni e delle attività attualmente svolte dall'agente nazionale della riscossione, o di parte delle stesse, all'Agenzia delle entrate, in modo da superare l'attuale sistema, caratterizzato da una netta separazione tra l'Agenzia delle entrate, titolare della funzione della riscossione, e l'Agenzia delle entrate-Riscossione, soggetto che svolge le attività di riscossione” [lett. f)]. Osservazioni Per quanto ad una prima lettura, la pronuncia possa apparire “pilatesca”, a ben vedere, tenuto conto di come le questioni sono state prospettate, l'esito dell'incidente di costituzionalità non poteva essere che quello che si è, in concreto, determinato. Fermo restando l'auspicio di un intervento riformistico complessivo, secondo le direttrici sopra indicate (ed in ipotesi anche altre, da individuarsi sempre da parte del legislatore, sebbene tenendo conto di quanto affermato dalla Corte), non può escludersi che la questione torni a proporsi, ad esempio, in un giudizio ove sia dedotto un interesse non tipizzato dal comma 4-bis eppure ritenuto, in termini generali, meritevole di tutela alla stregua dei parametri costituzionali di cui agli artt. 3 e 24 Cost. |