La responsabilità amministrativa dell’ente non può essere esclusa dall’esiguità del vantaggio o dalla scarsa consistenza dell’interesse perseguito

03 Novembre 2023

Secondo la Cassazione Penale, vi può essere responsabilità penale-amministrativa della società, ai sensi del d.lgs. n. 231/2001, anche se il vantaggio perseguito è esiguo.

Massima

La responsabilità amministrativa dell’ente non può essere esclusa in considerazione dell’esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell’interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica.

Il caso

La vicenda fattuale in commento prendeva le mosse dalla sentenza della Corte di Appello di Ancona, la quale confermava la decisione del Tribunale di Macerata con cui era stata condannata la società Alfa, quale responsabile dell'illecito amministrativo di cui all'art. 25-septies d.lgs. n. 231/2001, in relazione alla commissione, da parte dell'amministratore, del delitto di cui all'art. 590 c.p. - per avere, in qualità di legale rappresentante, come datore di lavoro, committente dei lavori e titolare del cantiere, omesso di dotare la porta scorrevole presente all'ingresso del luogo di lavoro di un sistema di sicurezza per impedire la fuoriuscita del cancello dalle guide o comunque di cadere (D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 64, comma 1, lett. a), per colpa consistita in imperizia, negligenza, imprudenza, nonché inosservanza delle norme in materia di prevenzione di infortuni sul lavoro, cagionando al dipendente lesioni personali gravi.

In breve, veniva addebitata al legale rappresentante, nella sua qualità di datore di lavoro, committente e titolare del cantiere, l'omessa dotazione di misure di sicurezza, volte a prevenire il rischio di fuoriuscita del cancello scorrevole dalle guide e, quindi, la caduta. Nello specifico il secondo Giudice aveva ritenuto sussistente il criterio di imputazione oggettivo rappresentato dall'interesse, evidenziando che l'autore del reato aveva consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un'utilità per l'ente, rimarcando anche che il risparmio di spesa avuto di mira, pur modesto, non era certo irrisorio.

I Giudici di appello avevano, infine, valorizzato il collegamento esistente tra il risparmio di spesa ed il mancato rispetto delle regole cautelari, rimarcando che la violazione delle norme antinfortunistiche aveva riguardato una delle porte di accesso al cantiere e sottolineando la mancanza di segnaletica informativa e l'omissione di interventi di manutenzione, necessari da tempo ed omessi per non incidere sui tempi della attività.

Avverso la suddetta decisione, l'appellante persona giuridica frapponeva ricorso per Cassazione.

A detta della ricorrente la sentenza impugnata era illegittima, stante l'erronea applicazione dell'art. 5 del D.lgs. 231/01, laddove il Tribunale prima, e la Corte di Appello poi, avevano ritenuto integrato il requisito dell'interesse o vantaggio dell'ente, pur avendo in concreto realizzato un irrisorio risparmio di spesa derivante dalla mancata riparazione del cancello e nessun incremento patrimoniale.

Tale censura non superava il vaglio di ammissibilità della Corte, la quale dichiarava il ricorso inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese del giudizio.

A detta della Suprema Corte, la responsabilità amministrativa dell'ente non può essere esclusa in considerazione dell'esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell'interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica.

Infine, a detta del Giudice di Legittimità, la mancata adozione di cautele che comportano spese modeste può determinare reati colposi di evento in materia di sicurezza sul lavoro, con conseguenze serie e la sanzione “231” può essere applicata anche se la violazione delle norme antinfortunistiche non è sistematica ma è dovuta a un'iniziativa estemporanea, quando è provato che l'infrazione è legata all'interesse dell'ente.

Le questioni giuridiche

La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se in tema di sanzione comminata ai sensi dell’ex “D.lgs. 231/2001”, la responsabilità amministrativa dell’ente possa essere esclusa in considerazione dell’esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell’interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica.

Osservazioni

Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in disamina.

A mente dell'art. 5, comma 1, d.lgs. n. 231/2001 (Responsabilità dell'ente), “l'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

La disposizione in parola enuncia i criteri per attribuire l'illecito all'ente, stabilendo che sia necessario che questo sia commesso nell'interesse o a vantaggio della persona giuridica e da una persona fisica che sia a questo legata da uno specifico rapporto funzionale.

Quanto ai possibili autori individuali del c.d. fatto di connessione, la norma in commento, come già rilevato, individua due distinte tipologie soggettive:

a) persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale o che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti appena menzionati.

Vengono dunque in considerazione, innanzi tutto, i soggetti collocati ai vertici dell'organizzazione di persone giuridiche, società e associazioni (in posizione apicale), dei quali si può davvero dire che esprimono la volontà della societas in tutti i rapporti esterni

Quindi, innanzi tutto, gli amministratori, che anzi, a rigor di termini, sarebbero gli unici a meritare l'appellativo di “soggetti apicali”.

Quanto agli amministratori di fatto, stante una definizione imperniata sull'aspetto sostanziale dell'esercizio delle funzioni, essi rientrano pacificamente nella categoria dei soggetti apicali di cui si è detto.

Agli amministratori vanno, poi, equiparati, per quelle società che abbiano optato per il sistema dualistico, i membri del consiglio di gestione, al quale spetta la gestione dell'impresa e il compimento delle “operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale” (v. art. 2409-novies c.c.).

Non vi è alcun riferimento, invece, alle funzioni di controllo; di guisa i sindaci sono esclusi dal novero dei possibili autori del reato-presupposto.

La lettera a) dell'art. 5 richiama le persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dell'ente, dove per controllo si intende il cd. dominio o “pilotaggio” della società ovvero la partecipazione alla formazione della strategia d'impresa.

Si evidenzia che il dato testuale ella norma richiede la sussistenza contemporanea della gestione e controllo, che dovranno concorrere e far capo al medesimo soggetto.

La seconda categoria presa in considerazione dalla norma (art. 5, comma 1, lett. b) è rappresentata, come già detto, dalle persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti in posizione apicale.

Si richiede, inoltre, che il reato-presupposto sia commesso nell'interesse o a vantaggio della societas.

È, questo, un requisito essenziale, che fonda la responsabilità dell'ente, ma sul quale non esiste chiarezza di vedute, resa impossibile da una disciplina tortuosa e insoddisfacente.

L'interesse è elemento caratterizzante della condotta del soggetto agente connotato da una chiara indole soggettiva, che riguarda quindi la volontà ed è suscettibile di una valutazione ex ante.

Il concetto di interesse indica genericamente una connessione teleologica tra il reato e il risultato che attraverso il medesimo ci si propone di conseguire; a questo proposito la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affermato che: “In tema di responsabilità da reato degli enti, i criteri di imputazione oggettiva, rappresentati dal riferimento contenuto nell'articolo 5 del Decreto Legislativo n. 231 del 2001 all'«interesse o al vantaggio», sono alternativi e concorrenti tra loro, in quanto il criterio dell'interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile “ex ante”, cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile “ex post”, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell'illecito”.

Il vantaggio, invece, va necessariamente rapportato ad una verifica ex post che tenga conto del beneficio che concretamente ha avuto l'ente: non è quindi necessario un fine a favore della società, ma il mero realizzarsi del vantaggio derivante da una condotta illecita.

Ai sensi di quanto dispone l'art. 5, comma 2 del D.Lgs 231/2001, la responsabilità, come già rilevato, dev'essere esclusa allorché la persona fisica abbia agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.

Si tratta di una causa oggettiva di esclusione della responsabilità, che annulla un requisito oggettivo di fattispecie.

La Cassazione, a tal proposito, ha affermato che l'assenza dell'interesse rappresenta un limite negativo della fattispecie (v. Cass. 40380/2012) verificandosi una sorta di rottura del rapporto d'immedesimazione organica.

Tornando al caso in esame, la ricorrente società impugnava la sentenza della Corte d'appello eccependo l'illegittimità della sentenza nella parte in cui il secondo Giudice aveva ritenuto sussistente il requisito dell'interesse o del vantaggio dell'ente alla commissione dell'illecito, senza tuttavia considerare che la società in concreto non si sarebbe giovata di alcun risparmio di spesa né di alcun incremento di economico, laddove la spesa per riparare il cancello sarebbe consistita in poche decine di Euro.

Tale tesi non era condivisa dal Giudice di Legittimità.

Conclusioni

A detta della Suprema Corte la responsabilità amministrativa dell'ente non può essere esclusa in considerazione dell'esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell'interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica (v. Cass. Pen. 24697/2016).

Aggiunge la Corte che in tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante dal reato di lesioni personali aggravate dalla violazione della disciplina antinfortunistica, il criterio di imputazione oggettiva dell'interesse può sussistere anche in relazione a una trasgressione isolata dovuta ad un'iniziativa estemporanea, senza la necessità di provare la natura sistematica delle violazioni antinfortunistiche, allorché altre evidenze fattuali dimostrino il collegamento finalistico tra la violazione e l'interesse dell'ente (v., anche, Cass. Pen. 12149/2021).

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